martedì 31 gennaio 2017

Rassegna stampa 31 Gennaio 2017

La Nuova Sardegna


D’Alema incalza: «Nostra reazione? Una nuova lista». Renzi: «Rispetto le regole». Pd, l’ombra lunga della scissione.

ROMA Una lista a sinistra del Pd? Partirebbe dal dieci per cento. Per la prima volta Massimo D’Alema evoca la parola scissione. E ammette di avere già fatto sondare il consenso della eventuale nuova costola della sinistra. «Se Renzi volesse sbaraccare tutto e chiedesse le dimissioni di Gentiloni senza cambiare la legge elettorale, la reazione sarebbe una nuova lista», spiega D’Alema su Raitre, chiedendo di convocare il congresso. «Senza congresso ci sarà una frattura nel partito, un grande partito che viene da tante ripetute sconfitte ha bisogno di fare un congresso», aggiunge D’Alema dando ragione a Michele Emiliano.

Il governatore della Puglia che si è candidato alla segreteria del Pd ha minacciato carte bollate se Renzi non indirà il congresso anticipato prima del voto accusando l’ex premier, in caso di nuovo diniego, di essere lui a lavorare per la scissione. Matteo Renzi è sempre più sotto assedio. A chiedere il congresso ora non è più solo la minoranza bersaniana. Enrico Rossi, il presidente della Toscana, anche lui candidato alla segreteria dem, ha lanciato ieri una petizione online per chiedere al partito di anticipare il congresso, convinto che il Pd di Renzi abbia smarrito la bussola.

Il Pd deve tornare a occuparsi delle nuove povertà. Tornare a parlare ai giovani, ai lavoratori e ai ceti popolari, spiega Rossi, chiedendo di cambiare strategia e leadership. La verità, dice ancora D’Alema, è che Renzi vuole far cadere Gentiloni e andare al voto subito per un «calcolo meschino» per far fuori tutti i dissidenti. «Il Pd non è più casa nostra», aggiunge un bersaniano.

Ma non è più solo la sinistra del partito a mordere il freno verso la corsa che Renzi sembra intenzionato a fare per andare al voto il prima possibile. Anche nell’area di Franceschini cresce il malumore. E soprattutto, in perfetta sintonia con il Quirinale, si chiede di aspettare le motivazioni dell’Alta Corte sull’Italicum prima di mettersi a lavorare per uniformare i sistemi elettorali di Camera e Senato. L’obiettivo è quello di cambiare il premio di maggioranza, che la Consulta ha salvato, dalla lista alla coalizione.

In perfetta sintonia con le esigenze dei centristi di Alfano. E Renzi? Prima tocca a Matteo Orfini provare a spiegare che per statuto il congresso non può essere convocato prima di giugno. «È un passo avanti», commenta ironico Francesco Boccia, vicino a Emiliano, che evoca un referendum tra gli iscritti. Poi ci prova Matteo Renzi a rimettere le cose a posto. In realtà il segretario del Pd lancia messaggi dal suo blog e sembra già proiettato in campagna elettorale; parla di Irpef e torna a promettere che se tornerà a Palazzo Chigi le tasse andranno giù perché è finita l’era della sinistra che ama il fisco Dracula.

In serata però ci ripensa e dalla sua e-news prova a spiegare di non essere interessato alla data dal voto. «Il problema non è con quale legge si vota, visto che questo interessa solo gli addetti ai lavori che cercando posti in parlamento». Poi affronta la questione congresso, rimandando all’assemblea del 18 dicembre «quella - per intendersi - in cui mi è stato chiesto di non fare il congresso straordinario ma di rispettare la tempistica e le regole dello statuto. Se uno fa parte di una comunità deve rispettarne le regole, no?». (m. b.)

Unione Sarda

Congresso Pd, la sinistra alla ricerca di un candidato
La corrente della Traversata tende la mano agli esponenti che hanno
sostenuto il No

Un Partito democratico con una forte connotazione sarda che acquisisca
maggiore autonomia rispetto a Roma e che abbia nei piccoli Comuni una
risorsa fondamentale. Cominciano a delinearsi i contorni del dibattito
che impegnerà le correnti dem sino al 19 marzo, data prevista per il
congresso.

A fare la prima uscita pubblica sono i rappresentanti della corrente
della Traversata, che guardano alla sinistra del Pd e lamentano alcune
lacune che in questi mesi hanno caratterizzato il partito. L'obiettivo
è riuscire a trovare un candidato per la segreteria che possa
rappresentare anche la parte più a sinistra del Pd. I rappresentanti
della Traversata guardano con particolare attenzione a quella parte
che «ha dimostrato, anche nella campagna referendaria, di saper
intercettare un diffuso malcontento dell'elettorato sardo che si è
riconosciuto nella battaglia in favore del No».

