martedì 20 febbraio 2018

Rassegna stampa 20 Febbraio 2018


Unione Sarda

Matteo Renzi smentisce i sondaggi «Il Pd può essere il primo partito»
Il segretario Dem assieme a Pier Ferdinando Casini alla casa del
popolo di Bologna

BOLOGNA Matteo Renzi chiama il Pd «al rush finale». «Ci devono vedere spuntare da tutte le parti», bisogna fare «un lavoro scientifico» sugli indecisi, esorta i suoi. Il segretario dem è di scena in Emilia Romagna, con tappe a Bologna, Modena, Reggio Emilia e Parma. La giornata inizia con un pranzo tra i militanti alla casa del Popolo di Bologna insieme al compagno Casini. «Vi rendete conto che siamo riusciti a far diventare quasi comunista perfino Pier Ferdinando, che volete di più?» scherza. «Non è così, Casini diventa comunista solo con Carla Cantone (ex leader dello Spi-Cgil, candidata a Bologna e presente a tavola), ormai sono diventati una coppia di fatto, li vedo fissi, sempre insieme contro gli estremismi».

LA STRANA COPPIA L'ex presidente della Camera risponde all'ironia provando a mettere al collo del segretario dem una sciarpa rossoblù del Bologna: «Eh no, con le sciarpe non si scherza», replica Renzi. Nessuna difficoltà, insomma: «Per me non cambia niente. Questa è la mia città, ci sono sempre stato, per me è la continuità», spiega Casini. L'effetto di essere in una Casa del popolo? «È come stare a casa, tra la gente che conosco da 30 anni, con cui non ho condiviso dei progetti politici e oggi condivido un'idea di fondo: fermare i barbari che sono Matteo Salvini e i Cinquestelle».

A sinistra, però, non la pensano così. Massimo D'Alema se la prende direttamente con Romano Prodi dopo l'investitura fatta a Paolo Gentiloni: «Diciamola verità, non si puo votare Gentiloni», attacca, «con questa legge elettorale si vota Renzi. A Romano dico con grande amicizia che dicendo che vota “Insieme” voterà per Casini e per Renzi, e ritengo che non sia utile né al paese né al centrosinistra. È lunare pensare che possa vincere il Pd».

L'ATTACCO DI GRASSO Anche Pietro Grasso affonda il colpo: «Se Renzi ha detto che bisogna turarsi il naso anche per votare Pd - ragiona – non c'è dubbio che anche Prodi si dovrà turare il naso per votare a Bologna Pierferdinando Casini e non Vasco Errani». La replica di Renzi non cambia: «Chi vota D'Alema avvicina Salvini a Palazzo Chigi», mentre il Pd può ancora «essere il primo partito». «Vi vogliono tutti raccontare che è finita, che il Pd non ce la farà, ma i sondaggi stavolta non ci azzeccano», assicura. «Sono 10 giorni belli, non bisogna avere la faccia preoccupata o triste. Ho fatto del mio meglio», ripete, «ho l'orgoglio di aver messo su una squadra che è stata contestata da tanti, poi però tutti dicono “Gentiloni è bravo”, “I ministri sono bravi”, certo. Mettetela a paragone con gli altri la nostra squadra».


Nicola Fratoianni (Liberi e uguali) ieri a Serdiana «Più equità e
nessuna alleanza»

«Combatteremo le disuguaglianze che hanno contribuito ad aumentare le
tensioni sociali». La promessa arriva da Nicola Fratoianni, segretario
nazionale di Sinistra Italiana, impegnato nel progetto politico di
Liberi e uguali. Fratoianni, ieri pomeriggio, ha partecipato a un
incontro a Serdiana, ospite della comunità La Collina, dal titolo “Tra
i diamanti e i fiori, noi scegliamo i fiori”. Un'occasione per
lanciare la volata finale della campagna elettorale in Sardegna. Il
leader di Leu ha le idee chiare e respinge le ipotesi di governi del
presidente o larghe intese.

