mercoledì 9 novembre 2016

Soffiare, soffiare sugli istinti più bassi di un popolo.

Ultramiliardario, volgare, razzista, sessodipendente, maschilista, politicamente scorretto, anti-establishment, elusore ed evasore fiscale, amante del lusso e immobiliarista di discutibile successo, inviso al suo stesso partito repubblicano che fino a pochi giorni fa avrebbe voluto sostituirlo in campagna elettorale in corso: questo è Donald Trump.

Ha vinto, penso, perché ha interpretato ed ha soffiato sul fuoco degli istinti più bassi del popolo. Che, sentendosi oppresso da un capitalismo sempre più in crisi, ha risposto con l'unica arma a disposizione: quella di comabatterlo con ciò che, in questo momento, passava il convento politico americano e che meglio interpretava i suoi tormenti di pancia. 

Poco importa se questo signore rispondesse al nome di Donald Trump. Tuttavia, il popolo non si illuda. Adesso i mercati sono crollati a picco ma tempo qualche giorno o mese e tutto tornerà come prima perché Trump, al governo, non potrà far altro che proseguire quella politica del meno stato e più libero mercato contro la quale proprio quelle classi medie che lo hanno votato si sono duramente scagliate.

Ne riparleremo fra qualche tempo. Come ho scritto nel mio precedente breve commento di stamattina, un populista costretto a fare i conti con la realtà è tutt'altra cosa da quello che andava dicendo e promettendo in campagna elettorale. La Grecia, con Alexīs Tsipras, e fatte le debite proporzioni, è forse l'ultimo esempio in ordine di tempo che conferma questa teoria. Una mia teoria, ovviamente.

Enrico Chessa.

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