mercoledì 25 ottobre 2017

Rassegna stampa 25 Ottobre 2017

L’Unione Sarda.

Il problema sembra legato alle dimensioni ridotte delle gru: servono
mezzi più alti e più lunghi Porto Canale, la crisi si sente. Traffico in calo: preoccupati sindacati, dipendenti e Authority

Il calo del traffico nel Porto Canale ha raggiunto livelli di guardia e ai lavoratori della Cict viene chiesto di saltare turni di lavoro per «l'assenza di attività». Il numero di navi e container in arrivo è crollato, il mercato è cambiato e la situazione preoccupa lavoratori, sindacati e vertici del porto.

«Sono moderatamente preoccupato perché ci sono sempre andamenti ciclici, siamo stati con le banchine deserte e poi quasi a pieno carico. Stiamo monitorando la situazione perché è fondamentale che il porto industriale continui a essere un bacino appetibile per i traffici mondiali», commenta Massimo Deiana, presidente dell'Autorità di sistema portuale del mare di Sardegna. Il problema principale del Porto canale sono le dimensioni delle gru: le principali compagnie si affidano a grandi navi che hanno bisogno di gru più alte e più lunghe.

LE GRANDI GRU «L'aspetto infrastrutturale è molto importante: per il transhipment si usano maxi-navi porta container e qui stiamo aspettando che la Cict porti a termine la procedura per l'acquisto di nuove gru con 50 milioni previsti nel piano di localizzazione prossimo alla proroga», spiega Salvatore Mattana, presidente del Cacip che sta per realizzare la nuova strada Conti Vecchi che permetterà di collegare l'area industriale di Macchiareddu alle banchine in pochi minuti.

«È il classico serpente che si morde la coda - commenta Massimiliana Tocco, segretaria generale della Filt-Cgil - la Cict non compra le nuove gru perché non c'è abbastanza traffico ma senza infrastrutture adeguate sarà difficile che qualche grande compagnia voglia puntare sul nostro porto».

LA GESTIONE Il mercato è cambiato in modo rapido: in poco più di un anno si è trasformata la geografia delle società internazionali che lo gestiscono. «Solo un anno e mezzo fa il traffico era in mano a una dozzina di grosse compagnie, compresa la Hapag Lloyd che operava qui - spiega l'ex assessore regionale ai Trasporti Massimo Deiana – poi molte sono fallite o sono state incorporate e ora tutto il traffico mondiale è gestito da tre grandi alleanze, dove è entrata anche la Hapag Lloyd e se prima la strategia la facevano loro ora i porti da scalare si decidono a livello diverso».

IL GOVERNO Dai sindacati arriva un invito a non subire queste dinamiche. «Abbiamo chiesto all'Autorità portuale di impegnarsi col Governo perché per intercettare il traffico delle navi serve un grande impegno a livello ministeriale, coinvolgendo gli Esteri, l'Economia e i Trasporti», commenta William Zonca, segretario generale Uil-Trasporti, «la preoccupazione è molto forte, i momenti di calo prima incidevano sugli altri portuali mentre ora coinvolge direttamente i dipendenti della Cict, la controllata della Contship».

I sindacati, che domani incontreranno l'azienda, chiedono uno sforzo alla politica locale. «La crisi del Porto canale metterebbe in ginocchio quasi un migliaio di famiglie - aggiunge Massimiliana Tocco della Cgil - chiediamo che si muovano anche Regione, Città metropolitana e Comune».

IL PRESIDENTE Il numero uno dei porti isolani assicura l'impegno dell'Authority ed è convinto che la società concessionaria abbia tutto l'interesse a fare gli investimenti. «Una delle mie prime mosse è stato parlare col terminalista, perché loro sono i primi ad avere interesse che tutto vada per il meglio. L'Autorità può rendere il Porto più appetibile possibile tenendo al meglio le banchine, i fondali e i piazzali e abbiamo abbattuto le tasse di ancoraggio per dare un segnale agli armatori - conclude Deiana - ma servono interventi di modernizzazione e infrastrutturazione del porto a carico del concessionario con 50 milioni di euro per le gru». Marcello Zasso

La Nuova

Abdulaziz Bin Ahmed Al Malki: Meridiana sarà una compagnia internazionale
Il Mater sarà un centro di riferimento mondiale. Ma serve meno burocrazia
«Pronti a investire ancora in Sardegna»

di Luca Rojch
ROMAIl primo azionista dell'economia sarda arriva dall'altra parte del
mondo. Il Qatar pezzo dopo pezzo è diventato sempre più una colonna
del sistema Sardegna. Dall'acquisto della Costa Smeralda nel 2012, al
salvataggio del San Raffaele alle porte di Olbia, ora ribattezzato
Mater Olbia. Fino all'acquisizione di Meridiana, perfezionata qualche
mese fa. Lo Stato grande come la Basilicata, ma con il più alto
reddito pro capite al mondo, ha una quantità sterminata di denaro da
investire. E la Sardegna sembra essere uno dei suoi obiettivi
strategici. Il fondo sovrano del Qatar, Qia, fattura 170 miliardi di
euro all'anno. E l'emirato che possiede il più vasto giacimento di gas
naturale al mondo ha deciso di diversificare sempre più il suo
business. Ma sugli assetti del Qatar e sui suoi possibili investimenti
pesano diverse incognite. Dall'incertezza dei rapporti con gli Stati
vicini, alle questioni di casa nostra.

Il grande azionista straniero
guarda con interesse alle scelte politiche. Promette, e spende, per
offrire un futuro da leader dei cieli a Meridiana. E spiega come
trasformerà il Mater in un centro di eccellenza medica internazionale.
Abdulaziz Bin Ahmed Al Malki, l'ambasciatore del Qatar a Roma,
presenta le nuove iniziative imprenditoriali del Qatar in Sardegna.
Parla non solo dei rapporti dello stato Mediorientale con l'Italia e
la Sardegna, ma anche dei delicati assetti internazionali. Le tensioni
con i Paesi vicini si abbattono come un effetto domino sulla Sardegna
e su tutti gli stati in cui il Qatar ha interessi. La sfida è dei 4
paesi arabi: Arabia Saudita, Emirati, Egitto e Bahrein, che hanno
bloccato le frontiere, i voli aerei e i rapporti economici. «Sono
trascorsi ormai mesi dal blocco dichiarato dai "paesi dell'assedio"
come li chiamo io, un'azione messa a punto a tavolino e lanciata col
pretesto di rispondere ad alcune fake news che sono state infilate sui
siti Internet del Qatar.

