mercoledì 13 giugno 2018

Rassegna stampa 13 Giugno 2018


ll consigliere: il ministro è un sequestratore, non sto con lui, né con chi ha tradito. Carta attacca Salvini Solinas lo caccia dal Psd'Az.

CAGLIARI. Chi è il ministro dell'interno Matteo Salvini? A sentire le parole, in aula, del consigliere regionale sardista Angelo Carta: «È un leader della peggiore destra europea, che oggi, come scudo, usa 629 persone mezzo annegate», sono quelle ancora a bordo della nave Aquarius. Tagliente come un accetta, il profilo di Salvini, è stato tracciato da chi vede ancora del marcio in quel patto elettorale fra il «nostro storico Psd'Az» e la Lega. Lo ha sempre rifiutato e detestato, più volte, prima e subito dopo il 4 marzo, fino a definirlo in sequenza: «svendita della storia», «assurdo baratto delle idee» e «altissimo tradimento».

Quattro mesi dopo le Politiche, è ritornato alla carica e il partito l'ha subito punito per l'ennesimo attacco. Con un comunicato, la segreteria ha fatto sapere: «Nel 2108, all'onorevole, non è stata rinnovata la tessera e dunque non può più fregiarsi di essere un sardista». In poche parole: l'ha messo alla porta. Aggiungere che Carta è stato cacciato per aver criticato Salvini forse è troppo, ma di sicuro ha pagato le «contestazioni pubbliche» all'abbraccio elettorale del Psd'Az con la Lega. L'attacco.

Ancora una volta quello di Carta è stato un pugno contro i due protagonisti di un accordo che per lui continua a essere innaturale e immondo. I nomi degli infedeli, sempre secondo il consigliere regionale, continuano a essere gli stessi del 4 marzo. Salvini, da una parte, come segretario della Lega e ora pure ministro dell'interno, e Christian Solinas, dall'altra, nelle vesti di coordinatore nazionale sardista e oggi fresco senatore della Repubblica italiana. Durante il dibattito sulla Lingua sarda su cui tra l'altro il Psd'Az è spaccato fra favorevoli (il solo Carta) e contrari, li ha rinchiodati. Senza mai nominarli, riaffermando così qualcosa di ancora più sottile e velenoso: il citarli, come sono registrati all'anagrafe, sarebbe stato riconoscer loro troppo onore.

L'accusa. Ecco come Angelo Carta ha calato l'accetta: «Approvare questa legge sulla Lingua che valorizza il più importante e autentico prodotto culturale del Popolo sardo, è il nostro salvacondotto per un'Europa dei popoli - l'esordio - Questo lo dico qualsiasi cosa pensi il nuovo leader di una destra (Salvini) cresciuta sulle ceneri della peggiore crisi dal Dopoguerra, con la disoccupazione a livelli mai visti e che ha scelto di individuare due nemici, gli immigrati e l'Europa».

Per poi affondare ancor i colpi, sfruttando al massimo una dialettica che Carta ha. Sempre Salvini «è un leader sequestratore di persone... è colui che usa come scudo 629 migranti mezzo annegati per alzare la voce». Dunque, «io non ci sto, e mai lui sarà il mio leader. Nè lui, né chi ha tradito (Solinas) cento anni di storia, valori e ideali per una misera poltrona». Fino a scavare un fossato: «Io invece voglio difendere l'Europa dei popoli, che deve essere di tutti, compresi quelli che fuggono dalla loro terra, perché nessuno, come i sardi, ha patito la sofferenza del distacco dalla Patria e nessuno, come noi, può capire quanto sia difficile andar via, e quanto invece ci sia bisogno di solidarietà».

