domenica 30 dicembre 2018

Vivere in un paese dell’interno sardo, significa percepire l’iniquità. Tutti subiranno le conseguenze di questa mancanza d’equilibrio. Di Lucia Chessa.




Nel paese dove vivo da 30 anni, dovunque giri lo sguardo, vedi porte e finestre chiuse. Anche case grandi, belle, costruite con cura, le guardi e sono chiuse. Sopravvivono così decine e decine i paesi in Sardegna, bellissimi e lasciati al loro destino. Con continuità sono stati, e sono tuttora, oggetto di interventi cattivi come se coloro che rimangono non fossero cittadini a tutti gli effetti e non fossero chiamati, come tutti, a contribuire con il loro lavoro alla ricchezza collettiva.

Vivo in un territorio che ha subito, e ancora subisce, una cinica sottrazione di risorse, umane e materiali, che si trasferiscono verso aree più servite e più ricche di opportunità, senza che questo venga percepito come un problema, una iniquità, uno squilibrio, un danno sul quale intervenire.

Se ne vanno i giovani, si cancellano i servizi, l'accessibilità è precaria, i privati non trovano conveniente investire. Sopravvive a stento quella Sardegna che non si affaccia sul mare e non gravita attorno alle grandi aree urbane cresciute senza equilibrio e senza armonia. Come pensare di continuare così? Come pensare che il binomio spopolare/urbanizzare possa essere ancora a lungo la cornice entro la quale si possano immaginare opportunità e futuro per questa terra?

Chi saprà guardare a questo mondo che da diversi anni non trova spazio, né rappresentanza, né voce, né riconoscimento, né attenzione, né diritto alla propria esistenza? Sarà la visione urbana e il potere da anni asserragliato nei palazzi cagliaritani a restituire dignità alle aree rurali della Sardegna? Non credo.

Ma di una cosa sono sicura. La città non può fare a meno di una campagna vitale e produttiva. I territori, quelli urbani e quelli rurali, non sopportano squilibri e anche se non si vede subito, le asimmetrie provocano un danno generalizzato che, dove più dove meno, alla fine impoverisce tutti. Io credo che lo sguardo di chi governa debba essere molto più ampio ed inclusivo di quanto non lo sia stato fin ora. Anche di questo sono sicura

Di Lucia Chessa.

1 commento:

  1. Sono sicuro che tu abbia ragione e credo che il futuro della Sardegna sia l'indipendenza, ma credo anche in quei giovani che amano la loro terra e che con soddisfazione la lavorano e la fanno produrre garantendosi cosi un futuro in un mondo poco attento al benessere psico- fisico partito da una alimentazione sana.
    Vedi FilieraCorta o AssoCanapa Sardegna o ancora Km0.

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