Ma dopo 4 mesi il Qatar è ancora in piedi,
più forte che mai, capace di sviluppare le sue relazioni
internazionali, di essere presente sulla scena internazionale e di
difendere i suoi interessi. Lavoriamo con i nostri alleati per
ristabilire la realtà delle cose, per questo l'emiro ci ha dato una
road map da seguire per la gestione di questa crisi. Dall'inizio della
crisi noi siamo sempre stati disposti a negoziare, dialogare con gli
altri paesi arabi, a patto che non venga danneggiata la nostra
sovranità».Il blocco ha provocato ripercussioni sulla vita del
Qatar?«Ci sono 20mila famiglie che sono state coinvolte da questo
blocco, famiglie in cui uno dei partner è un qatarino. La sicurezza
alimentare del paese è stata da subito garantita, abbiamo importazioni
da altri paesi dell'area.

Ma con le frontiere chiuse, il blocco dei
voli, il congelamento dei contatti politici, del business, il danno ai
contatti familiari è stato rilevante. Anche per questo lavoriamo
perché questo blocco sia levato, per aiutare la condizione di queste
20 mila famiglie miste di arabi e qatarini che sono danneggiate da
questa misura insana».Tutto è nato da alcune dichiarazioni attribuite
all'emiro e pubblicate su siti ufficiali del Qatar. Dichiarazioni di
apertura all'Iran e di critica ad altri paesi arabi.«Abbiamo chiesto
aiuto all'Fbi americano per capire chi è stato a compiere questo
hackeraggio, attendiamo i risultati e la nostra polizia li passerà al
Procuratore generale.

Quella era una provocazione per far partire un
piano che prevedeva il blocco, l'assedio del mio paese. Stiamo
reagendo, innanzitutto spiegando al mondo la realtà delle cose. Nel
mondo sta crescendo la consapevolezza delle ragioni del Qatar, e molti
ci riconoscono il fatto che il paese sta affrontando la crisi con
saggezza e maturità per le procedure che sono state indicate
dall'emiro. È una crisi provocata ad arte dai "paesi dell'assedio",
senza prove contro di noi, senza un vero, reale motivo politico che
non sia comprimere la nostra libertà di movimento politico. L'Italia
ha capito, ha salutato la mediazione kuwaitiana, favorito un dialogo
diretto per risolvere la crisi, senza intaccare la sovranità di
nessuno».Da poco è stato annunciato un accordo importante fra Italia e
Qatar, avete acquisito il 49% della compagnia aerea Meridiana.«A
livello di cooperazione bilaterale con l'Italia devo dire che il
rapporto è in crescita costante.

A livello politico-diplomatico
abbiamo aperto un Consolato Generale a Milano, qui a Roma abbiamo
aperto l'ufficio dell'Addetto militare. Per Meridiana ci sono stati 3
anni di negoziato, e finalmente con il grande apporto del ministro
Graziano Delrio siamo riusciti a raggiungere un accordo che farà di
questa compagnia aerea un asset strategico per il sistema del
trasporto aereo costruito da Qatar Airways. Meridiana è un elemento
importante per l'economia della Sardegna, ma ne faremo un vettore
italiano, europeo, in grado di collaborare con la struttura messa in
piedi da Qatar Airways. Seguiamo molto le condizioni della Sardegna;
ci avviamo ad aprire l'ospedale di Olbia, il Mater Olbia, poi
seguiranno altri progetti, presto mi vedrò con il sindaco e con il
governatore della Sardegna.

Noi puntiamo molto sulla diversificazione
degli investimenti. Con il 49% di Meridiana il nostro obiettivo è
quello di far crescere la compagnia fino a farla diventare un vettore
europeo a tutto campo: coprirà l'Europa, 150 destinazioni, lavoreremo
per migliorare il livello dei servizi, appoggiandoci a una squadra di
piloti, di tecnici di altissimo livello, che hanno una grande
motivazione, un grande attaccamento a questa compagnia».Il Qatar è il
primo investitore straniero in Sardegna, attraverso il fondo sovrano o
altre società possiede la Costa Smeralda, controlla Meridiana e sta
per aprire un hub sanitario di livello internazionale. Ora pensa a
nuovi investimenti?«Siamo molto vicini alla Sardegna: crediamo che sia
una terra straordinaria con un potenziale ancora molto alto. Parte
della sua bellezza e del suo valore è proprio il suo essere "a misura
d'uomo", la sua bassa densità abitativa, la sua bellezza
paesaggistica.

Perciò, nel pieno rispetto dei suoi abitanti e del suo
governo, siamo entrati in punta di piedi, senza imporci. E vorremo
continuare a farlo. Il nostro ingresso in Meridiana ne è una prova
concreta».Il salvataggio di Meridiana sembra coincidere con un
rilancio della società. È così?«Certamente e proprio in questi giorni
si stanno definendo i prossimi passi del piano industriale. Una cosa è
certa: Meridiana manterrà la sua indipendenza pur avendo alle spalle
un socio che rappresenta l'eccellenza del trasporto aereo. Il primo
passo sarà l'ammodernamento della flotta: nei prossimi mesi
arriveranno nuovi aerei per il lungo e medio raggio, come i Boeing 787
Dreamliner, gli Airbus 330, fino ai Boeing 737 Max.

Resteranno i B737
mentre entro l'anno usciranno gli ultimi MD80».Come vede il futuro di
Meridiana? «Sarà molto più internazionale: si punterà sul medio e
lungo raggio con voli in Cina, Africa, Cuba, Stati Uniti, anche con
voli charter. Meridiana continuerà a essere una compagnia italiana,
con una vocazione internazionale. Oggi i dipendenti di Meridiana hanno
di fronte una prospettiva di crescita». Meridiana manterrà il suo
cuore in Sardegna?«Crede sia possibile abbandonare una terra così
bella?»Si parla molto della legge urbanistica. Gli ambientalisti
sostengono che la giunta regionale l'abbia modellata dietro le spinte
del Qatar che chiede di poter rinnovare i propri hotel in Costa
Smeralda e di poterli ampliare.

È così?«Quando investiamo conosciamo
bene il nostro ruolo: non ci inseriamo nelle decisioni politiche ma
osserviamo le scelte e, se invitati, entriamo nel dibattito.
Rispettiamo i ruoli e sappiamo che chi governa la Sardegna ha una
visione e una strategia. Sappiamo che ogni luogo ha le proprie leggi
che prescindono dagli investitori. Sarebbe un errore entrare in campo
e voler cambiare le regole del gioco».Secondo lei si deve mantenere il
vincolo di inedificabilità nella fascia dei 300 metri dal mare?
«Questo non è né il mio campo di azione, né di competenza. Credo che
la qualità sia sempre più importante della quantità ma non mi addentro
in campi che non mi appartengono».

