lunedì 24 giugno 2019

(24 Giugno 1995) Arrestato Bagarella, il Killer più spietato


(24 Giugno 1995) Viene arrestato Leoluca Bagarella, uno dei più importanti esponenti della mafia siciliana, nello specifico conosciuta col termine "Cosa Nostra". Killer spietato, si ritiene sia stato responsabile direttamente od indirettamente di centinaia di omicidi durante la seconda guerra di mafia, oltre che diretto responsabile di alcuni tra i più gravi fatti di sangue di Cosa Nostra, tra cui la Strage di Capaci e l'uccisione di Boris Giuliano.


Quarto figlio del mafioso Salvatore Bagarella, fratello di Antonietta Bagarella, entrò a far parte della cosca di Corleone dopo che suo fratello maggiore Calogero diventò uno dei fedelissimi del boss Luciano Liggio, e dei suoi compagni Totò Riina e Bernardo Provenzano. Calogero fu ucciso dal boss Michele Cavataio nella strage di Viale Lazio nel 1969 e Leoluca si diede alla latitanza. Nel 1974, sua sorella sposò in segreto Totò Riina, seguendolo nella latitanza.

Bagarella viene arrestato mentre usciva da un negozio di abbigliamento, dov’era andato a ritirare un paio di jeans acquistati pochi giorni prima e che aveva lasciato danello stesso negozio per essere accorciati. Ray-ban scuri al collo una catena con la fede della moglie, al controllo degli agenti in borghese esibisce un documento falso dichiarando di essere Franco Amato, impiegato delle poste. Una volta caricato nell’auto degli agenti in borghese, però si complimenta con loro.

Nel 2002 viene condannato ad un nuovo ergastolo per l’omicidio di Giuseppe Di Matteo, figlio del pentito Santino Di Matteo, che fu strangolato e sciolto nell’acido per volontà di colui definito come il "capo dei capi": Totò Riina (la belva). Sempre nel 2002, durante un’udienza a Trapani alla quale Bagarella partecipa tramite videoconferenza, legge un comunicato di protesta verso il sistema del carcere duro, indirizzato al mondo politico.

Nel capannone di via Messina Montagne, periferia est di Palermo, dove Bagarella faceva portare i mafiosi prima da torturare e poi da strangolare, si trovavano, in una cassapanca mimetizzata, gli attrezzi per la tortura, vale a dire manette, corde, lacci, fili di ferro, guanti di lattice; e appese alle pareti le immaginette di santa Rosalia, santa Rita, la Madonna e San Cristoforo. Gaetano Buscemi, nipote di Giuseppe Li Peri (ucciso su ordine di don Luchino un mese prima insieme al figlio, perché legato al boss Aglieri, e quindi a Provenzano), fu torturato per otto ore prima di essere strangolato. Ammise che lo zio morto stava con Aglieri e ottenne così che il suo cadavere non venisse sciolto nell’acido ma più dignitosamente scaricato in una via del centro di Villabate (Sabella).




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