mercoledì 3 maggio 2017

Rassegna stampa 03 Marzo 2017

La Nuova Sardegna

L’analisi del voto - Regioni rosse addio Affluenza dimezzata. Di Michele Esposito

ROMA Vittoria schiacciante di Matteo Renzi in tutta la penisola eccetto che in Puglia e votanti che, in termini assoluti, registrano un sensibile calo rispetto al 2013. Le primarie del Pd, ad una prima analisi del voto Regione per Regione, confermano l'atteso plebiscito per l'ex premier ma risentono, soprattutto nelle Regioni rosse, un astensionismo dovuto molto probabilmente alla scissione di una buona parte della sinistra del partito. In attesa dei dati ufficiali che saranno diramati oggi, le cifre sull'affluenza mostrano come, rispetto a 4 anni fa, i votanti siano stati circa 800mila in meno.

Renzi vince dappertutto e perde nella sola Puglia (dove Michele Emiliano prende il 54,88%). Stravince al Centro e al Nord mentre i margini rispetto agli altri due candidati si riducono al Sud. Sono le Regioni rosse, cassaforte elettorale Dem, a mostrare invece le novità più rilevanti in termini di affluenza.

In Emilia-Romagna Renzi viaggia sul 74%, in Toscana prende il 79,12%, nelle Marche il 77,8% e in Umbria l'80,8% ma in tutte queste Regioni il calo di votanti rispetto al 2013 è impressionante. In Toscana si passa dai 393mila del 2013 ai 210mila di domenica, in Umbria il calo è di 30mila unità mentre nelle Marche i votanti sono stati poco più di 47mila contro i 93mila del 2013. In Emilia-Romagna, infine, si passa dai circa 415mila del 2013 ai 216.220 di domenica. Sensibile il calo dell'affluenza anche al Nord dove negli ultimi tempi, in chiave nazionale, il Pd aveva registrato il trend meno negativo, a partire dal referendum del 4 dicembre.

Dalla Lombardia (226.356 votanti contro gli oltre 370mila del 2013) al Veneto (dove alle urne sono andati in 86.737, con un calo di 90mila persone rispetto al 2013) l'abbassamento dell'affluenza è pressoché trasversale. Stabilmente alte, invece, le percentuali di Renzi che viaggia oltre il 70% praticamente dappertutto tranne che in Friuli Venezia-Giulia (66,9%) e in Liguria (64,4%). Ampio (oltre 80mila unità) il calo dell'affluenza anche nel Lazio - dove a Roma Renzi si attesta al 70,39% - mentre in Abruzzo l'ex premier non supera il 65%.

Al Sud, più in generale, la diminuzione degli elettori è nettamente minore rispetto al Settentrione, con la Puglia ancora una volta in controtendenza che registra un aumento di votanti di oltre 125mila unità. In Calabria il calo di elettori non supera le 20mila unità mentre in Basilicata l'affluenza tocca quota 41.054 registrando un aumento rispetto ai circa 32mila del 2013. In Campania l'affluenza non supera le 150mila unità (contro le 192mila del 2013), la Sicilia registra un calo tra i 15mila e i 20mila elettori mentre in Sardegna i votanti sono 46.629, 13mila in meno rispetto alle precedenti primarie.

In generale, nel Mezzogiorno, la vittoria di Renzi è meno larga: l'ex premier «scende» a quota 65% in Sicilia e 61,8% in Basilicata, arriva al 68% in Campania e al 71% in Sardegna.


Nella nuova maggioranza renziani, ex Ds e area Cabras Fadda. Trionfo
dell’ex premier nell’isola di Alessandro Pirina

SASSARI Cucca doppia Sanna e si avvicina all’exploit bulgaro di Renzi
nell’isola. Il deputato di Iglesias, sconfitto dal senatore nuorese,
supera invece il 31 per cento, più di Orlando ed Emiliano messi
insieme. A un anno esatto dalle dimissioni di Renato Soru il Pd sardo
ha una nuova guida. A sostenerlo una maggioranza composita, formata da
renziani della prima ora ed ex Ds da una parte, e popolari riformisti
dall’altra. Una maxi componente con all’interno tutti i big del
partito, eccetto Renato Soru, che da solo è riuscito a portare a casa
più del 30 per cento, grazie soprattutto al successo nelle province
del Sud. A trascinare Giuseppe Cucca verso il trionfo è stato, invece,
il centronord dell’isola.

