martedì 5 febbraio 2019

Zingaretti a Cagliari: il Pd riparte se cambia gruppo dirigente e ritrova l'unità.


Unione Sarda

Zingaretti a Cagliari: il Pd riparte se cambia gruppo dirigente e ritrova l'unità. Il governatore lancia la volata per le Regionali e le primarie Dem del 3 marzo. «Zedda, l'uomo giusto per l'Isola»

Zingaretti lo sa come si fa a vincere. C'è riuscito persino il 4 marzo 2018, quando il Pd crollava a pezzi e lui invece riconquistava il Lazio. «Alle Politiche eravamo indietro, quella sera sono andato a letto dicendo alle mie figlie: papà ha perso, ce ne andiamo in vacanza», rivela il governatore a Cagliari, in una tappa della campagna elettorale verso le primarie del 3 marzo per la segreteria nazionale.

All'indomani invece lo scrutinio ha raccontato tutta un'altra storia, per dirla come la direbbe Massimo Zedda. Perciò, siccome nel Pd chiunque vinca lo nominano messia, ora Nicola Zingaretti è diventato l'ultima grande speranza del popolo Dem. E i suoi discepoli sardi sperano che la visita in Sardegna porti fortuna allo stesso Zedda, anche se i due ieri non si sono incontrati.

L'endorsement. Ma il presidente non nega il sostegno al sindaco: «Massimo è la persona giusta per confermare il centrosinistra alla guida della Regione - assicura - e per difendere la Sardegna dagli egoismi nazionali. Il suo è un progetto civico, ampio, radicato nella forza di questa terra». Ad aiutare il passaggio di testimone tra i due c'è un altro vincente a sorpresa, Andrea Frailis, fresco di trionfo nelle suppletive di Cagliari: «Non sai quanta speranza tu abbia riacceso in tutta Italia», dice Zingaretti al neo deputato, che all'incontro pubblico della Fiera reindossa i panni del giornalista e regola il traffico dei relatori che precedono l'illustre ospite.

«Se siamo coesi vinciamo, io ne sono la prova», sottolinea Frailis, introducendo il tema dell'unità che domina anche i ragionamenti di Zingaretti. E non solo dei suoi: «I congressi non siano più prove muscolari tra candidati ma un confronto di idee», chiede Ignazio Angioni. «Siamo una comunità», concorda Anna Crisponi, «nessuno deve sentirsi di troppo».

Francesco Lilliu, segretario provinciale di Cagliari, la sintetizza così, strappando applausi allo stesso Zingaretti: «Io alle primarie sosterrò con forza Nicola, ma se vincesse Martina sarebbe comunque il mio segretario, e così Giachetti». Michele Schirru, vicesindaco di Arbus che non faceva parte del Pd, dichiara la sua scelta di campo: «Sono della sinistra senza partito, ma il 3 marzo voterò Zingaretti sperando che rilanci un grande soggetto politico».

Senza padroni. In platea ci sono molti volti noti, dal segretario regionale Emanuele Cani a Giulio Calvisi, da Renato Soru (che ha anche avuto con il candidato un breve colloquio privato) a vari ex parlamentari: Siro Marrocu, Francesco Sanna e anche l'ex Sel Michele Piras. E poi Paolo Fadda, il segretario della Cgil Michele Carrus, l'assessore regionale Cristiano Erriu, Antonello Cabras, vari consiglieri regionali e altri ancora. Non è detto che sostengano tutti Zingaretti, ma la presenza ha comunque il senso di una risposta all'appello unitario.

E lui, il favorito per la vittoria (perché lui sa come si vince), conferma: «Nessuno può diventare il padrone di tutto se vince col 50,1%, tantomeno possiamo pensare di cacciare chi non la pensa come il segretario. Non abbiamo bisogno del partito del leader».

Proposta alternativa. Al governatore però non piace un Pd che si concentra solo sulle proprie questioni interne, anziché sui problemi del Paese. «Dopo la sconfitta delle Politiche ho notato due atteggiamenti sbagliati: dire che dovevamo sciogliere il Pd, oppure negare il dramma e pensare che basti aspettare gli errori del governo Conte». Invece «quando verranno al pettine i nodi dell'incapacità di Lega e M5S, se non avremo una proposta alternativa gli elettori non torneranno da noi. Si aprirà la terza fase del populismo: per trovare un capro espiatorio si metteranno in discussione le istituzioni».

L'unica ricetta valida per il Pd è quindi «ritornare vicino alle sofferenze di quelli che, in questi anni, non ci hanno percepito al loro fianco». Insomma, «prima le persone». Ma serve anzitutto un deciso «cambio del gruppo dirigente» e un partito forte e credibile: «Alle primarie chiedo di votare me, ma soprattutto di votare, non importa per chi. Perché se il 3 marzo va male, se non ci sarà grande partecipazione, Salvini potrà governare per trent'anni».

Articolo tratto da "La Nuova Sardegna" del 05 Febbraio 2019

Giuseppe Meloni
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Federico Marini
skype: federico1970ca


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