Cosa serve alla Costa Smeralda per
mantenere la sua rilevanza internazionale in campo turistico?«La
bellezza della terra e del mare sono già un ottimo punto di partenza:
il rispetto con il quale si è costruito in questa fascia di terra
"creata" dall'Aga Khan è la terza gamba del tavolo. La quarta è data
dal servizio al turismo internazionale di alto livello: la
diversificazione dell'offerta, l'allungamento della stagione,
trasporti efficienti e di qualità e su questo il mio Paese è al
lavoro».Quando il Mater Olbia aprirà le porte e quale apporto potrà
portare alla sanità?

«Mi ricollego alla domanda precedente. Avere una
sanità efficiente è importante anche per il turismo: sia per i turisti
che già sono in Sardegna e che si possono sentire rassicurati da una
buona sanità, soprattutto nell'ottica di un allungamento di stagione e
di richiamo di fasce di età più elevate, sia per il turismo sanitario
che viaggia, spesso spendendo molto denaro, per trovare particolari
terapie. Il Mater Olbia offrirà molto a questo turismo. Al contrario,
fino a oggi, molti sardi hanno dovuto abbandonare la propria casa per
farsi curare in altre Regioni con costi economici e psicologici
enormi. Non accadrà più. La scelta principale effettuata nel definire
gli obiettivi del Mater è stata indirizzata a offrire l'eccellenza e
il diritto di essere curati vicino alla propria famiglia. L'elemento
importante è la struttura a rete del Mater Olbia.

Collegato, grazie
alla nostra rete di relazioni scientifiche, con i più qualificati
centri di ricerca internazionali, sarà in grado di offrire un supporto
quotidiano ai presidi sanitari locali. Darà vita a un sistema
sinergico senza pari. Sui tempi, le rispondo con assoluta chiarezza:
da parte nostra si sta lavorando a ritmo serrato rispettando le
tappe».In questi anni il Qatar ha dialogato a lungo con il governo
Italiano e con la giunta Regionale, quali sono i principali ostacoli
che un investitore straniero incontra in Italia?«Abbiamo uno
straordinario rapporto sia con il governo centrale che con la Regione
Sardegna. Il nostro dialogo è costruttivo e di mutuo supporto. Se
dobbiamo parlare degli ostacoli temo di non essere originale: i tempi
sono spesso un problema. Le decisioni strategiche sono veloci, ma
l'iter per realizzarle spesso è troppo lungo. E spesso inutilmente».

Ambasciatore, vi hanno accusato di avere sostenuto Hamas,
di avere appoggiato l'Isis in Libia, elementi di Al Qaeda in Siria.«I
paesi dell'assedio continuano ad accusarci di appoggiare il terrorismo
senza alcuna prova per minare la nostra sovranità, per assicurarsi in
modo ipocrita la simpatia dell'occidente. Per fortuna queste accuse
non hanno avuto ascolto perché le società occidentali proprio come noi
non accettano di lanciare accuse di terrorismo per una semplice
divergenza politica tra le parti. Il Qatar combatte il terrorismo
senza tregua, ospita la base americana da cui si combatte l'Isis e le
altre formazioni terroristiche. Il mio Paese, lavora per sanare le
radici di questo fenomeno con il rafforzamento dell'istruzione, il
consolidamento dei valori quali la tolleranza ed il dialogo, con la
creazione dei posti di lavoro per i giovani, non solo in Qatar ma in
tutto il mondo».

Il presidente Trump inizialmente sembrava aver dato
spazio alle ragioni dei sauditi.«Ma poi l'amministrazione nel suo
complesso ha dimostrato di sapere vedere le cose nella loro realtà. Il
segretario alla Difesa Jim Mattis ha incontrato a Washington il nostro
ministro, con il quale ha firmato un accordo per la fornitura di 36
caccia f-15 a Doha. La più grande base americana nel Golfo è in Qatar,
è una base essenziale per la lotta all'Isis, e la collaborazione con
militari Usa schierati nel nostro paese è esemplare.

È chiaro, i paesi
dell'assedio hanno presentato con forza le loro posizioni
all'amministrazione Usa, ci sono state posizioni iniziali, ma ora
tutto è molto più chiaro». Un effetto di sicuro c'è stato: siete stati
costretti ad avvicinarvi ancora di più all'Iran, per le vostre
forniture alimentari ma forse anche politicamente.«Noi rispettiamo
l'Iran come partner della regione. Ma le dichiarazioni di schieramento
totale sull'Iran sono state anche in questo caso montate ad arte dalla
campagna di false notizie e dichiarazioni orchestrate contro di noi.
Se poi vogliamo parlare di interscambio economico, non è con noi che
l'Iran ha il suo interscambio economico più forte fra i paesi arabi
del Golfo».

Il Pd sassarese riparte con Carbini al timone
L'elezione dell'ex vicesindaco a segretario cittadino sancisce la pace
Un migliaio al voto in un clima dimesso e ancora ricco di diffidenze

di Giovanni Bua
SASSARI
Ha parlato di «concreta difficoltà della vita del partito a tutti i
livelli, soprattutto locale», «progressivo sgretolamento del tessuto
sociale con pericolose derive di disubbidienza», di «un'agenda di
appuntamenti pesantissimi politici e non solo», di «una rinnovata
interpretazione della sfida che il nostro territorio può lanciare», di
«una stagione dell'ascolto da rilanciare», per poi elencare i grandi
temi su cui è stata deliberata una road map congiuntamente dalle
direzioni provinciale e cittadina e successivamente dal Consiglio
Comunale di cui «la nuova segreteria si impegnerà a garantire
l'applicazione». Così il primo discorso pubblico di Gianni Carbini,
dopo il durissimo strappo che lo aveva portato a dimettersi dalla
carica di vicesindaco parlando di «fallimento dell'azione
amministrativa», con l'apertura di una crisi lunga e complessa, che
sembra aver vissuto la sua formale chiusura.

Da lunedì Carbini è
infatti il segretario cittadino del Pd, eletto dopo un congresso
andato in scena nel pomeriggio all'hotel Grazia Deledda a cui hanno
partecipato tutti i big del partito, e votato un miigliaio di
iscritti. Elezione figlia di una Pax Augustea che in vista del tour de
force che porterà alle prossime Politiche il partito ha dichiarato a
livello nazionale e regionale. Come dimostra l'apertura a Mario Bruno
ad Alghero. E la chiusura dello strappo tra alcune delle principali
correnti del Pd cittadino e il sindaco Sanna a Sassari.Una pace
armata, come sempre. Con i veri nodi che verranno al pettine nella
"fase due" della segreteria Carbini, quando sul tavolo arriverà il
vero tema cittadino: la riconferma o meno di Nicola Sanna per un
secondo mandato. Spingersi così avanti però, in un quadro così fluido
e confuso come quello che si sta vivendo in questi mesi, sarebbe ai
limiti del suicida.