Per chiudere con queste parole: «Io oggi sono molto più vicino ai valori sardisti di quanto non lo sia chi purtroppo ha cambiato il Dna del partito»L'espulsione. In minoranza da sempre, schiacciato dalla maggioranza guidata da Solinas, Carta poco dopo è stato liquidato con un comunicato: «Preso atto - si legge - dell'oggettiva incompatibilità della permanenza fra gli iscritti del consigliere regionale, la segreteria ha deliberato all'unanimità di non rinnovargli la tessera, perché la qualifica di sardista compete solo a chi sia regolarmente iscritto e operi in maniera corrispondente all'ideologia sardista, nel rispetto dello statuto, dei regolamenti e della linea politica». Di sicuro lo scontro non è finito: ci saranno altri colpi d'accetta, (ua)


CAGLIARI. Tensione e imbarazzo, ieri lo Spi-Cgil gli ha revocato l'incarico
Show razzista del dirigente sindacale - Insulti a neri e donne durante
il sit-in contro la chiusura dei porti

Qual è la situazione ideale per pronunciare, in pubblico e ad alta
voce, una frase razzista e sessista? Semplice: la manifestazione
indetta a Cagliari da una folta rete di associazioni per protestare
contro la decisione di chiudere i porti agli sbarchi di migranti. E
per giunta il protagonista, un uomo sulla settantina, è un dirigente
dello Spi, il sindacato dei pensionati della Cgil, sigla,
quest'ultima, che era lì proprio in nome dell'antirazzismo e
dell'accoglienza.

Meglio sarebbe dire che l'uomo lo era, un dirigente,
perché ieri mattina il direttivo regionale dello Spi, al termine di
una riunione cui hanno preso parte anche esponenti regionali del
sindacato, ha deciso di sollevare Flavio Pepi dall'incarico.
È successo avant'ieri sera a Cagliari, in piazza Deffenu, dove si
erano dati appuntamento cittadini ed esponenti di varie associazioni,
fra cui la Antonio Gramsci, Amnesty international gruppo 128, Madiba,
Arci Sardegna, Memoratu, Unica 2.0, Eureka rete degli studenti medi,
Unica Lgbt, Udu Cagliari, Cgil (appunto), Cisl e Uil, Save the
children, Me-Ti, La Collina e altre.

Alla vista di un giovane africano che baciava due donne, l'uomo,
peraltro accompagnato da una donna, avrebbe pronunciato ad alta voce
un epiteto razzista nei confronti del primo e uno sessista nei
confronti delle seconde. La sua frase, però, ha scatenato la reazione
di diverse manifestanti, che gli hanno detto di vergognarsi. La
risposta: nuove ingiurie. Una lo ha incalzato per alcuni minuti,
pretendendone le scuse.
Evidente l'imbarazzo degli esponenti della Cgil presenti al sit-in.
Ieri mattina, inevitabile, la cacciata. (m. n.)


UNIONE SARDA

A Solinas (Psd'Az) sarebbe stata promessa la presidenza della Regione
Ecco i 45 sottosegretari Nessun sardo nella squadra nominata dal governo

Tra i sottosegretari papabili c'era anche il senatore sardista
Christian Solinas. Ma la nomina è saltata, sembra in cambio della
promessa che sarà il candidato del centrodestra alla presidenza della
Regione. E non c'è alcun altro sardo tra i 45 tra sottosegretari e viceministri
nominati ieri dal Consiglio dei ministri.

TUTTI I NOMI Alla presidenza del Consiglio dei ministri vanno Guido
Guidesi, Vincenzo Santangelo, Simone Valente con delega ai Rapporti
con il Parlamento e democrazia diretta; Mattia Fantinati (Pubblica
amministrazione); Stefano Buffagni (Affari regionali e autonomie);
Giuseppina Castiello (Sud); Vincenzo Zoccano (Famiglia e disabilità);
Luciano Barra Caracciolo (Affari europei); Vito Claudio Crimi
(Editoria); Vincenzo Spadafora (Pari opportunità e giovani).
Agli Affari esteri e cooperazione internazionale vanno Emanuela
Claudia Del Re, Manlio Di Stefano, Riccardo Antonio Merlo e Guglialmo
Picchi. All'Interno Stefano Candiani, Luigi Gaetti, Nicola Molteni,
Carlo Sibilia. Alla Giustizia sono stati nominati Vittorio Ferraresi e
Jacopo Morrone; alla Difesa Angelo Tofalo e Raffaele Volpi.
All'Economia e finanze Massimo Bitonci, Laura Castelli, Massimo
Garavaglia e Alessio Mattia Villarosa.

