lunedì 23 ottobre 2017

Troppi falsi archeologici visionari. Le distorsioni sull'archeologia sarda. Di Riccardo Cossu


Negli ultimi anni, in Sardegna, è andato sviluppandosi un forte movimento culturale e identitario, che ha portato alcuni studiosi o presunti tali ad improvvisarsi come guide turistiche, e soprattutto a diffondere tra la gente delle falsità che hanno quasi del ridicolo. Purtroppo, forse per una scarsità di programma nelle scuole riguardante la storia sarda, forse perché tali ipotesi affascinano il volgo, queste falsità hanno trovato terreno fertile e spesso vengono ritrovate negli esempi più comuni. Partiamo esaminando la necropoli di Tuvixeddu, una necropoli punico-romana (tralasciando il fatto che da alcuni pseudo studiosi è stata attribuita ai fantomatici Shardana, sui quali si potrebbero scrivere pagine, ma che sicuramente non hanno nulla a che fare con questo luogo. A riguardo di queste tesi vi invito a vedere le esaurienti risposte del Dottor Stigliz). 

Allo stato attuale delle ricerche, le sepolture più antiche non andrebbero oltre il VI secolo a. C., di conseguenza non hanno nulla a che fare con i Fenici. Ricordiamo infatti che per quanto i Punici siano ugualmente di origine Fenicia, hanno sviluppato una loro cultura e loro peculiarità nelle sepolture, infatti, abbiamo una netta prevalenza d'inumazioni, mentre i Fenici usavano prevalentemente l’incinerazione secondaria.

Sempre a riguardo della necropoli spesso e volentieri si è parlato dell’unicità delle decorazioni presenti nelle tombe, unicità che secondo questi “studiosi” non sarebbe presente in nessuna parte del mediterraneo. Peccato, però, che si dimentichino di un paio di necropoli presenti nel Capo Bon della Tunisia nelle quali vi sono le medesime decorazioni. Tal elemento a livello archeologico è importantissimo, perché indica che la popolazione arrivata in quel periodo è originaria di quella zona.

Ignorando le altre diecimila elucubrazioni mentali presenti, non basterebbe un semplice articolo per poterle trascrivere e confutare tutte, ci terrei comunque a segnalarne alcune altre che ultimamente hanno attirato l’attenzione dell’opinione pubblica: l’elefante dell’omonima torre che sarebbe un Mammoth, si un Mammoth! 

Chi ha scritto ciò, ha dimenticato alcune cose fondamentali, tra cui il fatto che questa torre come la gemella, è stata progettata in un periodo in cui questi animali erano oramai scomparsi dal pianeta e che l’intenzione del progettista era quella di simboleggiare l’invincibilità. Per questa ragione ad ognuna delle tre torri venne associato uno tra i più forti animali in natura allora conosciuti: elefante, leone, aquila.

L’altra bufala che vorrei segnalarvi riguarda Santa Igia, la famosa capitale del Giudicato di Cagliari, ultimamente infatti girano una serie di articoli nei quali si descrive nei dettagli la capitale giudicale. Peccato, tuttavia, che dalle fonti non esistano descrizioni precise, che dicano come fosse la città. Per chiudere questo breve intervento vorrei dire due cose a riguardo del presunto complotto degli archeologi per tener nascosta la storia sarda.

Il lavoro nell'archeologia è un lavoro ingrato, pieno di brutti colpi, precariato e con poche soddisfazioni, in un paese dove la figura professionale non è nemmeno riconosciuta; come si può davvero pensare che se ci fosse stata davvero una simile scoperta non sarebbe stata resa pubblica? La vita non è un film di indiana Jones nel quale l’archeologo deve proteggere il mondo, l’archeologo studia (se non si va fuori corso ci vogliono minimo sette anni di studio e sacrificio), impara a usare le fonti in modo da poter svolgere una corretta indagine ed evitare di confondere dei segni d’aratro con la scrittura.

Tutto ciò per dire che esistono dei professionisti nella cultura, ed è sempre meglio fidarsi di un professionista che di qualcuno “improvvisato”


Riccarco Cossu

Nessun commento:

Posta un commento