martedì 3 ottobre 2017

Rassegna stampa 03 Ottobre 2017

Unione Sarda

L'impegno di Mattarella: «Parlerò con Gentiloni». Eserciterà la sua “moral suasion” sul governo in favore della Sardegna

Otto ore in Sardegna, due tappe, sette minuti di discorso all'Università, zero nell'incontro dedicato a Gramsci. Nella terra di Cossiga arriva il presidente più silenzioso della storia, austero contrappasso alla vis polemica del predecessore sardo. Ma tra le poche parole pronunciate da Sergio Mattarella, nel tour tra Cagliari e Ghilarza, ne bastano quattro per rassicurare la Regione: «Ne parlerò con Gentiloni», in risposta alle sollecitazioni di Pigliaru sulle vertenze col governo.

Poco? È quello che passa il convento quirinalizio, del resto il profilo della visita era dichiaratamente culturale anziché politico. Però in fondo è una promessa, e Mattarella ha l'aria di uno che se promette poi mantiene. Non farà mai entrate a gamba tesa sul governo, ma è legittimo aspettarsi una moral suasion, una rispettosa raccomandazione perché si tenga conto delle difficoltà dell'Isola.

RISERVATO Atteggiamenti in linea con il suo stile, in effetti. Ligio al protocollo fino all'eccesso, puntuale come se fosse il presidente degli svizzeri e non del Paese che ha istituzionalizzato il quarto d'ora accademico, l'uomo del Colle sta attento a non travalicare i confini dei temi di giornata. Mai dichiarazioni estemporanee ai giornalisti, un solo intervento pubblico, stringatissimo: va detto però che il capo dello Stato non trasmette sensazioni di freddezza, semmai di una timidezza antica. Che si impone di superare quando entra in contatto con la gente: niente di spettacolare, per carità, ma il presidente ricambia i saluti della folla, stringe mani, addirittura prima di ripartire da Ghilarza lo si vede impegnato in qualche selfie (decisiva l'esuberanza del consigliere regionale Upc Pierfranco Zanchetta).

E pochi minuti prima, nell'auditorium, aveva salutato con entusiasmo alcuni vecchi amici: un lungo abbraccio con l'ex deputato e presidente della Regione Pietrino Soddu, una frase affettuosa («che bello rivederti») al presidente della Fondazione Sardegna, Antonello Cabras. Oltre all'evidente confidenza con Giorgio Macciotta, oggi alla guida della Fondazione Casa Gramsci ma per lungo tempo tra i big della sinistra parlamentare.

LA CATALOGNA Il presidente silenzioso aveva iniziato la giornata partecipando all'inaugurazione dell'anno accademico dell'Università di Cagliari. Grande sintonia nel breve colloquio privato col rettore Maria Del Zompo («vedo che il vostro ateneo sta crescendo», dice il capo dello Stato); grande attenzione per tutte le relazioni, testimoniata dai vari riferimenti inseriti nel suo pur fulmineo intervento conclusivo. Il discorso presidenziale non è in scaletta, ma Mattarella non nega un saluto al rettore e ai relatori. Nell'occasione riesce a cucire il tema culturale della visita con l'attualità: «Quando prevalgono scontri e imposizioni ci si allontana dalle soluzioni positive e condivise, che invece vengono favorite dalla conoscenza e dalla cultura», è l'implicito ma chiaro riferimento alle vicende catalane.

Non certo un atto di fede indipendentista, ma neppure la mera riaffermazione delle ragioni del governo di Madrid: non scontato da parte del primo garante della Costituzione italiana, e dopo giorni in cui l'Ue ha regolarmente deluso gli appelli dei catalani. Anche se, com'è logico, Mattarella non caldeggia i separatismi: «La cultura è un veicolo di libertà, ma la libertà va vissuta insieme. Non è vera libertà, se accanto a noi c'è chi non può goderne. Insieme si cresce, e questo vale anche per le nostre regioni».

LA CONOSCENZA Il ruolo delle Università, ha aggiunto, «è fondamentale in questo momento di tensioni e pericoli in tutto il mondo. Il contributo della cultura è decisivo per analizzare le cause di queste situazioni». La citazione di Gramsci, in questo passaggio, serve appunto a ricordare che la cultura non può essere riservata a pochi eletti. Per questo, tra gli spunti registrati nell'ascolto degli interventi precedenti, il capo dello Stato valorizza soprattutto il richiamo ai ragazzi che devono rinunciare agli studi universitari per le difficoltà economiche: «Anche un solo caso di questo tipo - è la sentenza di Mattarella - rappresenta una ferita per l'intero tessuto nazionale».

