mercoledì 21 agosto 2019

Giuseppe Meazza e l'Ambrosiana Inter. Di Vincenzo Maria D’Ascanio.




“Grandi giocatori esistevano già al mondo, magari più tosti e continui di lui, però non pareva a noi che si potesse andar oltre le sue invenzioni improvvise, gli scatti geniali, i dribbling perentori e tuttavia mai irridenti, le fughe solitarie verso la sua smarrita vittima di sempre, il portiere avversario.” (Gianni Brera, “Pellin Meazza era il folber”, 24 Agosto 1979)

(21 Agosto 1979) È un giorno di lutto per il calcio italiano e mondiale, che dice addio a Giuseppe Meazza, il migliore calciatore italiano di tutti i tempi, uno dei pochi calciatori al mondo ad aver sollevato, per due volte consecutive, la coppa del mondo (allora chiamata “Coppa Rimet”). Era il lontano 1924 e il piccolo Giuseppe, dopo aver perso il padre all'età di sette anni durante i combattimenti della prima guerra mondiale, viveva con la madre, venditrice di frutta al mercato di Milano. Ovvio che il calcio e il suo mondo, anche se ancora lontano dagli eccessi divistici di oggi, rappresentasse una grande speranza di riscatto. E bastava vedere palleggiare "il Peppe" per capire che quel ragazzino di strada ne avrebbe fatta parecchia.

Iniziò a giocare sui campi milanesi in tenera età e già a 17 anni, fa già parte di una grande squadra, l'Inter (a cui il regime fascista impose il nome di Ambrosiana*, poiché “Internazionale” sapeva troppo di socialismo).

Nel 1930 esordisce nella Nazionale di Vittorio Pozzo e nella partita contro la Svizzera, segna due delle quattro reti che decretano la vittoria degli Azzurri. Ma la partita che lo consacra fuoriclasse è quella giocata l’11 maggio a Budapest, contro l’Ungheria: segna tre dei cinque gol che umiliano la nazionale magiara: 5 – 0 è il risultato definitivo. Una grande impresa che avrà un’enorme eco, anche per il grande blasone della nazionale magiara. La partita, seguita alla radio da un pubblico incredulo, rappresenta un momento di svolta per il calcio europeo, e Meazza è l'eroe di tutti gli sportivi italiani.

Caratteristiche Tecniche. Centravanti e mezzala destra e sinistra, disputò 53 partite con la nazionale, segnando complessivamente 33 reti (rimanendo tuttora il secondo miglior marcatore della rappresentativa azzurra). Dotato di un tiro potentissimo, rapido nei movimenti e avvezzo a giocate acrobatiche, era dotato di rilevanti qualità tecniche, accompagnata da una velocità mai vista sui campi di calcio.

Sicuro dei propri mezzi, era solito iniziare il match in sordina, per poi alzare all'improvviso i ritmi di gioco. Andava frequentemente in gol dribblando e mettendo a sedere il portiere, una rete denominata «alla Meazza» o «a invito». Era inoltre abile nel gioco aereo grazie ad uno stacco aereo prodigioso, a dispetto della sua statura (1,70 cm). Non di rado si incaricava della battuta dei calci di rigore e delle punizioni, sia per concludere a rete che per servire i compagni di squadra.

Morì il 21 agosto 1979 a Lissone in seguito a un tumore del pancreas (organo che gli era già stato parzialmente asportato chirurgicamente), peggiorato da problemi cardiocircolatori, poco prima di trasferirsi per un periodo di convalescenza a Rapallo. La notizia fu diramata per sua volontà a funerali avvenuti, e ciò causò non pochi fraintendimenti su luogo e data di morte.

Meazza venne inizialmente tumulato al Cimitero Monumentale di Milano; il 2 novembre 2004, alla presenza delle due figlie Silvana e Gabriella, di Giacinto Facchetti e del sindaco di Milano Gabriele Albertini, la salma del leggendario calciatore fu traslata nella Cripta del Famedio del medesimo Cimitero Monumentale, zona riservata alle più importanti figure legate alla città.
Alla sua morte gli fu intitolato lo stadio milanese di San Siro.

Vincenzo Maria D’Ascanio


* L’internazionale fu costituita nel 1908 presso il ristorante L’Orologio a Milano su iniziativa di 44 soci, tutti ex membri del Milan che avevano lasciato la società rossonera in polemica con la regola voluta dai rossoneri di non tesserare calciatori stranieri nella propria società. Tuttavia il nome dell’Inter successivamente divenne anche un grosso problema per la società. Un regio decreto del 1927 favoriva la nascita di squadre di calcio che avessero il nome della città: l’obiettivo era dunque rendere il campionato italiano un luogo di confronto agonistico per società calcistiche rappresentative di ogni città. Nacquero in questo periodo la Roma, la Fiorentina e il Napoli, ad esempio. Con quest’occasione l’Inter fu unita all’U.S. Milanese e gli fu dato il nome di Ambrosiana. Nonostante ciò i tifosi continuavano a intonare il coro “Forza Inter!” durante le partite, fatto che portò la dirigenza a porre fine alla fusione con la Milanese e ribattezzare la squadra Ambrosiana-Inter. Nel 1945, dopo la definitiva caduta del fascismo, la squadra riprese il suo antico nome.

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