venerdì 2 febbraio 2018

Rassegna stampa 02 Febbraio 2018

La Nuova

I veleni delle elezioni entrano in Consiglio
di Umberto Aime

Le Politiche di marzo sono entrate come un tornando in Consiglio regionale. Fra nervi tesi nel giorno del rompete le righe per la campagna elettorale e battibecchi d'ogni tipo fra candidati e non, l'ultima seduta prima del voto nazionale è stata spumeggiante. Se non fosse per la partecipazione, il 26 febbraio, del presidente della Repubblica Sergio Mattarella alle celebrazioni per i settant'anni dello Statuto speciale, il Consiglio oggi all'ingresso potrebbe esporre il cartello «chiuso, riapriremo il 5 marzo».

Non è bello anche se qualche commissione continuerà a lavorare, ma evitarlo sarebbe stato impossibile. Sono dodici su sessanta i consiglieri candidati alle Politiche. Però chissà quanti di loro rientreranno sconfitti e a testa china nel Palazzo, o quanti saranno già in volo in volo per Roma. Di certo la campagna in Consiglio è partita con diversi colpi di cannone.

Il primo. È stato quando Emilio Usula dei Rossomori, che è dentro l'alleanza elettorale Autodeterminatzione, ha detto rivolto al presidente del Consiglio Gianfranco Ganau: «Lei è candidato col Pd e con questa sua candidatura viene meno il ruolo d'imparzialità che dovrebbe avere - ha detto - Per questo le chiedo di lasciare l'incarico, o come minimo autosospendersi per una questione di opportunità e stile».

Ganau è stato pronto nella risposta: «So bene quali sono i ruoli istituzionali e quelli politici e saprò ben distinguerli come ho sempre fatto». Sostenuto poi nella replica anche dal capogruppo del Pd Pietro Cocco: «Il consigliere Usula stavolta ha toppato. È come se avesse chiesto al presidente del Consiglio dei ministri di dimettersi perché ci sono le elezioni nazionali. In ogni caso il presidente Ganau, in questi anni, ha dimostrato di saper interpretare il suo ruolo super partes e tutti siamo convinti che nulla cambierà neanche nelle prossime settimane».

Secondo colpo. È stato quando dai banchi dell'opposizione il capogruppo di Forza Italia, Pietro Pittalis, che è candidato alla Camera, ha accusato con toni forti e molto più alti del solito la giunta di aver organizzato un pasticcio col bilancio consolidato. «L'avete presentato nonostante non sia stato ancora ratificato dalla Corte dei conti. Non si è era mai visto e se i giudici dovessero contestarvelo, il Consiglio dovrà votarlo una seconda volta. Siete dei dilettanti ed è per questo che tanti sardi sono indignati con la politica. Il problema non la candidatura del presidente Ganau, ma questa giunta che uscirà sconfitta il 4 marzo e soprattutto fra un anno alle elezioni regionali».

L'assessore al bilancio Raffaele Paci ha spiegato i motivi tecnici della scelta, «tra l'altro servirà a sbloccare decine di stabilizzazione assunzioni a tempo», ma Pittalis ha continuato nell'attacco frontale. Allora ha ripreso la parola il capogruppo del Pd Pietro Cocco: «Non siamo in una tribuna elettorale. Capisco che qualche collega voglia sfruttare l'aula del Consiglio per farsi pubblicità, ma lo sollecito a senza esagerare».

Alla fine il bilancio consolidato è stato approvato dalla maggioranza di centrosinistra. I Riformatori, fanno parte della minoranza, si sono astenuti e c'è chi ha visto in quella decisione la prima vendetta di sponda, per non aver ottenuto da Forza Italia i posti chiesti alle Politiche. Movente però escluso dal capogruppo Attilio Dedoni: «Nulla di tutto questo, quando di mezzo ci sono delle assunzioni, non puoi metterti di traverso».