Con percentuali bulgare nel Nuorese e in
Gallura, ma con una netta affermazione anche a Sassari e Oristano. Il
team di Cucca. Il senatore di Nuoro, eletto con 69 per cento dei voti,
è riuscito a mettere nella stessa squadra la minoranza della
precedente segreteria, ovvero renziani ed ex Ds, con l’area Cabras
Fadda, che nella precedente tornata aveva appoggiato Soru nella corsa
vincente alla guida del Pd. Una corazzata. Tanto che le due liste
hanno entrambe superato la sola lista a sostegno di Francesco Sanna.
Con “Insieme per Cucca” che ha preso circa 1.200 voti in più dei
popolari riformisti, diventando la prima componente del Pd a livello
regionale. Renziani ed ex Ds al 25,8 per cento, area Cabras Fadda (più
Sardegna più meglio di Roberto Deriu) al 32,8. Al terzo posto la lista
Sanna, al 31,4. Il centronord.

La vittoria del senatore è figlia
soprattutto dell’exploit nel centronord dell’isola. A partire da
Nuoro, patria del neo segretario. Nel capoluogo barbaricino Cucca ha
ottenuto l’86,5 per cento. Un plebiscito che si è ripetuto anche in
Gallura, dove ha messo insieme l’86,2 per cento dei voti. Ottimo anche
il risultato dell’Ogliastra, dove Cucca con una sola lista ha portato
a casa il 78,2 per cento delle preferenze. Il sud. Risultati più
variegati nelle province del Sud. Nel Sulcis Iglesiente Sanna giocava
in casa e ha ottenuto il 52,8 per cento. Ma ottimi risultati sono
arrivati anche da Cagliari e Medio Campidano, dove Cucca ha preso più
voti (61,3 nel capoluogo e 55,9 a Sanluri), ma la lista di Sanna ha
superato le due a sostegno di Cucca. A Oristano, invece, netta
affermazione del senatore con il 66,9. Sassari. Più che tra Cucca e
Sanna, in alcuni casi, la vera sfida è stata tra le due liste a
sostegno del nuovo segretario.

A Sassari i renziani di Gavino Manca,
alleati con gli ex Ds, hanno battuto di circa 300 voti i popolari
riformisti capitanati dal presidente del Consiglio regionale,
Gianfranco Ganau. Al terzo posto la lista di Sanna, sostenuta dai
consiglieri Salvatore Demontis e Luigi Lotto. Sul regionale il sindaco
Nicola Sanna non si era schierato, ma tutta la sua area di riferimento
era con Francesco Sanna. Olbia. La Gallura è stata l’unica provincia a
premiare la lista dei popolari riformisti, capeggiata dal sassarese
Silvio Lai, che ha toccato quota 44,7 per cento. Al secondo posto i
renziani guidati dall’assessore Pier Luigi Caria sono arrivati al
41,6. Nuoro e Ogliastra. A Nuoro un elettore Pd su 2 ha scelto
renziani ed ex Ds, guidati dall’avvocato Priamo Siotto, mentre i
popolari riformisti capitanati dall’ex sindaco barbaricino Alessandro
Bianchi si sono fermati al 36,9. In Ogliastra la lista Cucca
sponsorizzata dal consigliere Franco Sabatini ha superato il 78 per
cento. Il Campidano.

A Oristano i popolari riformisti con il
consigliere Antonio Solinas sono arrivati solo terzi. Prima la lista
Cucca con il sindaco di Baradili Lino Zedda e seconda l’area Sanna con
l’ex assessore Sandro Broccia. A Cagliari i sostenitori del deputato
di Iglesias guidati dal medico Giuseppe Frau sono arrivati primi con
il 38,7. Secondi i popolari riformisti che schieravano l’assessore
Cristiano Erriu. Terzi renziani ed ex Ds con il consigliere Piero
Comandini. Lista Sanna prima nel Sulcis (con il capogruppo in Regione,
Pietro Cocco) e nel Medio Campidano (con il sindaco di Guspini,
Giuseppe De Fanti). Renzi pigliatutto.

