giovedì 7 febbraio 2019

Intervista a Beppe Sala sulle prossime regionali.


Unione sarda

«Con i sindaci si vince portano energie nuove» Il primo cittadino di Milano ha stima per Zedda: «Può fare molto per la Sardegna» Boccia il governo gialloverde e le misure cardine di Quota 100 e del Reddito

di Luca Rojch

SASSARI

Il simbolo del centrosinistra che vince, del nuovo potere rampante dei sindaci manager è Beppe Sala. Il primo cittadino di Milano è il volt del nuovo centrosinistra, quello che sembra aver abbandonato la trazione Pd, superata dalla forza che gli amministratori locali hanno davanti agli elettori. E Sala non fugge da questo ruolo. In modo consapevole indica le possibili strade da seguire per il centrosinistra ed elogia la scelta di Massimo Zedda come candidato ideale della coalizione dei Progressisti per le Regionali. Ma parla anche del governo gialloverde. E affonda i due provvedimenti cardine Quota 100 e Reddito di cittadinanza.

Sindaco la sua elezione dimostra che il centrosinistra quando porta avanti idee e governa bene viene premiato.
«Non è semplice onestamente. È vero che quando il centrosinistra riesce a restare unito riesce a vincere e a fare bene. Milano ne è una dimostrazione. Quello che facciamo da otto anni, prima con Giuliano Pisapia, poi con questa giunta è un esempio di quello che si può fare. Dire poi che questo modello possa essere esportato è un'altra cosa. Si può anche pensare di replicarlo, ma Milano ha caratteristiche uniche».
In Sardegna c'è un tentativo di trovare una via alternativa a un centrosinistra a trazione Pd. Basato sui sindaci e sul civismo. Pensa sia la ricetta giusta?«
Io credo che nessuno di noi sappia quale sia strada giusta per il centrosinistra. Ci sono diversi tentativi, tutti legittimi. Ma non c'è un percorso giusto. Ci sono alcuni punti fermi. Ho alcune certezze. Tra queste il civismo, che è presente nella società ed è un'energia positiva che non si può incanalare all'interno di un partito. Il Pd va rispettato, ma da solo non basta, non può essere autosufficiente. In ogni caso non mi spingerei a porre domande sul futuro del Pd. Dico che dobbiamo gestire al meglio la tornata di voto delle Regionali e delle Europee».
Cosa pensa della proposta di Calenda? «Io l'ho appoggiata perché va nella direzione di cui ho appena detto. Dobbiamo allargare i confini. La proposta di Calenda non traccia necessariamente il futuro della sinistra, ma è una idea che ha come orizzonte attuale il voto delle Europee. Io spero funzioni. Non vado oltre, se c'è un Calenda candidato che porta più voti al centrosinistra mi sembra sia una cosa
positiva».
Nelle elezioni regionali 5 Stelle e Lega vanno separati. Pensa che i risultati elettorali di Sardegna e Abruzzo potrebbero far vacillare il governo? «Tutti pensano che soprattutto le Europee potrebbero portare una grande affermazione per Salvini. E questo potrebbe portare a staccare la spina al governo. Io non sono sicuro che questo accadrà. Questa è una coalizione pur anomala, ma trova origine in una legge elettorale proporzionale. Ci possiamo lamentare, ma per come è strutturata spinge le forze a trovare un accordo, anche se lontane. Per questo al di là delle diversità tra Lega e 5 Stelle credo che resteranno ancora insieme».
Sa che i sondaggi danno la Lega come primo partito del centrodestra e davanti a partiti come Pd e Forza Italia anche in Sardegna. Secondo lei qual è la spiegazione di questo fenomeno che è costante anche nel resto del Sud? «Credo che gli italiani nel dare la loro preferenza ai singoli partiti abbiano in mente alcune cose. La prima è di sicuro il tema dell'immigrazione. Che è legato a quello della sicurezza. Su questo credo che Salvini si sia dimostrato un campione della battaglia. Ha capito prima di tutti quale era il sentire popolare. La seconda è che in tantissimi sono convinti che il reddito che produce la società vada redistribuito in modo diverso».