Giuseppe Meloni

Il pressing di Pigliaru: «Entrate e servitù,  ora lo Stato collabori»

Qui è il pianeta Sardegna, c'è qualcuno in ascolto? Dopo Renzi, Lotti,
Delrio, Gentiloni e ministranze varie, l'ultimo sos dalla Giunta è per
il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, come dire: più di
così non sappiamo a che santo votarci. Nell'ambito di una visita non
strettamente politica, Francesco Pigliaru coglie comunque l'occasione
per richiamare lo Stato ai suoi doveri: «Noi abbiamo fatto riforme
importanti, anche assumendoci la responsabilità di scelte non
semplici, fuggendo la demagogia», dice il presidente della Regione
all'ospite venuto dal Quirinale. «Ma non sempre possiamo risolvere i
problemi con le sole nostre forze».

Serve la «leale collaborazione dello Stato», soprattutto su
insularità, accantonamenti, servitù militari. Riflessioni non inedite,
ma che ribadiscono il crescente disappunto del governatore. La sua
fiducia nella capacità del governo di aiutare la Sardegna non è più
quella di prima, da vari mesi sono cambiati i toni nei confronti di Roma.

A GHILARZA Tacere i veri problemi davanti a Mattarella sarebbe
criticabile, e così Pigliaru affida anche a lui il suo messaggio nella
bottiglia, il dossier ormai famoso sugli svantaggi strutturali di cui
soffre la Sardegna. Gliene parla prima nel colloquio riservato durante
il pranzo in prefettura, glielo ripete nell'intervento pubblico a
Ghilarza. E il ragionamento trova un interlocutore non solo disposto
ad ascoltare, ma anche preparato e partecipe: «Era molto informato
sulle nostre vertenze, soprattutto sulle questioni finanziarie»,
confiderà il governatore pochi minuti dopo la fine della visita
istituzionale.

La condizione insulare è l'origine di molti guai. «Per la prima volta
- spiega nel discorso di Ghilarza - abbiamo misurato il vero e proprio
“costo di cittadinanza”» determinato dalla geografia: «Non chiediamo
anacronistici protezionismi, ma pari opportunità». E per averle
bisogna incidere sulla normativa europea, specie in materia di
trasporti: «È urgente che lo Stato italiano ci affianchi con
determinazione di fronte alle istituzioni europee in questa
rivendicazione».

LE RIFORME Il nocciolo del discorso riguarda appunto quei risultati
che la Regione non può raggiungere senza quella famosa «leale
collaborazione». Tra le azioni messe in campo in questi anni con buoni
esiti, il governatore ribadisce l'orgoglio per il progetto Iscol@:
istituti nuovi o rimodernati, mille cantieri aperti («veri, non tanto
per dire»), tremila posti di lavoro. Cita la riforma sanitaria: «Non
tagliamo le risorse ma gli sprechi». Spera di arrivare,
sull'urbanistica, a «una legge che abbia la massima condivisione»
(apertura colta al volo, positivamente, dal soprintendente Fausto
Martino, in una conversazione con Pigliaru subito dopo la
manifestazione gramsciana nell'auditorium).

Però «ci sono partite che vanno affrontate con lo Stato», insiste il
presidente, a partire dalla questione migranti. «La Sardegna
continuerà a fare la sua parte», ma chiede «regole chiare: dal
rispetto delle quote al contrasto dei flussi irregolari, come quello
dall'Algeria». E poi c'è il problema della sicurezza, con le
intimidazioni agli amministratori locali.

FINANZE E SERVITÙ Ma la vertenza più aspra con lo Stato è quella sugli
accantonamenti, cioè i sacrifici «imposti in modo perpetuo» alle casse
regionali per risanare il debito pubblico italiano: «Circa 700 milioni
all'anno sottratti alle politiche di sviluppo, violando in modo
unilaterale l'articolo 8 dello Statuto», sulle entrate dell'Isola.
Pigliaru spera nell'impegno di Mattarella su questo e sulle servitù
militari, «a cui l'Isola dà un contributo sproporzionato».
La presenza del capo dello Stato, conclude Pigliaru, è «un segnale di
ottimismo». Ma in questa fase «bisogna far crescere la fiducia dei
cittadini verso le istituzioni», e c'è una sola strada: «Ottenere
risultati concreti su questioni cruciali per la nostra gente». (g. m.)