Terzo colpo. È stato quando sempre Pittalis ha provato far passare con la procedura d'urgenza la legge sulle stabilizzazioni dei dipendenti dell'Agenzia Forestas. Il centrosinistra gli ha detto e lui ha scritto in un comunicato: «È una vergogna che spero non passi inosservata». A chi? Agli elettori, è ovvio.


Marcialis, candidato al Senato, ribadisce le critiche sui
“paracadutati” in lista
«Leu, casa dei delusi dal Pd Ma in Sardegna troppi errori»

Ancora troppo forte l'eco della polemica su Claudio Grassi, emiliano
paracadutato nelle liste sarde di Liberi e uguali, per non iniziare da
lì il colloquio con Yuri Marcialis, candidato al Senato nel collegio
uninominale di Cagliari e come capolista nel proporzionale. «È stata
una fase difficile», riflette, «anche per i dirigenti nazionali. Di
sicuro, sulla Sardegna ci sono stati errori».
Qual è stato l'errore?

«Ignorare le diversità tra i territori. La Sardegna meritava un
ragionamento a parte, per la sua peculiarità storica e politica.
Sarebbe assurdo non avere in Parlamento un rappresentante della
sinistra. Abbiamo fatto di tutto per farlo capire, anche in modo
acceso».

Ma non c'è stato verso.
«No, è evidente».
Lei però si candida, a differenza di altri leader sardi.
«Rinunciare sarebbe stato più facile. Mi ha convinto l'sms di un
compagno di cui ho grande stima: accetta perché sono tempi bui,
bisogna battersi per dare fiducia a chi ci crede ancora . Ma non dico
che chi ha fatto una scelta diversa abbia sbagliato».

Lei corre al Senato. Che cos'è, una missione impossibile? Pura testimonianza?
«Non ho fatto calcoli elettorali, col gioco dei resti è tutto
imprevedibile. Essere capolista in un collegio senatoriale è comunque
un onore. Ma oggi la priorità è dare gambe al progetto politico. Il
mondo non finisce il 4 marzo, anzi: inizia il 5».

Perché nasce Leu?
«Per rappresentare una cultura politica di sinistra che non si sentiva
più rappresentata dal Pd. Per ridare una speranza a chi si è
allontanato dal voto».

Come si rappresenta, oggi, la sinistra?
«Noi partiamo dal fatto che le disuguaglianze sono aumentate, non solo
in Italia. Puntiamo sul lavoro, la formazione, gli interventi per le
fasce più deboli».

Ma gli ex Pd confluiti in Leu avevano votato molte riforme degli ultimi governi.
«Sì, ma anche le cose buone sono state soverchiate da quelle
discutibili. Fino al referendum, che ha dato un giudizio generalizzato
sul governo. Ora noi proponiamo di superare la Buona scuola e la
giungla contrattuale del Jobs Act. Sull'università ragioniamo
sull'eliminazione del numero chiuso, oltre alla proposta lanciata da
Grasso di eliminare le tasse».

Così trattereste poveri e ricchi allo stesso modo.
«Chiariamo: i fondi agli atenei verrebbero dalla fiscalità generale,
che è progressiva, cioè pesa di più su chi guadagna di più. È già così
per sanità e scuola. Nessuno protesta se i figli dei ricchi non pagano
la scuola».

Sicuro che uscire dal Pd sia stato il modo migliore per vincere queste
battaglie?
«Non si poteva più discutere. Un tempo si mediava tra varie idee, ora
invece basta un voto in più in direzione nazionale e passa la linea».

Nei programmi di Leu, qual è l'idea di Sardegna?
«Le linee locali sono ancora da definire, ma il Grande piano verde,
una delle nostre strategie principali, pone obiettivi -
decarbonizzazione, meno consumi energetici, rifiuti zero, immobili
efficienti - su cui si può basare un modello di sviluppo sardo, che
valorizzi anche il turismo sostenibile e l'agricoltura di qualità».

Promuovete l'operato della Giunta Pigliaru?
«Ne facciamo parte, con l'assessore alla Cultura, e anche grazie alle
proposte del nostro gruppo consiliare si stanno intensificando gli
interventi per fasce deboli e zone interne. Si può migliorare, ma
darei un giudizio mediamente positivo».