Allo Sviluppo economico, Andrea Cioggi, Davide Crippa, Dario Galli,
Michel Geraci; alle Politiche agricole Franco Manzato e Alessandra
Pesce; all'Ambiente tutela del territorio e del mare sono stati
destinati Vannia Gava, Salvatore Micillo; alle Infrastrutture e
trasporti Michele Dell'Orco, Edoardo Rixi e Armando Siri. Al Lavoro e
politiche sociali sono stati nominati Claudio Cominardi e Claudio
Durigon; all'Istruzione, Università e ricerca Lorenzo Fioramonti e
Salvatore Giuliano; ai Beni culturali, attività culturali e turismo
Lucia Borgonzoni e Gianluca Vacca; alla Salute Armando Bartolazzi, e
Maurizio Fugatti.

QUESTORE E VICEPRESIDENTE Dopo la nomina di Riccardo Fraccaro e
Lorenzo Fontana a ministri, oggi verranno eletti dalla Camera anche un
questore e un vicepresidente in loro sostituzione. Al posto del primo
andrà Federico D'Incà, (M5s) mentre al posto del secondo in pole
position ci sono Raffaele Volpi (Lega) e Fabio Rampelli, capogruppo di
Fdi, per rafforzare la vicinanza del partito della Meloni al governo.
Fdi punta però a una delle due Commissioni di garanzia che spettano
all'opposizione, Copasir e Vigilanza Rai. In particolare la seconda,
che è nel mirino anche di FI.

La Nuova

Nel Pd si lavora alla tregua ma resta l'incognita Soru
Cabras, Fadda, renziani ed ex Ds pronti a eleggere il nuovo segretario lunedì 25
Ma sull'accordo unitario non c'è il via libera dell'ex governatore: no
ai caminetti

CAGLIARIIl giorno dopo le dimissioni di Giuseppe Luigi Cucca, c'è già
una possibile data in cui l'assemblea del Pd potrà decidere se
eleggere subito il nuovo segretario, o scegliere invece la strada del
congresso straordinario. Il giorno della conta dovrebbe essere lunedì
25 giugno, ancora nel pomeriggio e sempre ad Abbasanta. Quindi, molto
prima del mese concesso dal regolamento per la decisione finale. La
fretta è evidente: in un modo o nell'altro, i dem non voglio rimanere
senza una guida, ufficiale o reggente che sia, in quelli che da metà
agosto in poi e forse anche molto prima, saranno le settimane più
calde nella trattativa per le Regionali del 2019. Oltre alla fretta
politica, c'è dell'altro.

Perché sul suo futuro il Pd s'è comunque
dimostrato comunque spaccato neanche dieci minuti dopo l'addio di
Cucca e quindi serve chiarezza. La conta è stata immediata. I renziani
e gli ex Diesse, che fanno parte della stessa corrente, e il gruppo
dei popolari-riformisti hanno dichiarato all'impronta di volere
eleggere un segretario. Invece i soriani hanno detto l'esatto
contrario, almeno sono state queste le parole del leader: «Noi siamo
per il congresso. Non è più il tempo dei notai». Spaccati erano e
spaccati lo sono ancora, anche dopo i tre mesi abbondanti che sono
trascorsi dalla pesante sconfitta elettorale di marzo, alle
Politiche.

Gran movimento. Il valzer veloce è cominciato subito. Si sa,
ad esempio, che in un attimo la maggioranza che sosteneva Cucca,
formata da renziani, ex Diesse più i popolari-riformisti, ha
organizzato, senza neanche spostarsi troppo da Abbasanta, un vertice
volante. Per decidere cosa? Che faranno di tutto per eleggere un
segretario unitario, ma se i soriani non ci staranno e si
intestardiscono nel volere il congresso, allora sarà la vecchia
alleanza a sceglierlo da sola. Voci non confermate accennano che, in
caso di un'ennesima spaccatura con Soru, questa volta spetterà ai
popolari-riformisti proporre la rosa dei candidati.

