sabato 20 aprile 2019

20 Aprile 1945: il delirio nella cancelleria del III Reich.



(20 Aprile 1945) E’ il giorno del cinquantaseiesimo compleanno del Fuhrer. Berlino è circondata ed investita da pesanti bombardamenti da parte delle truppe sovietiche. Mentre Hitler decora fuori del bunker i giovanissimi militari del suo Reich, i carri armati dell'Armata Rossa sono a trenta chilometri da Berlino, e la loro avanzata è inarrestabile. 

Ormai i giochi sono fatti: la capitolazione della Germania è rinviata per un Adolf Hitler che non vuole arrendersi, per portare il popolo tedesco a dover pagare il “giusto tributo”, perché dimostratosi incapace di affrontare la sfida. I più alti gradi dell’esercito dicono chiaramente al Führer che non ci sono più possibilità, ma lui continua a spostare armate esistenti solo nella sua mente ottenebrata.

Nella capitale tedesca tutto brucia, le case sono un cumulo di macerie, sotto cui giacciono 60 mila morti. Intanto nel Bunker della cancelleria si danza ubriachi, in feste dominate dell'alcool e della morfina. Molti di loro, tra poche ore si suicideranno, come lo stesso Hitler e Joseph Goebbels, che non esiterà ad uccidere i figli.

Era chiaro a tutti che la sconfitta tedesca era solo questione di poche settimane, ma i combattimenti sarebbero stati feroci come nel resto della guerra; l'orgoglio nazionale pangermanico, il desiderio di non capitolare come accadde durante la prima guerra mondiale, l'insistenza degli Alleati per una resa incondizionata e il desiderio di guadagnare tempo per permettere ai rifugiati di arrivare ad ovest prima dell'arrivo dell'Armata Rossa portarono le unità tedesche a combattere fino all'ultimo.

Nonostante le insistenze dello Stato maggiore della Wehrmacht Adolf Hitler decise di rimanere a Berlino, non scappa come Mussolini: Hitler vuole distruggere il popolo tedesco, ridurre Berlino in macerie, ordina la fucilazione dei vigili e fa distruggere le infrastrutture della capitale, come i russi fecero con Napoleone.

Tanto Hitler quanto buona parte della sua corte rimasero preda di sogni ed illusioni fino all'ultimo, in particolar modo Hitler, che meditava sovente su Federico II di Prussia "il Grande", che era riuscito a salvarsi dalla completa sconfitta nella Guerra dei Sette Anni perché i suoi nemici (ed in particolare la Russia) avevano iniziato ad ostacolarsi a vicenda uscendo dall'alleanza.

Le idee che circolavano nel bunker sotterraneo della cancelleria, tra i più alti gradi del III Reich, rimanevano però improntate a un totale scollegamento dalla realtà: la guerra era ormai persa da mesi se non da anni, ma ci si ostinava da un lato a credere ad una vittoria impossibile, dall'altro a pensare che il Reich dovesse finire in una sorta di autodistruttivo crepuscolo degli dei.

Si era completamente dimentichi delle povere condizioni dell'esercito tedesco, uno dei più potenti eserciti del mondo , che aveva schiacciato la Francia in pochi giorni. Le divisioni erano formate da ragazzi di 13-14 anni ed anziani di 60-70, pesantemente sotto organico (3 - 4.000 uomini contro i quasi 12.000 teorici), armati con un coacervo di armi modernissime e antiquate (fucili d'assalto accanto a moschetti Carcano 91/28). Secondo Hitler avrebbero dovuto resistere indefinitamente, mentre altre formazioni analoghe avrebbero dovuto garantire una immensa quanto assurda controffensiva da Sud.

Gli Alleati occidentali avevano dei piani abbozzati per il lancio di truppe paracadutate che prendessero la città, ma decisero di non farne nulla. Dwight Eisenhower non vedeva il bisogno di soffrire delle perdite per prendere una città che sarebbe ricaduta nella sfera d'influenza sovietica alla fine della guerra, secondo accordi già stabilito dai leader di Russia Inghilterra e Stati Uniti.




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