Tra questi c'è Yuri Marcialis, assessore comunale a Cagliari e l'unico
a schierarsi pubblicamente contro la riforma costituzionale di Renzi.
Questa fase pre-congresso, è l'occasione per fare autocritica: «Non
sempre abbiamo saputo comunicare un'idea di Sardegna chiara e
condivisa e si è sentita l'assenza di una dialettica corretta,
costruttiva ma incalzante nei confronti del governo regionale»,
scrivono gli esponenti della Traversata. Lo sguardo, però, è rivolto
anche alle altre correnti del partito che in questi giorni stanno
lavorando per cercare di arrivare a una sintesi. I propositi, emersi
nelle ultime settimane, erano orientati verso una candidatura
unitaria, anche se allo stato attuale un percorso simile non sembra
assolutamente praticabile.

La segreteria sarà anche un discorso generazionale, nel tentativo di
trovare tra i giovani la guida per il Partito democratico. Così,
l'appello è a «tutte quelle generazioni che, iniziando con noi nuovi
percorsi nei mesi scorsi, hanno voluto testimoniare la necessità di
confrontarci sui problemi dei nostri concittadini». (m. s.)

Presidenza Anci, 118 voti su 377. Ciccolini: «Una vergogna»
Dopo quattro mesi svolta tra polemiche. Il sindaco di Bortigiadas: «Un
onere pesante» Eletto Deiana ma è scontro

La novità è che l'Anci Sardegna ha un presidente ed è Emiliano Deiana,
sindaco di Bortigiadas, eletto per acclamazione dai 118 sindaci
presenti all'assemblea di ieri a Nuraghe Losa. È, però, l'unica novità
perché anche questa elezione lascia un pesante strascico polemico
sull'Associazione dei sindaci. L'altro candidato, il primo cittadino
di Bitti Giuseppe Ciccolini, non accetta il verdetto e sullo
svolgimento delle elezioni attacca: «Non c'è nessuna legittimità. Oggi
una minoranza spregiudicata ha deciso di governare l'Anci. Mi vergogno
per loro».

LE CREPE I prossimi saranno giorni caldi per l'associazione dei
sindaci e soprattutto per il neo presidente che parla di «un onere
pesante, anche dal punto di vista personale. Abbiamo deciso che non
potevamo lasciare l'associazione senza governo». Ma sull'Anci incombe
la sentenza del ricorso presentato da Ciccolini per contestare l'esito
delle elezioni del 23 settembre scorso, invalidate dall'ufficio di
presidenza dell'assemblea, in cui il sindaco di Bitti raccolse 152
voti contro i 141 di Deiana.

LA GIORNATA Dopo quattro mesi di stallo e vari rinvii, i sindaci sardi
si sono dati appuntamento al Centro congressi di Nuraghe Losa per
l'assemblea convocata dall'Anci per ripetere le elezioni. In sala ci
sono circa 190 sindaci, a cui Ciccolini propone lo slittamento delle
elezioni. Nella sua richiesta il limite è fissato all'8 febbraio, data
prevista per la sentenza sul ricorso dello stesso Ciccolini.
Alla fine si decide con un nuovo voto se procedere o meno con le
elezioni: 108 votano a favore e 29 contro. Nel frattempo una parte di
sindaci lascia la sala, tra questi anche Ciccolini, andato via prima
dell'epilogo dell'assemblea. Alla fine Deiana viene eletto per
acclamazione con 118 voti favorevoli, 23 in meno rispetto a quelli
raccolti in occasione della prima assemblea ed è per questo che il
sindaco di Bitti parla di «un vero e proprio blitz».

L'ATTACCO Una giornata che lascia l'amaro in bocca a Ciccolini,
convinto che l'elezione di Deiana «non sia legittima sia dal punto di
vista procedurale sia da quello politico». L'umore del sindaco di
Bitti fa presagire un'altra tornata di ricorsi e contestazione, così
come è successo in occasione della prima elezione nulla. «Non si è mai
vista un'assemblea che elegge un presidente con così pochi sindaci»,
sottolinea Ciccolini, «è un fatto molto grave». Dissolti
definitivamente anche i propositi di mediazione: «Se l'intenzione era
quella di trovare unità, questo non aiuta e io non sono intenzionato a
fare sconti a nessuno».

C'è un aspetto tecnico che porta il sindaco di Bitti a contestare
l'elezione e riguarda il quorum. Infatti, i 152 voti raccolti
all'assemblea di settembre furono giudicati insufficienti. «Ora 118
voti sono considerati sufficienti, mentre a settembre i miei 152 non
lo erano», conclude Ciccolini.

IL VINCITORE Emiliano Deiana ha la voce ancora provata da una giornata
faticosa. I numeri non sono trionfali: «Sono consapevole che 118 voti
non sono tantissimi - dice - ma non sono neanche pochi». L'inizio del
mandato del neo eletto presidente è all'insegna della massima apertura
con la volontà di «coinvolgere tutti, all'interno di un discorso
unitario dell'Anci». Nessun problema anche per l'esito del ricorso,
presentato da Ciccolini. «Aspetterò serenamente il pronunciamento, poi
farò le valutazioni politiche che non escludono nessuna soluzione».