Nel fare un passo
di lato, i renziani e i Diesse, che hanno vinto il congresso dell'anno
scorso, quello che ha eletto Cucca, avrebbero posto solo una
condizione. Questa: preferirebbero che il prescelto fosse una figura
autorevole, finora poco coinvolta nell'infinita faida correntizia,
cioè il più possibile equidistante dagli attuali gruppi. Ma tutto
questo avverrà solo se prima del 25 giugno, con i soriani, non dovesse
essere trovato l'accordo per eleggere all'unanimità l'auspicato
segretario di tutti.Lo scenario. Stando a quanto è stato detto a caldo
da Soru, nel salone dei ricevimenti di Abbasanta, le posizioni fra un
blocco e l'altro oggi sembrano però essere molto lontane. Oggi, perché
in questi giorni che mancano al 25 giugno, le varie diplomazie
entreranno in azione a più riprese e dovunque.

Cosa potrebbe
convincere chi vuole il congresso a essere più morbido? Forse questa
proposta: intorno al «nome stavolta scelto da tutti» potrebbe essere
nominata una segreteria composta esclusivamente solo da volti nuovi e
con massimo quarant'anni all'anagrafe. Di fatto sarebbe quel cambio
generazionale che, in tutte le ultime riunioni, la corrente di Soru ha
invocato come una «delle strade, non certo l'unica, per riconquistare
la fiducia degli elettori che ci hanno voltato le spalle a marzo».

Basterà quest'offerta a convincere l'eurodeputato e il suo gruppo a
rinunciare al congresso che per loro è invece una priorità? Forse in
questo momento non basta e quindi sul piatto gli ambasciatori dovranno
metterci dell'altro. Però neanche l'eventuale rilancio potrebbe essere
sufficiente per Soru, che di recente ha ribadito: «Mai più parteciperò
ai caminetti». Per lui, ora come ora, conta solo quello che
«discutiamo e discuteremo in assemblea», a cominciare da quella di
fine giugno, ad Abbasanta. (ua)

Unione Sarda

Rimpatri, il centro confermato a Macomer

Il Cpr, il centro regionale permanente per i rimpatri che sarà
realizzato nell'ex carcere di Macomer, diventerà operativo a fine anno
o nei primi mesi del 2019. Il Comune ha convocato una conferenza di
servizi ai primi di luglio, per valutare la progettualità. «Si va
avanti - dice il sindaco Antonio Succu - e la conferenza è un atto
vincolante, in base al patto sottoscritto tra la Regione e il
ministero».

Per la sistemazione dell'ex carcere, il ministero ha stanziato tre
milioni e mezzo di euro. La struttura ospiterà per brevi periodi i
clandestini (in particolare gli algerini) da rispedire a casa. Sulla
necessità del Cpr il nuovo ministro dell'Interno Matteo Salvini
viaggia sulla stessa lunghezza d'onda del predecessore Marco Minniti.
Considera indispensabile il Cpr per aumentare e velocizzare le
espulsioni degli irregolari.

Il sindaco chiede massima chiarezza sul numero dei migranti da
ospitare, nel nome della sicurezza per i suoi concittadini: «Abbiamo
sempre detto che l'accoglienza deve essere dignitosa e non vogliamo
che il Cpr diventi un lager. Abbiamo stabilito che il numero dei
migranti da ospitare e poi da rispedire a casa loro non devono essere
più di cento. Non uno di più».