«Sui singoli contenuti ci potremo
confrontare con gli altri partiti, ma non faremo alleanze».
L'obiettivo di Liberi e uguali, progetto guidato da Pietro Grasso, è
«ricostruire un tessuto sociale», attraverso un programma preciso che
mira alla «distribuzione della ricchezza, del reddito e delle
opportunità», sottolinea Fratoianni. Altro tema principale è riuscire
a intervenire in maniera concreta per «risolvere il problema del
lavoro» che si tratterebbe di «un grande passo verso la lotta alla
disuguaglianza». Ancora una volta, Fratoianni getta acqua sul fuoco
delle polemiche scaturite dalla presenza dei candidati “paracadutati”
in Sardegna.

«La vostra terra ha delle specificità e una storia che
devono essere una parte centrale dello sforzo collettivo». Infine,
quello che il leader di Liberi e uguali rilancia è fare in modo di
evitare il «clima di odio che mette in contrapposizione migranti e
disoccupati». (m. s.)

La curiosità - Il ministro in campo

In una campagna elettorale sempre più “social”, capita anche che un
candidato riceva importanti endorsement a distanza, proprio grazie
alle tecnologie. Sul web sta infatti circolando molto il
videomessaggio che il ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda
ha inviato nei giorni scorsi a una manifestazione di Francesco Sanna,
numero due della lista Pd alla Camera (collegio proporzionale Sud
Sardegna).

Parlando della svolta sull'Alcoa, Calenda ha detto che
«senza Sanna questo percorso non si sarebbe compiuto»: un elogio al
lavoro parlamentare che ha consentito di varare una norma per
alleggerire la bolletta elettrica delle imprese energivore. «In queste
elezioni fa la differenza la serietà dei comportamenti rispetto alla
cialtroneria degli annunci», ha aggiunto il ministro, e agli elettori
ha detto: «Avete un candidato serio, dategli una possibilità».


Di Maio, birra e casu marzu Un sorso al Poetto e l'impegno contro lo
stop ai prodotti sardi Il candidato grillino a Cagliari: «L'Ue vieta di esportare il
formaggio, ma non le bombe»

Un'Ichnusa al Poetto al tramonto prima di cominciare la kermesse
elettorale, il cielo arancione sul mare, lui di profilo appoggiato
alla staccionata di un chioschetto. L'immagine fa in un battibaleno
11mila like su Facebook e 6700 su Instagram, e quando finalmente alle
otto di sera Luigi Di Maio entra nel padiglione della Fiera dove terrà
il comizio, millecinquecento persone lo accolgono come una popstar.
L'ACCOGLIENZA Sembra che la Sardegna sia una terra “gialla”, almeno
così raccontano i sondaggi proiettati sul maxischermo, e il candidato
premier del Movimento Cinque Stelle è tornato a Cagliari dopo appena
due settimane dall'altra visita. Allora i casi di Rimborsopoli e dei
massoni in corsa non erano ancora esplosi, ma si sorvola, d'altronde
il pubblico è tutto di fan, piovono solo applausi, non c'è spazio per
le critiche.

«Ormai manca poco, tra due lunedì avremo i risultati delle elezioni e
adesso è arrivato il momento di dirci una cosa importante: ora siamo a
un bivio, la classe politica che si sta presentando contro di noi, e
che ci attacca ogni giorno, è quella che ha rubato il futuro della mia
generazione, di quella precedente e di quella successiva».

IL BALLOTTAGGIO Prosegue: «Il 4 marzo ci sarà un ballottaggio tra noi
e quell'accozzaglia dei partiti di centrodestra. Il Pd è fuori
combattimento. Spero che gli italiani non vogliano rimettere il Paese
nelle mani di partiti impresentabili». Di Maio ne ha per Berlusconi -
«è sette volte traditore della patria ed è pure incandidabile, come
ammette tranquillamente» - e ovviamente per Renzi - «lo ringrazio»,
dice con ironia, «sta facendo campagna elettorale per noi, ha detto in
tv che noi parlamentari Cinquestelle abbiamo restituito 23 milioni di
euro». Ancora: il primo ha un partito del 15%, il secondo raggiunge a
stento il 20%, dunque, «siamo noi la prima forza politica del Paese, e
tra loro non c'è alcuna differenza, come dimostra anche il fatto che
ci sia gente come Giacomo Mancini, candidato alla Camera con il
centrosinistra e pronto a entrare nel Consiglio regionale della
Calabria con Forza Italia».