L’ex premier, appoggiato sia da
Cucca che da Sanna, ha ottenuto in Sardegna il 71,3 per cento,
lasciando Orlando al 24,5, mentre Emiliano non è andato oltre il 5 per
cento. Il nord Sardegna si conferma il più renziano di tutti. Tra
Sassari e Gallura l’ex premier ha messo insieme quasi 11mila voti,
mentre il ministro della Giustizia ne ha portato a casa 3mila. Il
presidente della Puglia si è fermato a quota 744, il miglior risultato
dell’isola. Nella sfida tra renziani, unico caso in Italia che vedeva
due liste a sostegno dell’ex premier, l’ha spuntata l’alleanza tra
renziani e soriani (avversari nella corsa per la segreteria
regionale), che ha staccato i popolari riformisti di circa 800 voti.

l’intervista Il nuovo segretario: basta correnti
con Pigliaru più dialogo e vicinanza di Luca Rojch

SASSARI Seduto sul vulcano. Giuseppe Luigi Cucca, il nuovo segretario
del Pd, deve riuscire nella missione impossibile di mettere ordine nel
magmatico Partito democratico. Dilaniato da almeno due anni dalle
lotte interne delle correnti. Cucca dovrà anche gestire i nuovi
equilibri tra le correnti. Nello stesso tempo deve mettere sul tavolo
tutto il peso del Pd nella giunta regionale. Ma il nuovo segretario
non sembra avere nessuna paura. Una vittoria netta, un bel segnale per
il Pd «È il Partito democratico è inclusivo e aperto.

La gente ha
raccolto questo messaggio e ha partecipato con entusiasmo alle
primarie. La gente ha voglia di partecipare». Quali saranno i primi
impegni? «Per prima cosa prenderò contatto con il presidente della
giunta regionale Francesco Pigliaru. Sono tanti gli argomenti da
affrontare. Poi discuterò con i segretari provinciali del Pd. E con
quelli degli altri partiti. Poi vorrei avere un contatto anche con i
consiglieri regionali di maggioranza e opposizione. Una questione
anche di garbo istituzionale». Non teme che un Pd strutturato per
correnti sia impossibile da governare? «Negli ultimi due anni hanno
dominato le divisioni nel partito. Cercheremo di superarle insieme. È
normale che esistano individualità, ma l’idea è proprio il superamento
della logica delle correnti in un partito in cui ognuno ha il suo
ruolo in una gestione quanto più unitaria possibile. Io da sempre ho
concepito la vita del partito come unitaria.

Ho sempre votato con il
mio gruppo, anche se sono stato in dissenso. Perché vedo la politica
come luogo di incontro, confronto e riflessione in cui fare sintesi.
Chi crede nel partito non può pensare di imporre idee se non sostenute
dal setire comune». I rapporti con la Regione? «Chiederò a Pigliaru un
dialogo più serrato e continuativo con il Pd e la maggioranza. Sono
tante le emergenze che dobbiamo affrontare. Si deve ammettere che in
questi anni il partito non è stato molto vicino alla giunta. Per il
semplice motivo che mancava un vertice. E il garante da Roma aveva un
potere limitato. Oggi si apre una stagione nuova per il partito. Anche
se devo dire che il cambio di passo nella giunta si è visto. Pigliaru
ha dimostrato di avere coraggio con il rimpasto e la scelta di quattro
nuovi assessori».

Quali saranno le priorità che presenterà alla
Regione? «Su tutte il lavoro, che resta l’emergenza numero uno in
Sardegna. Ma ci sono tanti temi come la continuità territoriale, lo
spopolamento, solo per citare i primi che mi vengono in mente. Ho
visto già segnali buoni anche con una Finanziaria con risorse
limitate». Il primo appuntamento saranno le Amministrative «Beh in
questo caso non esiste un minimo margine per intervenire. Le liste
vanno consegnate entro l’11. Mancano otto giorni. Davvero una
manciata. Non sarà una cosa facile, anche se prenderò già da oggi
contatto con i segretari provinciali». Soddisfatto dei 45mila sardi
che hanno partecipato alle primarie? «Devo dire di sì. È il segnale
che il Pd è un punto di riferimento. E resta ancora forte la voglia di
partecipazione dei sardi. Gli elettori sanno valutare il messaggio
politico e hanno capito il messaggio democratico che hanno in sé le
primarie. L’ho capito in queste settimane in cui abbiamo presentato la
nostra proposta».

