venerdì 2 novembre 2018

Per i professori un periodo sempre più difficile: gli investimenti sono pari a zero. Di Lucia Chessa.




La collega contro la quale dei ragazzini, a cui molti daranno indulgenti pacchette sulle spalle, hanno scagliato alcune sedie insegna italiano e storia come me, lavora in un istituto professionale come me, ed ha più o meno la mia età. E’ anche una donna come me, come tante che andavano occupando le scuole italiane a mano a mano che andavate svalutando questo lavoro, malpagandolo come nessuno in Europa, svalorizzandolo nelle sue competenze, sminuendone il ruolo, salvo poi chiamarlo in causa ogni qual volta si profili, in episodi che non vi sapete spiegare in alcun modo, il fallimento educativo, il disagio di una comunità, di una società e di un modello di relazione tra le generazioni e tra le persone.

Noi insegnanti siamo quelli a cui, nel mentre ci sbeffeggiate richiamando, come fa Salvini, i tre mesi di ferie inesistenti, chiedete sempre di più. Ci mettete di fronte anche 30 alunni per classe, molti di loro con bisogni educativi speciali, e comunque ognuno con grandi bisogni di lavoro personalizzato ed individualizzato e volete risultati educativi e competenze acquisite.

Noi insegnanti siamo quelli che hanno l’orario settimanale di lavoro suddiviso su due e tre scuole, in diversi comuni, spesso distanti anche ore di viaggio e ci spostiamo da una scuola all'altra, anche nell’arco di una mattina, senza alcun rimborso delle spese e senza che i nostri spostamenti siano compresi nell’orario di lavoro. Noi siamo quelli che non conoscono orari certi perché per tutto ci sono riunioni pomeridiane che introducono flessibilità infinite ed è possibile che, alla fine, la settimana, abbia 4 rientri pomeridiani.

Capita anche che siamo quelli che, finalmente, la domenica, riusciamo a concludere la correzione dei compiti e a lavorare con calma per impostare bene la prossima unità di apprendimento da proporre ai nostri alunni. Siamo anche quelli per i quali l’accesso al contratto a tempo indeterminato segue percorsi infiniti che passano attraverso lauree, specializzazioni, formazioni, acquisizioni di crediti formativi a pagamento...

Noi lavoriamo in un paese che, in Europa, si colloca al penultimo posto per la spesa che riserva all’istruzione e anche questa volta, il ministro del governo del cambiamento, nell’informarci che per la scuola gli investimenti sono pari a zero, ci ha detto che: “Occorre riscaldarci con la legna che c’è” . Ci riscalderemo, come sempre. Un abbraccio alla mia collega.

Di Lucia Chessa

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