venerdì 19 maggio 2017

Rassegna stampa 19 Maggio 2017

Unione Sarda

Autorità portuale, nomina vicina Delrio: «Ho già scelto il presidente, a giorni il decreto ufficiale» Il ministro garantisce l'impegno del governo per le strade statali sarde, dalla 195 alla 554.

PULA «Sull'Autoritá portuale sarda abbiamo terminato le verifiche ed io ho scelto, a giorni ufficializzeremo la nomina del presidente». Il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Graziano Delrio sull'argomento non aggiunge altro. «Nessuna anticipazione per rispetto istituzionale». Al Forte Village di Santa Margherita di Pula, dove partecipa a Linkontro, appuntamento annuale in cui Nielsen riunisce i big della grande distribuzione, parla però di Infrastrutture sarde e informa di aver lavorato con l'Anas per «risolvere le criticità e stabilire le priorità sulle strade dell'Isola. Sulla Sassari-Olbia e sulla 131 abbiamo risolto tutti i problemi, restano quelli della 195 e della 554 ma ci stiamo lavorando assieme alla Regione».

I NODI Del resto viaggiando sulla statale 195 per arrivare alla sede del convegno ha toccato con mano il grande disagio che si prova a percorrerla. «Abbiamo viaggiato lenti ed abbiamo trovato la fila prima di Sarroch, immagino che cosa sarà a luglio», racconta Francesco Pigliaru che ha percorso la due corsie in auto assieme al ministro. «Ha capito tutto, ha confermato gli impegni presi dopo le ultime segnalazioni della Regione», aggiunge il presidente riferendosi alle polemiche tra l'assessore regionale ai Lavori pubblici Paolo Maninchedda e l'Anas e agli esposti a tre procure presentati dall'esponente dell'esecutivo regionale, uno dei quali sui ritardi nei lavori nella Sulcitana.

LE ALTRE QUESTIONI Gli argomenti sardi terminano qui perché Delrio oggi ha altre priorità che si chiamano Fca e Alitalia, soprattutto. La decisione della commissione europea di avviare una procedura di infrazione nei confronti dell'Italia per il mancato adempimento, da parte di Fiat-Chrysler, degli obblighi sulle omologazioni è una coltellata alle spalle del Paese. Fca avrebbe truccato i dati sulle emissioni di alcuni modelli di auto violando le normative e il Governo non avrebbe vigilato. «La commissione non è stata corretta con noi perché a marzo abbiamo fatto una camera di mediazione con la Germania che aveva dato buoni frutti», dice il ministro. «Del resto sono decisioni che spettano alle autorità nazionali e se devo entrare nel merito va chiarito che Volkswagen ha montato dispositivi illegali sulle sue auto mentre quello di Fca è un dispositivo, peraltro prodotto dalla tedesca Bosch, totalmente in regola».

ALITALIA Poi parla di Alitalia e si dice fiducioso sul fatto che «troverà acquirenti e sopravviverà» e «garantirà ancora la continuità territoriale sarda», della prossima manovra autunnale («sarà difficile ma non sarà depressiva e dovrà conciliare rigore ed espansione», dice) e di legge elettorale: «Oggi tutti sembrano proporzionalisti ma ricordo che col proporzionale i partiti hanno un enorme potere di veto e non si riesce a governare, come è accaduto in Italia per troppi anni. E se non si governa si apparecchia la tavola ai populisti e si distrugge la democrazia».

Poi Delrio, sfidando le polemiche che certamente ne seguiranno, parla di Banca Etruria e di quella telefonata ai vertici della Popolare dell'Emilia perché salvasse l'istituto di credito: «Non ho niente da nascondere: quella telefonata la rifarei mille volte perché erano a rischio mille posti di lavoro ed avevo il dovere di agire».

CARBONIA. Mancato numero legale, il monito del capogruppo Manolo Cossu
«Se qualche consigliere M5S ha problemi, levi il disturbo»

Il clima è quello da resa dei conti: «Ci serve capire per poi
risolvere, ma se i problemi politici o personali dovessero risultare
insanabili allora chiederemo a chi li ha di farsi da parte». Manolo
Cossu, capogruppo del Movimento Cinque Stelle, non usa giri di parole.
Neanche potrebbe dopo l'episodio di due sere fa: per la prima volta da
quando al governo della città ci sono i pentastellati, l'assemblea si
è ritrovata senza numero legale per l'assenza di cinque consiglieri
M5S. Tre quelle ritenute giustificate (Sabrina Soru, Marco Serafini e
Mauro Cadeddu) due no (Elio Loi e Mauro Uccheddu) che si sono sommate
all'uscita dall'aula di quasi tutta l'opposizione (tranne appunto
Daniela Garau). In esame anche un punto basilare: rinegoziare i mutui
per dare più respiro al bilancio: la Giunta cercherà di riparare in
extremis la settimana prossima. Ma se da un lato il sindaco.

