mercoledì 2 ottobre 2019

Lo sfruttamento uccide i sogni dei giovani operai



Il 30 settembre 2014 un giovane operaio cinese, Xu Lizhi, decise di togliersi la vita. Aveva solo 24 anni e lavorava nell’immensa Foxconn, zona economica speciale di Shenzen, la più grande azienda terzista del mondo che produce gran parte degli apparecchi elettronici, di vario tipo, presenti sui mercati occidentali della tecnologia. Quando Xu Lizhi, da Jieyang, piccolo centro rurale del Guandong, arrivò nell’inferno della Foxconn aveva 20 anni. L’altro giorno era l’anniversario della sue morte. Il suo nome a molti di noi non dirà nulla, uno dei tanti operai della gigantesca catena del valore (e dello sfruttamento) globale. Uno dei tanti. Ci ha però lasciato una testimonianza dell’inferno della fabbrica in un bellissimo libretto di poesie “Mangime per le macchine” pubblicate inizialmente in un giornale di fabbrica “Foxconn people”.

Ne posto due qui sotto.

"L’ultimo cimitero"

Persino la macchina ciondola il capo
Officine sigillate ammassano acciaio ammalato
Salari negati con vari pretesti
come l’amore, che i giovani operai seppelliscono
nel fondo dei cuori

Senza il tempo per esprimersi, il sentimento si
sgretola in polvere
Hanno stomaci forgiati nel ferro
pieni di acido denso , solforico e nitrico

La fabbrica cattura le loro lacrime
prima che abbiano la possibilità di cadere
Il tempo scorre, le loro teste perdute nella nebbia
lo sfruttamento li invecchia
il dolore fa gli straordinari giorno e notte

Nelle loro vite lo stordimento precoce è in agguato
la piallatrice scortica la pelle
e mentre lo fa li ricopre di uno strato d’alluminio

Qualcuno resiste ancora, mentre altri sono ghermiti
dalla malattia
Sonnecchio tra loro facendo la guardia
all’ultimo cimitero della nostra giovinezza

(21 dicembre 2011)

"Ho ingoiato una luna fatta d’acciaio"

Ho ingoiato una luna fatta d’acciaio
ne parlano come se fosse un’unghia
Ho ingoiato queste acque di scolo industriali, queste
carte di disoccupazione

La gioventù chinata sulle macchine muore prima
del suo tempo
Ho ingoiato il trambusto e l’indigenza
ingoiato ponti pedonali, vita coperta di ruggine

Non posso ingoiare altro
E tutto ciò che ho ingoiato ora rigurgita
dalla mia gola
spandendosi sulla terra dei miei avi
in un ignominioso poema.

(19 dicembre 2013)

di Luca Pusceddu


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