Il segretario del Pd riparte cercando l’accordo sul modello in vigore a Berlino
Strizza l’occhio a Berlusconi, e al M5s offre l’abolizione dei
capilista bloccati Renzi in salsa tedesca Punta alla legge elettorale
di Cristina Ferrulli

ROMA Matteo Renzi, fresco della netta vittoria alla guida del Pd,
riparte dalla riforma elettorale e studia una proposta che ricalchi il
sistema tedesco, un sistema misto proporzionale-maggioritario, con una
soglia di sbarramento al 5%. «Dobbiamo cercare un accordo», è l'input
che il leader dem ha dato ai suoi con l'obiettivo di approvare entro
l'estate una riforma elettorale che abbia i numeri in Parlamento,
soprattutto al Senato. E il sistema tedesco avrebbe il pregio di
strizzare l'occhio a Silvio Berlusconi, da sempre favorevole, e a
risolvere il nodo dei capilista bloccati bocciati da M5S. Oggi la
commissione Affari Istituzionali si è di nuovo aggiornata in attesa
della proposta del Pd.

E come previsto, Renzi, tornato in sella al
partito, ha preso in mano il dossier per tentare uno sprint anche alla
luce del pressing arrivato dal presidente della Repubblica Sergio
Mattarella. Il sistema tedesco parte dalla presa d'atto che il
Mattarellum non ha i numeri per essere approvato. Il sistema tedesco,
invece, potrebbe trovare sponde inedite in Parlamento prevedendo il 50
per cento di collegi uninominali, il 50 per cento di quota
proporzionale, una soglia al 5 per cento e nessun premio di
maggioranza. Massimo D'Alema, per dire, è un estimatore di antica data
del sistema di Berlino ma alla luce della scissione bisognerà vedere
se Mdp sarà favorevole. Anche Silvio Berlusconi è storicamente un fan
della legge ma ha due motivi per frenare: non accelerare la fine della
legislatura in attesa della sentenza di Strasburgo ed evitare tensioni
sia dentro il partito che con gli alleati che spingono per una legge
che favorisca le coalizioni. Ed infatti Giorgia Meloni prende la mira
e spara: «Pare che il Pd stia lavorando per portare in Italia il
sistema elettorale tedesco.

Visto che in Germania da oltre 10 anni ci
sono governi di larghe intese è evidente dove voglia andare a parare
Renzi...». Ma è vero che Matteo Salvini ha fretta di andare a votare e
potrebbe accettare qualsiasi riforma. Capitolo a parte è M5S. Luigi Di
Maio ha aperto da giorni per la ricerca di un accordo in commissione,
partendo dal Legalicum con un premio alla lista per chi supera una
soglia intorno al 37 per cento e una soglia di sbarramento al 3 per
cento. La proposta alla tedesca sarà valutata dagli esperti ma è vero
che la novità accantona i capilista bloccati, da sempre presi di mira
dai grillini perchè attribuiscono il potere di scelta più ai capi
partito che ai cittadini.

«Nonostante gli errori di destra e sinistra-
dice Alessandro i Battista - siamo disposti a valutare correttivi di
governabilità e limitati interventi sulle soglie di sbarramento per
garantire al popolo italiano di esprimersi finalmente con un voto». Ma
al di là delle opposizioni, Renzi dovrà far quadrare la proposta anche
dentro il Pd.Ieri Andrea Orlando ha rilanciato il premio alla
coalizione con l'obiettivo di ricostruire «un centrosinistra largo»
che vada da Pisapia agli ex scissionisti. Il sistema tedesco non
prevede premi di maggioranza, motivo per cui se non c'è un vincitore
nette le alleanze si devono per forza fare dopo le elezioni. Ma l'ex
premier è convinto che, con una campagna sul voto utile contro M5S, il
Pd potrà risultare maggioritario del paese. In ogni caso Renzi ha
intenzione di far valere dentro il partito la percentuale quasi
bulgara con cui ha vinto le primarie e di mettere ai voti la proposta
elettorale in direzione, dove, come anche nell'assemblea, la sua area
varrà il 70 per cento dei delegati.