L'abbraccio a Graziella Dore, sorella di Dina. Il dialogo sulla legge
nata in Sardegna Dalla parte delle donne uccise - Mattarella ha ricevuto i familiari
degli orfani di femminicidio

Dalla parte delle vittime. Di quei figli cresciuti senza madre per
colpa di un padre assassino. Per difendere i loro diritti il
presidente della Repubblica Sergio Mattarella ieri mattina ha preso un
impegno solenne con Agostino Mele - fratello di Anna Maria uccisa a
Nuoro il 3 dicembre del 1998 dal marito Pier Paolo Cardia - e con
Graziella Dore - sorella di Dina, fatta ammazzare dal marito Francesco
Rocca il 27 marzo del 2008 nel garage di casa a Gavoi.
Anna Maria e Dina morendo hanno lasciato le loro bambine. A loro e
alla legge che vuole tutelare tutti i figli di vittime di femminicidio
è stato dedicato il colloquio di trenta minuti che si è svolto nel
salotto della Prefettura.

Il Capo dello Stato - pur sottolineando la
doverosa imparzialità rispetto al testo che è ancora all'esame del
Parlamento - ha preso l'impegno di vigilare sull'iter legislativo e di
tenere alta l'attenzione su un provvedimento che punta a facilitare la
gestione del patrimonio e a garantire sostegno economico agli orfani
finora prigionieri di una burocrazia cieca e di un vuoto normativo
importante. «Oggi è il giorno della speranza». Graziella Dore è appena
rientrata in paese ed è ancora emozionata. «Essere ricevuti dalla più
alta carica dello Stato non capita tutti i giorni. Il Presidente ha
ascoltato le nostre storie con attenzione, gli ho detto che non vorrei
sostenere una battaglia lunga come quella della famiglia Mele per
vedere riconosciuti i diritti della figlia di Dina. Io da Rocca non
voglio un soldo, ma la bambina ha il diritto a una vita senza rinunce.

Se un giorno decidesse di andare a studiare all'estero io non potrei
permettermelo». Diciotto anni, tanti ne sono serviti a Vanessa Mele
perché le venisse riconosciuto il diritto a una casa. A raccontarlo è
stato lo zio Agostino. «Mattarella ha detto che è nostro dovere
aiutare questi minori che già hanno sofferto tanto e che devono essere
tutelati dallo Stato». A spiegare quanto possa essere difficile
difendere i diritti degli orfani del femminicidio è stata Anna Maria
Busia, legale delle famiglie Mele e Dore. «Sono rimasta molto colpita
dall'attenzione mostrata dal presidente nei confronti di Agostino e
Graziella».

Ai parlamentari Roberto Capelli e Luciano Uras il compito
di indicare il percorso seguito finora dalla legge di cui sono
promotori proprio insieme all'avvocatessa e consigliera regionale
cagliaritana. Mattarella ha ascoltato senza interrompere mai, le mani
poggiate sui braccioli della poltroncina e lo sguardo su quel fratello
e quella sorella venuti dalla Barbagia a spiegare tanto dolore. Frasi
spezzate da silenzi pesanti, occhi che di tanto in tanto ricacciavano
indietro le lacrime. Non c'era tempo per piangere, meglio parlare,
meglio chiedere attenzione e impegno. La promessa del Capo dello Stato
è arrivata alla fine: una lunga stretta di mano, come un abbraccio ai
bambini resi orfani da chi li avrebbe dovuti amare.
Mariella Careddu

Pili: serve referendum sardo - Soru: «Rajoy  ha già perso, troppa violenza»

«Mai reprimere con la forza e silenziare un popolo», dice Renato Soru.
Non una dichiarazione d'amore per l'indipendenza, ma una difesa del
«diritto dei catalani ad esprimersi sul referendum», spiega su
Facebook l'europarlamentare sardo del Pd. «Vedendo le immagini di
quello che è accaduto nelle scorse ore in Catalogna mi è venuta in
mente una frase che ho letto su uno degli straordinari murales di
Orgosolo, questa estate. Con i pestaggi sui civili inermi, aventi la
sola colpa di voler pacificamente esercitare il diritto di esprimere
la propria volontà, ieri il governo Rajoy “ha perso il mandato del
cielo”», spiega Soru citando il murales.

