mercoledì 9 ottobre 2019

L'attentato alla sinagoga di Roma: muore il piccolo Gay Tachè


(09 Ottobre 1982) Sono le 11 e 55 di una mattina di sabato. E’ l’ultimo giorno della festa ebraica delle Capanne. All’uscita della Sinagoga di Roma, i fedeli vengono colpiti da lanci di bombe e colpi di mitra. Nell’attentato, il più grave subìto dalla comunità ebraica romana dopo la fine della Seconda guerra mondiale, perde la vita un bambino di due anni, Stefano Gay Tachè. Altre trentacinque persone vengono ferite. Gli autori materiali della sparatoria non saranno mai individuati. Il palestinese Abdel Al Zomar, sarà condannato all’ergastolo come mandante dell’attentato. Ma estradato dalla Grecia in Libia nel 1988, di lui si sono perse le tracce.

È un momento terribile per la Comunità Ebraica, ma lo è di più per una famiglia sconvolta dalla perdita di una parte di sé che non vedrà mai crescere. Inoltre al funerale di Stefano (il 12 ottobre) dovrà vedere Sandro Pertini, a cui il Rabbino Capo Elio Toaff aveva chiesto di non presenziare. Lo stesso Toaff nei giorni precedenti all’attentato aveva chiesto senza successo alle autorità di intensificare le forze di sicurezza intorno alla Sinagoga, specialmente nei giorni di festa.

L'attentato aveva precise ragioni politiche e nasceva in un conflitto, quello israeliano-palestinese che ancora oggi insanguina quei popoli, che sembrano destinati ad una lunga scia di sangue. Proprio in quegli anni Israele invadeva il Libano, è non furono poche le ingiustificate rappresaglie su civili inermi (su tutte il massacro di Santa e Chatila, campo profughi palestinesi, anno 1982, 3500 morti in una sola notte).

Eravamo e siamo ancora oggi davanti a un conflitto politico, non religioso, una contesa per la terra che si è allargata seminando ostilità in tutto il Medio Oriente. Purtroppo, in ragione di un rigurgito antisemita, gli ebrei vengono concretamente assimilati allo stato di Israele. In questo senso, non da oggi si parla di un amalgama tra la critica allo Stato di Israele e l'antisemitismo, l'ostilità verso l'ebreo in quanto tale, come "entità". Pur essendoci nello Stato d’Israele numerose personalità ostili alle politiche dei falchi, una certa parte continua ad accusare l’intero popolo ebraico di questi atti. Sarebbe come accusare tutti gli italiani, delle politiche volute dall’ex ministro dell’interno Matteo Salvini.

Il presidente Sergio Mattarella, nel suo discorso di insediamento il 3 febbraio 2015 ha parlato di Stefano Taché come di "un nostro bambino, un bambino italiano". molti, sopratutto, non pensano ai cittadini ebrei come pienamente italiani. Siamo secondi in Europa per atteggiamenti antisemitismo, dietro la Polonia.

"Non bisogna essere particolarmente malvagi per collaborare, basta scavare ogni giorno, distrattamente questo fossato tra noi e loro. Lo possiamo fare con gli ebrei, ma anche con gli stranieri, i Rom, i profughi o semplicemente quelli oltre il confine, quelli di un altro gruppo. Lo si può fare con una battuta o la presa in giro che sembra innocente ma ripete quei luoghi comuni che piano piano confermano che non siamo dalla stessa parte... Così l'argine può cominciare a cedere e nel tempo diventa tutto meno grave e abituale: l'insulto, lo striscione allo stadio, l'atto vandalico, le scritte sui muri, la devastazione di una sinagoga o di un cimitero. Così si arriva a banalizzare quell'antisemitismo che invece può portare a esiti tragici come durante guerra, o saldarsi con l'odio contro Israele come nel caso del 9 ottobre alla Sinagoga di Roma." (cit.)



Nessun commento:

Posta un commento