venerdì 30 agosto 2019

Guerra nei Balcani: il processo a Slobodan Milosevic


(30 Agosto 2001) Tribunale internazionale dell’Aja. A pochi minuti dalla chiusura della seconda udienza preliminare del processo a carico di Slobodan Milosevic, il procuratore Carla Del Ponte annuncia che l’ex presidente serbo sarà chiamato a rispondere di nuovi e più gravi crimini, compresa l'imputazione di genocidio. Il processo, che aveva avuto il suo inizio nel 2002, non sarà mai completato per la morte dell’ex dittatore serbo nel marzo del 2006.

Slobodan Milosevic era il più importante esponente politico del rinascente nazionalismo serbo. Orientamenti analoghi nelle altre repubbliche iugoslave determinarono lo scoppio della guerra civile nei Balcani, Stati che formavano l'ex Jugoslavia (1991). Dopo aver militarmente sostenuto i Serbi di Croazia e di Bosnia (questi ultimi, soprattutto, responsabili di innumerevoli massacri di civili), a partire dal 1993 ridusse progressivamente tale appoggio e nel 1995 firmò gli accordi di pace di Dayton (Ohio) per la Bosnia ed Erzegovina. Pur venendo fortemente contestato per il suo autoritarismo, Milosevic mantenne saldamente il potere e, in vista della scadenza del suo mandato, non essendo consentito dalla Costituzione serba un terzo rinnovo, si candidò come presidente della Iugoslavia, carica alla quale venne eletto nel luglio del 1997.

Proprio il 1997 fece registrare l'inasprirsi delle tensioni tra Albanesi e Serbi nel Kosovo e l'apertura di un nuovo fronte che Milosevic stesso aveva contribuito a creare sin dalla fine degli anni Ottanta, fomentando il nazionalismo dei Serbi kosovari e cancellando l'autonomia del Kosovo già dal 1990, decretando la chiusura di scuole, università, servizi sociali e sanitari gestiti dagli albanesi.

Dopo un primo ultimatum lanciato al presidente Milosevic dalla NATO nel settembre 1998 (per la cessazione delle ostilità in Kosovo), il 24 marzo 1999, fallite tutte le mediazioni internazionali, iniziarono i bombardamenti della NATO in Jugoslavia e il 27 maggio il Tribunale penale internazionale dell'Aia, istituito dall'ONU per giudicare i criminali di guerra nei Balcani, annunciò l'incriminazione di Milosevic, accusato di crimini contro l'umanità per le operazioni di pulizia etnica dell'esercito jugoslavo contro i musulmani in Croazia, Bosnia/Erzegovina e Kosovo.

Lo stesso tribunale, nella sentenza di condanna di Radovan Karadzic, affermò che Milosevic fornì assistenza militare (con militari, rifornimenti alimentari ed armi) ai serbi di Bosnia durante il conflitto nella ex-Jugoslavia. Tuttavia, il tribunale rileva che, mentre Milosevic condivideva l'obbiettivo politico di Karadzic e della dirigenza dei serbi bosniaci di preservare l'unità della Jugoslavia e non permettere la separazione della Bosnia ed Erzegovina, non sono state presentate "prove sufficienti per affermare che Milosevic fosse d'accordo" con i piani di pulizia etnica di Karadzic e di altri leader serbi in Bosnia e nella Repubblica Serba di Bosnia. Proprio secondo quanto disposto dal tribunale, le relazioni fra Milošević e Karadžić avevano cominciato a deteriorarsi sin dal 1992 e, dal 1994 in poi, non furono più d'accordo sulle azioni da intraprendere; e anzi Milošević ripetutamente criticò e disapprovò la politica e le decisioni dei leader dei serbi della Bosnia.


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