«Non sarà semplice, ma
l'unica mossa ce l'ha ancora la politica, a tutti i livelli, che ha il
dovere di riavviare immediatamente il confronto ed il dialogo». Anche
dal sindaco di Alghero Mario Bruno arriva la sindaco di Alghero la
«ferma condanna per l'uso della forza da parte della Spagna contro la
volontà di un popolo di pronunciarsi pacificamente e
democraticamente». La solidarietà al popolo catalano non arriva solo
dalla politica. Ruggero Mameli, manager dell'alta finanza di Dubai
originario di Irgoli, ha offerto il suo appoggio e ospitalità a
eventuali profughi: per questo è stato ringraziato ufficialmente dalla
presidenza della Generalitat catalana.

REFERENDUM SARDO E anche in Sardegna si muove qualcosa: il deputato di
Unidos Mauro Pili ha presentato ieri una proposta di legge
costituzionale per indire un referendum sull'autodeterminazione del
popolo sardo. «È evidente che se la presidente della Camera non
dovesse dichiarare ammissibile la proposta e quindi rigettarla ne
scaturirebbe un contenzioso giudiziario di livello internazionale».
(m. r.)

In commissione l'esame degli 849 emendamenti - Rete ospedaliera, prova difficile

La riforma della rete ospedaliera, questo pomeriggio, ritorna in
Consiglio carica di incognite. La maggioranza cerca di trovare una
linea condivisa e lo dovrà fare stamattina quando la commissione
Sanità (presidente Raimondo Perra) comincerà l'esame degli 849
emendamenti. L'opposizione è pronta a dare battaglia, forte della
posizione compatta ribadita ieri sera durante un convegno a Cagliari
dal titolo “La salute prima di tutto”.

Tra gli emendamenti condivisi
dalla maggioranza ci sono alcune modifiche come quella che prevede di
trasformare l'ospedale Marino di Cagliari, non solo in stabilimento
riabilitativo ma anche in un Centro di emergenza territoriale (Cet).
BOCCIATURA Durante il convegno di ieri sera, il senatore di Forza
Italia, Emilio Floris, è stato critico con i criteri della rete
ospedaliera che «non tengono conto delle peculiarità della Sardegna».
Duro anche il consigliere regionale di Fratelli d'Italia, Paolo
Truzzu: «La sanità non può essere una merce di scambio per regolamenti
di conti nel centrosinistra».

LA PROTESTA Giorgina Secci, presidente dei volontari dell'assistenza
pubblica di Urzulei, protesta con lo sciopero della fame contro la
riforma sanitaria. L'Ogliastra lotta per non perdere le specialità
dell'ospedale di Lanusei, ma a preoccupare è la delibera della Giunta
sui distretti sanitari di macroarea. L'Ogliastra è accorpata a
Oristano e Nuoro: il timore è l'emarginazione sia in termini di budget
che di controllo. (m. s.)

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La Nuova

Insularità, trasporti, servitù e accantonamenti: ecco l'elenco delle priorità
Pigliaru a Mattarella: lo Stato ascolti la Sardegna

di Simonetta Selloni
INVIATO A GHILARZA

Una visita privata alla Casa Museo Gramsci; poi un incontro pubblico
all'auditorium comunale per la presentazione dell'ottavo volume
dell'Edizione nazionale degli scritti di Antonio Gramsci. Questi i due
momenti dell'omaggio che il Capo dello Stato Sergio Mattarella ha
voluto rendere al politico e filosofo, nell'ottantesimo anniversario
della sua morte. A Ghilarza Gramsci visse gli anni della sua
giovinezza, tra il 1809 e il 1914. Il presidente della Repubblica è
arrivato nel pomeriggio, accompagnato dal governatore della Sardegna
Francesco Pigliaru, dopo aver inaugurato in mattinata a Cagliari
l'anno accademico dell'Ateneo.

Un'ora e mezza di permanenza tra
eccezionali misure di sicurezza; il presidente non ha rilasciato
dichiarazioni ma ha stretto tante mani alla folla che si è radunata
per vedere da vicino la prima carica dello Stato.La nipote di Gramsci.
Un momento di commozione ha in qualche modo incrinato il rigidissimo
protocollo imposto dal Quirinale, nel momento in cui Mattarella è
entrato a Casa Gramsci. Ad accoglierlo, il presidente della Fondazione
Giorgio Macciotta ma anche Diddi Paulesu, 87 anni, figlia di Teresina
Gramsci, sorella di Antonio. Parole affettuose tra il Capo dello Stato
e la nipote di Gramsci, attiva promotrice della funzione culturale
della Casa Museo di recente diventata monumento nazionale.