LE RIPERCUSSIONI Paola Massidda ha fatto intendere che la vicenda «si
presta a ripercussioni, da verificare la lealtà dei consiglieri che
hanno ricevuto il mandato elettorale», dall'altro il capogruppo si
dice subito impegnato «a non far passare l'episodio in cavalleria». E
aggiunge: «All'irresponsabilità dell'opposizione che ha abbandonato
nonostante i tentativi di persuaderla a restare in aula e il
comportamento corretto di Daniela Garau ha dimostrato che si poteva
fare, si somma l'irresponsabilità dei miei colleghi di cui chiedo
scusa».

IL REGOLAMENTO Aperto a ogni esito lo scenario che terrà banco a
giorni: «Una norma nostra, non vincolante legalmente, impone che chi
non è in grado di rispettare l'impegno deve lasciare al primo dei non
eletti – sottolinea Cossu - in questa fase ci serve capire ma una cosa
è certa: mai posto il segreto sulle nostre questioni». Ma a parte
Uccheddu che conferma l'assenza «per questioni di salute», impossibile
pure ieri contattare Elio Loi: telefonate a vuoto.

LA MINORANZA Allora non è neppure un segreto che l'opposizione ritenga
il sindaco «l'unica responsabile del dissenso interno». «Dovrebbe
dimettersi – accusa l'ex sindaco Pd Giuseppe Casti – in aula non si
poteva rimanere perché la rinegoziare i mutui è un atto strettamente
politico e non tecnico e se alla stessa maggioranza mancano i numeri
per un evidente dissenso interno perché allora avremmo dovuto
garantirli noi dopo che, peraltro, un mese fa la Giunta ci ha bocciato
82 emendamenti su 83?». Lo ribadiscono per il Partito dei sardi pure
Fabio Usai e Ivonne Fraternale: «Il sindaco non può governare un solo
giorno di più».
Andrea Scano

La Nuova

Nuovo blitz degli uomini del Corpo Forestale nelle campagne di Monastir
L’area appartiene a Bollani, nei prossimi giorni inizieranno le verifiche

Una cava sotto sequestro sepolto camion di veleni
CAGLIARI Le rivelazioni di Simone Nonnis, l’ex dipendente della
società Ineco di Armando Bollani, cominciano a dare i loro frutti: nel
pomeriggio di ieri gli uomini del Corpo Forestale hanno sequestrato
una cava nelle campagne di Monastir, proprietà di Bollani, dove sono
stati sepolti migliaia di metri cubi di rifiuti d’ogni genere, residui
di lavorazione della Fluorsid, materiale ferroso, detriti e persino un
autocarro che apparteneva alla ditta Ineco. Gli uomini del commissario
Fabrizio Madeddu hanno compiuto un primo sopralluogo per trovare la
conferma di quanto ha detto Nonnis, sentito l’altro ieri dal pm Marco
Cocco nel carcere di Uta.

L’ex dipendente dell’Ineco, che ha lavorato
per vent’anni nella ditta prima di dimettersi in contrasto con la
proprietà, è stato in grado di indicare l’esatta posizione della cava
e quanto vi è stato portato nel corso degli anni. Rifiuti speciali,
materiali pericolosi per la salute, veleni che dovevano essere
smaltiti secondo le prescrizioni della legge e che invece sono spariti
sotto una coltre di terra, al riparo da occhi indiscreti ma
soprattutto con un risparmio ingente per la Fluorsid e per la stessa
società di Bollani, partner dell’industria produttrice di fluoro.
Notificato il provvedimento di sequestro giudiziario e sigillati gli
ingressi, gli uomini della Forestale saranno impegnati nei prossimi
giorni a sondare il terreno della cava per accertare la presenza dei
rifiuti, interrati - come Nonnis ha rivelato - dopo interventi di
scavo condotti con i bulldozer.

Se quanto confessato da Nonnis troverà
piena conferma la cava dovrebbe essere confiscata, vale a dire che
passerà definitivamente alla proprietà pubblica. La stessa sorta
potrebbe toccare alla discarica di Terrasini, quella dove veniva
stoccato il gesso prodotto attraverso la lavorazione del fluoro e dei
suoi derivati. Qui e in altre aree di Macchiareddu, alcune di
proprietà di conoscenti, sarebbero stati interrati rifiuti pericolosi.
Si parla - ma ancora non c’è il riscontro tecnico - di interi
container sotterrati insieme al loro contenuto. Con questo
stratagemma, se le informazioni ufficiose sono corrette, la Fluorsid
avrebbe risparmiato somme ingenti, investendo soltanto sull’acquisto
dei contenitori. L’ex capo operaio Nonnis - che nei prossimi giorni
parlerà ancora con il pm Cocco dopo un interrogatorio-fiume durato
otto ore - si è dichiarato in grado di indicare con precisione i siti
dove sono stati sotterrate le sostanze e i materiali compromettenti:
lui stesso ha dovuto partecipare alle operazioni, a dare le
disposizioni erano i vertici aziendali.

