lunedì 30 luglio 2018

Rassegna stampa 30 Luglio 2018


La Nuova

Il segretario del Pd ha una strategia per riconquistare gli elettori e la Regione: «Basta alle guerre interne. E dobbiamo essere aperti al dialogo con tutti» «Ripartiamo dal basso e dagli alleati storici»

di Luca Rojch

Un trapianto di anima, e di cuore, in un partito stanco e lontano dalla realtà. Il compito di Emanuele Cani, il nuovo segretario del Pd, è a metà tra l'incantesimo da stregone e l'intervento a cuore aperto da cardiochirurgo. Perché il paziente è quasi catatonico. Gli unici a mostrare segni di vita sono i leader delle correnti, che in questi mesi hanno lavorato a un accordo complicatissimo. E pazienza se serviva uno tsunami, ma le correnti interne al massimo hanno partorito un venticello.  Cani si è già calato nel ruolo e traccia la linea. Deve rianimare un Pd che, come sostiene Soru, agonizza poco sopra il 10 per cento, e più in generale sembra avere perso l'appeal.

Si concentra sulla ricerca dei motivi del crollo dei consensi nel Pd in Sardegna. Vuole ritornare nelle piazze per parlare con la gente e punta anche a riportare l'entusiasmo e il consenso dei dirigenti del partito. Non vuole che la nuova storia del Pd sia scritta con l'inchiostro della nostalgia. Ma Cani si concentra anche sulle Regionali di febbraio.

Non ha dubbi. Ripartirà dalla coalizione che si è presentata alle Regionali del 2014, ma vuole subito aprire ai sindaci e osserva anche la proposta del Partito dei Sardi. Non fa nomi sul candidato governatore. Nelle sue mani in grande malato.

Ma come farà a far uscire il Pd da questa crisi?«Ci proveremo. Perché il Pd ha grandi potenzialità. E ha una quantità enorme di risorse da valorizzare. Dobbiamo essere bravi a farlo e a ricostruire intorno al Partito democratico una grande coalizione».

E in che modo?«Sono convinto ci debbano essere due fasi. La prima è la ristrutturazione del Pd, la seconda è l'uscita dall'isolamento in cui siamo finiti e la ricostruzione di una coalizione forte che abbia radici solide e un programma forte e condiviso».

Ma quali margini avrà questa coalizione? Quanto sarà vasta?«Dobbiamo ripartire dal tavolo del 2014. Con i nostri alleati. Quella è la nostra base, ma nello stesso tempo dobbiamo aprirci anche alle altre spinte di rappresentazione che arrivano dalla società. Dai sindaci ai sindacati, alle associazioni. E dobbiamo avere l'attenzione di dialogare con tutti i partiti. Con chi non ha trovato una casa, con chi non si riconosce nella radicalizzazione populista di Salvini. Ci sono valori democratici che devono diventare la base del dialogo».

Ma guardate anche a forze in questo non vicine al centrosinistra come i Riformatori e sardisti?«Dobbiamo valutare in questo momento anche forze politiche che non hanno avuto rapporto con i pariti di sinistra. C'è un tavolo da aprire. È chiaro che per prima cosa dobbiamo discutere con chi ha iniziato con noi da tempo una strada comune. Ma è molto interessante anche dialogare con le forze di matrice federalista che hanno una presenza importante nella regione in questa fase storica».

Si riferisce al Partito dei sardi e al progetto identitario che porta avanti da tempo?«È fondamentale anche un confronto con loro. Amministriamo insieme in Regione e in molti Comuni. Mi sembra naturale e quasi scontato parlare con loro».

Esiste, anche se non in modo formale, un partito dei sindaci che sembra avere un grande riscontro.«I sindaci fanno un lavoro fondamentale. Sono la parte più esposta in questo momento, sono i maggiori conoscitori delle emergenze quotidiane delle nostre comunità. Per continuare a guidare la Sardegna è indispensabile parlare con loro e dialogare insieme su quale futuro vogliamo dare alla nostra isola».