I RICHIAMI ALL'ISOLA Continua. «Siete la terra di Berlinguer e di
Gramsci, che hanno coltivato la questione morale, che hanno parlato di
scelte - odio gli indifferenti - persone che hanno ispirato la
sinistra, e siamo al paradosso, il partito che doveva raccogliere
questa eredità batte il centrodestra per numero di condannati e
imputati candidati: 29 a 24. Mentre noi abbiamo regole ferree, non ci
troviamo impresentabili nelle liste».

Ancora, riguardo alla Sardegna, Di Maio sottolinea: «Non si vietano le
esportazioni di bombe mentre c'è una legge che impedisce di portare
fuori le vostre eccellenze enogastronomiche, il casu marzu , ad
esempio. Esistono regolamenti e direttive che hanno distrutto la
vostra agricoltura, l'artigianato, il turismo, ma la vostra Isola non
è mai stata difesa ai tavoli europei». Questo per dire - ancora una
volta - che Bruxelles va bene ma non sempre. Insomma, un po' di Europa
e un po' no.

Ma forse non è questo quello che la gente vuole sentire. Sono i denari
restituiti da deputati e senatori grillini (quelli che l'hanno fatto
con onestà e trasparenza), gli aiuti per la famiglia e le coppie che
mettono al mondo bimbi come fanno in Francia, le pensioni da riportare
sopra la soglia di povertà, i tagli ai vergognosi sprechi della
pubblica amministrazione, la cancellazione delle leggi e degli enti
inutili, lo stop al business dell'immigrazione, le politiche per il
lavoro, sono queste cose, comunque già sentite, a suscitare
l'entusiasmo dei simpatizzanti giovani e anziani.

NAPOLI Infine: «Sono rimasto molto turbato dall'inchiesta di Napoli,
fatta dai bravissimi giornalisti di Fanpage, che dimostra che la Terra
dei fuochi è responsabilità politica prima ancora che camorristica.
Hanno preso tangenti, fatto accordi con criminali sui rifiuti e i
veleni, c'è gente, la mia gente, che sta morendo di tumore, e la
responsabilità di tutto questo è anche della famiglia De Luca. Chiedo
le dimissioni di Vincenzo De Luca e di tutti i consiglieri regionali
campani».
Cristina Cossu

La Nuova

Il segretario di Si lancia Liberi e uguali: «Serve una redistribuzione
della ricchezza e delle opportunità»
Fratoianni: il Pd è il centro, noi la sinistra

CAGLIARIIl centrosinistra di una volta non c'è più, «c'è rimasto solo
il Pd centrista di Renzi, che scimmiotta la destra e continua a essere
un disastro per la sinistra». A dirlo è Nicola Fratoianni, segretario
nazionale di Sinistra Italiana e uno dei leader di Liberi e Uguali.
«Noi siamo l'unica alternativa al Partito democratico, ai Cinque
stelle ed è ovvio alla destra xenofoba e fascista che alimenta la
paura e l'odio», dice per poi aggiungere: «In questa campagna
elettorale, si parla di tutto meno di come azzerare le diseguaglianze.

Noi lo facciamo da sempre ed è questa la nostra specificità: LeU parla
da sinistra a chi crede ancora nella giustizia sociale, dalla lotta
alla povertà a quella contro il precariato, e vuole l'immediato
ritorno al sistema dei diritti invece fatto a pezzi in questi anni».
Il programma di Liberi e Uguali - su cui campeggia la frase «proposte
concrete per la vita reale» - è quello di chi vuole «cambiare l'Italia
con una redistribuzione effettiva della ricchezza e delle
opportunità». Ma da quali banchi: del governo o dell'opposizione? La
risposta Fratoianni è secca: «Noi vogliamo che si cambi davvero e
subito la rotta dopo gli anni disastrosi dei governi da Berlusconi a
Renzi fino a Gentiloni.