E così i big del partito si sono incontrati,
contati, e hanno deciso di convergere sul nome unitario di Carbini per
la segreteria (con qualche disallinneamento di un certo peso, come
quello dell'assessore al Bilancio Simone Campus). Celebrandone
l'elezione in un clima tra il dimesso e il diffidente, figlio delle
scorie di una crisi tutt'altro che smaltite. In serata sono stati poi
nominati i delegati per l'assemblea provinciale, in programma il 6
novembre, che porterà alla riconferma alla segreteria di Gianpiero
Cordedda. Da lui è arrivato il più caldo invito all'unità, non
foss'altro che per permettere al Pd di aprire con la dovuta forza il
complesso tavolo con ciò che resta della coalizione di centrosinistra.

Le segreterie Dem della Romangia si tingono di rosa
SORSO

Le segreterie del Pd della Romangia si tingono di rosa. Sabato scorso
i tesserati dei circoli di Sorso e Sennori hanno celebrato i rispetti
congressi nominando due donne per acclamazione. Il Pd sorsense ha
archiviato l'esperienza della segreteria di Paolo Delrio per tentare
il salto di qualità con un'altra Delrio, Maria Giovanna, medico
stimato e cugina dell'ex segretario. Un nome portato al tavolo delle
trattative da Antonio Spano, che ha raccolto la condivisione del
partito e pagato un pedaggio - ha perso posti in segreteria - all'area
del vicecapogruppo in consiglio comunale, Michele Roggio. Nel suo
discorso Maria Giovanna Delrio ha detto di voler prestare particolare
attenzione al sociale, ai bambini, ai disoccupati e agli anziani:
«Teniamo salde le posizioni e ci apriamo al dialogo con gli altri
stando dalla parte di chi ha bisogno».L'obiettivo della nuova
segretaria è compattare il partito per creare un'alternativa al
governo del centrodestra in città.

Il vicecapogruppo in consiglio
comunale, Michele Roggio, ha sottolineato: «Dobbiamo smettere di
essere un partito che agisce in funzione del singolo». Il capogruppo,
Mino Roggio, ha ringraziato la segreteria uscente e dato il benvenuto
alla nuova: «Il gruppo consiliare è a disposizione per far crescere il
partito». La segreteria è così composta: Paolo Delrio, Michele Meloni,
Silvia Creuso, Massimo Lizzeri, Giuseppe Serra, Gigi Biosa, Manuela
Murineddu, Tania Santoni, Antonio Piana e Mario Satta.Alla guida del
circolo di Sennori, invece, approda Maria Vittoria Cattari. Il
congresso si è svolto sabato scorso (la segreteria non è stata ancora
nominata) con una fetta del partito assente.

Alla nuova segretaria
spetta ora il compito di tenere insieme il rapporto tra le due aree
del partito, gli ex Ds e gli ex Margherita, che spesso in passato si
sono scontrate aspramente. Un compito delicato considerando anche che
il Pd a Sennori fa parte della coalizione di governo del paese.
«Ringrazio il segretario uscente, Salvatore Conti, per gli otto anni
che ha passato alla guida del partito - ha detto Maria Vittorio
Cattari -. Mi propongo di guidarlo nel modo più unitario possibile,
creando occasioni di dialogo e confronto, nel partito e con tutta la
popolazione». (s.s.)

I senatori Cinquestelle si bendano gli occhi e occupano i banchi del governo
Insorge anche la sinistra. E la De Petris va a sedersi sulla poltrona di Grasso
Fiducie al Senato e caos Mdp, maggioranza addio

di Michele Galvan
VENEZIAIl premier Paolo Gentiloni apre al confronto con le Regioni
del Nord sull'autonomia, ma invita Luca Zaia ad evitare gli strappi -
«l'Italia non si discute» - e vuol capire bene «quali funzioni»
vogliono Lombardia e Veneto, e «a quali condizioni». In ogni caso,
ammonisce, il Paese «non ha bisogno di ulteriori lacerazioni sociali,
ma di ricucire le lacerazioni provocate dalla crisi». Gentiloni parla
durante la visita agli impianti Eni di Porto Marghera, nel Veneto che
due giorni fa ha ribadito con il referendum di voler «meno Stato» nel
proprio territorio. «Guardo con interesse, rispetto e disponibilità -
ha detto il premier - alla discussione aperta dei referendum sul tema
dell'autonomia. Sono disposto a fare dei passi in avanti. Ovviamente,
nei limiti fissati dalle nostre leggi e dalla Costituzione». Il primo
contatto fra le parti, quindi, c'è stato.

E la risposta dei
governatori è giunta subito: «leggo in positivo le parole del
presidente Gentiloni - ha detto Zaia - Non mancheremo di fare la
nostra proposta nell'alveo della Costituzione, che parla non solo di
competenze e di federalismo fiscale, ma anche delle modalità della
trattativa». Sulla stessa linea Roberto Maroni, che oggi ha chiesto
ufficialmente al sottosegretario agli affari regionali Gianclaudio
Bressa di avviare il negoziato, sulla base dell'art. 116, insieme con
l'Emilia Romagna, che ha già approvato la propria proposta il 5
ottobre. I tempi promessi da Bressa sono rapidissimi: «nell'incontro
di oggi con il presidente Bonaccini - ha detto il sottosegretario - ho
sottolineato la possibilità di accogliere tale proposta a condizione
di avviare incontri finalizzati all'unione dei tavoli non oltre la
fine della prossima settimana».di Giovanni Innamora

Il governo
pone la fiducia sul Rosatellum 2.0 anche in Senato. La decisione
certifica l'uscita di Mdp dalla maggioranza.

i capigruppo dei
bersaniani sono saliti al Quirinale per informare Mattarella della
decisione, che arriva dopo settimane di tensioni e continui distinguo
con il governo Gentiloni.L'addio di Mdp alla maggioranza non è una
buona notizia per il premier in vista della discussione della legge di
Bilancio: al Senato i numeri diventano ancora più risicati. Il governo
ha rotto gli indugi sulla fiducia dopo che i Cinquestelle e i senatori
di Sinistra italiana avevano respinto l'appello a rinunciare al voto
segreto su una quarantina di emendamenti da loro presentati. Immediate
le proteste dello schieramento che si oppone al Rosatellum. Anche il
presidente del Senato Pietro Grasso ha ricevuto la sua dose di
critiche, con tanto di «occupazione» del suo scranno da parte della
capogruppo di Sinistra Italiana Loredana De Petris. Il governo aveva
fatto conoscere la sua posizione sin dal primo mattino: «Se rinunciano
a chiedere i voti segreti ci penseremo seriamente se mettere o meno la
fiducia» aveva detto il sottosegretario ai Rapporti con il Parlamento
Luciano Pizzetti. Ma M5s e Si non hanno fatto retromarcia. Anzi hanno
chiesto lo scrutinio segreto anche sulle pregiudiziali di
costituzionalità, negato però dal presidente Grasso in base al
Regolamento.