Una parte del Pd invocava un tipo di scelta differente, lontana dalle correnti. Soru non la ha votata e ha criticato la scelta della sua designazione. Le è dispiaciuto?«Certo che mi è dispiaciuto. Ma sono convinto che sia un dovere morale recuperare tutti e dialogare con tutti. Dobbiamo ricostruire il Pd e lo dobbiamo fare insieme. Uniti. Non perderò occasione per chiamare tutti quelli che hanno deciso di non contribuire alla rigenerazione del partito. Abbiamo bisogno di loro e devono fare parte della squadra, anche da posizioni differenti. Spero in un loro forte contributo».

Anche Pigliaru ha detto di non essere andato ad Abbasanta il 9 luglio perché non aveva interesse ad assistere alle prove di forza tra correnti. Una critica al metodo utilizzato. «Dialogherò con lui. Ma io credo che sia nell'interesse di Pigliaru e del Pd aprire un canale privilegiato. Siamo l'unica forza politica che ancora si incontra e si confronta pubblicamente sui temi. Spesso costruire una soluzione è complicato. Ma l'apertura totale al dialogo e al confronto può generare tensioni. Pigliaru è un illustre iscritto del Pd, abbiamo bisogno di lui. È chiaro che ci possono essere momenti di difficoltà, ma i nostri dirigenti devono aiutarci proprio in questi momenti. Sono convinto che l'intelligenza di Pigliaru e la sua grande competenza lo spingeranno in questa direzione».

Berlusconi in queste ore pensa a un nuovo nome per Forza Italia, "Altra Italia". Secondo lei è la ricetta giusta anche per il Pd?«Secondo me Pd è un bel nome, che racchiude una storia e una tradizione. Evoca valori precisi e un radicamento nel territorio. Sarei cauto prima di prendere certe decisioni».

Ma una parte del partito vuole indire un referendum per creare un Pd sardo federato con quello nazionale.«Questa è una cosa differente. Il referendum per me è una cosa positiva. Perché si esalta la matrice regionale e il suo radicamento nell'isola senza eliminare la connessione con il partito nazionale. Questo argomento verrà portato all'attenzione del prossimo congresso programmatico».

Mi scusi, lei parla di un partito vivo e attento, ma mi spieghi perché nel suo Sulcis i 5 Stelle hanno stravinto. Il Pd ha di fatto salvato Eurallumina e Alcoa, migliaia di posti di lavoro, ma nessuno lo ha votato. Come se lo spiega?«Devo essere sincero. Non me lo spiego. Non lo ho ancora capito. Non so perché anche quando il Pd fa cose positive non trova il consenso. È evidente che si è rotto qualcosa tra noi e il nostro popolo. Dobbiamo ripartire da questo. Riallacciare questi nodi. Dobbiamo ritornare a parlare di lavoro in modo diretto. Ricostruire una matrice politica che parta dal confronto con le masse. Che sia propria della sinistra e della sua storia».

A proposito come si spiega il 10 per cento raggiunto dalla alleanza Lega-Psd'Az?«Secondo me ha funzionato solo dal punto di vista elettorale. Hanno sfruttato il traino nazionale della Lega. Certo che come cittadino sardo questa alleanza quasi contronatura mi ha turbato. Credo che le politiche del Psd'Az siano inconciliabili con quelle della Lega. Non penso che il Psd'Az sia un partito populista. Considero questo patto fuori da ogni regola delle relazioni politiche, è incomprensibile e ingiustificabile».

Ma mi pare che gli elettori abbiano premiato la Lega e il governo gialloverde nei sondaggi sia in ascesa. «Loro sono ancora in campagna elettorale. Cavalcano il tema della paura. Hanno amplificato la questione migranti. Ma sono certo che crolleranno quando si dovrà parlare del futuro del Paese. E quando dovranno affrontare la Finanziaria. Sono convinto che alla fine l'intelligenza dei sardi e degli italiani li riporterà a dare una giusta valutazione di queste forze politiche. Noi dobbiamo ragionare in prospettiva».