Oltre 2.400 simpatizzanti hanno espresso la propria preferenza sui candidati
Renzi ha ottenuto il 73%, mentre per la carica regionale Cucca vola al 78%

Primarie Pd, in Ogliastra partecipazione da record
di Lamberto Cugudda

TORTOLÌ Alle primarie tenutesi domenica scorsa, il Partito democratico
in Ogliastra ha ottenuto la più alta percentuale, a livello sardo,
nella proporzione abitanti/votanti, che sono stati esattamente 2.419
su circa 57mila residenti in tutto il territorio di riferimento. «Le
primarie – spiega il segretario del Pd Ogliastra, Davide Burchi – sono
state un momento di grande partecipazione popolare. Si sapeva che una
candidatura forte quale quella di Franco Sabatini avrebbe avuto peso.
Ma anche le altre liste non sono andate male. In ogni caso, la gente è
venuta a votare: è questo il dato più rilevante».

 L’unico consigliere
regionale ogliastrino, Franco Sabatini, di Lotzorai, presidente della
terza commissione Programmazione, bilancio e politiche europee,
fornisce i dati della commissione provinciale. «La Lista “Avanti
insieme” che era schierata con Matteo Renzi, e della quale facevo
parte – afferma il consigliere regionale – in Ogliastra, su un totale
di 2.419 votanti, ha ottenuto 1341 voti, pari al 58 per cento. La
lista per Orlando ha avuto 584 voti, con il 29 per cento. Mentre i
popolari riformisti (altra lista che appoggiava Matteo Renzi) 359
voti, pari al 15 per cento (Renzi è dunque al 73 per cento). Abbiamo
avuto i complimenti dal Partito democratico perché, a livello
regionale, l’Ogliastra è la zona con la più alta percentuale fra
abitanti e votanti». Ma c’è di più, perché Sabatini ricorda che su
2.407 votanti per il nuovo segretario regionale, il candidato che
sosteneva, ovvero Antonio Luigi Cucca(che ha vinto) «su 2.297 votanti
ha ottenuto1.797 voti (pari al 78,23 per cento), mentre l’altro
candidato, Francesco Sanna, è stato votato da 500 persone (21,77 per
cento)». A Tortolì, centro più popoloso a livello territoriale, alle
primarie di domenica hanno votato in 373.

A livello di voto per il
segretario nazionale, su 325 voti validi, le due liste per Renzi,
quella “Avanti insieme” e quella dei popolari riformisti hanno
ottenuto rispettivamente 174 e 28 voti, per un totale di 2.012 (poco
meno del 62, 15 per cento). Quella per Orlando 123 voti (37,85 per
cento). A Lanusei, su 139 votanti e 134 schede valide, Orlando ha
riportato 72 voti (53,73 per cento), i popolari riformisti per Renzi
18 voti (13,43) e “Avanti insieme”, che ha appoggiato Renzi, 4 voti
(32,84). Per quanto attiene il segretario regionale, a Tortolì, su 374
voti e 358 schede valide, Antonio Luigi Cucca ha avuto 232 voti (pari
al 64,80 per cento), mentre Francesco Sanna si è fermato a 126
preferenze (35,20 per cento).

Centrosinistra, è il giorno della scelta
Oggi dovrebbe arrivare la decisione Uras e Ledda ancora fuori dal centrodestra
di Enrico Carta

ORISTANO La guerra di logoramento volge forse al termine. L’armistizio
potrebbe essere imminente tra le varie forze di centrosinistra che
ormai da settimane stavano al riparo della trincea, inchiodate su
posizioni dalle quali nessuno riusciva a fare un passo avanti. Il
passo in avanti. Visti gli ultimi chiari di luna, parlare di passo
avanti definitivo pare ancora eccessivo, ma forse la situazione sembra
virare in maniera timida nella direzione che porta verso Maria Obinu.
Dopo una giornata di incontri separati conclusi con un tavolo di
coalizione, ora la candidata sindaco del Partito Democratico è in
vantaggio di mezza incollatura su Giorgio Mastino e sul suo compagno
di partito Efisio Sanna, mentre tutti gli altri nomi – Mimmo Serusi,
Paolo Margaritella, Gianni Angioi e Stefano Spada – appaiono in
maggiore ritardo e sembrano destinati a staccarsi dal vertice di
questa estenuante interminabile corsa per ottenere il via libera dagli
alleati. Le trattative.