Quindi, dopo il 4 marzo, una volta letti i
risultati, decideremo, ma non certo in base alla convenienza, ma ai
progetti». Escluso qualunque rapporto con il centrodestra, «mai da e
con quella parte, perché il ritorno del fascismo parte da lì», in
forse quelli col Pd, «il problema non è solo che ci sia ancora o meno
Renzi, a cambiare devono essere alla radice gli obiettivi dei dem», e
incerti anche quelli con i Cinque stelle: «Non faremo pasticci -
sottolinea - Il movimento di Grillo continua a ballare da una parte
all'altra a seconda del momento». Se a marzo dalle urne non uscisse
una maggioranza e poi neanche dal Parlamento, Fratoianni non ha dubbi:
«Meglio ritornare subito al voto e non costringere gli italiani a
subire invece e chissà per quanto tempo un governo trasversale e
impegnato, com'è accaduto in passato, solo a tutelare i grandi
interessi di pochi».

In cui, secondo il leader di LeU, c'è sempre meno
spazio per la Sardegna: «È stata tradita dai troppi presunti governi
amici ed emarginata dagli altri, a volte per disinteresse, oppure
colpevolmente come con le leggi sul lavoro che hanno reso ancora più
precario chi già lo era». Lo strappo con il Pd è evidente per Sinistra
italiana lo è ancor di più, ma non è detto che il risultato elettorale
nazionale debba avere per forza ripercussioni sulla Regione: «Nei
confronti dei territori, c'è sempre grande rispetto e saranno loro a
decidere». Ma la stella popolare comunque resta una sola dalle Alpi
alle isola: «Ricostruire una sinistra popolare, perché è finita la
stagione di quella presunta impegnata che ha scimmiottato la destra.
Gli elettori di sinistra lo hanno capito in noi hanno l'alternativa
per combattere le troppe diseguaglianze». (ua)

Di Maio sente la vittoria: la Sardegna è tutta con noi

di Umberto Aime
CAGLIARI
Millecinquecento sardi in sala, il salone della Fiera è pieno, c'è
gente arrivata da Sassari e Porto Torres, sindaco compreso. Sold out,
i ritardatari restano in piedi. Il primo saluto di Luigi Di Maio dal
palco è però per la terza fila: «Lì ci sono seduti alcuni miei
concittadini di Pomigliano d'Arco, mi seguono dovunque». Anche nella
sua seconda volta in Sardegna, dopo poche settimane dalla prima, per
la campagna elettorale di febbraio-marzo.

La platea, caricata a molla
dal coordinantore regionale dei Cinque stelle, Mario Puddu, e da un
po' di candidati alle Politiche, vuol sentire parlare subito della
«nostra terra», e lui ha la slide pronta con annessa un'orazione più
passionale del solito. «Siete meravigliosi, bellissimi», dice dopo
aver indicato una cartina di un giallo più o meno intenso. «Vi
ringrazio. Vedete, la Sardegna è tutta gialla. È il colore del nostro
Movimento. Lo dicono i sondaggi, gli altri partiti non ci sono
nemmeno». Per andare in crescendo: «Anche il 4 marzo vi voglio così:
gialli. Tutti per il nostro, il vostro Movimento». Le ultime
intenzioni di voto danno ragione eccome al capo politico e
candidato-premier dei Cinque stelle.

Qui, stando ai bookmaker, i
grillini sono in testa nei sei collegi uninominali per la Camera,
anche se qualcosa d'importante l'avrebbero persa nell'ultima settimana
dopo il caos dei rimborsi parlamentari fantasma - di cui accennerà
solo con questa frase: «Noi chi sbaglia lo mettiamo alla porta, gli
altri se lo tengono in casa o peggio se lo portano dentro» - e
sarebbero messi bene anche nella corsa per il Senato. Dunque, Di Maio
gioca in casa, con il suo solito tono che è un continuo saliscendi fra
note medie e altre basse.

