giovedì 25 gennaio 2018

Perché mi candiderò con Progetto AutodetermiNatzione. Di Lucia Chessa.



Sarò candidata alle prossime elezioni politiche. Ciò che io vorrei, attraverso questa scelta, è di dare il mio contributo a far crescere, con la mia faccia ed il mio impegno, il Progetto AutodetermiNatzione. 

Siamo nati da poco, non abbiamo grandi organizzazioni, la strada davanti a noi è tutta da percorrere e persino da costruire, ma ho pensato fosse giusto così. Per una parte della mia vita politica ho pensato che un partito di profilo regionale non fosse adatto all’ azione nella complessità del reale. Oggi penso che questa sia l’unica via che ci rimane. Ho cambiato idea osservando il disfacimento veloce dei principi democratici e di giustizia sociale sotto i colpi delle politiche nazionali degli ultimi anni e ho valutato che, se una speranza c’è ancora, essa parte dal basso e passa attraverso la spinta di territori e comunità che vogliano autodeterminarsi e di regioni che rivendicano, senza farsi piegare ed asservire, il diritto delle popolazioni che vi abitano, a decidere la direzione della loro storia. 

Mi sono convinta che la politica nazionale abbia fallito consegnandosi ad un livello sovranazionale che non è democratico perché non è politico, ma economico-finanziario. Ho osservato che le decisioni fondamentali vengono prese lontano, in luoghi per noi ormai irraggiungibili, dove operano forze che fanno di uno sfrenato liberismo affamatore la loro regola e pretendono che essa sia la premessa del benessere e della crescita quando, in realtà, è solo la condizione della sfondata ricchezza di pochi, al prezzo della povertà e precarietà di molti.

Ho pensato che se un modo c’è di reagire allo smantellamento dei diritti sociali (pensione, lavoro, retribuzione dignitosa), se un modo c’è di reagire alla crescita di spaventose disuguaglianze, precarietà e povertà diffuse, questo passa attraverso movimenti di territori che contrappongono ad una dimensione globale, lontana e fortissima, una dimensione locale che rivendica la propria esistenza politica, culturale, economica.

Ho visto nel jobs act, nell’abolizione dell’art. 18, nel clima di intimidazione e di rassegnazione che si respira sempre più forte nei luoghi di lavoro, la rappresentazione della resa delle politiche nazionali ad una potente cerchia di signori della finanza che operano in ad un livello sovrannazionale e non vogliono vincoli. E ho valutato che, per contrastare tutto ciò, l’unica possibilità che abbiamo è la valorizzazione del nostro livello, quello locale, regionale, delle nostre comunità.

Ho pensato che c’è bisogno di popoli che resistono chiedendo a gran voce autonomia ed autodeterminazione, non con l’intento di chiudersi in un recinto, ma di costruire tra loro rapporti solidali senza subalternità. Ho pensato che il tentativo di manomissione della costituzione, il continuo comprimere il diritto di voto e il principio di sovranità popolare (liste bloccate, leggi elettorali incostituzionali, province non più elettive, tentativo di rendere non elettivo lo stesso senato) sia la prova del fallimento della politica nazionale ed il suo asservimento a quel potere economico- finanziario che non si accontenta più di esprimere i leader e i partiti di governo, ma vuole anche tutti gli strumenti per controllarli e per definirne le scelte. 

Ho valutato che ai partiti dei leader, che sono il modello funzionale al controllo della politica da parte di questi poteri forti, sia necessario contrapporre partiti di territorio che esprimano un’ identità locale ed operino per costruire relazioni non subalterne con le altre identità. E’ opinione diffusa che gli stati nazionali siano in crisi. 

Lo scenario europeo lo conferma a tutto campo e sarà sempre più frequente la nascita di movimenti che combatteranno l’accentramento dei poteri a livelli inarrivabili e che chiederanno autodeterminazione e riconoscimento politico, culturale ed economico. Ho colto la modernità dei movimenti regionali che, sulla base di tradizioni culturali antiche, lavorino a prospettive nuove e a nuovi rapporti di potere... E poi lo scarabeo era li, elegante e composto, indifferente alle vostre ironie sul suo stile di vita singolare, incurante anche della sua nuova ed imprevista celebrità e ho deciso di dargli una mano. Non so dove arriveremo, ma comunque, convintamente, noi partiamo... Spero con molti di voi


Lucia Chessa

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