Capire come si sia arrivati al passetto in
avanti dopo settimane di stallo resta un mistero. Di certo ieri è
stata una giornata frenetica vissuta tra incontri per pochi intimi,
telefonate e faccia a faccia tra pochissimi esponenti della coalizione
che, in particolare dopo pranzo, ha avuto una digestione alquanto
rapida. I “piccoli” del centrosinistra hanno infatti tenuto una
riunione alla quale hanno preso parte Oristano nel Cuore, NoiOr,
Psd’Az, Cittadini per Oristano e Valore Comune. Sembrava dovessero
puntare decisi su Giorgio Mastino, invece quando è iniziato il tavolo
al quale siedono anche il Pd e è stata la candidata del Pd a fare un
piccolo passo in avanti. Discontinuità o no. Bisogna capire se si stia
giocando a “un, due, tre....Stella” per cui già oggi Maria Obinu
finirà al punto di partenza oppure se riuscirà a toccare per prima il
muro mentre chi conta ha le spalle girate.

A tarda sera, Ivano Cuccu,
responsabile di Cittadini per Oristano ha infatti lasciato ancora una
volta il tavolo per lo scarso o nullo gradimento verso i candidati del
Pd, mentre Paolo Sulis che guida Oristano nel Cuore ha insistito sul
fatto che la discontinuità rispetto alla giunta Tendas, di cui sia
Maria Obinu che Efisio Sanna fanno parte, è un fattore
imprescindibile. Eppure la guerra di logoramento sembra destinata a
spegnersi anche perché mancano appena undici giorni alla scadenza
fissata per la presentazione delle liste con i candidati sindaco e
consiglieri che devono essere indicati entro mezzogiorno del 13
maggio. Il centrodestra. Non che dall’altra parte del mondo politico
tradizionale si proceda a marce forzate.

Anzi, il centrodestra sembra
aver messo in folle. Nemmeno ieri è stato un giorno utile per arrivare
alla decisione che ormai focalizza l’attenzione degli elettori ovvero
quello della scelta del candidato sindaco. Il riavvicinamento con le
liste “sponsorizzate” da Giuliano Uras e Salvatore Ledda non c’è
stato. Riformatori, Forza Italia, Fortza Paris, Fratelli d’Italia e la
lista civica che fa capo all’Udc Gianni Tatti continuano a rimanere
compatti, ma sentono l’esigenza di allargare la coalizione. Eppure al
momento un riavvicinamento con i due alleati di qualche settimana fa
non sembra essere alle porte. Quadro frastagliato. Ad ogni buon conto,
gli elettori nella scheda troveranno il nome di almeno sei candidati
sindaco. Ieri anche Anna Maria Uras ha rotto gli indugi e si è
dichiarata disponibile a mettersi alla testa della coalizione di forze
«progressiste» che il Partito dei Sardi vuole formare. Al suo nome
vanno quindi aggiunti quelli di chi si è già portato avanti col lavoro
ovvero il “civico” Filippo Martinez, l’indipendentista Cristina Puddu
e la 5 Stelle Patrizia Cadau. Aggiungendo i due nomi che salteranno
fuori da centrodestra e centrosinistra si sale a sei, sempre che le
ultime giornate disponibili non sanciscano la nascita di ulteriori
coalizioni e automaticamente di candidati sindaco.

Unione Sarda

Cucca: «Basta leader solitari Renzi? Se sbaglia glielo dirò»
L'INTERVISTA. Il neo segretario predica unità. «Pigliaru mi ha
chiamato, Soru no»

Non fidatevi di quel sorriso: dicono di Giuseppe Luigi Cucca che,
dietro i modi sempre educati e rispettosi, nasconda una tenacia che
confina con la testardaggine. «Diciamo che, se sono convinto di una
cosa, difficilmente mi fanno cambiare idea», ammette - sorridendo - il
nuovo segretario del Pd sardo. Ma non è l'arroganza la sua cifra
personale, anzi: per certi versi il vincitore delle primarie (col 68%
dei voti) è un antipersonaggio, deciso a chiudere l'era dei leader
solitari. «Ho sempre creduto nel gioco di squadra», conferma due
giorni dopo la vittoria, «voglio un Pd di nuovo unito in cui si lavori
tutti insieme».

Hanno votato 45mila sardi: se ne aspettava di più?
«No, la partecipazione è andata oltre ogni rosea previsione. C'erano
file fuori dai seggi. Si pensava che non ci fosse più voglia di
partecipare, le primarie hanno detto l'opposto: i problemi ci sono, ma
il Pd può rilanciarsi. La gente si riavvicina, se noi ci riavviciniamo
a loro».
E come si fa?