Una novità, per M5s, che in passato aveva criticato il
voto segreto. Dopo la bocciatura delle pregiudiziali, la ministra Anna
Finocchiaro ha immediatamente posto la fiducia su cinque dei sei
articoli della legge (escluso solo il 5, che contiene solo la clausola
di invarianza finanziaria). Una mossa che ha suscitato l'ira di M5s,
Si e Mdp. I primi hanno occupato i banchi del governo (e si sono messi
una benda sugli occhi in segno di protesta), e Loredana De Petris si è
seduta sullo scranno di Grasso appena questi si è alzato per andare
alla Capigruppo. La conferenza dei capigruppo ha stabilito che le
cinque chiame nominali per i cinque voti di fiducia si svolgeranno
oggi a partire dalle 14, mentre le dichiarazioni di voto e il voto
finale ci saranno domani mattina.

Oggi, nella discussione sulla
fiducia, potrebbe intervenire Giorgio Napolitano, che nei giorni
passati ha espresso riserve sia sulla legge sia sul ricorso alla
fiducia. Ma la fiducia apre poi una nuova ferita nel Pd: quattro
senatori (Vannino Chiti, Walter Tocci, Luigi Manconi e Claudio
Micheloni) hanno preannunciato che non parteciperanno al voto, in
dissenso, mentre Massimo Mucchetti si riserva la decisione. Gli altri
gruppi che sostengono il Rosatellum 2.0 (Fi, Ap, Lega, Autonomie,
Ala-Sc, Drezione Italia) hanno confermato l'appoggio. Fi , ha detto
Paolo Romani, «voterà sì convintamente» anche se non voterà la
fiducia. Male invece la manifestazione dei professori del Comitato per
il No all'Italicum: solo poche decine di persone davanti al Senato.

Agenzia sarda delle entrate lo Stato non ritira il ricorso
CAGLIARI
L'invito del presidente Pigliaru è caduto nel vuoto. Palazzo Chigi non
ha ritirato il ricorso sull'articolo 3 della legge sull'Agenzia sarda
delle entrate. Poteva farlo, avrebbe dimostrato un po' di «sana
disponibilità al dialogo» - era il segnale lanciato qualche giorno fa
- e invece il governo è andato avanti a testa bassa. Tanto da
insistere con i suoi avvocati, nell'aula della Corte costituzionale,
che la Regione non può pretendere neanche in futuro d'incassare
direttamente imposte e tasse dai sardi. L'articolo 3 prevede proprio
questo: tutto il gettito fiscale deve finire prima nelle casse
dell'Agenzia sarda, l'Ase, che poi allo Stato girerà solo una quota su
dieci dell'imposta sui consumi, l'Iva, nove spettano alla Sardegna, e
tre su dieci di quella sui redditi delle persone fisiche, l'Irpef,
mentre le altre sette sono una parte consistente delle entrate
regionali. Oggi il percorso è inverso: i sardi pagano, lo Stato
incassa e poi gira le compartecipazioni alla Sardegna. Fra due mesi si
saprà a chi la Consulta darà ragione: allo Stato o alla Regione, che
si è opposta al ricorso.

Ma quell'affronto del governo, non ha fatto
il passo indietro sperato, per scatenare la protesta del Partito dei
sardi, che da sempre considera intoccabile dall'inizio alla fine
l'Agenzia sarda delle entrate. Nella giornata dell'udienza a Roma, il
Pds è sceso in campo con tutti i suoi effettivi, per difendere «il
diritto dei sardi all'autodeterminazione anche nei rapporti fiscali e
finanziari con Roma». Prima in Consiglio regionale, guidato dal
capogruppo Gianfranco Congiu e nel bel mezzo del dibattito sulla
riforma degli ospedali, ha issato un cartellone in cui c'era scritto a
caratteri cubitali: «I soldi dei sardi alla Sardegna»,
Cartellone-lenzuolo subito strappato via dai commessi dalle mani dei
consiglieri Augusto Cherchi, Roberto Desini e Piermario Manca. Con in
coda il commento duro di Congiu: «L'arroganza del governo nei
confronti dei sardi è inaccettabile».

Poco dopo una ventina di
iscritti hanno inscenato un flash mob sulle scalinate del Consiglio,
con una catena umana tenuta assieme dai volantini multicolori su cui
campeggiava lo slogan: «Boga sa manu», togli la mano, dalla tasche dei
sardi. Infine il Pds ha rincarato la dose con una riunione
straordinaria del consiglio nazionale del partito, coordinata dal
presidente Paolo Maninchedda e dal segretario Franciscu Sedda. È stato
proprio il segretario a rilanciare la sfida: «La richiesta di Pigliaru
è rimasta inascoltata - sono state le sue parole - e ancora una volta
lo Stato ha confermato di volerci trattare come una colonia che non
può disporre neanche dei soldi che produce». È stato sempre Sedda a
«invitare i sardi alla rivolta, a finirla con questo gioco del
silenzio che continuiamo ad avere ogni volta che il governo si
accanisce sui nostri diritti». È da giugno, ha ricordato il capogruppo
Congiu, che «sollecitiamo tutti i partiti della coalizione di
centrosinistra a prendere posizione, ma fino a poche settimane fa
anche il presidente Pigliaru era sordo alle nostre richieste. Poi
siamo andati alla carica con forza (è l'ormai storico comunicato con
cui il governatore era accusato di essere troppo debole col governo) e
la Regione ha chiesto ufficialmente a Palazzo Chigi di rinunciare
all'udienza. Però non è cambiato nulla».

