lunedì 9 luglio 2018

“ll Pd non è autosufficiente ma deve diventare lo strumento, innanzitutto di dialogo e confronto con la società e le altre forze politiche, con cui si può e si deve fare un percorso comune.” di Chiara Cortese.



I sistemi complessi, così come i problemi complessi, hanno comunque alla base unità semplici, quindi anche i casi che sembrano ormai disperati hanno ampi margini di soluzione: pertanto , se non altro per ragioni di logica, anche il PD ce la può fare.

Serve fiducia. Quella fiducia che dobbiamo ispirare alle persone, ma che innanzitutto dobbiamo esercitare tra noi. Come possiamo pensare che qualcuno possa riporre in noi la propria, se siamo i primi e le prime a esprimere diffidenza al nostro interno? Chiusi dentro dispute correntizie, ci dimentichiamo che là fuori il mondo avanza senza di noi, a prescindere da noi. Devono finire le finte tattiche e le presunte strategie: ora dobbiamo pensare a ricostruirci partendo subito da una nuova stagione di pensiero che si trasformi in contenuti operativi e sociali.

Dobbiamo comprendere prima – con una discussione seria e profonda, senza riserve - e condividere poi, quale debba essere oggi il pensiero e l'agire di una forza politica progressista, mondializzata e innovativa che, con una nuova classe dirigente, possa trainare lo sviluppo sostenibile delle comunità nei loro territori.

Ho l'impressione che operiamo, in una realtà mutata, con strumenti e prospettive vecchi, incapaci di declinare in chiave contemporanea i nostri valori tradizionali, che pure sono ancora modernissimi. E' inutile spiegare le cose nuove con gli schemi vecchi. Subiamo e seguiamo a fatica i cambiamenti, anziché anticiparli e interpretarli.

La storia insegna che esistono momenti cruciali, che purtroppo vengono compresi solamente a posteriori, in cui piccole scelte che possono apparire banali... in cui elementi apparentemente insignificanti... in cui opportunità sfiorate ma non afferrate, non restano isolati ma divengono, al contrario, tasselli di un mosaico più grande della cui composizione in tanti hanno o avranno la responsabilità, grande o piccola che sia.

L'Italia oggi ha preso una direzione che a me non piace per niente. Mentre noi eravamo impegnati a litigare, è avvenuto un mutamento repentino del sentire comune, e abbiamo assistito, nel giro di pochi mesi, al fenomeno per cui opinioni o frasi che fino a poco tempo fa ci si sarebbe vergognati di pronunciare tra amici in un bar, ora vengono tuonate orgogliosamente da parte di Ministri della Repubblica.

Le azioni politiche sono state sostituite con semplici slogan o messaggi propagandistici, in cui la soluzione proposta per il superamento di tutti i problemi passa quasi sempre per la contrapposizione a qualcosa o qualcuno. L'antagonismo viene prospettato come l'unica strada percorribile e la paura, usata e strumentalizzata senza ritegno, sta sradicando quei valori su cui pensavamo che fosse fondata la nostra società, innanzitutto quello della solidarietà e della difesa nei confronti degli emarginati e degli esclusi.

Ora, qui non si tratta di avere la responsabilità semplicemente delle sorti del nostro partito, qui si tratta di essere consapevoli della responsabilità che abbiamo nei confronti del nostro paese. Se delle sorti di quegli emarginati e di quegli esclusi non ce ne occupiamo noi, chi se ne occupa? Può forse farlo chi promuove la schedatura su base etnica?

Se non spieghiamo noi alle giovani generazioni l'importanza della conoscenza, dell'istruzione e della crescita personale quale strumento per il raggiungimento dei propri obiettivi e dei propri sogni, chi lo fa? Può forse farlo chi propone di sorteggiare i componenti del Senato come se fosse una lotteria?

Se non recuperiamo noi le comunità territoriali, innanzitutto del mezzogiorno e delle isole, e non ci occupiamo del loro sviluppo attraverso la proficua collaborazione tra realtà urbane, produttive e rurali, chi se ne fa carico? Chi ha fatto del divario territoriale il proprio cavallo di battaglia?

Se non divulghiamo noi proposte sostenibili di rilancio del mercato del lavoro, quale strumento non solo di sostentamento ma di dignità personale, in un contesto in cui ciascuno contribuisca secondo i propri mezzi al benessere della società, chi lo fa? Chi propone la flat tax, il reddito di cittadinanza e ha elaborato il Decreto Dignità, nome pomposo, per definire un calderone in cui c'è di tutto un po'? Se non mettiamo noi al centro del dibattito politico la persona... la persona come motore del cambiamento nella società, nelle istituzioni, nel lavoro e nelle organizzazioni, chi lo fa?

Spetta a noi parlare di queste cose, far sentire che ci siamo e che l'esistenza del Pd non è un'esigenza nostra, non è fine a se stessa o il mezzo per la nostra perpetuazione; il Pd non è autosufficiente ma deve diventare lo strumento, innanzitutto di dialogo e confronto con la società e le altre forze politiche, con cui si può e si deve fare un percorso comune, attraverso cui veicolare e affermare un'idea di Italia diversa da quella propagandata da chi è al governo. Perché ancor prima di pensare a vincere le elezioni, dobbiamo preoccuparci di far vincere i valori! E impedire che l'Italia crolli in un nuovo prefascismo.

E se non inseguire la pancia degli elettori, non appiattire la nostra proposta politica al botta e risposta, vuol dire perdere oggi qualche voto, pazienza, lo recupereremo: l'importante è non perdere l'idea, non perdere il progetto, non perderci e diventare il vuoto cosmico.

Il partito si può ricostruire, non solamente dentro i social network, ma valorizzando l'immensa intelligenza e competenza che c'è nella nostra gente. Che attende solamente di essere coinvolta, ma su cose concrete. Quando stiamo uniti e assumiamo il ruolo di forza coesiva, che ci è connaturato, noi vinciamo. E governiamo bene. E' così in molte parti d'Italia e anche a Cagliari, da cui provengo.

In chiusura mi permetto di citare le parole pronunciate da Nelson Mandela quando si è insediato Presidente del Sudafrica: ”È giunta l’ora di rimarginare le ferite. È giunta l’ora di colmare i divari che ci dividono. Questo è il tempo di costruire."
Di Chiara Cortese

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