giovedì 26 ottobre 2017

Mi sento soffocare, su questo treno. di Elisabetta Piccolotti.


Torre Argentina, Roma: aspetto il 40 per andare in stazione. Per un quarto d’ora mi vedo sfilare davanti di tutto, ma nessun 40. Quando tre 64 passano uno attaccato all’altro, capisco che aspettando il 40 potrei perdere il treno. Vedo il 70 che va a via Giolitti e decido di salire. 

Con me salgono altre due donne sulla cinquantina, altri rimangono giù perché non c’è più spazio nel bus. Non si respira, cominciamo a lamentarci, scopriamo che nessuna delle tre aspettava il 70 ma che tutte eravamo salite disperate per il mancato passaggio del bus giusto. Una delle due signore nota subito i due passeggini di due mamme pigiate come sardine al nostro fianco. Una ha 3 bambini di diversa età e a prima vista sembra originaria dell’est Europa. L’altra ha la pelle nera, potrebbe essere venuta dal nord Africa e nel passeggino trasporta un bimbo che potrebbe avere un paio d’anni. La signora cinquantenne subito esclama a voce alta: ‘non la sapete che dovete chiuderlo il passeggino?!” 

Io mi innervosisco e decido di dire la mia ‘signora sia ragionevole, come fanno a chiudere i passeggini? Hanno solo due braccia, con una dovrebbero tenersi alle maniglie, con l’altra dovrebbero tenere i bambini in braccio per tutto il tragitto, con questo caldo, con il rischio di perdere l’equilibrio, e poi il passeggino chi lo terrebbe?’ 
Allora lei: ‘bhé dovrebbero sedersi con il bambino in bracciò 
Io trasecolo: ‘scusi signora non ha visto che nessuno si è alzato per offrirgli il posto a sedere?’
Lei: ‘ha ragione, ma questi non pagano il biglietto’.
Io sempre più incredula: ‘e lei come lo sa che non hanno il biglietto?’
Risposta: ‘lo sanno tutti che gli stranieri non pagano il biglietto, non lo dico per discriminare, ma lo sanno tutti’. 
Io: ‘ma che sta dicendo? Si rende conto? E in ogni caso anche le persone povere dovrebbero potersi spostare in città, siamo a Roma, questo è un bus del servizio pubblico, se ogni corsa costa 1,50 alla fine della giornata per qualcuno può essere un salasso.’ 
Lei: ‘eh, ma io ho pagato 700 euro per l’abbonamento mio e delle mie figlie’. 
E io: ‘ecco appunto, non le sembra tanto? Come deve fare chi non ha soldi a sufficienza?’ 
Interviene l’altra: ‘A Londra non ti fanno proprio salire, non dovrebbero salire nemmeno qui. Ma si sa, siamo in Italia, e tutti vogliono fregare il prossimo, inventano ogni modo per fregare gli altri’.
Io: “fregare chi? Ma chi sta fregando chi?”
Lei: “qua a Roma il servizio non funziona perché ci sono questi che non pagano il biglietto’. 

Io: “ma davvero lei pensa che il problema dei trasporti a Roma sia qualche migliaio di persone al giorno che viaggiano senza biglietto? E comunque ora fanno anche un sacco di controlli, ho visto mesi fa la Sindaca che annunciava in pompa magna misure più severe per quelli senza biglietto. Non mi pare abbia risolto granché, sa - signora - è che il problema del trasporto pubblico a Roma non si può risolvere facendo le multe. E nemmeno quello della povertà si risolve con le multe”.

Mentre discutiamo sento muoversi qualcosa al mio fianco e vedo una mano allungarsi dentro la mia borsa. Mi giro dicendo ‘per favore lasci stare la mia borsa’. Di fronte mi trovo la faccia di un bianco, con i capelli bianchi, vestito all’occidentale, che con accento romanissimo mi risponde ‘eh, signorì, non toccavo la sua borsa, mi fa male una gamba’. La porta del bus si apre, lui scende al volo e sparisce in mezzo alla folla. 

Le due cinquantenni ammutoliscono e si girano dall’altra parte. Il bambino dal passeggino sfoggia un fantastico sorriso, la mamma mi guarda e alza le mani in segno di rassegnazione. Fa sempre più caldo, sto sudando e non vedo l’ora di scendere. Intanto le due riprendono a parlare tra di loro, la prima dice: ‘non è vero che fanno i controlli, sono tutte cazzate, mia figlia per esempio, io pensavo che andasse a piedi a scuola, avevamo deciso così per risparmiare, e invece per due anni ha preso il bus senza pagare il biglietto. Non sapevo, quando l’ho scoperta mi ha detto che non l’hanno mai controllata. Pensi lei, se le avessero fatto una multa almeno potevo fargli uno shampoo e invece niente, non gli ho potuto dire niente’.

Non so se ridere o se piangere. Ma non ho tempo di scegliere, il bus è arrivato a via Giolitti, ho solo dieci minuti per raggiungere il binario 1est. Comincio a correre, il binario incubo dei pendolari umbri è a 9 minuti di cammino dalla stazione. C’è la barriera, e per entrare devo mostrare il biglietto. Tutti ce l’hanno, tutti vengono controllati sui vagoni, fioccano le multe, eppure il servizio fa sempre più schifo. Tutti abbiamo il biglietto eppure ci tocca lo stesso partire dall’1est e viaggiare su treni sporchi, vecchi e malmessi. Vorrei tornare sull’autobus, per urlarlo alle due signore. Magari sarebbe la volta buona per l’anziano di Roma a cui serviva il mio portafogli.


Di Elisabetta Piccolotti.

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