giovedì 12 luglio 2018

Rassegna stampa 12 Luglio 2018


Unione Sarda

Il Pd sardo in affanno: saranno decisive le indicazioni da Roma
Tra nuova assemblea e commissario

C'è un'altra opzione a disposizione della segreteria nazionale per risolvere la crisi del Pd in Sardegna. Accanto alla possibilità di mandare un commissario - strada che vogliono percorrere i soriani dopo che si è “sprecato” l'ultimo giorno utile per eleggere il successore del segretario dimissionario Giuseppe Luigi Cucca - sul tavolo dei vertici romani c'è un'alternativa: una lettera firmata da 40 delegati dell'assemblea - tutti delle altre due aree che costituiscono la maggioranza, popolari-riformisti e renziani - in cui si chiede la convocazione dell'assemblea regionale per il 23 luglio con all'ordine del giorno l'elezione del nuovo leader.

La missiva è stata indirizzata alla presidente Lalla Pulga e, per conoscenza, al segretario nazionale Maurizio Martina e alle commissioni regionale e nazionale di garanzia. Resta improbabile, però, che la presidente possa accettare, anche perché, in occasione della riunione infuocata del 9, ha sciolto l'assemblea per mancanza del numero legale e ha inviato una lettera a Martina e alla commissione di garanzia a Roma per chiedere l'avvio della fase congressuale spianando, di fatto, la strada del commissariamento.

La palla passa a Roma che dovrà dettare la linea e tenere conto del fatto che oltre 90 componenti dell'assemblea, tutti della maggioranza, hanno scritto a Martina perché non si proceda al commissariamento ma si invii un garante nazionale per eleggere il nuovo segretario. Nel frattempo l'ex segretario Renato Soru è tornato sui fatti di tre giorni fa ad Abbasanta: «Alcuni tra i massimi dirigenti della maggioranza, delusi dopo le offese urlate, sono passati alla contestazione anche fisica, ed io con pochi altri mi sono sentito di intervenire, frapponendomi per proteggere la presidente». Tutto quello che è venuto dopo «fa parte di una sceneggiata». Invece «è ora di ripartire tornando ai valori di fondo della tradizione progressista, ripartire dalle nuove parole d'ordine che sapremo darci, da un progetto chiaro e da una nuova classe dirigente».

Ro. Mu.

La coalizione risponde al Carroccio: il candidato non sarà un volto noto
Centrodestra, aria di rinnovo «Ma non è la Lega a imporlo»

Nessun timore davanti all'invito della Lega a un rinnovamento per le
regionali. I partiti del centrodestra sono pronti a raccogliere la
sfida, ma soprattutto tengono a sottolineare che la corsa allo
svecchiamento non è un brevetto del Carroccio perché «ho iniziato
questo percorso nel 2011», sottolinea Ugo Cappellacci, coordinatore
regionale di Forza Italia.

L'INVITO Il rinnovamento non sarà dunque un freno alla costruzione
della coalizione di centrodestra. L'avviso della Lega, «se i candidati
saranno i soliti volti noti meglio correre da soli», non fa paura.
«Non mi spaventa e sono anche pronto a rilanciare», dice Cappellacci,
«abbiamo il dovere di dare spazio a una nuova classe dirigente e alle
nuove generazioni».

La scelta non sarà un problema ma «un'opportunità
per il partito e per un Paese che intende crescere». La bordata del
commissario regionale della Lega, Eugenio Zoffili, non viene
interpretata come un ultimatum ma «una riflessione» e se i toni sono
sembrati un po' estremi «mi dichiaro ancora più estremista», conclude
il coordinatore azzurro.

LE MANOVRE Sul Copyright del rinnovamento si sofferma anche il
coordinatore regionale di Fratelli d'Italia, Paolo Truzzu: «Ho
sollevato questo argomento molto prima della Lega». L'esponente di Fdi
ribadisce il progetto di «individuare un candidato presidente
alternativo al centrosinistra, ragionando sulle persone che non sono
nelle istituzioni dal 1994».

L'avviso così netto con i contorni
dell'ultimatum non è un problema per Truzzu, anche perché «più che la
Lega, l'avvertimento lo hanno dato gli elettori a tutti i partiti. Chi
va a votare vuole cambiare e vincerà chi saprà interpretare questo
desiderio».