Anzi, secondo Sedda «da oggi
in poi i rapporti con lo Stato sono peggiorati e ci auguriamo che
tutti i sardi si facciano sentire con decisione, perché ed è giusto
ricordarlo a suo tempo sono state ben 31mila le firme a sostegno
dell'Agenzia e la stessa Agenzia era e resta un tema centrale del
programma con cui il centrosinistra ha vinto le Regionali nel 2014».
Sono questi i motivi che per il Pds devono spingere la Sardegna a
ribellarsi a chi vuole vorrebbe frenare lo spirito indipendentista.
«Da adesso in poi - ha concluso Sedda - al governo italiano non
possiamo concedere più nulla e se fra due mesi la Corte dovesse dare
torto alla Sardegna, alzeremo ancora l'asticella della protesta».

Maggioranza compatta: in forse solo il Campo progressista. Areus, la
nomina slitta a venerdì
Rete ospedaliera, oggi il via libera dell'aula

CAGLIARILa riorganizzazione degli ospedali è cosa fatta. La scelta del
direttore generale dell'Agenzia emergenze-urgenze non ancora. Con
ordine: il Consiglio regionale s'è preso ancora un giorno di tempo per
votare la riforma. La giunta, che pure aveva annunciato in aula la
scelta per ieri, ha deciso di posticipare la nomina a venerdì. In
corsa per il posto di manager, stando alle ultime indiscrezioni,
restano ancora nell'ordine Giorgio Lenzotti e Piero Delogu.L'aula. Non
perché ci fosse ancora qualche spigolo da smussare, è solo per gli
impegni politici del Partito dei sardi che è stato deciso il rinvio
del voto a oggi. Tutto comunque è già deciso, con gli ospedali
incasellati da una settimana nella nuova griglia.

Resta solo da capire
se la maggioranza di centrosinistra voterà compatta il testo, o come
pare possano astenersi i due consiglieri di Campo progressista, Anna
Maria Busia e Francesco Agus, critici fino all'ultimo. Ma anche se
dovessero mancare quei due voti, la riforma non dovrebbe avere
problemi nel superare l'ultimo scoglio. Soprattutto dopo che i cinque
consiglieri del Partito dei sardi hanno annunciato ufficialmente il
loro sì: «Rispetto alla bozza iniziale presentata dalla giunta, sono
stati accolti numerosi nostri emendamenti e siamo riusciti così a
riequilibrare il rapporto fra ospedali delle città e quelli delle
periferie», ha detto Augusto Cherchi. È sicuro anche il voto
favorevole dei tre consiglieri di Mdp, che dalla maggioranza si sono
sfilati solo quando c'era da dare il via libera all'ingresso del
futuro Mater Olbia nella rete ospedaliera.

Blocco unico. Nel Pd non
dovrebbero esserci defezioni: i 19 consiglieri, compreso il
governatore Francesco Pigliaru, voteranno di sicuro compatti a favore
della riforma. L'unico che poteva essere in forse era Franco Sabatini,
eletto in Ogliastra, ma ormai anche il caso Lanusei è stato superato,
con il riconoscimento del primo livello a gran parte dei reparti
dell'ospedale Nostra Signora della Mercede. Di fatto è rientrata anche
la lunga protesta di Pierfranco Zanchetta, Upc, che sin dall'inizio
sollecitava la riapertura del punto nascita di La Maddalena e l'ha
ottenuta dopo l'emendamento in cui è previsto il rafforzamento
dell'intero percorso nascita dell'ospedale Merlo.Gli ultimi attacchi.

L'opposizione, che più volte ma senza successo ha cercato di far
vacillare la maggioranza, avrà oggi solo la possibilità di attaccare
la giunta nelle ultime dichiarazioni di voto, ma non certo i numeri
per fermare la riforma. Un primo assaggio è arrivato da Emilio Usula
dei Rossomori, ex della maggioranza, che ha rilanciato il caso San
Francesco di Nuoro: «Non è vero - ha detto - che gli è stato assegnato
il secondo livello. Non è vero neanche che ci saranno nuovi reparti. È
rimasto tutto com'era prima con appena qualche etichetta posticcia in
più». Poi dai banchi del centrodestra a caricare ancora è stato
Edoardo Tocco, Forza Italia, relatore di minoranza: «Il verdetto
finale su questa legge - ha detto - è scritto da tempo. Sarà un
fallimento, perché manca ancora tutto: dall'emergenza-urgenza alla
sanità territoriale, con gli ospedali forse riorganizzati ma appesi al
nulla».

Ingegnere, 42 anni, succede a Mario Deiana. Domenica l'elezione del
responsabile provinciale. Tortolì, Carla Manca segretaria cittadina Pd

di Lamberto CuguddawTORTOLÌIn tutta l'area ogliastrina si sono
conclusi i congressi dei circoli per l'elezione dei nuovi segretari e
dei delegati per il congresso provinciale. A Tortolì-Arbatax, centro
più popoloso (ma ha solo 61 iscritti) a poco meno di due anni dalle
dimissioni di Mario Deiana, è stata eletta alla segreteria Carla
Manca, ingegnere, 42 anni. La neo segretaria del circolo della
cittadina costiera è anche coordinatrice della commissione
congressuale Ogliastra. A Baunei-Santa Maria Navarrese, circolo che
conta il maggior numero di iscritti fra quelli ogliastrini, con 245
aderenti, segretario è stato eletto Giorgio Rubiu, colonnello
dell'Esercito. A Lanusei (che conta poco più di 30 tesserati) è stato
eletto segretario di circolo Bruno Manias. A Loceri (15 iscritti) è
stato riconfermato segretario Marco Pistis. a Villagrande-Villanova
Strisaili (47 iscritti) è stato eletto Roberto Scudu. Ad Arzana (17
iscritti), Francesco Melis. A Urzulei (20 iscritti) è stato
riconfermato come segretario Emiliano Piroddi. A Barisardo (57
iscritti) altra segretaria, con l'elezione di Anna Casu. Anche a
Lotzorai-Girasole (50 iscritti) la scelta è stata al femminile, con
l'elezione di Orietta Murru.

A Perdasdefogu (soli 6 iscritti)è stato
riconfermato segretario Bruno Chillotti. A Tertenia è stato eletto
Luigi Diana. A Jerzu (che ha una ciqnuantina di iscritti), Piero
Carta. E infine, a Elini-Ilbono (15 iscritti), è stato eletto
segretario Rocco Cerina. L'appuntamento è ora per domenica 29, quando
verrà eletto ufficialmente segretario provinciale Ogliastra del
partito democratico l'ex sindaco di Loceri, medico cardiologo
nell'ospedale di Lanusei, il 54enne Carlo Balloi. La sua, che è la
candidatura unitaria del partito, è stata l'unica depositata entro i
termini che erano stati stabiliti. Per Balloi sarà importante riuscire
a recuperare i tanti delusi che negli ultimi tempi, vista anche la
politica nazionale, hanno abbandonato la forza politica che è chiamato
a guidare in Ogliastra.

