lunedì 21 gennaio 2019

L'importanza della Lingua materna: lingua della poesia. Del professore Francesco Casula



La prima lingua della poesia è la lingua materna, il dantesco “parlar materno”. Una lingua abitata anzitutto dai silenzi che stanno all’ombra delle sillabe e nel cuore stesso delle vocali. Una lingua abitata da una voce: segreta tessitura che resisterà sotto ogni futura pronuncia del poeta, come risonanza di un timbro, di una presenza. Holderlin, a proposito della formazione del poeta ricordava questa muta pedagogia materna. La lingua materna è, per l’infante, soprattutto lingua di vocali: dunque aerea, leggera, impalpabile. E le vocali sono per il poeta l’anima della lingua. Sono il nesso tra lingua e il canto. Tra la poesia e il vento.

L’elemento per il poeta è anche la terra. La terra considerata nel suo cerchio di necessità e bellezza: situarsi in questo cerchio, con lo sguardo e la passione di chi vuole conoscere e preservare e non offendere o distruggere, è sempre stato da sempre uno dei compiti della poesia. Nella lingua della poesia coesistono, dunque, la lingua materna – corporale, vocalica, leggera – e la lingua che il poeta ha scelto per la sua scrittura. Questa lingua scelta è sempre in un certo senso straniera, anche quando essa è la lingua del proprio paese: è straniera in quanto altra dalla lingua materna.

Per alcuni poeti tuttavia, questa lingua è straniera in senso stretto: l’esilio, la migrazione, il dominio coloniale o mercantile o, qualche volta una scelta personale dislocano il poeta fuori dalla lingua della propria comunità di appartenenza. Ma tutti i lettori di poesia sanno che c’è qualcosa che trascorre sotto la lingua dei versi, al di là della sua pronuncia e delle sue parole linguisticamente definite. C’è qualcosa che trascorre sotto la molteplicità delle lingue. Ed è questa sostanza nascosta sotto la lingua – senso e insieme oltresenso, musica e ritmo – che permette alla traduzione, quando riesca ad essere una buona traduzione, di sperimentare una sorprendente e miracolosa contraddizione: togliere al poeta quello che ha di più proprio, cioè la sua lingua e tuttavia riuscire a preservare l'energia e il timbro e la singolarità della sua poesia.

Quel che qui si dice della poesia, certo, è in gran parte estensibile ad altre forme del fare letterario come la narrazione o il teatro. Ma nella poesia questo movimento fra le lingue e questa sostanza che sottende ogni lingua appaiono in tutte le implicazioni –estetiche e antropologiche – e in modo trasparente

Del professore Francesco Casula.

Nella foto Antioco Casula (detto Montanaru), poeta di Desulo.

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