mercoledì 25 ottobre 2017

Le singolari ed ipocrite ribellioni, puntuali prima delle elezioni. Di Pier Franco Devias.


Sono incredulo davanti all’ipocrisia della sceneggiata del Partito dei Sardi alla seduta per la discussione della riforma sulla rete ospedaliera. Cosa è successo? E’ successo che ieri, mentre si procedeva al voto per lo smantellamento della sanità sarda tramite la riforma, il PdS (o sarebbe meglio dire PD-s) ha inscenato una protesta abbandonando l’aula in segno di ribellione contro la giunta Pigliaru e Paci per “pressing non sufficiente su Roma”.

Ovviamente questa protesta non era contro la riforma che sta privando migliaia di cittadini di un adeguato servizio sanitario. Anche perchè il PD-s non solo appoggia apertamente questo macello, ma addirittura l’altro giorno è stato in prima linea nella proposta di portare dal 4 al 6% il numero di posti letto che verranno sottratti alla sanità pubblica per regalarli alle signorie della sanità privata. Per anni li abbiamo visti silenziosi e conniventi col duo Pigliaru-Paci, ma oggi si svegliano e si scoprono indignati per il mancato “pressing non sufficiente su Roma”. 

Mancato pressing per che cosa?

Non per la mancanza di polso sui ripetuti sberleffi legati alla questione dell’occupazione militare. 

Non per le esercitazioni militari svolte addirittura anche in zone civili.

Non per le ipotesi di stoccaggio delle scorie nucleari.

Non per le misure volte a trasformare la Sardegna in pattumiera d’Italia.

Non per le operazioni di industrializzazione “verde” che altro non è che il coniglio dal cilindro per rimandare sine die le bonifiche.

Non per la sottrazione alla Regione e il trasferimento a Roma, senza alcuna consultazione, dell’esercizio di valutazione d’impatto ambientale per le aziende che vogliono installarsi in Sardegna.

Non per le manovre perlomeno “strane” attraverso cui i potentati italiani si stanno giorno dopo giorno appropriando di aziende agricole regionali, aeroporti, diritti d’utilizzo della varietà di grano Cappelli.

Non per le misure economiche imposte che stanno strangolando le zone interne.

Non perché la Sardegna subisce una disoccupazione molto più alta della media italiana.

Non perché centinaia di migliaia di Sardi continuano a emigrare per colpa della mala politica.

Non per il misterioso picco di malattie rare in Sardegna e di cui si sospetta il legame con le servitù militari.

Non per lo scippo indisturbato del credito da parte dei banchieri emiliani.

Non perché i passeggeri sardi siano ostaggio dei monopolisti italiani – anche ben foraggiati da finanze pubbliche – e vengono per giunta lasciati a terra quando le navi devono portare la Guardia Civil a massacrare le vecchiette catalane…

No, per niente di tutto questo. Protestano perché Pigliaru e Paci devono fare pressioni su Roma affinchè, secondo loro, rinunci ad applicare le leggi vigenti e gli consenta “la futura riscossione diretta dei tributi”. Anche se loro stessi riconoscono che questo potrà avvenire solo “previa clausola di accordo con lo Stato”, ammettendo implicitamente che, comunque la si voglia mettere, decide lo Stato.

Insomma una sceneggiata bella e buona che serve solo a darsi un tono di ribelli man mano che si avvicinano le elezioni.  E sì, perché loro vorrebbero far passare l’Agenzia delle entrate per poi far credere in campagna elettorale di aver realizzato un'agenzia di riscossione. Anche se è un’agenzia che non può riscuotere in maniera diretta proprio niente. 

Un’agenzia che altro non è che un costosissimo carrozzone che assumerà 22 persone con un costo di ben due milioni e settecentomila euro all’anno per fare contabilità e dire a Roma ciò che ci deve. Ad aspettare che Roma ce li mandi in cambio di mille concessioni e accordi capestro. Insomma, a forza di stare al fianco di Pigliaru hanno imparato anche loro come si fanno atti di ribellione capaci di ottenere solo tanta ilarità.


Pier Franco Devias

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