Riuscirà a ricompattare il Pd? «Ci proverò. Ma non devo essere io a ricompattare il Pd. Non deve essere una posizione verticistica. Si deve partire dal basso. Anche per questo le prime cose che farò da segretario saranno una serie di incontri istituzionali con il presidente della giunta, quello del consiglio regionale, i sindaci, i sindacati, le associazioni imprenditoriali e quelle del volontariato. Ma questo è solo il primo passo. Mi aspetto il contributo di tutti per dare vita a un reale cambiamento del Pd».



Unione Sarda

Soru: Cani eletto senza analisi del voto, rischiamo la fine di Michela Murgia
«Attento Pd, così spariremo dal nuovo Consiglio regionale»

Se il Pd è quello di Su Baione, quello che ha eletto Emanuele Cani
alla segreteria, rischia di sparire. È fosca la previsione di Renato
Soru, dopo l'assemblea che ha scelto il successore di Giuseppe Luigi
Cucca: «Il 4 marzo è cambiato lo scenario politico, un fatto storico,
Credo che meritasse un dibattito nel Pd sul perché chi guardava a noi
ci ha lasciato al 14%».

In assemblea lei ha citato percentuali pure peggiori.
«Circolano sondaggi che ci danno al 10. Non sorprende: in questi mesi
non si è fatto nulla per ricostruire la fiducia intorno a noi».
Un congresso basterebbe?
«Noi abbiamo chiesto di riflettere sul nuovo contesto, cercare nuovi
linguaggi, nuove relazioni con gli elettori. Altri si sono
accontentati di eleggere Cani».

Non era la persona giusta o non era il metodo giusto?
«Non è la scelta giusta. La stessa maggioranza che elesse Cucca, dopo
essersi dissolta come emerso da mille dichiarazioni pubbliche, si è
rimangiata tutto e ha eletto una persona che non reputo più autorevole
di Cucca. Per fare cosa? Raccontarci la stessa bugia confortevole?»

Quale bugia?
«Che si lavora per l'unità. Ma in realtà si lavora solo per l'unità di
un ristretto gruppo di vecchi dirigenti senza popolo. Alimentando la
disunità con la società».

Come si può rimediare?
«In vari modi, bisogna stare nelle piazze ma anche ritornare a
studiare, e discutere molto apertamente. Invece si è preferito non
discutere e andare avanti».

Della batosta elettorale si è parlato molto, a dire il vero.
«Ma scusi: con un segretario che si dimette, e un dirigente come
Silvio Lai che addirittura vuole superare il Pd, ritenuto un marchio
non più attraente; con ipotesi di alleanze contro la nostra storia,
con movimenti secondo me di destra; possibile che si voglia solo
continuare a controllare il partito, eleggendo un segretario amico,
anzi ancora più amico?»

Beh, sul Pd federato è stato proposto anche un referendum tra gli iscritti.
«Una svolta simile richiede un dibattito aperto a tutti, non ristretto
a un'assemblea con molti che non vedevamo più da una vita, richiamati
per serrare le fila. Chiedo: eletto Cani, il tema del Pd sardo è
superato? O se ne occupa la segreteria aritmetica di Cani?»

“Segreteria aritmetica” è un'espressione efficace, ma nel 2008
Francesca Barracciu fu eletta da una maggioranza anche più risicata e
lei era favorevole.
«Allora ci fu un ricorso e il giudice disse che le regole erano
rispettate, perché il segretario Cabras aveva detto di dimettersi per
ragioni personali. Non per dissensi interni come Cucca».

Oddio, anche per Cabras furono dimissioni politiche...
«Ciò che disse è agli atti. Possiamo crederci o no; certo nel caso di
Cucca è una maggioranza che si è sfaldata. Noi però stavolta non
ricorreremo in tribunale».

Ora come si riparte?
«Non lo devo dire io, lo dica il segretario. Ci sono dirigenti che
hanno deciso, si prenderanno la responsabilità di quello che
succederà».