L’impressione diffusa e
confermata anche dall’operazione di sequestro condotta ieri dalla
Forestale è che l’inchiesta giudiziaria avviata dalla Procura
cagliaritana sia soltanto alla fase iniziale. I due anni presi in
esame dagli investigatori hanno messo in luce situazioni gravissime,
ma il cammino del procedimento penale proseguirà d’ora in poi a
ritroso, per ricostruire le attività della Fluorsid nei decenni
precedenti. Il che lascia prevedere nuovi coinvolgimenti e nuovi
filoni d’indagine destinati ad allargare il campo dell’inchiesta
all’intera area di Macchiereddu e a chi nell’area ha operato senza
accorgersi di nulla. (m.l.)

L’approdo alla Camera slitta. Incerti i numeri al Senato
Mpd conferma il no: «Ma anche Prodi e Pisapia ci ripensino»
Bersani: «Pasticcio» Rosatellum in bilico
di Giovanni Innamorati

ROMA Slitta di una settimana, dal 29 maggio al 5 giugno, l'approdo in
Aula della legge elettorale: la decisione della Conferenza dei
capigruppo della Camera arriva al termine di una giornata di altissima
tensione tra il Pd e gli altri partiti, compresi gli alleati di
governo, a causa della prova di forza sui tempi dell'iter parlamentare
della legge. Ma anche sul merito si è aperto un nuovo motivo di
querelle tra i bersaniani e il Pd, con l'ex segretario che chiede a
Prodi e Pisapia di ritirare il loro assenso al Rosatellum, la proposta
del Pd. Dopo che mercoledì sera il relatore Dem, Emanuele Fiano, aveva
depositato il nuovo testo base, il Pd si è presentato in Commissione
Affari costituzionali deciso a pretendere di farlo votare in poco più
di una settimana così da portarlo in aula il 29 maggio.

Questa data
era stata sì concordata, ma prima che l'improvviso cambio di opinione
del Pd avesse fatto saltare il precedente testo base del presidente
Andrea Mazziotti, determinando quindi lo slittamento di una settimana
di tutti i lavori. A mandare su tutte le furie gli avversari della
proposta del Pd, il Rosatellum, ci aveva pensato lo stesso Matteo
Renzi che mercoledì sera aveva affermato che il Parlamento aveva
«perso tempo» e gli ingiungeva di approvare la legge entro metà
giugno. In effetti se il testo approdasse in Aula il 29 maggio, col
cambio del mese scatterebbe il contingentamento dei tempi, secondo il
regolamento della Camera.

Alla fine il presidente della Commissione
Mazziotti ha trasferito lo scontro, che è politico e non procedurale,
al massimo livello, ed ha incontrato la presidente Laura Boldrini che
ha convocato la Conferenza dei Capigruppo. Qui è prevalsa la
mediazione proposta da Pino Pisicchio, presidente del gruppo Misto:
una settimana in più in commissione, con l'approdo in Aula il 5
giugno, e l'impegno dei gruppi di non fare ostruzionismo e di
approvare la legge entro il mese. Ma lo scontro si è svolto anche sul
piano del merito, con un affondo di Pierluigi Bersani e degli altri
esponenti di Mdp sul testo: «Qui si allude non certo alla coalizione
ma piuttosto a confuse accozzaglie a fini elettorali», ha detto
Bersani, che ha invitato Prodi e Pisapia a «riconsiderare le loro
aperture».

Il motivo della critica è presto detto: il testo prevede sì
per metà collegi uninominali, che favoriscono la nascita di
coalizioni, ma non stabilisce che ci sia un simbolo unico per
l'eventuale coalizione, come era con il Mattarellum. Il nome del
candidato di una eventuale coalizione compare sulla scheda ripetuto
tante volte quanti sono i partiti che sono con lui collegati nella
parte proporzionale. Insomma la legge sembra alludere, o almeno
permettere, più la formazione di cartelli puramente elettorali che non
di coalizioni con un programma. I Dem hanno replicato sdegnati,
sostenendo che l'ex segretario «è mosso solo dal rancore verso Renzi».
Parole respinte dall'interessato che ha invitato i Dem a rispondere al
merito delle critiche.

Nel week-end Mdp terrà una kermesse a Milano
alla quale interverrà Pisapia: che molto probabilmente farà il punto
su questi temi. Se la spaccatura tra Pd e Mdp è ormai consueta in
Parlamento, quella tra il partito di Matteo Renzi e gli altri alleati
di governo fa alzare la tensione già palpabile su una serie di altri
provvedimenti (processo penale, tortura, cittadinanza, legittima
difesa), il tutto mentre la Camera sta esaminando la delicata
manovrina, che non è una passeggiata per nessun partito, ognuno dei
quali tira la corta coperta da una parte. A far infuriare i partiti
più piccoli non è solo la soglia del 5% del testo base, superiore al
3% dell'Italicum, ma anche la necessità di un numero di firme assai
elevato a sostegno della presentazione delle candidature: una
ulteriore soglia di sbarramento contro i «cespugli».

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Federico Marini
skype: federico1970ca


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