Nel patto Ministero-Regione-Comune ci
sono diverse clausole, in particolare il potenziamento delle forze
dell'ordine, con presìdi fissi all'interno e intorno alla struttura,
gli ospiti-clandestini arrivano scortati e vanno via solo per essere
rimpatriati. Nessuna uscita, nessun contatto con la popolazione per i
100 ospiti: questo il numero massimo stabilito.
Francesco Oggianu


Il racconto del ministro agli Affari Ue
La frecciata di Savona: «Io come Galileo, volevano che abiurassi»

ROMA «Mi hanno chiesto l'abiura, e se l'avessi fatta sarei al
ministero dell'Economia. Poi uscendo avrei dovuto dire “eppure si
muove”, come Galileo, ma non ci si comporta così». E ancora: «Ho
attraversato Scilla e Cariddi, legato ad un palo, ascoltando le
sirene. Ora sono e più sereno e sicuro?». Queste due frasi mostrano
bene lo spirito del ministro per gli Affari europei, Paola Savona,
ospite dell'associazione della Stampa estera di Roma per presentare il
suo ultimo libro, “Come un incubo e come un sogno”'. Nel piano
originale M5S-Lega, Savona doveva andare al dicastero dell'Economia,
ma il suo nome è stato bloccato dal Quirinale. Al suo posto è andato
Giovanni Tria, docente a Tor Vergata. Per finire al posto di Tria,
Savona avrebbe dovuto rinunciare pubblicamente alle sue idee, come
Galileo. Ma l'economista 82enne non ha voluto far questo.

SOLLIEVO Comunque, ora prova quasi «un senso di sollievo», nel vedere
Tria, e non se stesso, in via XX Settembre: «Se penso a quello che
deve fare un ministro dell'Economia di questi tempi, beh, allora deve
essere giovane, coraggioso e con un pizzico di incoscienza», ha
sottolineato. Savona tiene con forza alle sue idee «da analista che fa
diagnosi», ma queste idee vanno separate dal ruolo di ministro, che
lui interpreterà così, «da tecnico che prende decisioni tecniche, le
quali vanno sui tavoli dei politici, che poi hanno l'ultima parola».
EURO Ad ogni modo, la sua opinione sull'Euro è che «non solo ha
aspetti positivi, ma ha aspetti indispensabili: se vuoi un mercato
unico devi avere una moneta unica».

Detto questo, «la costruzione
economica europea è una costruzione limitata, va perfezionata», ha
detto Savona, ricordando che lo stesso Carlo Azeglio Ciampi
sottolineava che il sistema economico europeo è «affetto da zoppìa».
Sotto la costante pressione dei cronisti, Savona ha ripetuto che «non
esiste un Piano B e non ho mai chiesto di uscire dall'euro: cosa altro
volete? La mia posizione è chiara?».

Il leader dell'Udc Giorgio Oppi analizza le amministrative e parla del futuro
«Regionali, è tutto da giocare: nessuno ha vinto in partenza»

Alle politiche del 4 marzo in Sardegna il Movimento cinquestelle con
il 42,2% dei voti ha surclassato il centrodestra, che si è fermato al
31%, e il centrosinistra, calato sino al 17,8. Nel Sulcis Iglesiente e
ad Assemini il risultato è stato ancora più clamoroso. Domenica quei
numeri non sono stati confermati. Nella cittadina dell'hinterland
cagliaritano i pentastellati hanno perso solo tre punti percentuali, a
Iglesias il calo è stato di oltre 20 punti percentuali.

«Come sempre alle amministrative più del partito contano molto i
rapporti personali e le parentele. Credo che il Movimento si
aspettasse una maggiore partecipazione al voto, come è stato alle
politiche».

Giorgio Oppi, 78 anni, leader dell'Udc, consigliere regionale dal 1979
- con qualche pausa da deputato e da assessore - è uno degli ultimi
grandi vecchi della politica sarda.

L'M5S si è presentato in pochi comuni e ha combattuto da solo contro
coalizione eterogenee.

«In questo tipo di elezioni il risultato dipende molto da come si
costruisce una lista, dalla capacità attrattiva di tutti i candidati.
Però sono andati bene comunque».

E voi come siete andati?
«Siamo soddisfatti. Siamo andati bene a Iglesias e Assemini ma anche a
Teulada, Maracalagonis, Furtei, Meana, abbiamo consiglieri quasi
dappertutto ma non suoniamo la fanfara».