«La prima cosa è riportare coesione nel partito, superare le
lacerazioni. La gente non ne può più delle nostre liti. Dobbiamo
decidere tutti insieme come ripartire. E intendo davvero tutti».
Minoranza compresa?

«A me non è mai piaciuto parlare di minoranze. Abbiamo tutti il dovere
di capire che cosa chiedono i cittadini, e di lavorare per ricreare un
rapporto con loro. Senza personalismi».

È questo il vero male del Pd sardo? I personalismi dei suoi dirigenti storici?
«Non do le colpe a Tizio o Caio ma a tutti i dirigenti, me compreso.
Non siamo stati capaci di restare uniti e ci siamo persi, perdendo
anche il contatto con la gente».

Lei dunque proporrà una gestione unitaria, aperta a tutte le correnti?
«Certamente. L'ho sempre auspicato, anche prima».
Ne ha già parlato con Francesco Sanna? Tra voi c'è stata alla fine
qualche scintilla, resteranno scorie?
«Ma no, ci conosciamo da troppo tempo. Poi io non amo gli scontri
personali. Francesco mi ha chiamato nella notte dopo il voto, gli ho
detto che tutti insieme dobbiamo rilanciare il partito. Io mi assumo
le responsabilità da segretario, ma in politica non si va avanti senza
il gioco di squadra».

Siete stati definiti due candidati con poco carisma. Le ha dato fastidio?
«No. È vero che non ho mai cercato visibilità. Però in tutte le
competizioni in cui mi sono candidato ho sempre avuto buoni risultati,
qualcosa vorrà dire».

Ha detto che il Pd ultimamente si è ricordato della sua gente solo
quando c'era da votare. Come si fa a ricordarsene sempre?
«Riaprendo i circoli. È quello il luogo in cui deve nascere il
confronto e la sintesi. Dobbiamo tornare nei territori, parlare con
tutti per capire le esigenze della vita quotidiana, da cui ci siamo
staccati».

Ma spesso i vostri organismi dirigenti recitano copioni scritti da
cinque o sei persone dentro una stanza.
«Guardi, quando ero capogruppo al Comune di Nuoro non ho mai deciso
niente da solo. Io sono del parere che gli organismi debbano essere
consultati sul serio».

Lei è un renziano un po' atipico, rispetto a chi esalta a priori il
leader nazionale.
«Sono sempre stato atipico ovunque... Diciamo che uso la mia testa. E
credo che la lealtà e la sincerità vengano apprezzate molto più
dell'obbedienza cieca».

Quindi se un giorno Renzi sostenesse una linea o una scelta che non la
convince...
«Glielo dirò. Serenamente e apertamente. Al Senato mi è capitato in
questi anni di discutere certe scelte, anche animatamente. Ma non ho
mai votato contro il mio governo e il mio gruppo: in un partito si
discute ma poi ci si adegua alla volontà della maggioranza».
Due candidati renziani alla segreteria, ma Renzi non è venuto in
Sardegna per le primarie. Ci è rimasto male?
«Per niente, con una campagna congressuale così rapida era
inevitabile. E sapeva che qui si stava lavorando bene per lui. Ricordo
invece che Renzi, da presidente del Consiglio, ha mostrato per l'Isola
un'attenzione che non si vedeva da tempo. E Gentiloni la sta
confermando».

Non tutti la pensano così, e perciò chiedono a Pigliaru di alzare la
voce e fare di più. Lei condivide l'insoddisfazione di parte del
centrosinistra verso la Giunta?
«Non sono mai tutti soddisfatti, ma Pigliaru ha fatto molte cose
buone. Forse siamo poco incisivi sulla comunicazione, dovremmo
spiegare meglio alcune scelte».

Vertenze con lo Stato, continuità territoriale, zone interne: su quale
di questi temi è più urgente uno scatto in avanti?
«Su tutti, e aggiungo il lavoro. Ma è la crisi del Pd che ha minato la
coesione della maggioranza. Se il partito-guida recupera la sua unità,
tutto il resto verrà da sé».

Lei pensa ancora a un Pd che stringe alleanze, alla Regione e nei Comuni?
«Da soli dove possiamo andare? Però, per guidare un'alleanza, il Pd
deve recuperare la sua unità. Per dire: trovo strano che il nostro
gruppo presenti quattro diverse proposte di legge elettorale, senza
fare sintesi».