L'intervento
di Pigliaru. Se la visita a Casa Gramsci si è svolta quindi lontano da
telecamere e curiosi, l'appuntamento all'auditorium comunale è
diventato un momento di intenso confronto politico tra la Regione,
attraverso l'intervento del governatore Francesco Pigliaru, e il Capo
dello Stato. Introdotto dal sindaco di Ghilarza Alessandro Defrassu
(ha annunciato che un ulivo scampato ai roghi estivi e donato dal
Comune di Boroneddu ricorderà la visita di Mattarella), Pigliaru ha
riportato viva l'attenzione sulla vertenza Sardegna. Il valore delle
parole. «Se si fa un omaggio a Gramsci, si fa un omaggio al pensiero,
all'intelligenza, a una lezione politica, umana e sociale, che è per
la Sardegna ricchezza interiore. Ma per avere un valore, l'omaggio
deve andare oltre le parole, soprattutto se reso da chi rappresenta le
istituzioni e ha ricevuto il temporaneo compito di guidarle».Le
questioni aperte. Il garbo istituzionale di Pigliaru ha in parte
alleggerito la gravità dei temi contenuti nel discorso del
Governatore. Le "questioni aperte", le ha chiamate Pigliaru, «che ci
vedono in un confronto intenso e a tratti acceso con lo Stato e sulle
quali mi preme richiamare la sua attenzione».

«Statuto speciale
violato». C'è il tema degli accantonamenti. «Ci vengono imposti dal
2012 in modo perpetuo, senza scadenza. Da allora circa 700 milioni di
euro l'anno sono sottratti alle politiche di sviluppo e crescita che
ci sono necessarie. Entrate che vengono progressivamente ridotte
violando in modo sistematico e unilaterale l'articolo 8 dello Statuto
speciale. Le rivolgo, Presidente, un appello a garantire una leale
collaborazione tra i diversi livelli di governo per superare una
situazione che riteniamo non più accettabile».Migranti. È un'altra
delle vertenze aperte. «La storia ci ha insegnato il valore
dell'accoglienza, e nell'affrontare la grande crisi dei nostri tempi
la Sardegna ha fatto e continuerà a fare, con convinzione e
generosità, la propria parte.

Ciò che chiediamo è però di poter agire
in un quadro di regole chiare e nel rispetto delle quote assegnateci
per far fronte alla azione di contrasto verso flussi irregolari come
quello che oggi muove dall'Algeria».L'insularità. È un "costo di
cittadinanza", dato dalla condizione geografica di isola periferica.
Pigliaru: «Abbiamo mostrato in quale misura questa condizione viola il
principio di uguaglianza. Non chiediamo anacronistici protezionismi,
come non li chiedeva Gramsci per risolvere la questione meridionale».
A Mattarella, la richiesta che «lo Stato ci affianchi con
determinazione di fronte alle istituzioni europee in questa
rivendicazione per noi fondamentale».La sicurezza. «Gli attentati, le
minacce, le intimidazioni nei confronti degli amministratori locali -
ha proseguito Pigliaru - si susseguono con impressionante frequenza.
Anche in questo caso abbiamo fatto la nostra parte, realizzando un
sistema di videosorveglianza che sarà sempre più capillare. Ma non
basta. Troppo spesso i nostri territori interni subiscono un costante
arretramento dello Stato laddove avrebbero bisogno, al contrario, di
una maggiore presenza».

Servitù militari. Altro tema per il quale la
Sardegna confida nell'attenzione del presidente della Repubblica è
quello delle servitù militari. «Chiediamo da anni riequilibrio,
cessione di beni non utilizzati, monitoraggi ambientali indipendenti e
riconversione in senso duale delle attività svolte nei
poligoni».L'urbanistica. Pigliaru l'ha infilata a proposito
nell'intervento politico, con l'obiettivo che dopo tante polemiche con
lo Stato il messaggio arrivasse chiaro a Roma. «Sul tema - ha detto -
c'è una discussione aperta che può farci solo piacere, e a cui
intendiamo offrire tutto il tempo che servirà, perché vogliamo che la
nostra ricerca di un equilibrio virtuoso tra sviluppo e sostenibilità,
il nostro voler favorire crescita economica e creazione di posti di
lavoro intorno a un capitale naturale preservato con rigore, trovino
sintesi in una legge che abbia la massima condivisione».Il brivido
finale. Prima di andare via, Mattarella ha assistito alla
presentazione dell'ottava edizione degli scritti Gramsciani.

