martedì 11 giugno 2019

Pimpirias de Istoria subra unos cantos patriotas e eroes sardos. 1. Giovanni Maria Angioy. Prof. Francesco Casula




Imprenditore agrario e manifatturiero oltre che professore di diritto canonico, è giudice della Reale Udienza Udienza e fa parte della Giunta stamentaria costituita di due membri di ciascuno dei bracci parlamentari. Mentre nel capo di sopra nel 1795/96 divampa l’incendio antifeudale, con le agitazioni che continuano e si diffondono in paesi e ville del Sassarese, gli Stamenti propongono al viceré Vivalda di nominare l’Angioy alternos con poteri civili, militari e giudiziari pari a quelli del viceré.

L’intellettuale di Bono accettò, ritenendo che con quel ruolo avrebbe rafforzato le proprie posizioni ma anche quelle della sua parte politica incentrate sicuramente nella abolizione del feudalesimo in primis. Il viaggio a Sassari fu un vero e proprio trionfo: seguaci armati ed entusiasti si unirono con lui nel corso del viaggio, vedendolo come il liberatore dall’oppressione feudale. E giustamente. Anche perché riuscì a comporre conflitti e agitazioni, a riconciliare molti personaggi, a liberare detenuti che giacevano - scrive Vittorio Angius “in sotterranee oscure fetentissime carceri”.

Accolto a Sassari dal popolo festante ed entusiasta – persino i monsignori lo ricevettero nel Duomo al canto del Te Deum di ringraziamento – in breve tempo riordinò l’amministrazione della giustizia e della cosa pubblica, creò un’efficiente polizia urbana e diede dunque più sicurezza alla città, predispose lavori di pubblica utilità creando lavoro per molti disoccupati e si fece mandare da Cagliari il grano che era stato inutilmente richiesto quando più vivo era il contrasto fra le due città: per questa sua opera ottenne una vastissima popolarità.

Nel frattempo i vassalli, impazienti nel sospirare la liberazione dalla schiavitù feudale (ovvero“de si bogare sa cadena da-e su tuiu” come diceva il rettore Muroni, amico e sostenitore di Angioy) e di ottenere il riscatto dei feudi, proseguirono nella stipulazione dei patti dell’anno precedente: il 17 marzo 1796 ben 40 villaggi del capo settentrionale, confederandosi, giuravano solennemente di non riconoscere più né voler dipendere dai baroni.

Angioy non poteva non essere d’accordo con loro e li riconobbe: in una lettera spedita il 9 giugno 1796 al viceré da Oristano, nella sfortunata marcia su Cagliari che tra poco intraprenderà, cercò di giustificare l’azione degli abitanti delle ville e dei paesi riconoscendo la drammaticità dell’oppressione feudale che non era possibile più contenere e gestire e assurdo e controproducente cercare di reprimere. Non faceva però i conti con la controparte: i baroni. Che tutto voleva fuorché l’abolizione dei feudi: ad iniziare dal viceré. Tanto che i suoi nemici organizzarono durante la sua stessa permanenza a Sassari una congiura, scoperta ad aprile.

Si decise perciò di “impressionare gli stamenti con una dimostrazione di forza, che facesse loro comprendere come il moto antifeudale era seguito da tutta la popolazione e che era ormai inarrestabile”. Lasciò dunque Sassari e il 2 Giugno 1896 si diresse verso Cagliari, accompagnato da gran seguito di dragoni, amici e miliziani e l’8 giugno giunse in vista di Oristano. Nella capitale la notizia che un esercito si avvicinava spaventò il viceré che radunò gli Stamenti.

Tutti furono contro l’Angioy: anche quelli che erano stati suoi partigiani come il Pintor, il Cabras, il Sulis. Ahimè ritornati subito sotto le grandi ali del potere in cambio di prebende e uffici. Così il generoso tentativo dell’Angioy si scontra con gli interessi di pochi: fu rimosso dalla carica di Alternos, si posero 1.500 lire di taglia sulla sua testa e da leader prestigioso e carismatico, impegnato nella lotta antifeudale, per i diritti dei popoli e, in prospettiva nella costruzione in uno stato sardo repubblicano, divenne un volgare “ricercato”, e fu costretto a fuggire prima in Italia e poi in Francia, come esule.

Occorre sostenere con chiarezza che l’Angioy aveva in testa – come risulta dal suo Memoriale non solo la pura e semplice abolizione del feudalesimo ma una nuova prospettiva istituzionale: la trasformazione dell’antico Parlamento in Assemblea Costituente e uno stato sardo indipendente che “doveva comporsi di quattro dipartimenti (Sassari, Oristano, Cagliari e Orani) suddivisi a loro volta in cantoni ricalcanti le micro-regioni storiche dell’Isola” Giovanni Maria Angioy morirà a Parigi povero e solo, abbandonato da tutti, il 22 marzo del 1808 assistito e sostenuto dalla vedova Dupont, presso cui stava a pensione.

Prof. Francesco Casula
Storico e saggista, autore de “Carlo Felice e i tiranni sabaudi”

La prossima presentazione de”Carlo Felice e i tiranni sabaudi”
Si terrà ad A Ula Tirso il 15 giugno prossimo.
(Sotto la locandina dell'evento)




Nessun commento:

Posta un commento