martedì 23 aprile 2019

Spostare la statua di Carlo Felice, affinché i sardi si concentrino maggiormente sulla propria storia. Di Giuseppe Melis Giordano



Ho letto con sorpresa l’articolo pubblicato da La Nuova Sardegna lo scorso 19 aprile dal titolo “Via i nomi dei Savoia dalle strade” perché sono rimasto colpito da due dichiarazioni in particolare: quella del prof. Gian Giacomo Ortu, ordinario di storia moderna, e quella del Sindaco di Sassari, Nicola Sanna.

Il prof. Ortu lapidariamente ha dichiarato che la proposta di rivedere la toponomastica sarebbe a suo modo di vedere “insensata, figlia di fondamentalismi” e, continuando, afferma che “Non si può permettere agli umori del presente di cancellare una parte della nostra storia”. Più sfumato è il pensiero del Sindaco di Sassari il quale pur concordando sul fatto che “non si possono intitolare strade o piazze a chi si è macchiato di delitti”, nella stessa frase sostiene che “sono fatti storici”.

Ora, in qualità di proponente della petizione intitolata “Spostiamo la statua di Carlo Felice: un'occasione per studiare la storia della Sardegna”


posso assicurare ad entrambi quanto segue:
 
a) Noi non vogliamo cancellare alcunché, anche perché la storia è fatta di fatti documentati, non di interpretazioni. Vero è che chi ha documentato fatti del passato non lo ha fatto per intero e molti di questi sono stati nascosti. Questo per precisare che, con questa iniziativa desideriamo ardentemente che i Sardi tutti conoscano la storia di questa terra, compresa quella finora ignorata o colpevolmente nascosta. Quindi il nostro precipuo obiettivo è quello di sconfiggere l’ignoranza.

Per quale motivo, fatta eccezione per il lavoro volontario di qualche insegnante illuminato, nei sussidiari non c’è traccia della storia di questa terra e la maggior parte degli insegnanti racconta solo la storia di altre terre e altri popoli? Per quale ragione il periodo sabaudo (nonostante abbia permesso l’ascesa del fascismo) non è sottoposto a stringente critica? Per quale ragione dopo la caduta del fascismo sono state ridenominate le strade dedicate ai rappresentanti di quel governo e non invece quelle di chi quel governo volle? Ancora, perché a Napoli e in altre città del sud della penisola italica questi cambi di denominazione avvengono su iniziativa di amministrazioni comunali e nessuno si sogna di tacciarle come “fondamentaliste” o dire che sono opere tendenti a cancellare la storia?
 
b) I nomi delle strade sono simboli e, di norma, una comunità decide di dedicare gli spazi pubblici a chi si è reso protagonista di vicende che meritano di essere ricordate in positivo, non a chi ha tiranneggiato. Vorrei chiedere ai due illustri signori se a loro avviso, in quanto personaggi storici, sarebbe plausibile che in Germania (ma anche in Italia) ci fossero strade intitolate a personaggi come Hitler o a Mussolini? Secondo loro rifiutare questa intitolazione significa essere umorali? Secondo loro rifiutare questa intitolazione cancellerebbe la storia? Non scherziamo, mi sembrano argomentazioni molto deboli e pretestuose.
 
c) Nessuno di noi (uso il plurale perché ricomprendo in questa azione la quasi totalità di quanti hanno firmato finora la petizione) è un iconoclasta. A parte qualcuno che si fa prendere la mano (ma che non ha il mio consenso e quello di chi condivide con me questa iniziativa), nessuno di noi pensa di “distruggere” qualcosa. Nello specifico, visto che il riferimento è alla statua di Carlo Felice a Cagliari,
la nostra proposta è di “spostare” la statua in un luogo ben preciso e significativo: l’androne del Palazzo Regio, situato a Cagliari in Piazza Palazzo, cioè nel luogo che fu la sua abitazione quando stette in Sardegna.

Pertanto, nessuna stanza chiusa e polverosa di un museo non visitato volto a nascondere l’effige di questo personaggio. Al contrario, sarebbe collocato in uno degli edifici della Cagliari storica che già oggi è meta di visitatori (turisti e convegnisti). Nella nostra proposta quella statua, da sistemare al livello stradale senza basamento per essere vista meglio, dovrebbe essere inoltre accompagnata da appropriata didascalia che comprenda non solo una descrizione multilingue del personaggio ma anche le ragioni per cui quella statua, negli anni Duemila, è stata spostata in quella sede.

È questo un modo per cancellare o per far conoscere una storia finora oscurata? Al prof. Ortu chiedo, in base a cosa questa sarebbe a suo modo di vedere una proposta insensata? Non dovrebbe essere invece fiero come storico che ci si adoperi a favore della conoscenza della storia? In cosa consisterebbe il fondamentalismo di cui mi/ci accusa? Me lo spieghi bene, per favore?

Vede, io mi occupo di “marketing del territorio” e da cagliaritano penso che una operazione di questo genere permetterebbe quello che pochi insegnanti hanno fatto finora con i giovani di questa terra: farli innamorare della stessa e dei suoi simboli positivi, a partire dalla conoscenza della loro storia per capire chi ci ha fatto del bene e chi no, e non solo di quella di altre terre e altri popoli; al contrario occorre permettere alla nostra gente di dare un senso agli spazi pubblici che fino a oggi hanno avuto solo un significato “affettivo e personale”, non “razionale e di comunità che condivide conoscenze e valori”.

Aggiungo infine, rivolgendomi sempre al prof. Ortu, che quando tre anni fa presi l’iniziativa di costituire il gruppo Facebook (Spostiamo la statua di Carlo Felice


e poi di scrivere la petizione lo feci scientemente. Sapevo che all’inizio sarei stato preso per matto ma sapevo anche che con una paziente e costante opera di informazione basata su documenti storici – che il prof. Francesco Casula ha riassunto nel suo libro “Carlo Felice e i tiranni sabaudi” – avremmo potuto iniziare a scalfire alcune “certezze” basate sulla ignoranza e sulla mistificazione, oltre che sull’occultazione della storia. Ebbene, visti i tanti contestatori, perché chi contesta questa iniziativa non contesta il contenuto del libro del Prof. Casula, magari in un pubblico e pacato confronto?

Avevo ragione: oggi sempre più persone sono informate e con il prof. Casula non abbiamo fatto proprio nulla per convincere chicchessia, noi ci limitiamo a indurre una riflessione. Siamo talmente rispettosi della libertà di pensiero altrui che addirittura teniamo a precisare che a noi dei Savoja non importa proprio nulla. Per noi il problema sono i Sardi che ignorano la propria storia e in virtù di questa lacuna continuano a celebrare simboli che oggi sono impropri per un popolo che ambirebbe a diventare più autonomo, più libero, più padrone del proprio destino.
 
In ogni caso, invito sia il prof. Ortu che il Sindaco Sanna a partecipare alle prossime presentazioni del libro del prof. Casula e in quelle sedi poter esplicitare il loro pensiero. Il dibattito non potrà che arricchirsi.

Di Giuseppe Melis Giordano

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