lunedì 8 luglio 2019

Ricordando Doddore Meloni. Di Francesco Casula.



In occasione del 2° Anniversario della morte di DODDORE MELONI, MERIS e gli amici oggi 6 luglio renderanno omaggio alla sua figura, ricordandolo presso IL COUNTRY HOTEL SU BAIONE SS131 NURAGHE LOSA. Non potendo partecipare direttamente voglio ricordarlo con questa mia nota Doddore Meloni mi piace ricordarlo così:

Coriaceo. Irremovibile al limite della testardaggine. Convinto e deciso fino alla sfrontatezza. Ma soprattutto
coerente. Da sempre. E comunque da almeno 40 anni: dalla fine degli anni ’70. Quando ai Congressi sardisti di Oristano e Porto Torres, con la sua presenza chiassosa e la sua attiva partecipazione, contribuì a spingere il Psd’Az verso l’opzione indipendentista.

I nove anni di carcere – condannato perché coinvolto nel fantomatico “Complotto separatista” – non lo annienteranno. Anzi, 
rinfocoleranno la sua scelta indipendentista. Così come le successive condanne, le denuncie plurime e i processi: in cui si difenderà con forza, in lingua sarda. Fino ad arrivare all’occupazione dell’Isola di Malu Entu: che proclamerà Repubblica indipendente, con tanto di Presidente – lui stesso – e relativi Ministri.

Una Rodomontata? Un coup de théâtre? Una geniale trovata comunicativa, per legittimarsi come leader e per divulgare e circuitare, a livello popolare e di massa, il suo messaggio indipendentista? Forse. Forse tutto questo insieme. Ma anche altro. Amo pensare che, in qualche modo, quella scelta avesse un valore prefigurante “altro”. Vale a dire: oi sa Republica de Malu Entu, un’isola pitica. E poita cras non podeus fai Republica indipendenti un’Isula prus manna, sa Sardigna intrea?

Perché Meloni era questo:
poca teoria ma molta pratica. Con scelte clamorose. Che potevano anche suscitare l’ironia e lo sberleffo (degli avversari ma, talvolta anche degli amici indipendentisti) ma che andavano dritte nel cuore di molti sardi, scuotendoli, inquietandoli. E persino conquistandoli alla causa.

Poca teoria – sul Sardo – per esempio: ma pratica dell’obiettivo. Lo parlava sempre: anche nei processi. Ibridato di lacerti in italiano. A significare che questa lingua era ancillare. Quando in genere si fa il contrario. E ancillare – e dunque meno importante – risulta il sardo.
Il 5 luglio di due anni fa, si è lasciato morire. Dopo due mesi di sciopero della fame. Dopo che uno Stato, quello italiano, ingiusto e crudele, lo ha assassinato. Dopo avergli negato gli arresti domiciliari. Che non si negano – per motivi di età e di salute – neppure al peggior terrorista, mafioso, assassino. Uno Stato che ancora una volta si è mostrato con il volto di sempre, nei confronti della Sardegna e dei Sardi: ostile e nemico. Contro cui Meloni ha sempre combattuto.

Gli amici e i suoi sostenitori – e con molte ragioni – lo ricorderanno e lo considereranno un martire, un patriota un eroe.
Da parte mia voglio ricordarlo come uno “irragionevole”. Ma di quella irragionevolezza di cui parlava un caustico esponente della cultura europea del primo Novecento, George Bernard Shaw, quando affermava che l’uomo ragionevole si adatta al mondo,
l’uomo irragionevole vorrebbe adattare il mondo a se stesso: per questo ogni progresso dipende dagli uomini irragionevoli.

Mi piace concludere citando quest’ottava dedicatagli dal poeta sardo Peppe Montesu de Orune

Sandalione in coro tenias
Libera e unida l’as sognada
Dae una cella s’ultima mirada
Amaramente tue li daias
Su sognu de Sardigna chi cherias
A nois lassat sa tua thucada

Di Francesco Casula
Storico e saggista, autore de “Carlo Felice e i tiranni Sabaudi”

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