Qualche
brivido all'auditorium per il malore di un corazziere per via del gran
caldo; quindi la chiusura con la forza più potente sulla quale Gramsci
confidava. Gli studenti, (quelli della quinta Liceo Scientifico).
Giovani istruiti, organizzati, agitati. E se il Capo dello Stato è
riuscito a eludere tutti i giornalisti che chiedevano almeno un
commento sulla visita a Casa Gramsci, al selfie con loro proprio non
si è potuto sottrarre.

La lunga giornata è iniziata con l'inaugurazione dell'anno accademico a Cagliari
«Se anche un solo ragazzo non può studiare all'Università è una ferita
per tutti» Le rassicurazioni ai sardi: «Sì, mi attiverò per voi»

di Umberto Aime
CAGLIARI

Presidente, che Sardegna ha trovato? La domanda è gridata da una parte
all'altra della piazza. Sergio Mattarella accelera il passo, quando
dopopranzo esce dal portone della prefettura. È scortato e protetto da
un imponente, esagerato, cordone di sicurezza, tirato su per evitare
che persino l'improvviso, leggero maestrale provi solo a spettinare
l'inviolabile protocollo. È lontano, il Capo dello Stato:
inavvicinabile, dopo che, nella zona rossa, sono stati ammessi solo
gli stretti invitati istituzionali. La risposta al domandone del
lunedì è gridata una seconda volta. Perché purtroppo e spesso i sardi
devono gridare dalla mattina alla sera per farsi ascoltare.

Mattarella è attirato da quel punto voce, imprigionato suo malgrado fra le
transenne. Allarga il sorriso, e lo fa quando nello stesso attimo un
raggio di sole illumina i suoi occhi verde smeraldo. È un'immagine che
dà serenità e sicurezza quella di un presidente molto deciso nel
salire sull'Audi blu notte, abbellita dalle bandierine d'ordinanza del
Quirinale. Ma la risposta sollecitata e attesa non arriva, almeno che
non fosse racchiusa, allora sarebbe da interpretare, in quel saluto:
la mano destra sollevata all'altezza del viso, consueto a ogni Capo di
Stato in visita ufficiale.Di poche parole.

Peccato, per il silenzio di
Mattarella, a Cagliari e anche a Ghilarza sarà così, perché lui - da
siciliano e regionalista convinto qual è - avrebbe potuto dire molto
sulla salute della Sardegna e anche suggerire tanto su come
riconquistare almeno in parte le troppe potenzialità inespresse
dell'Autonomia. Peccato davvero averlo tenuto lontano dalla gente
comune, a parte le strette di mano e qualche foto con i passanti, una
cinquantina, in attesa al di là del museo nazionale, dov'è esposta una
testimonianza dei Giganti di Mont'e Prama. Perché una Sardegna che è
stata capace di dissipare la grandezza di quei suoi gloriosi antenati
ma oggi pare impegnata a rialzarsi dopo l'ultima devastante crisi, una
parola d'incoraggiamento se la sarebbe meritata e aspettata. Arriverà,
bisogna avere pazienza ed essere ottimisti, dopo il pranzo nel Salone
delle feste.Gli incontri. Soprattutto a tavola, Francesco Pigliaru e
Massimo Zedda, governatore della Regione e sindaco di Cagliari,
avrebbero parlato con insistenza del peso e del costo dell'insularità.

È un prezzo conosciuto da tempo, supera ogni anno il miliardo e 100
milioni di euro, ma questo scompenso sociale ed economico Roma e
Bruxelles continuano a sottovalutarlo, a non risarcirlo. Così per
contrastare l'ormai quasi settimanale indifferenza nazionale ed
europea, l'annunciato sostegno di Mattarella potrebbe essere decisivo.
«Conosco la situazione. Mi attiverò», avrebbe detto il Presidente nel
saluto in Prefettura e dopo aver ricevuto in dono dalla Regione il
libro «Fiabe e giochi», scritto dal genio che è stato Maria Lai e un
telo di lino ricamato dalle allieve dell'artista, che lavorano a «Su
Marmuri» di Ulassai.All'università. È

 stato un telo anche il discorso
a braccio del Presidente nell'aula magna del rettorato, scenografia
dell'inaugurazione dell'anno accademico numero 397 per Cagliari. Sette
minuti intensi, incisivi in cui ha parlato di libertà, cultura e
dialogo. Dopo essere stato sollecitato dalle parole del rettore Maria
Del Zompo, «continuiamo a crescere, ma lo Stato ci ha tagliato due
milioni di finanziamenti», del portavoce degli studenti Roberto Vacca,
«i soldi non possono andare solo ai grandi atenei» e della senatrice a
vita e farmacologa Elena Cattaneo, che ha ricordato Giulio Regeni, il
ricercatore ucciso in Egitto, e detto «rivendico la libertà di
conoscenza in ogni direzione», Mattarella ha preso la parola, con un
strappo questa volta al protocollo.Il discorso. «La cultura è veicolo
di libertà - ha detto - ed è un bene indivisibile perché non può
essere goduta da soli e va difesa ogni giorno.