Quindi in Sardegna l'alleanza col Pd è confermata.
«Non apriremo crisi in tutte le giunte d'Italia che lavorano bene. A
livello nazionale ci è stato detto no su alcuni punti cruciali; il Pd
sardo mi sembra più dialogante».

Allora è vero che il problema è solo Renzi.
«No, sono i nodi programmatici. E non abbiamo fatto noi la scissione:
c'era già stata, in tanti si erano allontanati dal Pd. Dopo le Europee
si sono perse tutte le elezioni. Senza mai un'analisi seria del voto.
Noi abbiamo dato voce a chi era già andato via».

Eppure sui diritti civili non si era mai fatto così tanto.
«Vero: la cosa migliore dei governi recenti. Ma è parso quasi un modo
per dire che si faceva anche qualcosa di sinistra. Non dico che siano
temi meno importanti, ma se ne sono trascurati altri, come le
disuguaglianze».

Lei, dalemiano, non pensa che D'Alema avrebbe fatto meglio a non candidarsi?
«In effetti potrei sembrare di parte, ma ricordo che lui non ha un
posto sicuro: è nel collegio di casa sua, ritenuto impossibile. Si è
messo a disposizione, più di così... È che per alcuni incarna ogni
male: anche se non si candidasse gli direbbero di tutto».

Che cosa pensa del M5S?
«Il solo fatto che pensino di poter dialogare con altri è un bene. Su
molte cose ci si sarebbe potuti trovare già cinque anni fa, se
avessero aperto a Bersani. Sta anche salendo il livello della classe
dirigente, con nomi di chiara vocazione democratica, a volte di
sinistra. Nel collegio di Cagliari ho come avversario M5S il mio ex
professore di filosofia, Gianni Marilotti, che stimo molto».

Insomma, se lei non fosse candidato avrebbe potuto votarlo?
(risatina) «Beh, col M5S credo di no».
Giuseppe Meloni

La Nuova

Marcialis: «Diamo voce ai delusi dal renzismo»

di Alessandro PirinawSASSARIA sinistra del Pd per riportare alle urne
i delusi dalla politica renziana. È con questo obiettivo che Liberi e
uguali si presenta al voto del 4 marzo. Anche in Sardegna il movimento
guidato da Pietro Grasso punta a intercettare gli ex elettori del Pd
rimasti senza casa. «Noi nasciamo per dare rappresentanza e voce a un
mondo di sinistra che non è più rappresentato dal Pd - dice Yuri
Marcialis, coordinatore di Mdp, assessorea Cagliari e candidato al
Senato -. Ci accusano di avere fatto la scissione, in realtà noi
abbiamo solo seguito i nostri elettori che se ne erano già andati».Un
anno fa in questo periodo lei era candidato alla segreteria regionale
del Pd. «Ho deciso di lasciare il partito da candidato alla segreteria
per una questione di onestà intellettuale.

Ero circondato da persone
che mi dicevano: ti diamo una mano e poi usciamo dal Pd. Il mio
obiettivo era rappresentarli: restare senza di loro non aveva più
senso».Il Pd sostiene che scegliere LeU equivalga a votare M5s o
Salvini e invita al voto utile.«C'è una legge proporzionale per due
terzi, il che significa che ogni voto vale. Solo nei collegi
uninominali ci sarebbe potuto essere il voto tattico. Ma è stato il Pd
a non volere il voto disgiunto. È un argomento che non regge».In
Sardegna governate con il Pd. L'alleanza rischia?«Non solo nell'isola
ma in tutta Italia governiamo col Pd. Noi nasciamo con l'idea di
rafforzare il centrosinistra, per portare alle urne chi non votava
più. Avevamo chiesto discontinuità su buona scuola, jobs act, pubblica
amministrazione: non c'è stato l'accordo. Ma non c'è nessuna
preclusione ideologica»