Come andranno i ballottaggi?
«Siamo ottimisti».

C'è chi dice che alle prossime regionali il Movimento cinquestelle
abbia già vinto. Lei che cosa pensa?
«Nessuno ha vinto in partenza. Penso che sia difficile che loro
conquistino il numero di voti che hanno preso alle politiche».

E perché?
«Per una questione matematica. In Sardegna ci sono 377 Comuni e tutti
i partiti hanno candidati dappertutto. Loro si presentano da soli e
saranno giocoforza presenti al massimo in 60 Comuni, quindi non
potranno raggiungere percentuali molto alte».

Basterebbe il 25% per avere il premio di maggioranza.
«Ma con 32 seggi contro 28 non si governa, non si ha la maggioranza in
tutte le sei commissioni. Sarebbe un problema».

Potrebbero prendere comunque il 40% e avere 36 seggi.
«Tendo a escluderlo».

Voi alla Regione siete alleati col centrodestra, in alcuni comuni col
centrosinistra. Con chi starete alle prossime regionali?
«Guardi, nelle aggregazioni comunali c'è un po' di destra e sinistra
da una parte e dall'altra. Quanto alla Regione, sino alla fine di
questa legislatura, salvo cataclismi, saremo nel centrodestra ma
vogliamo rispetto, un rispetto che è mancato alle politiche. Abbiamo
buoni rapporti anche nel centrosinistra, oggi non abbiamo un
orientamento preciso».

Quindi ogni soluzione è possibile?
«Oggi l'ideologia lascia il tempo che trova».

Potreste presentarvi anche da soli?
«E perché no? Incontreremo tutte le forze politiche e vedremo, non
abbiamo preclusioni. Certo è che se in coalizione i partiti non
saranno coesi non si andrà da nessuna parte».

È favorevole alle primarie per individuare un candidato?
«Non sono contrario. L'importante è che l'indicazione non arrivi
dall'esterno, come in passato, e tutti abbiano pari dignità.
L'esigenza è trovare una persona stimata, competente, trasparente che
abbia il consenso di tutte le forze politiche e possa trovare quello
degli elettori».

Oggi sembra impossibile.
«Il Pd è diviso, in Forza Italia ci sono molti aspiranti candidati».
Alle Politiche il risultato per voi è stato deludente. Lei era
capolista di “Noi con Italia”.
«Non avevamo girato abbastanza l'Isola, avevamo rallentato il ritmo e
la nostra gente ha sentito questa assenza, erano spaesati. Alle
amministrative abbiamo ripreso i nostri contatti. Del resto siamo un
partito povero, non avevamo nemmeno la sede. Ora stiamo ricominciando,
abbiamo ripreso a stare vicini agli elettori dappertutto».

L'anno prossimo avrà 79 anni, si ricandiderà?
«Non lo so, sto riflettendo».

Da che cosa dipende?
«Da tante cose, è presto per prendere una decisione».

Quando deciderà?
«Dopo l'estate».

Nel suo partito c'è un suo erede?
«Ci sono persone valide che hanno voglia di lavorare. Ma non è facile
governare un partito che non ha riferimenti in campo nazionale. Serve
un grande spirito di sacrificio, bisogna essere disposti a fare molte
rinunce».

Fabio Manca

IGLESIAS. Prime analisi in vista del ballottaggio tra Valentina Pistis
e Mauro Usai La “top ten” dei consiglieri Addio ai record del passato, nessuno
arriva a 500 voti

Nessuno è arrivato a 500 preferenze. E figurarsi le oltre 800 ottenute
cinque anni fa da qualche grande portatore di voti di lista. I numeri
usciti dalle urne, dopo il primo turno per l'elezione di nuovo sindaco
(il 24 giugno si andrà al ballottaggio) e consiglieri, raccontano che
rispetto alle amministrative del 2013 è tutta un'altra storia. Per
diverse ragioni: in primo luogo perché il Movimento 5 Stelle non aveva
presentata una lista. A questo va aggiunto il fatto che, pur allora in
presenza del fenomeno dell'astensionismo, gli elettori che si recarono
alle urne furono circa 2000 in più dei 24.063 votanti di domenica
scorsa.