La libertà è piena se
si realizza insieme agli altri che sono attorno a noi: questo vale per
le persone, i territori e gli Stati. E non è tale se, accanto a noi,
c'è chi non può usufruire della cultura». Ed è subito arrivato un
monito: «Se oggi anche un solo giovane non può iscriversi
all'Università per motivi economici, è di sicuro una ferita destinata
a lasciare a lungo il segno nell'intero tessuto nazionale. Che invece
ha un grande bisogno di cultura, soprattutto in una stagione come
questa segnata da tensioni e pericoli nel mondo.

La cultura, lo
scriveva Gramsci e noi dobbiamo ripetercelo, è fondamentale per
esaminare e studiare i problemi che provocano contrapposizioni». Per
poi entrare nella stretta attualità senza però pronunciare mai il caso
Spagna o le manganellate di un altro Stato in Catalogna, e parole
rischiose come lo sono referendum o spinte indipendentiste che sono
forti anche in Sardegna. «In questi giorni - ha detto - in Europa
abbiamo verificato ancora una volta che, quando prevalgono scontro ed
esasperazioni le soluzioni si allontanano, mentre è proprio la cultura
a poter fornire il giusto supporto per un ritorno al dialogo e al
confronto fino ad arrivare a soluzioni condivise».

Per ritornare ai
fatti nostri, è quella condivisione che da sempre il governatore
Pigliaru declina in una «leale e necessaria collaborazione fra Stato e
Regione». Ma nelle stanze della Repubblica però purtroppo non è sempre
così e il Capo dello Stato questo lo sapeva o l'ha scoperto.

Ugo Cappellacci dovrà risarcire la Regione
Condannato a pagare 220mila euro per il danno arrecato con il
licenziamento dell'addetto stampa

di Mauro Lissia
CAGLIARILa mannaia della Corte dei Conti si abbatte sul capo dell'ex
governatore Ugo Cappellacci, che dovrà versare alla Regione 220 mila
euro per risarcire circa la metà del danno erariale - 426 mila euro -
causato all'ente pubblico nel 2009 con il licenziamento ad appena
quattro mesi dall'assunzione del capo ufficio stampa Valerio Vargiu. A
deciderlo è stata la sezione d'appello della Corte dei Conti, che
ribaltando il giudizio di primo grado ha incolpato il leader sardo di
Forza Italia per aver «violato i doveri di prudenza, correttezza e
cura delle sorti delle finanze erariali» visto che «non poteva
ignorarsi che l'immotivata risoluzione unilaterale di un contratto di
lavoro genera sempre conseguenze sul piano economico per il soggetto
che arbitrariamente vi ricorre».

È stato lo stesso Cappellacci («ho
fatto il mio dovere e mi è costato caro») a diffondere la notizia sul
profilo Facebook, annunciando il ricorso per Cassazione. In realtà la
decisione dei giudici contabili è definitiva, a meno che i magistrati
supremi rilevino difetti di giurisdizione. L'ex presidente della
Regione spiega infatti in un lungo post che dovrà far fronte al
verdetto della Corte dei Conti col suo lavoro di commercialista e
mette polemicamente a confronto i testi delle decisioni di primo e
secondo grado in cui i giudici sostengono prima la sua estraneità
rispetto alla vertenza Vargiu e ora il suo coinvolgimento. I fatti
risalgono al 2009, quando Cappellacci decide di affidare l'incarico di
capo ufficio stampa della giunta regionale al giornalista televisivo
Valerio Vargiu. Il rapporto di lavoro va avanti per quattro mesi, poi
si guasta a causa di dissapori piuttosto evidenti tra Vargiu e lo
staff del governatore.

