martedì 3 gennaio 2017

La seconda vita delle Province sarde.

Unione Sarda.

La seconda vita delle Province Fondi ridotti, personale all'osso e competenze cedute alla Regione: ma in primavera si vota Dovevano sparire, invece è appena nata quella del Sud Sardegna.

Più forti di tutto: le Province sopravvivono al taglio delle risorse statali, a una legge nazionale (la “Delrio”) che voleva di fatto sopprimerle, in ultimo anche al referendum che si proponeva di cancellarle dalla Costituzione. Invece no, restano in vita. Anzi, nell'Isola dal primo gennaio ne è nata una nuova, il Sud Sardegna: 107 paesi, dal Sulcis al Sarrabus passando per Medio Campidano, Sarcidano, Trexenta e Parteolla, 357 mila abitanti. Mezza regione, Cagliari e,area metropolitana (di nuova istituzione) esclusa.

SOPRAVVISSUTE Resta il paradosso: perché confidando in una fine prossima, nel frattempo erano state sistemate in un binario morto della pubblica amministrazione, sacrificando i bilanci, riducendo personale e soprattutto competenze. Adesso che sono ufficialmente risorte, le Province restano senza possibilità di assumere personale per concorsi, neppure con il turn over parziale che resiste nei Comuni. E in estate si voterà per eleggere i nuovi presidenti.

Nell'Isola in quelle “storiche” di Sassari, Nuoro e Oristano, più il Sud Sardegna. Perché le altre quattro (Ogliastra, Gallura, Medio Campidano e Sulcis) erano state già abolite su decisione popolare, sull'onda di un'opinione pubblica che vede gli enti intermedi come emblema dell'elefantiaca (e spesso inutile) macchina burocratica italiana e dello spreco di denaro pubblico.

LA REGIONE L'assessore regionale Cristiano Erriu, che si era schierato per il sì alla riforma costituzionale e quindi di riflesso nella schiera dagli abolizionisti, si dichiara pronto ad affrontare la nuova situazione alla luce della legge regionale voluta dal centrosinistra. E saluta la nascita del Sud Sardegna, ufficiale da avant'ieri con il trasferimento degli ultimi venti dipendenti superstiti da quella di Cagliari e con l'istituzione del bilancio contabile della nuova Provincia: «Auspico un cambiamento di mentalità che possa portare i comuni sardi ad associarsi tra loro per ridurre le spese e migliorare i servizi.

Esistono fondi del bilancio regionale assegnati proprio per consentire ai Comuni di unificare gli uffici che non vengono né richiesti né spesi. Le Province erano nella camera della morte, avevano subito il taglio dei trasferimenti delle aliquote su bollo auto e assicurazioni di responsabilità civile destinate a limare di un miliardo il debito pubblico nazionale. Adesso il risultato del referendum ha cambiato la loro sorte, hanno delle competenze e devono essere messe nelle condizioni di poter lavorare, fermo restando che la Regione ha previsto un ruolo importante per le Unioni di Comuni».

LA RIFORMA Erriu, ex sindaco di Santadi ed ex presidente dell'Anci Sardegna (l'associazione nazionale dei Comuni d'Italia) vede comunque il bicchiere mezzo pieno: «La riforma è avviata e procede per gradi: senza l'elezione diretta del presidente e del Consiglio provinciale ci sarà un risparmio in Sardegna di dieci milioni di euro. E i nuovi organismi saranno a costo zero, visto che il presidente sarà eletto tra i consiglieri dei Comuni delle Province e che non è previsto compenso, a parte i gettoni di presenza a carico sempre dei Municipi».

L'ANCI Più articolato il pensiero di Pier Sandro Scano, attuale presidente dell'Anci Sardegna ed ex assessore regionale: «Siamo in un quadro confuso a livello nazionale, dopo la vittoria del “no” al referendum occorre una riflessione anche in Sardegna, viste le competenze della Regione autonoma. La legge nazionale Delrio è in gran parte un fallimento: se si è riusciti a portare avanti l'istituzione delle città metropolitana (come quella di Cagliari), l'auspicata fusione dei comuni sta riguardando soltanto una ventina di municipi del centro Italia (su ottomila totali). Si va avanti di proroga in proroga, perché tutti i sindaci vogliono salvaguardare (giustamente) identità, storia e autonomia. La strada corretta sarebbe quella di convincere i Comuni a lavorare insieme per migliorare i servizi e ridurre i costi. Ma in un quadro così difficile deve intervenire lo Stato, partendo dalla lezione delle Province: sembravano superate e invece sono risorte dalle loro ceneri».

Paolo Carta

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Federico Marini
marini.federico70@gmail.com
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