Prodi dice che siete voi ad avere diviso il
centrosinistra.«Il progetto iniziale del Pd, a cui tutti noi abbiamo
creduto, non c'è più. La sinistra è stata relegata a mera
testimonianza e sono aumentate le diseguaglianze. Noi vogliamo
ridurle».Nell'isola i sondaggi danno in vantaggio destra e
M5s.«Storicamente in Sardegna chi governa è sempre giù nei sondaggi e
anche alle elezioni. Ma per Liberi e uguali i dati sono più alti della
media nazionale».Che ne pensa dell'alleanza tra Psd'Az e Lega?«La
scelta dei sardisti è antistorica, va contro gli ideali per cui il
Psd'Az è nato, come una forza federalista di
sinistra».Sull'imposizione di Grassi capolista lei è stato sul punto
di ritirare la candidatura...

«L'alternativa era o non presentare le
liste o assumersi la responsabilità. Ognuno fa le sue scelte. Io ho
fatto la seconda, il contrario avrebbe significato aggiungere errore a
errore. Ma Michele Piras ha già detto che ci darà una mano. Ora
aspettiamo i compagni di Possibile».

Unione Sarda

Campagna elettorale
Le schermaglie:Ganau-Usula, Cappellacci-Mura

Primi botta e risposta in avvio di campagna elettorale. Ieri, a Emilio
Usula (Rossomori) che gli consigliava di dimettersi da presidente del
Consiglio regionale a causa della sua candidatura al Senato,
Gianfranco Ganau (Pd) ha risposto di conoscere bene la differenza tra
ruolo istituzionale e politico, «e rassicuro sul fatto che saprò
distinguere il mio ruolo di presidente di questa Assemblea rispetto a
quello politico in cui tutti siamo impegnati in questo periodo».

Sempre ieri il candidato alla Camera nel collegio uninominale di
Cagliari e nel proporzionale sud, Ugo Cappellacci (Forza Italia) ha
replicato a quanto pubblicato nel blog delle stelle che l'ha inserito
nello «squadrone degli impresentabili del centrodestra» ricordando che
l'ex governatore «è condannato in secondo grado a restituire alla
Regione Sardegna circa 220 mila euro, e a due anni e mezzo di
reclusione per il crac milionario della Sept Italia, società fallita
nel 2010».

«Il Movimento Cinquestelle è il partito degli ipocriti:
sono forcaioli con gli altri e ipergarantisti con i loro sempre più
numerosi indagati e rinviati a giudizio in tutta Italia», è stata la
risposta del coordinatore regionale azzurro. E poi: «Sono tanto
impresentabile che il loro candidato, Andrea Mura, avrebbe voluto
presentarsi con me e la mia lista alle elezioni del 4 marzo. Adesso
gli chiederanno di ritirarsi? Il sottoscritto non ha ancora ricevuto
nessun condanna definitiva. Perché non parlano del loro leader, Beppe
Grillo, condannato in via definitiva per omicidio colposo?».
Ro. Mu.

IL ROSATELLUM. Dal confronto tra candidati nell'uninominale al
sostegno alle liste. Sfide dirette e proporzionale
Sistema misto per Camera e Senato: 25 posti in Sardegna

Il 4 marzo gli elettori si dovranno confrontare con il Rosatellum. La
novità è che i 25 parlamentari sardi verranno scelti attraverso due
tipi di voto: il sistema uninominale e quello proporzionale. La
Sardegna è suddivisa in collegi, corrispondenti a determinati
territori, ed è all'interno di questi che si svolgeranno le diverse
sfide.

UNINOMINALE La regola generale del sistema uninominale prevede che i
candidati (espressione di una coalizione o di un singolo partito) si
sfidino tra loro, in un determinato collegio, per ottenere l'unico
posto disponibile: chi ottiene più voti vince e viene eletto. In
Sardegna i collegi uninominali sono nove, sei per la Camera e tre per
il Senato, che corrispondono anche al numero di parlamentari che
verranno eletti nell'Isola con questo sistema. In ognuno dei nove
collegi, ci saranno dieci candidati che si confronteranno con la conta
voto su voto.vincitore.

