martedì 29 novembre 2016

L'intervento di Prodi all'Università di Cagliari.

Unione sarda

PRODI - La crisi, la politica, la Sardegna: l'intervento di Prodi all'Università di Cagliari Austerity, ricetta da strappare «Non seguiamo la Germania»

Una cartolina dal basso impero, firmata Romano Prodi. Lo splendore decadente è quello dell'Europa, e noi (Italia, Sardegna) ci siamo in mezzo. Lo stesso coinvolti, anche se crediamo che la buona sorte ci assolva: «Divisioni e troppa austerity, il Vecchio Continente rischia di scomparire dalla mappa del mondo che conta», avverte l'ex presidente del Consiglio, a Cagliari per intervenire all'inaugurazione dell'anno accademico dell'Università.

Niente di inedito, per carità: la fila dei profeti delle sventure europee supera quella dal salumiere. Ma l'oracolo infausto stavolta arriva da uno dei dieci leader che più hanno influito nel dare all'Ue la veste attuale. Prima pilotando l'Italia nell'euro, convincendo Kohl a eliminare le due velocità tra lepri e Paesi-zavorra. Poi guidando la Commissione europea negli anni del grande allargamento, da 15 Stati a 25. Uno che racconta, come se fosse una banalità, di quando strappò a Putin la firma sul protocollo di Kyoto ironizzando sulle sue difficoltà a far votare la Duma (il parlamento russo).

VECCHI MALI Il fatto è, ragiona Prodi, che l'Europa è ricaduta nelle sue «antiche malattie»: il nazionalismo, la tendenza a frammentarsi. «Intendiamoci, l'Ue deve restare un'unione di nazioni», precisa, a margine della prolusione nell'aula magna di via Università: «Ma la globalizzazione dobbiamo sfidarla insieme. I singoli Stati non ce la fanno, troppo piccoli». L'esempio chiarificatore, tratto dalla storia post-rinascimentale, lo fa nell'intervento che chiude la cerimonia aperta dal rettore Maria Del Zompo: «L'Italia era leader mondiale in tutti i campi. 

Poi ci ha travolto la prima globalizzazione, la scoperta dell'America». Per conquistare il nuovo mondo servivano caravelle più grandi, «e i nostri staterelli non erano in grado di costruirle. Neppure Venezia. Così l'Italia è uscita per quattro secoli dal novero delle grandi potenze». Nel terzo millennio, dominato da Usa, Cina e Russia, rischia il declino l'intero continente: «Le caravelle di oggi sono Google, eBay, Apple. Le grandi strutture immateriali, nessuna delle quali è europea».

GLI ALLEATI La malattia della divisione ha portato alla Brexit, uno choc per tutti e soprattutto per gli inglesi: «Si staccano da una nave abbastanza grande da poter sfidare la globalizzazione. Loro da soli non ci riusciranno», prevede il fondatore dell'Ulivo. Ma non è l'unico autogol: «Il futuro dell'Europa - conferma Prodi - dipende molto dalla Germania, che dopo la crisi ha attuato una politica economica miope, anche per se stessa». Colpa della dottrina dell'austerità e del pareggio di bilancio: «Non che io sia a favore dei bilanci in rosso, a suo tempo riducemmo di dodici punti il rapporto italiano deficit-Pil. Ma i tedeschi sono così intrisi di quella loro virtù che poi diventa un vizio, se non permette ai vari Paesi di crescere».

LA CRISI Di sicuro «l'austerity europea non ha aiutato a superare la crisi. Gli Stati Uniti, che hanno causato la recessione, ne sono usciti prima perché Obama ha messo sul tavolo 800 miliardi di dollari. Noi ci siamo rimasti impigliati, pur avendo molte meno colpe». Una politica di solidarietà europea «gioverebbe a tutti, anche ai tedeschi», assicura l'ex presidente della Commissione Ue. «Poi ci sono Paesi forti e deboli: noi restiamo tra quelli indietro». Ma non chiedete a Prodi la ricetta per riprendersi: «Non sono un medico», sorride, confermando di non volersi mettere «al posto di chi prende decisioni: io ormai sono un pensionato».

Vale anche per la Sardegna: «Straordinaria, ci vengo spesso, zitto zitto, da privato cittadino. L'ultima volta a giugno. Con pochi abitanti, basterebbe poco a rafforzarne l'immagine creando un clima di sviluppo, a fare il salto con l'asta. Serve... l'asta: una scintilla che inneschi il meccanismo». Prodi però si ferma ben prima di invadere il campo di chi oggi governa l'Isola: «Non ho gli strumenti per dire da dove può scaturire quella scintilla. Sicuramente la Sardegna dovrà trovare le sue vocazioni: quella turistica in primo luogo, ma non basta. Vista l'insularità, penso soprattutto ad attività intellettuali, di ricerca, di innovazione. Potete diventare una calamita per i giovani. Vedo Cagliari e penso: città gradevole, clima bellissimo, dov'è che un ricercatore andrebbe più volentieri?»

IL REFERENDUM Con la stessa fermezza con cui evita di dare consigli non richiesti, Prodi tiene fede al proposito di non prendere posizione, tra il Sì e il No alla riforma costituzionale. Ribadisce semmai l'amarezza per il clima velenoso: «Mi dispiace, non me l'aspettavo. Sono stato in Austria, dove c'è una campagna elettorale aspra tra due candidati, e neppure lì c'era una simile tensione». Ma davanti alle indicazioni di voto della stampa straniera, inasprisce i toni anche lui: «Noi non abbiamo votato nella Brexit, gli inglesi non votino in Italia. Economist e Financial Times non mi impressionano».

Giuseppe Meloni

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Federico Marini
skype: federico1970ca

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