«La stagione congressuale del partito - ha più
volte evidenziato la coordinatrice della commissione congressuale
Ogliastra, Carla Manca - serve a costruire la struttura organizzativa
con il metodo della elezione democratica dei suoi rappresentanti. E
soprattutto ad aggiornare una proposta politica in risposta coerente
alle problematiche della vita sociale e civile, rendendo protagonista
la politica a livello territoriale, parliamo di 15 circoli del
territorio territoriali e del rinnovo degli organismi provinciali».


Unione Sarda

Strappo sul traguardo, stop alla rete ospedaliera
Blitz del Pds che fa saltare la seduta in Consiglio: forse oggi il voto

Soffocare la gioia a pochi metri dal traguardo non deve essere stata
una bella sensazione. Ma Giunta e maggioranza lo hanno dovuto fare
quando il Partito dei sardi ha lasciato l'aula, interrompendo i lavori
del Consiglio regionale, a un passo dall'approvazione della rete
ospedaliera. La battaglia con il governo sull'Agenzia sarda delle
entrate è una questione cruciale, tanto che i consiglieri del Pds
espongono in aula uno striscione con scritto “i soldi dei sardi alla
Sardegna”. A dare le motivazioni di questa scelta è il segretario,
Franciscu Sedda: «Il silenzio attorno a questa vertenza meritava un
segnale forte». Il Consiglio regionale ci riprova stamattina per dare
il via libera definitivo alla riforma.

SALTANO I PIANI L'accordo tra i capigruppo, per chiudere ieri la
pratica, era arrivato la scorsa settimana. Nessuno poteva immaginare
che la data fosse così vincolante per il Pds tanto da far saltare il
banco. I primi segnali di rottura ci sono stati durante una riunione
dei capigruppo all'ora di pranzo. La richiesta del Partito dei sardi
dev'essere stata un boccone amaro in maggioranza ma a governare le
scelte sono stati i numeri. I cinque consiglieri indipendentisti
sarebbero potuti essere determinanti per la maggioranza, che non ha
voluto rischiare cadute clamorose a fine corsa. L'annuncio ufficiale è
stato dato in aula dal capogruppo, Gianfranco Congiu: «Il governo non
ha ritirato il ricorso come era stato chiesto dalla Regione - dice -
tale atteggiamento va respinto in maniera dura». Il segnale è arrivato
dritto e deciso a una maggioranza che «non si deve dimenticare quanto
per noi sia importante questa legge».

L'unico tentativo lo ha fatto il
presidente Pigliaru, con la richiesta formale di non impugnare
l'articolo 3 della riforma, anche se Congiu ha definito questa mossa
«il minimo sindacale». Il Partito dei sardi ha convocato gli stati
generali in tarda serata, per decidere quali saranno le prossime mosse
sulla vertenza e nei rapporti con le forze politiche. «Volevamo
lasciare un segno in questa giornata», dice il capogruppo, «adesso ci
aspettiamo una risposta».

LE TENSIONI In maggioranza si cerca di gettare acqua sul fuoco. Lo fa
per primo l'assessore alla Sanità, Luigi Arru: «Rispetto pienamente le
prerogative del Consiglio regionale. Dunque nessun problema purché si
arrivi al traguardo. Ormai manca davvero poco». Pietro Cocco,
capogruppo del Pd, si mantiene pressappoco sulla stessa linea, anche
se è normale avere il rammarico di non aver chiuso la riforma.
«Comprendo perfettamente le ragioni politiche del Partito dei sardi»,
sottolinea Cocco, «si sarebbe potuto evitare di farlo prima di
approvare la riforma, anche se la data del 24 per il Pds è
fondamentale». Chi invece intravede nella scelta del Partito dei sardi
una conferma della crisi nel centrosinsitra è il capogruppo di Forza
Italia, Pietro Pittalis. «La mossa del Partito dei sardi è la prova
che il centrosinistra è soltanto un cartello elettorale senza collante
e in cui i nodi stanno pian piano venendo al pettine».

LA RETE Stamattina alle 10.30 riprenderanno i lavori dell'aula per
concludere definitivamente la riforma. Ieri pomeriggio la parte di
dibattito è stata un botta e risposta tra detrattori e difensori della
rete ospedaliera. Il vicepresidente della commissione Sanità, Edoardo
Tocco, parla di riforma «fatta in fretta che presenta numerose
carenze. Sarebbe stato meglio un maggiore confronto, invece di perdere
un anno e mezzo senza accogliere le richieste dei territori».
L'esponente del Rossomori, Emilio Usula, attacca: «La riforma farà
discutere per la sua contraddittorietà, per la confusione e per le
menzogne spudorate».

Il vice capogruppo del Pd, Roberto Deriu, si
sofferma sul futuro della sanità in Sardegna, convinto che «il
processo non si conclude con questo atto, ma saranno territori e
aziende sanitarie a definire gli equilibri del futuro. Non è giusto
essere pessimisti come fanno alcuni». Se non ci saranno ulteriori
scossoni, la riforma oggi andrà in porto, anche con il voto del
Partito dei sardi. La nuova geografia della cure prevede un sistema di
rete tra poli ad alta specializzazione e strutture dei territori.
Matteo Sau

Franciscu Sedda: «È un punto decisivo, il centrosinistra sia unito
contro il governo». La vera frattura è sull'Agenzia sarda delle entrate

La Corte costituzionale si pronuncerà tra più di un mese, ma sul caso
dell'Agenzia sarda delle entrate il Partito dei sardi alza già il
tiro. Sul piatto c'è il ricorso presentato dal Governo in merito alla
legge regionale che istituisce l'Ase, in particolare sulla possibilità
di accertamento e riscossione dei tributi devoluti, compartecipati e
regionali derivati, da parte della Regione.

Nei giorni scorsi, anche su sollecito del Pds, il presidente Pigliaru
aveva chiesto al Governo di ritirare il ricorso. Ma da Roma non è
arrivato alcun segnale, tanto che ieri l'avvocatura dello Stato e i
legali della Regione si sono ritrovati nel Palazzo della Consulta per
presentare le rispettive tesi. E sempre ieri il partito presieduto da
Paolo Maninchedda ha deciso di alzare l'asticella, prima esponendo uno
striscione nell'Aula del Consiglio regionale (dove si discuteva di
rete ospedaliera), poi con un flash mob fuori dal palazzo dove sono
stati distribuiti alcuni volantini con lo slogan “Boga sa manu”
all'indirizzo dello Stato, infine in occasione della direzione
nazionale del partito che si è tenuta in serata.

