giovedì 12 ottobre 2017

Vorrei parlarti davanti a un cappuccino. Tuttavia, dovresti offrirmelo tu. Di Gianluigi Piras



Davanti ad un cappuccino, un giorno, queste cose, vorrei dirtele a quattrocchi, seduti in un bar, davanti ad un cappuccino, come piace a te. Eppure io ero uno che in te ci ha creduto, nella tua capacità visionaria, in quella severa passione capace di indignarsi. Mai banale. E quanta rabbia provo oggi ed in questi anni, nel vederti scendere così in basso, come uno ''qualunque''.

Quanta rabbia provo nel sentirti dare dello speculatore a chiunque, sui temi urbanistici e ambientali non abbia la tua stessa opinione, quando facile sarebbe stato, per chi avesse voluto strumentalizzare queste cose (non io), farti notare che occorrerebbe essere prudenti, se in virtù di un determinato processo legislativo, la propria casa di proprietà in riva al mare, acquisisse in virtù di quel processo un incremento del proprio valore di mercato.

Quanta rabbia provo nell'averti sentito moralizzare nel nome de ''la moglie di Cesare deve stare sopra ogni sospetto'' e averti sentito dire che mai tu, ti saresti mai ricandidato a nulla, qualora colpito da un sospetto, o sottoposto ad una indagine, fino a quando da quel sospetto non ne saresti uscito incolume. E invece no, ti ricandidasti e da persona sotto processo.

Fui tra quelli che non ebbe mai dubbi e che di dubbi continua a non averne sulla tua buona fede nel dimostrarti estraneo alle ombre che hanno segnato il tuo percorso imprenditoriale in questi anni. E oggi provo ancor più rabbia per te, che hai sempre raccontato (secondo me ingiustamente) di un partito schiavo dei ''proprietari'' di pacchetti di tessere, e che oggi vedono in te, l'unico protagonista di una simile macchia: escludere qualsiasi tentativo di dibattito, di confronto sulle questioni, nel nome di una guerra, una guerra senza mai fine, giocata a suon di tessere o comunque consegnate in barba a quel minimo sindacale di regole di convivenza civile e democratica.

E quanta indignazione provo nel sapere esserti lasciato andare a dare dei ''traditori'' a persone che di quella stagione furono per te leali amici e sognatori per il solo fatto di non pensarla sempre e comunque come te. Sono così arrabbiato e così indignato, che vorrei dirtele in faccia queste cose, e come piace a te, davanti ad un cappuccino. Sperando di ritrovare quel poco di stima e fiducia verso l'uomo, prima ancora che verso il politico, che non riconosco più. Con affetto.


Di Gianluigi Piras

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