Il nome sarà riportato sulla scheda
elettorale: sarà collocato sopra il simbolo delle lista o i simboli
nel caso di coalizione. L'elezione del candidato all'uninominale è
indipendente dal risultato complessivo del partito di riferimento: non
esista alcuna percentuale minima da raggiungere, la cosiddetta soglia
di sbarramento

PROPORZIONALE Il sistema proporzionale, invece, non prevede il voto
diretto al candidato, ma alla singola lista. Viene definito
plurinominale perché in un determinato collegio si può eleggere più di
un parlamentare, sulla base del risultato che ogni partito ottiene. In
Sardegna, i collegi plurinominali sono tre, due per la Camera e uno
per il Senato. Questo sistema servirà per eleggere 16 parlamentari
sardi: 11 deputati e 5 senatori che verranno scelti nell'ordine di
lista. Col sistema proporzionale sono previste due soglie di
sbarramento: il 3% per i singoli partiti e il 10% per le coalizioni.

LA SCHEDA L'elettore riceverà due schede una per la Camera e una per
il Senato, molto simili ma di colore diverso. In ognuna saranno
riportati i nomi dei candidati nei collegi uninominali (quelli del
territorio di riferimento). Sotto verranno riportati i riquadri (uno
per ogni partito) con i simboli e i nomi dei candidati per la parte
proporzionale. Dunque, il candidato del collegio uninominale è il
rappresentante di uno o più partiti nella corsa del collegio
uninominale. Nello specifico, in Sardegna ci saranno per ogni scheda,
dieci nomi di candidati per l'uninominale: solo per quelli di
centrodestra e centrosinistra ci saranno più riquadri, essendo queste
due coalizioni formate da più liste.

COME SI VOTA Il voto si può esprimere in diversi modi. Per esempio,
tracciando un segno sul nome del candidato al collegio uninominale: in
questo caso il voto viene conteggiato anche al partito collegato. Se
si tratta di più liste viene ripartito in proporzione ai voti nel
collegio. La seconda ipotesi è un segno solo sulla lista: in questo
caso il voto viene assegnato anche al candidato dell'uninominale.
Potrebbero verificarsi altri casi, fermo restando che deve essere
chiara l'intenzione dell'elettore. La legge non prevede il voto
disgiunto.
Matteo Sau

l movimento di sinistra ha presentato la rosa dei candidati alle
prossime elezioni politiche
Potere al popolo: «Lottiamo per gli ultimi»

CAGLIARIGli ultimi comunisti non lo sono di sicuro, a sinistra si sa
la galassia è infinita, ma i candidati di «Potere al popolo» sono
orgogliosi delle origini e fra loro, con enfasi, si salutano ancora
alla vecchia maniera: «Ciao, compagno». Alle Politiche di marzo, in
questa alleanza rossa, ci sono dentro Rifondazione, Partito dei
comunisti italiani, collettivi vari e iscritti ai sindacati di base.

 È una pattuglia variegata, ma compatta e convinta. Soprattutto nella
spiegazione del marchio di fabbrica: «Perché potere al popolo e non
del popolo? Perché al popolo il potere è stato strappato via e noi
vogliamo restituirglielo». L'ha detto Pierina Chessa, insegnante in
pensione, consigliera comunale a Iglesias e capolista nel listino sud
per la Camera. «Spesso mi chiedono perché mi sento e sono ancora
comunista», sono state le sue parole in un altro passaggio della
presentazione dei candidati.

«Perché c'è ancora molto da fare e da
lottare per gli ultimi, che sono cacciati sempre più indietro dal
potere della politica e dallo strapotere della finanza». È contro le
«troppe emarginazioni quotidiane che vogliamo combattere», ha
sottolineato Stefania Deidda, candidata nel Sulcis. Con un papillon
arcobaleno appuntato sulla camicia scura, ha raccontato la sua storia.