Chiederà di cambiare il capogruppo consiliare?
«Non è un problema che intendo porre io. Lo affronterò solo se me lo
chiederanno i consiglieri».

Quando si voterà per le Regionali? Si parla molto di elezioni anticipate.
«Non ho dubbi che si voti a scadenza naturale. Ora chiederò ai
segretari della coalizione di incontrarci, per superare le tensioni».
Pigliaru e Soru l'hanno chiamata per congratularsi?
«Pigliaru sì, tra i primi, e mi ha fatto molto piacere. Io alla
vigilia non l'avevo cercato, per non creare imbarazzi. Ci incontreremo
presto».

E Soru non si è fatto vivo?
«No, lui no».

La sede regionale del Pd tornerà in via Emilia?
«Non lo deciderò io da solo. La riterrei la sede più naturale, ma
vedremo insieme. Non so neanche se si possa rescindere l'affitto di
viale Regina Margherita».

Lei è senatore: si può fare il segretario regionale dovendo stare spesso a Roma?
«Con un uomo solo al comando sarebbe difficile. Ma non se c'è una
squadra che lavora. E la squadra ci sarà».
Ai leader nazionali hanno chiesto che poster avevano in camera a 16
anni. Lei oggi, pensando a un politico a cui ispirarsi, idealmente
quale poster appenderebbe?
«Posso dirne due? Moro e Berlinguer».

Il più puro pantheon Pd.
«Perché credo nell'idea di unire due grandi storie politiche. Il Pd è questo».
Giuseppe Meloni

I NUMERI. Grande equilibrio tra le liste delle grandi correnti
Al vincitore va il 68% Assemblea spaccata in tre

Giuseppe Luigi Cucca vince il congresso regionale del Pd mentre le tre
liste per l'assemblea regionale arrivano al traguardo con distacchi
minimi, all'insegna dell'equilibrio. Insieme per Cucca e
Popolari-riformisti ottengono rispettivamente il 35,8% e il 32,8%,
regalando la vittoria al senatore con 29.487 voti, pari al 68,6%. La
lista Comunità democratica in movimento, collegata a Francesco Sanna,
ottiene il 31,4% per un totale di 13.486 preferenze.
L'ASSEMBLEA Una prima simulazione per la composizione dell'assemblea
(restano da assegnare quattro seggi) conferma l'equilibrio nella
distribuzione dei 160 posti. La lista insieme per Cucca per ora
ottiene 55 seggi, i Popolari-riformisti 51 e Sanna 50. Diversi i big
che faranno parte dell'assise democratica. Ci sono assessori regionali
come Cristiano Erriu (Popolari-riformisti) e Pier Luigi Caria (Insieme
per Cucca).

Faranno parte dell'assemblea anche il presidente del Consiglio
regionale Gianfranco Ganau e il senatore Silvio Lai, entrambi con i
Popolari-riformisti. Entra nel collegio di Cagliari, nella quota di
Sanna, Giuseppe Frau, mentre nel Sulcis il capogruppo in Consiglio
regionale Pietro Cocco e nel collegio di Sassari la deputata Giovanna
Sanna.

IL VOTO A conti quasi ultimati, sono andate a votare 45.503 persone.
Tra queste 1.422 hanno scelto di lasciare la scheda bianca, mentre ne
sono state annullate 868. Francesco Sanna ottiene un ottimo risultato
in provincia di Cagliari (38,7%), nel Sulcis (52,8%) e nel Medio
Campidano (44,1%). Cucca sfonda a Nuoro, dove supera complessivamente
l'80%, e in Gallura (86,3%).

IL GOVERNATORE Gli auguri del presidente della Regione Francesco
Pigliaru a Matteo Renzi e Cucca sono l'occasione per fare un plauso
alle primarie: «Sono uno straordinario momento di democrazia e fanno
chiarezza su chi rappresenta il partito». Con un partito orfano da
quasi un anno di una guida l'elezione del segretario regionale è, per
il governatore, «un'ottima notizia». Anche in previsione del rush
finale della legislatura, perché «l'azione di governo ha bisogno di
partiti della coalizione forti e uniti, capaci di portare il loro
contributo alla profonda azione riformista in corso».
M. S.





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Federico Marini
skype: federico1970ca


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