martedì 4 giugno 2019

(04 Giugno 1944) Roma viene liberata dalle truppe americane


(04 Giugno 1944) Roma viene liberata dalle truppe americane (Operazione "Diadem") della V armata, comandate dal Generale Clark. Il "Regno del Sud" è finito. Il Re firma il decreto di luogotenenza a favore del principe Umberto, con il consenso del Comitato di Liberazione Nazionale e della Commissione Alleata di controllo. Per la Repubblica di Salò la caduta di Roma rappresenta un colpo mortale. Mussolini, durante un illogico discorso radiofonico, esorta la popolazione a combattere la potente V armata.

Roma fu dichiarata unilateralmente "città aperta" (per definizione di “città aperta” dobbiamo considerare “una città ceduta, per accordo esplicito o tacito tra le parti belligeranti, alle forze nemiche senza combattimenti con lo scopo di evitarne la distruzione”) il 14 agosto 1943, ma solo dalle autorità italiane. I tedeschi non ratificarono mai la dichiarazione, e approfittarono della ritornata tranquillità dopo le resistenze iniziali all'occupazione. L'occupazione tedesca di Roma città aperta, infatti, se risparmiò (da parte tedesca) il patrimonio storico ed architettonico della città, fu però durissima per la popolazione (deportazioni di militari italiani e degli ebrei, le torture nella prigione di via Tasso, le Fosse Ardeatine, ecc.)

L'attacco principale del generale Clark fu sferrato verso i Colli Albani e verso Velletri, occupata qualche giorno dopo, in cui gli americani preferirono non arrestare la fuga del nazifascisti. Clark preferì insistere verso Roma, e Valmontone fu presa solo il 2 giugno, dopo che i tedeschi avevano completato il ripiegamento. Clark disponeva di un formidabile esercito per attaccare Roma. Voleva arrivarci prima degli inglesi, il cui esercito era guidato dal generale Alexander (che voleva accerchiare i tedeschi ed impedirgli la fuga) perché la nuova vittoria su Hitler portasse il suo nome. Per i tedeschi fu un colpo di fortuna.

Essi non speravano che gli Alleati, per un motivo di prestigio personale, rinunciassero a cogliere, con un colossale accerchiamento, i frutti della vittoria. Infatti le armate naziste abbandonavano Roma con ogni mezzo, mantenendo sgombre le strade su cui si ritiravano le Divisioni di Cassino. Avevano di certo perso molti uomini, ma avevano salvato l'esercito. Proprio l'ultimo giorno vollero lasciare un altro ricordo di sangue. Alle porte della città, in frazione "La Storta" sulla via Cassia, per alleggerire un automezzo, assassinarono 14 prigionieri politici fra cui il vecchio sindacalista Bruno Buozzi.

Il feldmaresciallo nazista Kesselring riuscì ancora una volta a controllare la situazione ed evitare la disfatta, conducendo con notevole abilità la ritirata combattuta delle sue truppe attraverso l'Italia centrale grazie all'elevato spirito combattivo dei suoi soldati e ad alcuni errori alleati.

Nelle sue memorie ha evidenziato come gli anglo-statunitensi non impegnarono a fondo l'aviazione, non effettuarono sbarchi e non coordinarono l'avanzata con le attività dei partigiani italiani nelle retrovie del fronte tedesco. Kesselring ripiegò con ordine prima verso il lago di Bolsena e poi sulla nuova linea del lago Trasimeno, la cosiddetta linea Albert; il feldmaresciallo riuscì a convincere Hitler a rinunciare a una resistenza a oltranza per evitare nuove perdite guadagnare tempo.


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