«Io e le mia compagna Stefania siamo state le prime donne omosessuali
a essersi sposate in Sardegna dopo la legge per le Unioni civili.
Subito dopo il nostro sì, siamo state minacciate di morte: è contro
questa violenza e altri, troppi, casi di omofobia che Potere al popolo
è entrato in questa campagna elettorale». Ma anche per «ottenere la
possibilità di un vero matrimonio fra le persone dello stesso sesso,
perché le Unioni civili considerano di fatto ancora fantasmi i figli
di una coppia omosessuale». Sono il ritorno e la rivendicazione dei
diritti sociali gli obiettivi della lista.

«La sanità è negata a chi
sta peggio», hanno detto Mariangela Pedditzi e Sergio Diliberto,
medici e candidati al Senato. «Lo è anche il diritto allo studio»,
hanno aggiunto gli insegnanti Anna Cacciatori, Sabina Sechi e Amedeo
Spagnuolo, dopo aver ricordato i «danni disumani provocati da Renzi a
insegnanti e studenti con la riforma della falsa buona scuola». Di
altri disastri renziani ha parlato il sindacalista Giovanni Nuscis,
candidato a Sassari: «Con il Jobs act ha spazzato via ai giovani
l'ennesimo pezzo di futuro. È aumentato il precariato e a far soldi
sono state solo le imprese».

A pagare il conto più pesante di «una
legge al ribasso» è stata la generazione delle «porte sbattute in
faccia», ha detto Michela Onnis, classe 1987, la più giovane del
gruppo. «Contro l'esagerata disoccupazione giovanile e la fuga dei
giovani dalla Sardegna finora non è stato fatto nulla. Anzi, la
situazione è peggiorata», le sue parole. Per Potere al popolo, che
parte in svantaggio rispetto ai grandi pariti e movimenti, non sarà
facile trovare un posto in Parlamento, ma «non ci arrendiamo - ha
detto Enzo Gamba, candidato nel listino nord per la Camera - perché
c'è un mondo autoritario, arrogante e cinico ancora da scalzare». (ua)

L'ex governatore tra gli impresentabili. Il leader di Fi: sono
forcaioli e ipocriti. Polemica tra Cappellacci e M5s

CAGLIARIPolemica a distanza fra i Cinque stelle e Ugo Cappellacci,
capolista nel listino sud di Forza Italia alla Camera per i cosiddetti
candidati impresentabili. Hanno cominciato i grillini che, in post
pubblicato sul «Blog delle stelle» e poi rilanciato dalle agenzie,
hanno inserito l'ex governatore nella lista nera, Con lui anche altri
aspiranti onorevoli del centrodestra e del centrosinistra, ma nello
specifico a Cappellacci è contestato, testuale dal post: «La richiesta
di condanna per abuso d'ufficio nell'inchiesta sulla P3, la condanna
in secondo grado a restituire 220 milioni alla Regione (dovrebbe
riferirsi al licenziamento del coordinatore dell'Ufficio stampa della
giunta) e la condanna a due anni e mezzo di reclusione per il crac
milionario della Sept Italia, società fallita nel 2010».

La replica di
Cappellaci è stata immediata: «Il Movimento Cinque stelle è il partito
degli ipocriti: sono forcaioli con gli altri e ipergarantisti con i
loro sempre più numerosi indagati e rinviati a giudizio in tutta
Italia». Per continuare nel comunicato: «Sono tanto impresentabile che
il loro candidato, Andrea Mura, avrebbe voluto presentarsi con la me e
la mia lista alle elezioni del 4 marzo. Adesso gli chiederanno di
ritirarsi? Il sottoscritto non ha ancora ricevuto nessun condanna
definitiva. Visto che sono tanto appassionati al tema, perché non
parlano del loro leader, Beppe Grillo, condannato in via definitiva
per omicidio colposo?».