Ma Renato Soru che farà?
«Sono quasi sempre stato in minoranza nel Pd sardo, lo sarò ancora».
Non lascerà il partito?
«Sono stati altri a dire che sarebbero usciti, salvo poi riarroccarsi.
Io sono abituato a lottare da dentro».

Crede ancora nel Pd?
«Credo nella politica, che si fa attraverso i partiti. Ma non credo a
quelli personali, o a Salvini che fa leva sulle emozioni, sulla paura,
l'egoismo, la xenofobia quando non il razzismo. L'emotività è
importante ma può farti venire un attacco di panico in ascensore.
Salvini lavora perché tutti diventiamo preda di quel panico. E magari
come reazione vogliamo spaccare tutto, rompendo l'ascensore».

E dei 5Stelle cosa pensa?
«Non credo neppure nella loro finta democrazia: ora per esempio solo
lo staff di Milano sa chi si è proposto come candidato presidente.
Anche il caso di Andrea Mura dimostra che quel sistema non funziona».

A proposito di Mura molti hanno tirato in ballo lei, per le assenze in
Consiglio regionale o all'Europarlamento.
«Sciocchezze. Ma io citavo Mura perché non puoi selezionare uno in
poche ore per un ruolo cruciale, e poi cacciarlo sempre in poche ore
senza neanche un dibattito pubblico, lapidandolo in piazza».
E l'antidoto a tutto questo è ancora il Pd?
«Di certo la politica deve trovare modalità nuove, responsabili e
rassicuranti. Un attacco di panico non lo fai passare col solo
ragionamento. Funziona l'empatia, dimostrare di patire assieme ,
accogliere. Occorrono parole e comportamenti nuovi».

Anche volti nuovi? Nella quasi-rissa del 9 luglio, eravate gli stessi
litiganti del giorno in cui lei, nel 2008 si dimise in aula.
«È stata una discussione scomposta, nessuna rissa. Per me vanno bene i
volti nuovi. Purché i comportamenti non siano quelli vecchi, con i
soliti manovratori nell'ombra. Non dobbiamo individuare noi i “nuovi”:
loro devono prendere la bandiera in mano e proporsi con idee e
progetti propri».

Lei quale ruolo avrà, nella politica del futuro?
«Io sono interessato a non separare la mia vita dall'impegno politico.
Ricordo che io sono in politica da 14 anni, altri da 30. E ne sarei
già uscito se nel 2014 non mi avessero chiesto tutti di candidarmi
alle Europee, perché nessuno lo voleva fare».

Si riproporrà alla Regione?
«Potrei provare uno spirito di rivincita. Ma non è sempre intelligente
agire sotto quella spinta o rifare sempre le stesse cose».
È vero che è migliorato il suo rapporto con Pigliaru?
«Al di là dei luoghi comuni, anche quando ho avanzato critiche su
trasporti, entrate o urbanistica, non era contro di lui ma un
contributo costruttivo. Come sulla riforma degli enti locali, anche se
poi la soluzione finale non l'ho condivisa».

Perché?
«Per esempio perché si è fatta una città metropolitana che è una
piccola provincia, non funzionale allo sviluppo dell'intera Sardegna».
A conti fatti, Pigliaru è stato un buon presidente?
«Non voglio giudicarlo. Però di sicuro ha lavorato con onestà e grande impegno».
Le Regionali sono una partita già persa?
«No, ma ogni minuto di gioco ora è decisivo. E se giochiamo come si è
fatto sabato a Su Baione, la preoccupazione cresce».

