martedì 30 aprile 2019

La disfatta degli americani in Vietnam. Di Vincenzo Maria D'Ascanio




(30 Aprile1975) Le truppe nord vietnamite occupano finalmente Saigon, e l’esercito statunitense si ritira dalla capitale vietnamita. In seguito alla decisione del Congresso americano di annullare, per l’anno fiscale 1975-76, ogni forma di aiuto e finanziamento al Vietnam del Sud, il Vietnam del Nord ha invaso nei primi giorni del 1975 tutto il Vietnam, che precedentemente si trovava diviso in Vietnam del Nord (dove era stato instaurato un regime comunista) ed il Vietnam del Sud (dove persisteva un regime democratico con struttura economica capitalistica, un po’ come oggi avviene tra la Korea del Nord e la Korea del sud). Quella che gli americani definiscono la “caduta di Saigon”, è salutata dai vietnamiti come la “liberazione” della loro capitale.

L’America che abbandona il Vietnam del Sud dopo aver speso miliardi di dollari e aver sacrificato 58 000 soldati uccisi e 150 000 feriti e che si ritrova con quasi 3 milioni di reduci e 300 000 dispersi è una potenza ferita. Soprattutto i reduci causarono non pochi problemi all’amministrazione americana: spesso mutilati, o con gravissimi problemi mentali dovuti allo stress accumulato in battaglia, o alle torture dei vietnamiti, costituivano i simboli viventi della sconfitta. I morti avevano il loro funerale di Stato, mentre i reduci furono abbandonati a se stessi, con grosse difficoltà di reinserimento nelle società. Si vocifera che questo era il volere del famoso generale Giap (truppe vietnamite). Costringere l’opinione pubblica americana ad aver a che fare non tanto col numero dei morti, ma con persone che avessero perso la ragione. Come ben sapeva l’astuto comandante, la pressione dell’opinione pubblica statunitense era il miglior modo per imporre agli USA di andarsene (il tutto è stato sapientemente ricostruito nel film “Nato il 4 Luglio di Oliver Stone”)

La caduta del ‘domino’ vietnamita nelle mani dei comunisti non produrrà il temuto effetto valanga al di fuori dell’Indocina e ben presto evidenzierà le forti differenze, in precedenza occultate da una “unità” d’intenti in funzione antiamericana, fra i regimi comunisti del sudest asiatico nonché fra la Cina e l’URSS. Sulla società americana, invece, l’impatto sarà importante e duraturo:
il Vietnam interruppe il consenso nei confronti della politica estera USA durante la guerra fredda, lasciando come eredità una perdurante preoccupazione per impegni mal diretti o incauti capaci di innescare ‘un altro Vietnam.

Dopo la seconda guerra mondiale gli americani pensavano di avere una macchina bellica invincibile, tuttavia il Vietnam dimostrò che all’interno dell’esercito USA c’erano tutte le contraddizioni già presenti nella società americana. La diffusione della droga, lo scontro razziale tra WASP e afroamericani, creavano dei cortocircuiti che invece non appartenevano all’esercito Vietnamita, compattato dalla guida del generale Giap.

Le massicce perdite americane, la mancanza di una vittoria decisiva e un'efficace propaganda disfattista da parte di contestatori politicizzati crearono un grande disgusto dell'opinione pubblica nei confronti dell'interventismo armato per contenere l'espansionismo sovietico-comunista. Politicamente, l'insufficiente pianificazione della guerra, la confusione delle direttive e della catena di comando e, soprattutto, "l'assegno in bianco" fornito con facilità dal potere legislativo al potere esecutivo presidenziale, portarono il Congresso a rivedere il modo in cui gli Stati Uniti possono dichiarare guerra.

In seguito alla disfatta del Vietnam, il Congresso promulgò la Risoluzione sui poteri di guerra (7 novembre 1973), che ridusse la capacità del Presidente d’impegnare truppe in azione senza aver prima ottenuto l'approvazione del Congresso stesso. Dal punto di vista sociale, inoltre, la guerra mutò sensibilmente il pensiero di molti giovani statunitensi, (tanto delle organizzazioni pacifiste quanto degli stessi militari). Infine, la guerra del Vietnam dimostrò come l'opinione pubblica potesse influenzare la politica del governo, attraverso la mobilitazione e la protesta; un esempio di ciò fu l'abolizione della leva obbligatoria a partire dal 1973

Vincenzo Maria D'Ascanio


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