I DUBBI I Riformatori, per ora, fanno parte della coalizione di
centrodestra, ma non è escluso che in futuro le scelte possano essere
diverse. Pietrino Fois, coordinatore regionale del partito, mette le
mani avanti: «Siamo totalmente d'accordo con questa richiesta tanto
che il modo migliore per cambiare le cose è scegliere il candidato
presidente con le primarie».

L'INVITO Fra qualche tempo i partiti si dovranno confrontare per
capire quale sarà il destino della coalizione. Il candidato presidente
deve essere una novità nello scenario politico, uno in grado di
«incarnare i valori nei quali ci riconosciamo che sono persona,
famiglia e impresa», dice Cappellacci. Volto nuovo ma «preferibilmente
un politico», dice Truzzu, «i problemi che viviamo in questo periodo
sono dettati proprio dall'assenza della politica». (m. s.)

«Deficit, la Sardegna deve contribuire»
Euro e burocrazia, parla l'economista Cottarelli

L'evasione fiscale e la corruzione, assieme a un sistema che si nutre
di burocrazia, sono «i mali peggiori per l'economia italiana».
L'economista Carlo Cottarelli non ha dubbi su quali siano i motivi di
sofferenza di un sistema sempre più in difficoltà. Le cure non possono
essere la flat tax e il reddito di cittadinanza, entrambe operazioni
«troppo rischiose e per cui servono i fondi».

Gli stessi che servono
allo Stato per risanare la finanza pubblica, come fa la Sardegna con
gli accantonamenti: «È giusto che le regioni contribuiscano, anche
quelle speciali».

Cottarelli parla dei “Sette peccati capitali dell'economia italiana”,
diventati il titolo di in un libro che verrà presentato questo
pomeriggio alle 18, nell'Aula Maria Lai dell'Università di Cagliari.
Attualmente direttore dell'Osservatorio sui Conti pubblici della
Cattolica di Milano, è stato presidente del Consiglio in pectore.

 Il Capo dello Stato, Sergio Mattarella aveva affidato a lui il compito di
formare un governo tecnico per traghettare l'Italia alle elezioni.
Dopo quattro giorni di tentativi, però, è arrivata la rinuncia
all'incarico e la nascita del governo Conte.

Ripensando a quei giorni ha qualche rammarico?
«No. Avevo il compito di provare a formare un governo tecnico per
portare l'Italia alle elezioni».

Avere la fiducia sarebbe stato difficile.
«Sì, anche perché si era in una fase in cui è ripartito un forte
dibattito sul tema dell'uscita dall'euro».

Lei da che parte sta?
«Probabilmente siamo entrati nell'euro troppo prematuramente e ne
abbiamo pagato le conseguenze. Forse non eravamo pronti».

Quindi una soluzione potrebbe essere uscire dall'euro?
«Adesso ci siamo dentro, non sarebbe positiva l'uscita dell'Italia
dalla moneta unica. Il costo sarebbe troppo elevato. Bisogna
sicuramente ritrattare con l'Ue perché noi abbiamo condizioni diverse
rispetto agli altri Paesi europei».

Esiste un vero partito anti-euro?
«La maggior parte degli italiani vuole rimanere in questo sistema. E
anche i partiti che stanno al governo, a parte qualche esponente».

Quali sono i vizi capitali dell'economia?
«Evasione fiscale, corruzione, troppa burocrazia, lentezza della
giustizia, crollo demografico, incapacità di stare nell'euro e il
divario tra nord e sud».

Dell'euro abbiamo parlato. E la burocrazia?
«Uno dei problemi peggiori che abbiamo. Potremmo risolvere questo nodo
con una riforma di semplificazione. Ridurre la burocrazia avrebbe un
effetto molto forte sulla crescita».

Quali sono i risultati di questo ginepraio?
«Il fatto che gli imprenditori non investono. Al primo posto c'è il
livello di tassazione, poi la burocrazia e la lentezza della giustizia
civile».

A proposito di imposte: la flat tax potrebbe essere risolutiva?
«Per la sua applicazione è necessario trovare i fondi. In Italia, con
i problemi economici che ci sono in questo momento storico, sarebbe
troppo rischiosa».