«Sollecitiamo una forte presa di posizione da parte di tutto il
centrosinistra e di tutti i sardi in difesa di un punto decisivo per
il futuro della Sardegna e dell'autodeterminazione che i sardi
vogliono perseguire», ha detto il segretario Franciscu Sedda, «non
capiamo a chi convenga questo silenzio e forse qualcuno ha paura che
c'è una forza che cresce e lo fa a carte scoperte: noi giochiamo al
rialzo. Fino ad oggi lo abbiamo fatto in stile garbato, forse occorre
iniziare a premere sull'acceleratore».
«Da giugno stiamo richiamando attenzione su questo tema», ha spiegato
il capogruppo in Consiglio regionale, Gianfranco Congiu, «il Governo
ha dato prova di un atteggiamento dispotico, soprattutto all'indomani
del referendum per aprire trattativa su temi già scanditi dalla Carta
costituzionale. Ci aspettiamo che già da domani riprenda il confronto
sull'Agenzia sarda delle entrate». (ro. mu.)

Fois (Riformatori): l'inserimento nella Costituzione potrebbe
portarci 2 miliardi all'anno
«Rifare lo Statuto? Troppo tardi Ora l'unica speranza è l'insularità»

Quelli che volevano l'Assemblea costituente per cambiare lo Statuto
sardo hanno smesso di crederci: «Rifare lo Statuto era utile vent'anni
fa, ormai non serve più», dice Pietrino Fois, coordinatore dei
Riformatori, dopo che alcuni partiti (anche alla luce dei referendum
sull'autonomia lombardo-veneta) hanno riproposto la revisione
statutaria. «Noi fummo i primi ad accorgerci che lo Statuto
postbellico, dopo 50 anni, aveva necessità di un aggiornamento. Ma
oggi la partita si gioca in Europa».
L'Unione europea esisteva anche 20 anni fa.
«Ma ancora non incideva così tanto sui destini dei singoli Paesi. Non
c'era l'euro, i governi non erano strangolati come oggi dai parametri
del debito pubblico e dal rapporto deficit/Pil».
Ma scusi, proprio i Riformatori che rinunciano a riformare le
istituzioni autonomistiche...

«È inutile che ci dicano di fare adesso ciò che allora ritenevano
impossibile. Ora l'unica battaglia sensata è per il principio di
insularità nella Costituzione».
Quali vantaggi ne avremmo?
«Se la Costituzione riconosce la necessità di riequilibrare gli
svantaggi geografici, si dovrà calcolare il costo pro capite
dell'insularità. Si otterrà una cifra annuale che, protetta dalla
Costituzione, nessuno ci toccherà più».

Quale cifra, ragionevolmente?
«Secondo i nostri calcoli, da 1,5 a 2 miliardi all'anno. Ti cambia il
bilancio regionale, sarebbe il nostro ponte sullo Stretto».
Per cambiare la Costituzione serve un voto del Parlamento. Pensa che
ci verrebbe accordato un riconoscimento così forte?
«So che servirà una battaglia dura. Ma è questo che deve fare la
politica. Non è che lo Statuto ci sia stato regalato: ci vollero anni
di lotta nella Costituente».
Si aspettava che così tanti partiti firmassero la vostra richiesta di
referendum sull'insularità?

«Sinceramente no. Credo però che lo facciano perché vedono un appiglio
concreto. E forse le vicende recenti, dalla Catalogna ai referendum in
Lombardia e Veneto, ci hanno aiutato a far passare il messaggio».
Secondo lei, i referendum del nord ci devono preoccupare?
«No, anche se non trovo sensata la richiesta di Zaia di uno Statuto
speciale veneto. E a quelle regioni che vorrebbero trattenere più
soldi, perché danno allo Stato più di quanto ricevono, ricorderei che
sono avvantaggiati dalla condizione geografica. Avrebbero avuto la
stessa economia florida stando in un'isola in mezzo al Mediterraneo?»
Le vicende catalane invece stanno ispirando nuovi sentimenti
indipendentisti nell'Isola. Voi come li valutate?

«Nel nostro vocabolario non esiste la parola secessione. Siamo
fortemente legati all'Italia, negli ultimi anni la Sardegna ha fatto
sforzi enormi legati all'appartenenza all'Italia: dal patto di
stabilità al pareggio di bilancio, e ora gli accantonamenti. Mi sembra
assurdo andarcene dopo aver fatto tutti quegli sforzi».
Il Nobel per l'economia Thaler li chiamerebbe costi irrecuperabili: se
andarcene ci facesse stare meglio perché non farlo, a prescindere da
quanto abbiamo pagato in questi anni?

«Intanto, non staremmo meglio. Le nostre condizioni economiche oggi
non ci darebbero gettiti fiscali sufficienti a sostenere i costi dei
servizi. E poi, restare con l'Italia serve a riscuotere i crediti che
abbiamo maturato».
Non è una prospettiva assistenzialistica?

«No, si tratta di rivendicare ciò che è giusto. È vero che finora
abbiamo ottenuto poco: ma non è che, se una gamba mi funziona male, mi
taglio anche l'altra».
Giuseppe Meloni

Carbonia
Il Pd rinnova i dirigenti e fa largo agli under 35

Il Partito democratico ha scelto i nuovi dirigenti locali. Al termine
dei congressi di Carbonia, Cortoghiana e Bacu Abis sono stati eletti
infatti i nuovi segretari dei circoli e il nuovo segretario
dell'Unione cittadina. Alla guida di quest'ultima è stato designato
Fabio Desogus, ex assessore a Sport e Spettacoli del Comune di
Carbonia. È invece Alberto Straullu, ex consigliere Comunale dal 2006
al 2011, il neo segretario del circolo di Carbonia.

Cinzia Firinu
dirigerà la segreteria del circolo di Cortoghiana e Alessio Tidu
quella della frazione di Bacu Abis. «Le elezioni - spiega Desogus -
sono avvenute al termine di dibattiti accesi, frutto della volontà dei
partecipanti di rinnovare gli organismi dirigenti locali». Con un'età
media dei segretari inferiore ai 35 anni, il Pd di Carbonia «dimostra
l'intenzione di ripartire da un gruppo giovane - conclude Desogus - ma
con esperienza». A breve, l'assemblea cittadina. ( a.s. )

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Federico Marini

skype: federico1970ca

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