I NUMERI Così si spiega come mai nessuno degli aspiranti consiglieri
sia riuscito a conquistare 500 voti. Nella “top ten” dei più votati si
nota una prevalenza del Partito democratico (a sostegno di Mauro Usai
, insieme a Rinnova Iglesias, Il tuo segno per Iglesias e Piazza
Sella) al primo posto con Francesco Melis : l'assessore all'Ambiente
uscente ha ottenuto 476 preferenze. Il Pd anche al terzo posto con i
417 voti di Daniele Reginali , al sesto con Marco Loddo (325) e
all'ottavo con Monica Marongiu(242), tutti consiglieri uscenti. Il
secondo più apprezzato dagli elettori è stato Ignazio Mocci (Piazza
Sella): 449 voti. La stessa lista è alla quinta posizione: Eleonora
Deidda ha conquistato 381 elettori.

Ha sfiorato le 400 preferenze Francesca Tronci : uno dei volti nuovi
del Movimento 5 Stelle è arrivata a 399 voti, piazzandosi al quarto
posto nella “top ten”.

Una classifica dove è forte anche la presenza di Forza Italia: il
partito che (insieme a Cas@Iglesias, Iglesias in Comune, Riformatori e
FdI) sostiene la candidata Valentina Pistis è al settimo posto con
Luigi Biggio (276 voti), al nono con Simone Saiu (242) e al decimo con
Gianfranca Mannu (240), tutti consiglieri d'opposizione uscenti.

L'ANALISI Dai risultati del primo turno si evince anche che il Pd
tiene e, rispetto alle politiche di tre mesi fa (pur entrando in gioco
dinamiche diverse, anche in virtù delle stesse preferenze ai singoli
candidati), guadagna circa 600 voti. «Ci speravo – commenta Ubaldo
Scanu , segretario cittadino - ero convinto che gli iglesienti
avrebbero riconosciuto il nostro atteggiamento responsabile, anche nel
corso della campagna elettorale: agli insulti abbiamo risposto facendo
conoscere il nostro programma. Questo continueremo a fare fino al
ballottaggio».

Circa 300 voti in meno per FI che, tuttavia, si rivela la forza
principale della coalizione a sostegno di Pistis. «Puntavamo al
ballottaggio e ci siamo arrivati - commenta soddisfatto Luigi Biggio ,
il più votato della lista e della coalizione - ora giochiamo anche
questa partita, lanciando un messaggio molto chiaro di alternativa».
Cinzia Simbula

La Nuova

Salvini si prende al traino Di Maio
Il ministro dell'Interno impone la linea della fermezza con l'Europa
sui migranti

Bruxelles propone di mettere sul piatto quasi 35 miliardi di euro nel
prossimo budget Ue 2021-2027 per rafforzare le frontiere esterne e
gestire i flussi migratori: si tratta del triplo di quanto previsto
dall'attuale bilancio, che ammonta a 13 miliardi. Dei 34,9 miliardi,
in particolare, 21,3 sono per il rafforzamento delle frontiere esterne
e le agenzie Ue, con 10mila nuovi agenti per Frontex; mentre 10,4
vanno alla gestione dei migranti, col 40% della cifra destinato ai
rimpatri. In particolare, dei 21,3 miliardi di euro per la gestione
delle frontiere esterne, 9,3 sono per il nuovo specifico Fondo per la
gestione integrata delle frontiere, 12 per le agenzie europee
(Frontex, Eu-Lisa), e 1,3 per nuovi equipaggiamenti come scanner e
sistemi automatizzati. Altri 3,2 miliardi sono una riserva per un
sostegno mirato agli Stati, per affrontare necessità urgenti.

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Federico Marini
skype: federico1970ca


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