Il binomio con il reddito di cittadinanza sarebbe fatale?
«Per la sua applicazione servono 17 miliardi, per la flat tax 50.
Alcuni sostengono che tagliando le tasse e concedendo il reddito di
cittadinanza l'economia possa crescere. Ma non esiste nessun Paese che
è riuscito a colmare il deficit aumentando il Pil».

Su questi due temi sono state vinte le elezioni.
«I numeri sono una cosa. Altra questione sono le promesse elettorali».
È riuscito a discutere questi temi con Salvini e Di Maio?
«In quattro giorni non c'è stato il tempo. E poi, ripeto, il mio
governo sarebbe stato tecnico».

Se fosse possibile la deduzione dalle tasse di più spese, ci sarebbero
meno evasori?
«Se così fosse ci sarebbero anche molte meno entrate. La cosa che
serve è diventare un Paese normale in cui tutti pagano le tasse».

È eccessivo che la Regione garantisca allo Stato gli accantonamenti
per la finanza pubblica, nonostante si accolli spese di Sanità e
Trasporti?
«È necessario che tutti contribuiscano al risanamento. Comprese le
regioni a Statuto speciale. Il sistema è cambiato perché negli ultimi
anni le spese dell'amministrazione centrale sono state meno compresse
rispetto a quelle degli enti locali».

I tagli sono un dramma anche per le Province, sopravvissute alla
riforma costituzionale. Garantire servizi senza risorse è possibile?
«Sono state tagliate molte risorse alle Province, forse troppe. Il
governo centrale ha voluto prendere più iniziative e forse sarebbe
servita una distribuzione più adeguata delle risorse».

Il divario tra il nord e il sud verrà mai colmato?
«Sì, ma è necessario impegnarsi molto».

Su cosa bisogna intervenire?
«Innanzitutto, l'amministrazione pubblica deve funzionare nello stesso
modo dappertutto. Dovrebbe migliorare il sistema scolastico, più di
quello universitario perché i ragazzi hanno la possibilità di
spostarsi. Il capitale umano è più importante di quello
infrastrutturale».

Basterebbe solo questo?
«Serve una maggiore flessibilità sul costo del lavoro. Dal momento che
la produttività è più bassa al sud che al nord, è necessario ragionare
su una corrispondenza tra contratti e produttività locale. Non mi
riferisco a un'area territoriale, ma alle imprese».

Scrivere libri di economia può cambiare il sistema?
«Spero soprattutto cambi la mentalità. Ci lamentiamo sempre dei
politici quando si parla di debito pubblico, ma loro vengono comunque
eletti».

Quando parla di mentalità si riferisce anche ai cittadini?
«Assolutamente sì».

L'impegno della “società civile” può contribuire a una ripresa economica?
«Si tratta di un elemento fondamentale. Quando parlo di rafforzare il
capitale sociale mi riferisco anche a questo aspetto. Pagare le tasse,
evitare i tentativi di corruzione o per esempio fare una buona
raccolta differenziata, si traduce in meno costi pubblici e quindi in
un miglioramento dell'economia complessiva dello Stato».


La Nuova

Martina lavora alla tregua ma resta l'incognita Soru
Il caso Sardegna nelle mani del segretario: forse i big regionali
convocati a Roma
L'assemblea prevista per domani slitta al 23 luglio ma serve l'ok del Nazareno

CAGLIARI
Non più venerdì 13, nonostante dicono porti fortuna, ma con molta più
probabilità lunedì 23 luglio. Sempre che nel frattempo arrivi il
benestare della segreteria nazionale. Dunque, fra due settimane
l'assemblea del Partito democratico potrebbe essere riconvocata per
l'elezione del successore di Giuseppe Luigi Cucca alla segreteria.
Almeno è questa l'ipotesi avanzata da quaranta delegati, appartengono
tutti alle correnti popolari-riformisti, renziani ed ex Diesse, sono
quelle pronte a candidare Emanuele Cani, nella lettera urgente
spedita, a Cagliari e a Roma, mercoledì mattina.

L'hanno indirizzata,
nell'ordine, alla presidente regionale Lalla Pulga, al segretario
nazionale Maurizio Martina, e per conoscenza alla commissione
regionale di garanzia e a quella centrale. È ancora una richiesta, va
sottolineato, ma potrebbe avere buone possibilità di successo.
Soprattutto perché dopo l'assemblea-rissa di lunedì, ad Abbasanta, il
neo segretario, è stato eletto sabato a Roma, si sarebbe impegnato a
disinnescare il caso Sardegna.