Ma quindi promuove Lega e 5 Stelle? «No. Quello che fanno 5 Stelle e Lega è una cosa pericolosissima. Le loro misure economiche potrebbero anche avere una qualche giustificazione in un periodo espansionistico e non di recessione come quello attuale. Hanno dato risposte a un bisogno latente a chi dice che vuole la sua parte della ricchezza della società. A chi dice che vuole sentirsi più sicuro rispetto all'immigrazione. Questo non è il mio punto di vista. E sono convinto che la maggior parte degli italiani non la pensi così. Ogni giorno si riducono le aspettative di crescita. E alla fine gli italiani guardano al portafoglio».
Si parla molto di autonomia differenziata per le Regioni, in particolare Lombardia e Veneto, ma lei da poco si è espresso contro. Perché? E secondo lei ha senso l'autonomia speciale per regioni come la Sardegna? «Io non penso che l'autonomia speciale delle Regioni abbia senso. Né penso che abbia senso che il Paese sia diviso tra 8mila Comuni, 80 Province, 20 Regioni e 14 città metropolitane. È per questo che non mi convincono questo tipo di autonomie. Da sindaco della città che produce da sola il 10 per cento del Pil nazionale trovo sbagliata l'idea di dare maggiore autonomia alle Regioni. L'ho detto pubblicamente più volte. Se si danno maggiori risorse ad alcune Regioni si penalizzano altre autonomie locali. Come le Regioni del sud e i Comuni».
Conosce Massimo Zedda, cosa ne pensa? «Lo conosco bene, è stato anche tra i primi a credere nella mia candidatura. È venuto a Milano a sostenermi durante la campagna elettorale. È uno dei sindaci con cui ogni tanto mi sento e condivido molte idee. Appartiene al centrosinistra ma ha una sufficiente libertà dai partiti. Crediamo nel civismo come importante movimento che può aiutare a vincere. E come me Massimo è un combattente e sono sicuro farà bene».
I sondaggi danno i 5 Stelle in calo nell'isola, come in molte regioni in Italia. Come si spiega questo fenomeno? «Ovviamente hanno subito l'assalto della Lega che ha eroso una parte del loro consenso. Questo è senza dubbio il principale motivo del calo. Ora è da capire quanto la battaglia del reddito di cittadinanza porterà un ritorno ai 5 Stelle in termini di voto. Non so quanto lo farà in Sardegna. In Lombardia sembra avere avuto poco effetto. Un sondaggio dà i 5 Stelle a Milano intorno al 14 per cento, che è una percentuale molto bassa».
Il ruolo dei sindaci nella politica sembra essere diventato centrale con la crisi dei grandi partiti organizzati. È così? «Questo è un fenomeno universale, che va al di là dell'Italia. Credo che la gente sia più concreta e pensi molto più a chi sta vicino a loro. A chi condivide bisogni e speranze. Basta vedere come il movimento dei gilet gialli in Francia nasca dalla crisi della politica tradizionale e poggi soprattutto sui sindaci e sulla risposta che hanno dato alla crisi dei grandi partiti organizzati. In Italia la situazione non è molto diversa. Il ruolo del sindaco diventa sempre più centrale. E oggi ha più prestigio e visibilità il sindaco di una grande città rispetto a un ministro».
Qual è il suo giudizio sul governo sulla politica estera e su quella interna? «Sulla politica estera vedo che c'è una gran voglia di voglia di muscolarismo, ma se a farlo è un paese gracile come l'Italia non capisco quale possa essere il risultato. Su quella interna credo che i risultati dei due provvedimenti cardine di "Quota 100" e del reddito di cittadinanza saranno al di sotto delle attese. E personalmente non le condivido. La Quota 100 lascerà maggiore debiti ai giovani. E si basa sull'ipotesi che l'uscita di un milione di persone in tre anni consentirà l'assunzione di un milione di giovani. Ipotesi che potrebbe essere sostenibile in una economia in espansione. Ma non è il caso dell'Italia. Diciamo che 270mila sarebbero già troppe. Per quello che riguarda il reddito di cittadinanza può essere comprensibile come misura di sostegno alle classi deboli in un periodo di recessione. Ma non serve per avviare i beneficiari su un percorso di ricerca del lavoro. Io faccio il manager da oltre 30 anni e non mi sono mai rivolto a un centro per l'impiego per trovare qualcuno. Assumere qualcuno in una azienda è un atto di fiducia e molto delicato per le imprese. Nessuno si affida ai centri per l'impiego. Questa è la verità».

Articolo tratto da L’Unione Sarda del 07 Febbraio 2019

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Federico Marini
skype: federico1970ca


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