venerdì 25 novembre 2016

Rassegna stampa 24 Novembre 2016. - Economist per il No: crisi creata dal premier - PALAZZO BACAREDDA. Tra i consiglieri prevale lo schieramento trasversale - Di Battista, show nell’isola il leader M5s fa il pieno .

Unione Sarda

Economist per il No: crisi creata dal premier

ROMA Le dimissioni di Matteo Renzi se vincesse il No «potrebbero non essere la catastrofe che molti temono in Europa». Lo scrive l'Economist in un editoriale dal titolo “Perché l'Italia dovrebbe votare no al referendum”.

«L'Italia - spiega il giornale britannico - potrebbe mettere assieme un governo tecnico ad interim, come ha già fatto molte volte in passato. Se perdere un referendum potesse realmente causare la fine dell'euro, allora sarebbe un segno che la moneta unica è così fragile che la sua distruzione è solo questione di tempo».

Per l'Economist «è Renzi ad aver creato la crisi, mettendo in gioco il futuro del suo governo sul test sbagliato». «Gli italiani - dice il settimanale – non dovrebbero essere ricattati. Renzi avrebbe fatto meglio a sostenere maggiori riforme strutturali su tutto, dalla riforma dell'indolente magistratura al miglioramento del pesante sistema dell'istruzione».

Renzi, chiosa l'Economist, «ha già sprecato quasi due anni a provare ad aggiustare la Costituzione, prima l'Italia torna alle vere riforme, meglio sarà per l'Europa».

PALAZZO BACAREDDA. Tra i consiglieri prevale lo schieramento trasversale dei contrari alla riforma La battaglia del referendum Dal “sì” dei Democratici al “no” di Sel e dei gruppi del centrodestra.

Prevalgono i “no” - 19 contro 13 “sì” - e c'è qualche indeciso. Con marcate sfumature: “incerto tendente a sì” (Aurelio Lai, Psd'Az) e “sì contro Renzi” (Pierpaolo Vargiu, Riformatori). Per il resto, i 34 consiglieri comunali che siedono sui banchi di palazzo Bacaredda hanno le idee chiare: al Referendum costituzionale del 4 dicembre assicureranno voti di schieramento (sia nel centrosinistra che nel centrodestra) ma anche frutto di “profondi convincimenti personali”.

Il Pd è quasi compatto: tranne Marco Benucci, gli altri otto componenti del gruppo sono per il “sì”. I quattro consiglieri di Sel (partito che confluirà in Sinistra Italiana) sono per un “no” convinto, come pure i gruppi del centrodestra Forza Italia, Fratelli d'Italia e #Cagliari16. No senza ripensamenti anche per Alessandro Sorgia (Gruppo Misto) e i due consiglieri del Movimento 5 Stelle Antonietta Martinez e Peppino Calledda.

LA SCELTA Al di là della posizione del sindaco Massimo Zedda, esponente di Sel che non aderirà al progetto di Sinistra Italiana (sul referendum: «Votassi no mi dovrei dimettere», ha dichiarato), il capogruppo di Sinistra ecologia e libertà Matteo Massa, così come il compagno di partito Alessio Alias, chiariscono che il partito non ha «dato indicazioni di voto». Quindi ciascuno per sè: «E siamo tutti per il no».

Si pone il problema del dopo 4 dicembre: dopo lo scioglimento di Sel cosa sarà e come si chiamerà il nuovo gruppo consiliare? «Una lista, una federazione, un'associazione: ogni decisione», sottolinea Massa, «la prenderemo dopo il referendum. Certo non confluiremo in Sinistra Italiana, contrario alla politica di centrosinistra. Noi siamo a sinistra, ma nel centrosinistra». La sardista Monia Matta parla per sé: «No convinto, secondo le indicazioni del partito». No anche per la collega sardista Gabriella Deidda («è l'indicazione del Psd'Az») ma non per Francesco Stara: «Sono per il sì. Perché credo che il cambiamento proposto dal referendum sia vitale, e il voto un fatto soggettivo».

IL DUBBIO Gli indecisi Aurelio Lai (Psd'Az, vicepresidente del Consiglio) e Pierpaolo Vargiu (Riformatori) spiegano la loro attesa. Lai: «Tendenzialmente voterò sì ma sono tante le ragioni che spingono continuamente a cambiare idea». Vargiu: «Il partito sta discutendo, la scelta è vicina». Il capogruppo riformatore Giorgio Angius ha rotto gli indugi: «Sì, anche se dal partito non è arrivata un'indicazione su come votare».

CONVEGNI Fabrizio Rodin, capogruppo del Partito democratico, conferma che il “sì” del Pd è quasi corale ma «non c'è stato un dibattito interno». Voto quindi frutto «delle sensibilità personali di ciascuno di noi». Rodin non sottovaluta i riflessi sia della vittoria del “sì” come quelli del “no”: «Ma ora si tratta di scegliere, ed è nostro
dovere farlo». Lino Bistrussu (Casteddu pro s'indipendentzia) è per il “sì” («Roberto Tramaloni, collega nel Gruppo, è per il “no”») e rivendica il piacere-dovere di aver organizzato tre convegni per mettere in condizioni i cittadini di scegliere liberamente: «Abbiamo spiegato, e continueremo a illustrare, le ragioni dei due voti per favorire una scelta libera e convinta».