Sarebbero state diverse le sue
telefonate con i vari protagonisti della dura contrapposizione
d'inizio settimana e presto alcuni di loro potrebbero essere convocati
nella Capitale per un chiarimento definitivo. Certo, la possibilità
che il Pd sardo sia commissariato c'è ancora, così come anche quella
dell'arrivo di un garante-controllore, ma Martina prima di qualunque
decisione drastica vorrebbe giocarsi la possibilità di una nuova
assemblea regionale.

Non sarà facile, il percorso sembra essere sin da
subito pieno di insidie, con un regolamento interno che si è
dimostrato finora fin troppo rigido. Prima di tutto c'è da capire chi
dovrebbe convocare l'assemblea del 23: la presidente Lalla Pulga, però
è stata lei la prima a sollecitare il commissariamento dopo la
chiusura burrascosa dell'assemblea-gazzarra, oppure spetterà
all'ufficio di presidenza nel caso in cui da parte della stessa
presidente ci fosse il gran rifiuto? È questo il primo nodo che
Martina sembra essere chiamato a risolvere e non sarà per nulla facile
trovare la soluzione.

Però in questi giorni che mancano all'ipotetica
data del 23 luglio potrebbe accadere anche questo: la presentazione di
una candidatura alternativa a Cani. Da chi potrebbe essere proposta?
Forse da una parte della corrente capeggiata da Renato Soru, anche se
proprio ieri l'eurodeputato ha ribadito su Facebook: «L'unica strada
possibile per far rinascere il Pd è quella di un congresso
straordinario».

Concetto anche rilanciato dall'autocandidata alla
segreteria Dolores Lai: «Il Partito è di tutti quelli che, dopo quanto
accaduto nelle elezioni politiche di 4 marzo, vogliono che ci sia un
cambiamento. Il Partito non può continuare a essere invece solo di
chi, ancora una volta, vuole imporre un segretario regionale scelto da
pochi». Di fronte a quest'ennesima levata di scudi Martina starebbe
provando a sondare - fra i soriani? - la possibilità che possa esserci
un candidato alternativo a quello proposto dalle altre correnti. Però
va ricordato subito che sulla carta l'avversario di Emanuele Cani,
avrebbe poche possibilità di successo: popolari-riformisti, renziani
ed ex Diesse, i suoi sostenitori, possono contare su una maggioranza
ampia di delegati.

Proprio per questo i soriani potrebbero rifiutare
la proposta di correre sapendo comunque di essere già sconfitti, -
sempre sulla carta - ancora prima del voto. In ogni caso il segretario
nazionale ci vuole provare a riportare il Pd sardo in una situazione
di tranquillità almeno apparente.

Con, in chiusura, l'ex deputato Siro
Marrocu, fa parte dei Diesse, che ha lanciato l'ennesimo appello:
«Lavoriamo il più possibile per l'unità del Partito . Le elezioni
regionali del 2019 sono ormai alle porte e con gli alleati non abbiano
neanche cominciato a confrontarci. Invece dobbiamo farlo subito». (ua)

Pigliaru: oggi il Pd è un disastro ma può ripartire e io ci sarò
CAGLIARI
Dalla balcanizzazione del Pd si tira fuori Francesco Pigliaru, fresco
di tessera, che anzi si appella a chi ancora ha fiducia nel sogno dem.
«Chi crede e spera, come me, che il Pd sia molto più e molto meglio di
ciò che si è visto nel disastro di Abbasanta, si faccia sentire, ora -
ha scritto il governatore su Facebook -. L'altro giorno ho partecipato
a una meravigliosa manifestazione, il Sardegna Pride, con 30mila
persone che avevano cose da dire sul mondo, cose belle, piene di
fiducia nell'azione collettiva.

Ad Abbasanta invece non ho
partecipato, per scelta, all'assemblea regionale del Pd, perché sapevo
che si sarebbe risolta in conflitti, contrapposizioni, personalismi,
senza alcuno spazio per parlare di problemi reali, di soluzioni, di
proposte». Secondo Pigliaru «non c'è tempo da perdere, il Pd si
salverà e rimarrà il cuore di una proposta riformista se sarà in grado
di aprire un vero, diffuso dibattito per capire come possiamo
contrastare il crescente consenso raccolto da forze politiche della
destra populista, per lavorare urgentemente sulla nostra proposta
politica, su come riprendere il dialogo con chi abbiamo deluso,
capendo a fondo le ragioni di quella delusione.