Renzi contro D'Alema «Votarlo aiuta la Lega»
verso il voto di Serenella Mattera

Mai un governo «con gli estremisti» M5s e Lega. Perché con le loro
ricette il rischio è «dilapidare» quanto fatto finora. Nell'uno-due di
Matteo Renzi e Paolo Gentiloni c'è un pezzo della campagna elettorale
del Pd. Il segretario e il premier ringraziano all'unisono Romano
Prodi, per il suo endorsement al centrosinistra. «Siamo noi la
sinistra di governo e che non si rifugia negli slogan del passato»,
rivendica Gentiloni avviando la sua campagna a Roma. Mentre Renzi, che
critica le contraddizioni dell'alleanza tra Forza Italia e Lega e dice
no allo scenario di un futuro governo con gli «estremisti», invita al
voto utile perché «ogni voto dato al partito di D'Alema è fare un
favore a Salvini e Grillo». Nel Pd restano gli strascichi della
vicenda delle liste, con casi come lo strappo di un gruppo di
siciliani che danno forfait dalla campagna elettorale. Andrea Orlando
nega ogni ipotesi di nuova scissione ma, come Michele Emiliano, rinvia
a una resa dei conti interna dopo il 5 marzo, soprattutto se il Pd
sarà sotto il 25%. «Siamo intorno al 23%, la notte del Nazareno ci ha
fatto perdere lo 0,5%», dice Renzi ai suoi.

Ma aggiunge che il dato è
pienamente recuperabile e l'obiettivo di primo gruppo parlamentare è
già oggi alla portata, anche grazie al contributo degli altri partiti
della coalizione.Se centrerà l'obiettivo, il Pd punta a condurre la
partita del governo. «In un tavolo a quattro - ragionano
nell'entourage renziano - con M5s, Lega, Fi e Pd, cosa che non
accadrà, Di Maio davvero pensa di dare le carte e fare il premier di
un governo di larghe intese?».

Tra l'altro, notano «en passant», «metà
dei candidati M5s vengono da noi, c'è chi due mesi fa era alla nostra
assemblea di Pietrarsa». Nella sua campagna il segretario Dem punterà
perciò molto non solo contro l'estremismo della Lega, ma anche a
smascherare le contraddizioni del candidato M5s. Prodi intanto precisa
che non farà campagna elettorale. Ma il suo sostegno alla coalizione
di centrosinistra è già tanto, ragiona Renzi con il suo entourage. Il
professore ha fatto la sua parte.

Massimo D'Alema ricorda che Prodi
fece anche un non fortunato endorsement per il sì al referendum,
dunque «i suoi appelli non sempre vengono accolti». Ma Gentiloni, che
al fianco di Nicola Zingaretti apre la sua campagna a Roma, sottolinea
il valore delle parole di «colui che inventò il centrosinistra».
«Nonostante il peso delle sconfitte subite e della scissione siamo noi
la speranza per il futuro», dichiara il premier. E aggiunge che serve
«una nuova stagione di riforme» - a partire dal lavoro per donne e
giovani, e una crescita inclusiva per ridurre le diseguaglianze - per
non invertire il trend positivo. Renzi va a Porta a porta con Carla
Cantone e Pier Carlo Padoan. E il ministro dell'Economia si incarica
di un messaggio positivo:

«Non ci sono segni di speculazione o
nervosismo ma solo attesa» delle elezioni. Quanto al Pd, oggi
presenterà il programma a Bologna. Ma anticipa alcune proposte: gli 80
euro per ogni figlio a chi abbia un reddito sotto i 120 mila euro (9
miliardi di costo), gli 80 euro anche alle partite Iva che guadagnino
meno di 26 mila euro (1,1 miliardi), una proposta sugli affitti sul
modello di quanto fatto in Spagna da Zapatero.

Quanto alla campagna
elettorale, Renzi non ha ancora definito gli impegni ma sta pensando,
oltre alla cura del suo collegio, anche a tappe in luoghi simbolo e a
un grande evento di piazza sul finale, magari non il venerdì della
chiusura quando i candidati dovranno essere nei collegi. Tutti in
campo, è il suo refrain, che ripeterà lunedì all'Eliseo di Roma
presentando i candidati: «Siamo una squadra, non gli amici di calcetto
del segretario».

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Federico Marini
skype: federico1970ca


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