Certo non siete i favoriti.
«Neppure i secondi favoriti. E se siamo terzi, attenti: sotto il 10%
faremmo la fine della coalizione di Michela Murgia. La regola,
sbagliata, che qualcuno aveva ideato per fermare lei, rischia di
rivoltarsi contro di noi come una beffa».
Giuseppe Meloni

«Per la Sardegna il M5S avrà un programma rivoluzionario»
Il senatore Ettore Licheri: alle prossime elezioni ci sarà una nuova
idea della Regione

Ettore Licheri non ha dubbi: il Movimento 5 Stelle presenterà alle
Regionali un programma «coraggioso e rivoluzionario». L'avvocato
sassarese, neo senatore pentastellato e presidente della commissione
Politiche Ue, è ottimista sul futuro dei Cinque stelle in Sardegna e a
Roma. Ma, dopo le polemiche dei giorni scorsi su Andrea Mura, ammette
di aver sbagliato a pensare che il velista «fosse un valore aggiunto».
L'assenteismo di Mura vi ha creato imbarazzo?
«Su di lui è stato detto tutto. I cittadini, però, hanno constatato
che il Movimento ha prontamente allontanato chi ha mancato ai propri
doveri istituzionali».

Personalmente che cosa ne pensa?
«Mi spiace per Mura, ritenevo che potesse essere un valore aggiunto ma
mi sbagliavo. Andiamo avanti, siamo tutti utili alla causa ma nessuno
è indispensabile».

C'era l'accordo sul ruolo di testimonial?
«Assolutamente no».

Le regionarie premieranno il valore reale dei candidati?
«Non posso rivelare nulla sui nomi. Ma posso anticipare che, dai
tavoli di lavoro, uscirà un programma veramente coraggioso,
rivoluzionario, ricco di progetti innovativi che finalmente
racconteranno una nuova idea di Sardegna».

Basterà a convincere gli elettori?
«Siamo entrati nel terzo millennio e spero che scelgano di non farsi
accompagnare in questo percorso dai politici del secolo scorso».
Sarete avversari della Lega. Un problema?
«No. Abbiamo percorsi e storie politiche diversi. A Roma siamo
riusciti a fare una sintesi efficace moderna consacrata dal contratto,
ma nei territori ognuno porta avanti i propri progetti».
Dopo due mesi è possibile fare un bilancio del nuovo governo?
«Sì, ed è straordinariamente positivo. Dopo 25 anni di cagnolini,
signorsì e raccontatori di barzellette, ci siamo riconquistati in
Europa l'autorevolezza ed il rispetto perduto».

Qualche problema sul tema dei migranti?
«Abbiamo troncato il business dell'immigrazione che aveva fatto così
tanto felice Salvatore Buzzi di Mafia capitale e, sia chiaro, senza
aver mai mancato agli obblighi giuridici e morali di soccorso in
mare».

Quali meriti al Movimento?
«Stiamo liberando i giovani dalla schiavitù del precariato, i poveri
dalla schiavitù del gioco d'azzardo, l'economia dal tradimento delle
delocalizzazioni. Stiamo insomma restituendo ai lavoratori quelle
tutele sociali che destra e sinistra avevano sacrificato all'altare
del neoliberismo finanziario».

Ha già testato la difficoltà di rapportarsi con l'Unione europea?
«Al contrario. Sia io che il ministro Savona abbiamo raccolto un
generale sentimento di collaborazione da parte delle istituzioni
europee. Certo, stiamo vivendo il cambio repentino di un epoca. Tutte
le istituzioni devono sentire perciò l'esigenza di darsi una nuova
architettura più aderente alle nuove esigenze del popolo».

Il governo è contro il Ceta. I prodotti agroalimentari sono a rischio?
«Sulla questione l'attuale dibattito pubblico pecca di superficialità.
Il trattato contiene centinaia di clausole, alcune potrebbero essere
positive, altre molto negative. Se un governo ratifica un trattato
nessuno deve piangere e nessuno gongolare di gioia, per la semplice
ragione che un buon governo firma un trattato quando questo è
nell'interesse generale di tutti i cittadini».
Matteo Sau

La deputata pentastellata
Lapia a Pd e FI: mandate via gli assenteisti

Non ci sta ad accettare lezioni di moralità dagli altri partiti, e
soprattutto dai parlamentari sardi: «Mi rivolgo ai colleghi di Forza
Italia e del Partito democratico, soprattutto, fate vostro il mio
invito e chiedete le dimissioni dei vostri colleghi assenteisti». La
deputata nuorese del M5S Mara Lapia è stata la prima parlamentare nei
giorni scorsi a chiedere le «immediate dimissioni» di Andrea Mura,
recordman per le assenze dall'Aula.