Non grida, lui parla, anche se sulla
Sardegna dirà poco nell'ora abbondante di comizio. Si gode la colonna
sonora rock scelta dallo Staff e l'ovazione spontanea che lo accoglie:
è un ingresso da star, con il passaggio fra chi si alza in piedi,
sventola bandiere e prova a toccarlo. In sala ci sono moltissimi
giovani, poi chi ha superato i cinquanta, tanti, e i sessanta anche,
più intere famiglie. È proprio la varietà del mondo pentastellato a
colpire. Il «nostro popolo - dice dopo la premessa - è formato da ogni
strato sociale. Perché la sinistra ha tradito gli operai, Berlinguer e
Gramsci, mentre la destra le imprese». Si sente, seppure non da solo,
«ricordate, ho bisogno di voi, i cittadini», un salvatore della Patria
e lo dichiara, ma senza essere arrogante: «Dopo il 4 marzo, in questo
Paese cambierà tutto e sarà così grazie al vostro voto e al voto di
chi, in questi anni, ha disertato i seggi per protesta ma presto
ritornerà a votare.

Noi tutti siamo la speranza dell'Italia». Ha un
mazzetto di foglietti in mano, ma gran parte del discorso è a braccio,
anche se ci sono le slide a dettargli tempi e argomenti. «Lo sappiamo,
ormai siamo a un ballottaggio fra noi e il centrodestra. Il Pd s'è
fatto fuori da solo. Per questo siamo a un bivio. Non possiamo ridare
il via libera a una classe politica che ha rubato il futuro alla mia
generazione (a luglio compirà 32 anni), a quella precedente e che
vorrebbe mettere all'angolo anche la successiva. Basta, il nostro
domani è di nuovo nelle nostre mani», mentre sul maxischermo scorre lo
slogan partecipa-scegli-cambia, e nell'atrio continua ad accendersi
una sorta di bancomat al contrario: raccoglie le offerte, carte di
credito comprese, e vai via con la ricevuta.

Dentro gli applausi sono
continui, gli incitamenti anche. Soprattutto quando parla d'
impresentabili e denuncia gli affari sporchi nella «mia Terra dei
fuochi, la Campania», fino a pretendere le dimissioni di qualunque
amministrazione «inquinata dalla famiglia De Luca», il governatore
Vincenzo e figli, «Quelli che il Pd difende e che fanno comodo anche a
Berlusconi». Su cui dirà: «È rimasto lo stesso del 2001, capelli
ritrovati a parte, solo che questa volta non può ricandidarsi e deve
scegliere. Ma non vuole Salvini e neanche Giorgia Meloni. È chiaro a
tutti? Il centrodestra è un'accozzaglia». Del Pd quasi neanche si
preoccupa: «Renzi, Gentiloni o Minniti?

Sono uguali e sapete perché?
Perché ci hanno reso tutti infelici, Gli unici felici sono loro che
continuiamo a snocciolare i dati di una ripresa che non c'è». Della
Sardegna ritornerà a parlare sul finire, quando farà la differenza fra
un'Europa che permette l'esportazione delle bombe (dalla Rwm di
Domusnovas) ma «vi vieta di esportare le eccellenze agroalimentari, o
vi rema contro nell'artigianato».

Di chi le colpe? Di «un'Europa
sbagliata così com'è, non c'è dubbio, ma soprattutto dei governi che
mai l'hanno difesa. Con noi, tranquilli, questo non accadrà». Poco
prima aveva elencato i punti forti del programma: dal reddito di
cittadinanza alla pensione minima, dai benefit alle aziende che
assumono alle 400 leggi da tagliare nei primi 100 giorni di governo.
«Perché anche grazie a una Sardegna tutta gialla, i 5 stelle non solo
continueranno a essere il primo partito, ma diventeranno un movimento
popolare di governo». Con la lista dei ministri, annunciata, «anche se
sono scaramantico», alla vigilia del 4 marzo. Ci sarà un sardo nella
squadra? Chissà, bisognerà vedere se la riconoscenza è fra i pregi di
chi, con molto anticipo, si dice ormai quasi certo della vittoria.


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Federico Marini
skype: federico1970ca


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