LE POSIZIONI Sul fronte del “no” sono schierati in modo granitico Alessio Mereu («il referendum lo ha voluto Renzi e interessa soltanto a lui») e Antonello Floris di Fratelli d'Italia, i consiglieri di Forza Italia Stefano Schirru («dopo la vittoria del no credo si debba andare subito alle elezioni») e Alessandro Balletto. Posizioni diverse sia tra i Popolari e Azzurri per Cagliari (Federico Ibba è per il “sì”, Loredana Lai per il “no”) che tra i Rossomori (Filippo Petrucci è per il “no”, Davide Carta per il “sì”). Piergiorgio Massidda e Pierluigi Mannino voteranno “no”. L'ex senatore azzurro: «Ho l'esperienza da parlamentare a guidarmi, e nel referendum intravedo molte trappole pericolose per la nostra autonomia regionale. Con la vittoria del “sì” verrebbero a mancare le tutele che oggi abbiamo».

Pietro Picciau
La Nuova
Tappe a Sassari e Cagliari per convincere gli elettori del Movimento a votare No: «Pronti a governare anche la Sardegna e a rilanciare la sua vocazione turistica»m. Di Battista, show nell’isola il leader M5s fa il pieno

SASSARI «Alle Regionali l’ultima volta non ci siamo presentati, perché non siamo gente attaccata alle poltrone. Ma ora siamo strapronti, e quindi la Sardegna la governiamo noi». «La vostra Isola l’ho girata in moto. C’è un pezzo tra Bosa Marittima e Alghero, mai visto niente di simile in vita mia. Qui i turisti dovrebbero essere milioni anche d’inverno. E invece stamattina all’aeroporto c’ero solo io».

«Per favore basta panadas, ho la casa piena e vanno a male. Se mi volete corrompere Cannonau e olio, sardo però, non quello tunisino a cui hanno permesso di invadervi». È un tornado che soffia impetuoso quello di Alessandro «Dibba» Di Battista, 38 anni, zainetto in spalla e sala strapiena ai suoi piedi. E lui, alter ego del compassato Luigi Di Maio, con cui doveva far coppia in questo “TreNo Tour #iodicono” e che all’ultimo momento è stato trattenuto a Roma, non delude le attese. Faccia pulita e atteggiamento “easy”, nemmeno un “amico” un po’ più robusto del solito a guardargli le spalle, e selfie e strette di mano con tutti.

«Fate entrare la gente che è fuori, fatela sedere in terra, siamo il Movimento 5 Stelle, mica Renzi che salda i tombini», dice ai suoi che cercano di controllare un minimo l’ingresso nella sala dell’hotel Grazia Deledda piena come un uovo. «Dovevamo andare in piazza ma piove», spiega. E poi, dopo gli interventi dei consiglieri comunali sassaresi, del sindaco di Assemini Mario Puddu, e dei parlamentari del territorio che lo accompagnano per tutto il giorno, molla il microfono che non funziona e si mette a parlare al centro della sala, in mezzo alla gente.

Un’ora fitta, di digressione pura. Che non dà l’idea di un copione mandato a memoria nelle decine di comizi che da settimane fa ai quattro angoli d’Italia, ma piuttosto di una chiacchiera tra amici. Perché il dono di «Dibba», rispetto un Di Maio che già si muove con passo di statista, è proprio questo: la capacità di mettere la gente a proprio agio. E l’ex catechista nella parrocchia romana di Santa Chiara, che gira in scooter perché non ha patente, ha appena pubblicato il libro “A Testa in su” e ha una pagina facebook che piace a più di un milione di persone questo ha fatto. E tutti si sono sperticati in urla e applausi.

«Mentre il Paese reale chiede legalità e la soluzione dei problemi, il Pd pensa a far passare un emendamento in piena notte, come fanno i ladri, per fare di De Luca il commissario della Sanità in Campania», ha detto alla stampa prima di iniziare per tener calda la polemica lanciata l’altro ieri a La Gabbia su La7. E poi «La Sardegna dovrebbe essere una delle terre più ricche del mondo, ma per loro la priorità è potersi scegliere i senatori e approvarsi le leggi che garantiscano i privilegi». O ancora: «Il presidente del Consiglio mente su tutto e quindi mente anche sulle riforme costituzionali». Tratti di un filo, che Di Battista ha ripreso in serata a Cagliari, dopo aver attraversato l’Isola in treno, accolto da decine di attivisti ad ogni fermata.

Questa volta ad esser strapiena era la ben più grande stazione marittima, collegata in diretta facebook sul suo profilo con svariate migliaia di persone. E qui «Dibba» ha lanciato la parola d’ordine del «Cammino per la Costituzione», domani a Roma. «Ognuno deve diventare sindaco di se stesso, del proprio metro quadro». Per poi ripartire per il suo tour che, comunque vada il 4 dicembre nel popolo, e nei vertici, del Movimento lo ha definitivamente consacrato.

di Giovanni Bua



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