Poi il velista è stato espulso dal
Movimento - «una scelta chiara e differente da quelle che sono le
logiche degli altri partiti» - ma il “caso” non è ancora rientrato.
«Condanno Andrea Mura», sottolinea Lapia, «ma chiedo che etica e
moralità appartengano a tutti. Per questo invito gli onorevoli Ugo
Cappellacci, Gavino Manca, Romina Mura e Giuseppe Luigi Cucca, a
formalizzare la richiesta di dimissioni per i loro colleghi di partito
assenteisti».

E prosegue con la lista dei “fannulloni”, recuperata da OpenPolis. Il
primato - spiega in una nota - appartiene a Forza Italia. La più
assente alla Camera, con lo 0,45% di presenze, è Michela Vittoria
Brambilla.

La deputata fa parte della Commissione Affari Sociali e
Sanità, «come me», prosegue Lapia, «e non ho mai avuto il piacere di
vederla». Ancora: tra i più assenteisti troviamo Piero Fassino (91,86%
di assenze); il segretario del Pd Maurizio Martina (57%); Giorgia
Meloni, leader di FdI (85,07%); Marzia Ferraioli di Forza Italia
(83,71%). Al Senato sono tre esponenti di Forza Italia a collezionare
oltre l'80% di assenze: Paolo Romani, Niccolò Ghedini e Giacomo
Caliendo.

La Nuova

La deputata M5S chiede agli altri partiti di seguire l'esempio del movimento
Lapia: gli assenteisti vanno cacciati

CAGLIARI
Dopo l'espulsione del deputato-velista Andrea Mura, accusato di aver
accumulato il 96,38% di assenze, il M5S chiede agli altri partiti di
seguire il loro esempio. «Adesso chiediamo che la stessa cosa venga
fatta anche dalle vecchie forze politiche!», si legge nel blog delle
Stelle. La prima parlamentare ad aver chiesto le immediate dimissioni
di Mura - anziché l'espulsione dal gruppo - è stata la deputata
nuorese Mara Lapia. «Andrea Mura ha avuto una grande opportunità, ma
non ne ha percepito fino in fondo l'importanza. Rappresentiamo decine
di migliaia di sardi, che ripongono in noi le speranze in un vero
cambiamento».

 La deputata non accetta però lezioni di moralità dagli
altri partiti presenti in Parlamento, e soprattutto dai parlamentari
sardi. «Mi rivolgo ai colleghi di Forza Italia e del Partito
Democratico in primis - dice Lapia-, fate vostro il mio invito e
chiedete le dimissioni dei vostri colleghi. Il Movimento con il
deputato Mura ha fatto una scelta chiara e differente da quelle che
sono le logiche degli altri partiti».

Secondo OpenPolis,
l'associazione che monitora la produttività dei parlamentari, il
primato dei fannulloni è di Forza Italia: la più assente alla Camera
dei Deputati, con lo 0,45% di presenze, è Michela Vittoria Brambilla.

Tra i più assenteisti il deputato del Pd Piero Fassino, Giorgia Meloni
e Marzia Ferraioli di Forza Italia. Anche al Senato Forza Italia
conferma il suo primato. Sono 3 i senatori che hanno collezionato più
dell'80% delle assenze: Paolo Romani, Niccolò Ghedini e Licia
Ronzulli.«Condanno Andrea Mura - insiste Lapia - e chiedo che etica e
moralità appartengano a tutti e non solo al Movimento. Pretendo che i
partiti si comportino come il nostro gruppo, espellendo dai loro
gruppi tutti gli assenteisti, chiedendone le immediate dimissioni.
Altrimenti - conclude Mara Lapia - abbiano almeno il buonsenso di
tacere».

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Federico Marini
skype: federico1970ca


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