Dobbiamo farlo, questo
dibattito, liberamente - sottolinea - senza schemi e senza
schieramenti, lontano dai luoghi formali (congresso incluso) in cui
prevalgono sempre logiche di schieramento, conflitti dannosissimi,
misurazioni esasperate del peso di ognuno: non sono in gioco i destini
di quella o questa corrente, qui è in gioco il Pd, nostro bene
comune». In questa seconda vita del Pd Pigliaru è pronto a fare la sua
parte. «Se serve, il mio contributo è a disposizione di chiunque
condivida la necessità e l'urgenza di un dibattito sui contenuti.

Bitti, polemica tra sindaco e M5s
Convegno sullo spopolamento e ispezione a scuola: Ciccolini (Pd)
all'attacco del senatore Marilotti di Paquito Farina
BITTI

Il convegno sullo spopolamento, in programma a Bitti venerdì sera, sta
causando malumori tra amministrazione comunale e organizzatori. «Non
parteciperò, non voglio assecondare un imbroglio ai danni dei
cittadini e parrocchiani» ha dichiarato senza troppi giri di parole il
sindaco dem Giuseppe Ciccolini. «Dietro l'apparenza di un normale
convegno, si cela di fatto un raduno di militanti di una forza
politica ben definita, il Movimento 5 Stelle.

Ancor più grave è poi il
tentativo di strumentalizzare l'incontro servendosi del paravento di
un'istituzione super partes quale è la parrocchia, di cui tutti
facciamo parte, per sferrare un attacco alla mia persona e
all'amministrazione. Tra l'altro su un argomento di cui forse non
tutti conoscono appieno tutti i risvolti. Sono per la pluralità di
idee, per il confronto, e tutti i cittadini sono liberi di
intraprendere le iniziative che ritengono più opportune.

Ma questo
deve avvenire in maniera limpida, dove ognuno palesa il suo ruolo e
conosce bene quello dei suoi interlocutori». In questa forma, invece,
si starebbe consumando un classico. «I lupi - ironizza - sono
mascherati da agnelli. Non permetteremo che ciò accada e, in ogni
caso, prima di comunicare la decisione di disertare l'incontro, ho
sentito il dovere di esprimere le mie preoccupazioni direttamente al
parroco di Bitti, don Totoni Cossu».

Un certo malumore covava in
effetti già da alcuni giorni, a seguito della visita che il senatore
5Stelle Gianni Marilotti, accompagnato da componenti del sodalizio
parrocchiale, aveva fatto alle medie inferiori del paese, senza che ne
fosse stata informata l'amministrazione e gli uffici del Comune,
competenti in materia di edilizia scolastica. «Un precedente che a
Bitti non si era mai verificato» ha aggiunto Ciccolini.

«Già tre anni
fa la provincia aveva riscontrato criticità nel liceo "M. Pira" e per
poter garantire la sua permanenza l'amministrazione si è tanto
prodigata, individuando i locali dell'ex giudice di Pace. Una
decisione accolta con rinnovato entusiasmo sia dagli studenti sia dai
genitori» incalza il primo cittadino. Il parlamentare pentastellato,
dal canto suo, ha smorzato le polemiche con toni molto pacati. «La mia
- dice- è stata una visita di cortesia, concordata peraltro con la
dirigenza scolastica. Lungi da me qualsiasi intento di polemizzare con
l'istituzione locale e con quelle che sono le sue competenze e ruoli,
che rispetto profondamente.

L'intento era quello di farmi un'idea sul
numero degli studenti iscritti, così da relazionare in commissione
Pubblica Istruzione. Questo pomeriggio (ieri per chi legge) incontrerò
in audizione il ministro, Marco Bussetti, al quale sottoporrò la
problematica dei tanti istituti a rischio chiusura, un tema comune a
molti paesi del Nuorese». Marilotti tiene a precisare che l'ulteriore
incontro previsto per sabato mattina, non vuole essere assolutamente
di protesta, ma un tavolo di lavoro interno al movimento propedeutico
al piano per l'istruzione in vista delle elezioni regionali.

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Federico Marini
skype: federico1970ca


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