La decisione conseguente è il licenziamento in
tronco, cui segue l'inevitabile causa di lavoro in cui la Regione non
si costituisce. Vargiu vince facile e il tribunale condanna la Regione
a pagargli gli 8500 euro lordi di stipendio per i cinque anni previsti
nel contratto, più spese e interessi. Chiamato in causa dalla Corte
dei Conti, Cappellacci spiega di aver saputo della causa di lavoro
solo dopo la sentenza: «Se avessi partecipato al giudizio - sostiene
ora - avrei spiegato le ragioni della decisione, legata al venir meno
del vincolo di fiducia». Normale spoil system, si difende Cappellacci
e i giudici gli danno ragione, condannando al risarcimento soltanto la
Regione. In secondo grado il giudizio è di segno opposto: «Quando
Cappellacci ha manifestato alla giunta la volontà di recedere dal
contratto - hanno scritto i giudici - Vargiu era al lavoro da quattro
mesi». In quanto alla causa di lavoro, che per il leader di Forza
Italia sarebbe andata avanti a sua insaputa, la Corte ironizza
parlando di «palleggio tra gli uffici» e di «magiche mutazioni» nel
circuito della corrispondenza interna agli uffici.

Soru attacca la politica di Rajoy: mai usare la forza contro il popolo

SASSAR
IL'onda lunga del referendum catalano arriva nell'isola. E anche in
Sardegna si moltiplicano i commenti e le iniziative. Il Pd nell'isola
ha scelto una linea di silenzio. L'unico che prende posizione via
social è Renato Soru. Lo fa con un lungo post che prende spunto da un
murales di Orgosolo. «Vedendo le immagini di quello che è accaduto
nelle scorse ore in Catalogna mi è venuta in mente una frase che ho
letto su uno degli straordinari murales di Orgosolo, questa estate.
Con i pestaggi sui civili inermi, aventi la sola colpa di voler
pacificamente esercitare il diritto di esprimere la propria volontà,
ieri il governo Raioy "ha perso il mandato del cielo". Nell'impedire
il diritto dei catalani a esprimersi sul referendum e nelle modalità e
nei tempi con cui esso si è svolto, è stato fatto il più grande errore
che poteva essere fatto. Mai reprimere con la forza e silenziare un
popolo. La crisi tra Madrid e Barcellona andava ricomposta prima che
sfociasse nelle piazze.

L'unica via era quella politica: informare i
catalani dei contenuti del referendum, negoziare le conseguenze,
pretendere una parola chiara innanzitutto dall'Unione Europea, che
solo oggi interviene ricordando che "questo è il tempo di unire e non
di perseguire ulteriori divisioni e frazionamenti". Non bisogna mai
temere il volere del proprio popolo, anzi bisogna sempre rispettarlo.
Un esempio è quanto accaduto recentemente in Scozia, dove la
democrazia inglese ha mostrato un forte legame e un rapporto di
fiducia con la sua gente e ha dato a tutti la possibilità di discutere
per tempo ed esprimersi liberamente. Non sarà semplice, ma l'unica
mossa ce l'ha ancora la politica, a tutti i livelli, che ha il dovere
di riavviare immediatamente il confronto ed il dialogo».Si schiera
contro il referendum catalano l'eurodeputato di Forza Italia, Stefano
Maullu, di origine sarda.

«In Spagna non si sta assistendo a un
referendum, ma a un vero e proprio golpe da parte di chi peraltro non
rappresenta nel Parlamento catalano la maggioranza dei cittadini: si
sta mettendo a repentaglio la sicurezza e l'integrità di uno dei più
grandi paesi europei, per cui non c'è da stupirsi che il governo abbia
deciso di intervenire con forza sostenuto da una serie di sentenze
della Corte Costituzionale spagnola che conferma l'illegalità del
referendum». «Mi auguro che prevalga il buon senso e che si riesca a
riportare la calma, perché ciò che sta accadendo in Spagna è davvero
incomprensibile - aggiunge.

La mia solidarietà è tutta verso il popolo
spagnolo che in queste ore è costretto a vivere momenti di tensione a
causa di una minoranza che ha ottenuto un unico risultato, fare in
modo che la Spagna torni alle tensioni di un tempo
passato».Solidarietà alla sindaca di Barcellona Ada Colau da parte
della collega di Carbonia, la grillina Paola Massidda, che le ha
inviato una lettera pubblica. «Gentile sindaco Ada Colau, a nome di
tutta l'amministrazione comunale di Carbonia che, in qualità di
sindaco rappresento - scrive l'esponente del Movimento 5 stelle -
desidero manifestare a te e a tutto il popolo catalano la nostra
solidarietà e vicinanza. E vi esorto ad andare avanti nella vostra
battaglia. Una battaglia civile e democratica per vedere riconosciuto
il vostro diritto all'autodeterminazione».

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Federico Marini
skype: federico1970ca


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