giovedì 14 giugno 2018

Come nasce l’immigrazione per mano francese ed europea. Non voltare la faccia, la colpa è anche tua! di Giovannimaria - Mimmia Fresu


Premessa

-Osservatori economici affermano che in assenza di immigrazione nei Paesi sviluppati, la popolazione lavorativa si ridurrà del 23% entro il 2050 e il deficit delle nostre nascite fornito ieri dall’Istat conferma questa tendenza.

In Africa, in questo arco di tempo, le persone in età da lavoro passeranno dai 408 milioni del 2005 a 1 miliardo e 120 mila unità, e la popolazione complessiva passerà dagli attuali 1,2 miliardi, a 2,5 miliardi, secondo le più recenti proiezioni delle Nazioni Unite. Una crescita demografica che porterà l’Africa ad avere tre volte la popolazione dell’Europa e a un’ulteriore spinta migratoria verso economie più sviluppate.

Una crescita demografica che porterà l’Africa ad avere tre volte la popolazione dell’Europa e a un’ulteriore spinta migratoria verso economie più sviluppate. Il problema è che non ci sarà una crescita economica in Africa capace di far fronte a questo aumento demografico. Non potrà mai farcela senza un cambio della politica estera da parte dei paesi sviluppati, e immaginare di bloccare questo flusso di milioni di persone sarà come voler fermare il vento con le mani.

I fatti
-Ecco alcuni stringati esempi di politica estera europea che affamano l’Africa, ciò che genera l’emigrazione e le cause che la alimentano, non è storia dei secoli scorsi, ma succede adesso. Il Niger è un Paese potenzialmente ricco. È il quarto esportatore al mondo di uranio. Da sempre, tra le 4/4,5 tonnellate l’anno di uranio è prelevato dalla Francia senza pagare alcuna imposta sull’attività estrattiva, ciò in base a un accordo del 1961 sulla protezione militare.

“Grazie all’uranio del Niger, la Francia produce un terzo della sua elettricità: un terzo delle città francesi, delle industrie, degli ospedali e dell’energia che Parigi vende all’estero è praticamente alimentato dallo Stato africano. Senza incassare imposte, però, il Niger non ha risorse per investire in infrastrutture.

Così soltanto il 7% della popolazione ha accesso all’elettricità e ogni black out nell’unico grande ospedale pubblico del Paese segna un picco sui registri dell’obitorio: quando si fermano i ventilatori, nei reparti è una strage di bambini e anziani uccisi dal caldo. Un coraggioso presidente eletto democraticamente, Mamadou Tandja, nel 2006 aveva tentato di ridiscutere il dossier sull’uranio: improvvisamente il Nord del Niger si è trovato sotto l’attacco di una rivolta tuareg armata dalla Libia di Gheddafi e sostenuta da Parigi. Poi nel 2010 il solito colpo di Stato ha tolto di mezzo Tandja e quel poco di speranza.”

In Italia sono attualmente presenti circa 20mila gambiani richiedenti asilo. Il Gambia, ex colonia inglese, meno di 2 milioni di abitanti, 172esimo Paese su 187 per indice di sviluppo; il suo presidente, Yahyah Jammeh, un ex militare al potere dal 1994, che ha promesso di tagliare la gola ai gay, è stato sostenuto dall'Ue nel suo piano di privatizzazioni e Il PIL di questo Paese è passato dal 4,6% del 2014 a -1,4% attuale: un popolo ridotto alla fame, alle persecuzioni e alla tortura.

La protezione bianca contenuta nelle creme solari che d’estate ci spalmiamo sulla pelle è a base di biossido di titanio che le multinazionali estraggono a tonnellate dallo sfruttamento selvaggio delle sabbie del Gambia. 

Di ivoriani richiedenti asilo in Italia ce ne sono oltre 27mila. La Costa D’Avorio è una ex colonia francese, ma la Francia continua a controllare il 75% dell’economia ivoriana, è il primo produttore mondiale di cacao, però sono pochi i bambini ivoriani che sanno cosa sia la cioccolata; economia che comprende anche alcuni giacimenti di diamanti, ferro, bauxite, oro e gas naturale; pregiatissime essenze della foresta pluviale, giacimenti petroliferi offshore. Eppure il prodotto interno lordo pro capite non arriva a 1.700 dollari e il tasso di mortalità materna è uno dei più alti del mondo e più di 100 bambini su mille muoiono prima dei cinque anni.

E’ così per il il Mali dove la Francia sta mettendo le mani su un giacimento d’oro e uno di uranio quattro volte più grande di quello del Niger; così per il Burkina Faso, Il Camerun, il Ghana

C’è una politica estera da cambiare, andando a battere i pugni sui tavoli di Bruxelles, e sulla Francia di Macron che afferma che la fuga da questi inferni dove si parla ancora il francese, è questione che non lo riguarda, e non sulla testa di chi accoglie o di chi invoca aiuto. C’è un colonialismo che ha solo cambiato sembianza e l’emigrazione dall’Africa cui stiamo assistendo e saremo destinati a subire ancora di più ne è il tragico risultato.

Fonti: Dossier L’Espresso, Eurostat.

Di Giovannimaria – Mimmia Fresu

Consulente politiche sociali ed immigrazione.

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