Se la sentenza non dovesse cambiare i destini dell'Associazione, il
sindaco di Bortigiadas è deciso ad andare avanti: «Il mio impegno sarà
quello di rendere partecipi tutti i primi cittadini nel governo
dell'Anci». Una mano tesa verso Ciccolini, anche se per ora la
tensione è ancora troppo alta per pensare a qualsiasi dialogo. Deiana
rimanda al mittente qualsiasi accusa di forzatura se non addirittura
di “blitz”, come ha evidenziato Ciccolini per commentare le elezioni.
«C'è stata una votazione per decidere se fare le elezioni oppure no.
Alla fine si è deciso di votare oggi perché diversamente l'Anci
Sardegna rischiava di rimanere senza governo». L'ultima stoccata è per
il collega di Bitti che ha annunciato battaglie: «Così non stiamo
discutendo di politica, ma di ricorsi. Cosa che mi appassiona davvero
poco».
Matteo Sau

PALAZZO REGIO. Sì del Consiglio al primo documento contabile
Città metropolitana, avvio con poche risorse

Il Consiglio metropolitano ha approvato ieri il Documento unico di
programmazione (Dup) e il primo bilancio di previsione della Città
metropolitana per il 2017. Nel documento approvato (107 milioni per
l'anno in corso, 58 milioni di spesa corrente, 24 milioni di
trasferimenti-rimborso allo Stato), i numeri dell'ente: dalle risorse
umane (256 dipendenti) alle partecipazioni in altre società (Cacip, 40
per cento; Parco di Molentargius, 3 per cento; Parco Gutturu Mannu,
4,1 per cento), dal piano triennale delle opere pubbliche (interventi
per 54 milioni) agli immobili, dalle entrate alle uscite relative al
contributo alla finanza pubblica.

LE VOCI Il sindaco Massimo Zedda ha illustrato al Consiglio ogni voce
e passaggio del documento. Non sono previsti accessi a mutui o
indebitamento. Rimangono in cassa oltre 95 milioni di euro fermi per
il patto di stabilità.

È stato osservato che se è vero che i Comuni della Città metropolitana
sono stati individuati come destinatari dei 168 milioni di euro
relativi al “Patto per Cagliari”, è altrettanto vero che il nuovo
ente, come tutti gli enti territoriali, «eredita una situazione in
forza della quale lo Stato centrale», ha sottolineato Francesco
Lilliu, consigliere e segretario provinciale Pd, «in questi ultimi
anni ha drasticamente ridotto i trasferimenti, determinando una
ridotta capacità di spesa, che è tutta incentrata nell'erogazione di
servizi come la manutenzione delle strade e delle scuole superiori
pubbliche».

IL SINDACO Il bilancio, come ha rilevato il sindaco Zedda, «è stato
redatto in linea con quanto contenuto nel Documento unico di
programmazione». La previsione delle entrate non si basa su un trend
storico preciso, «ma su una ripartizione in base alla popolazione e al
territorio dei 17 Comuni della Città metropolitana», pari «a circa il
75 per cento del gettito annuo della soppressa Provincia».
LA GESTIONE Il Consiglio ha constatato che il bilancio non poteva che
essere tecnico e che le somme contenute nel documento di spesa
dovranno essere utilizzate per la gestione ordinaria e per lo
svolgimento dei compiti essenziali della Città metropolitana.

CRITICITÀ Il capitolo contributi erariali tra tra le criticità. «Non
sono previsti trasferimenti da parte dello Stato», ha sottolineato
Fabrizio Marcello, Pd, «perché i contributi spettanti alla soppressa
Provincia sono stati quasi azzerati fin dal 2012». (p. p.)

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La Nuova

Il sindaco di Bortigiadas è scelto per acclamazione da 118 colleghi isolani
Ma Ciccolini, che ha abbandonato con altri l’assemblea, contesta il risultato
Anci, viene eletto Deiana ma c’è già un ricorso
di Luca Rojch

SASSARI Presidente a orologeria. La sfida tra Giuseppe Ciccolini ed
Emiliano Deiana per la guida dell’Anci finisce, per ora, con
l’elezione del sindaco di Bortigiadas. Vittoria imbottita di polemiche
che avrà un seguito in tribunale. Ciccolini non la prende benissimo e
su Facebook non lo nasconde: «Siete inadeguati, mi vergogno per voi».
La cronaca. Deiana viene eletto per acclamazione da 118 sindaci
rimasti in aula fino al pomeriggio. Ma prima del voto c’è stata una
lunga giornata di trattative. Ad Abbasanta si presentano poco più di
190 primi cittadini, su 377. Non troppi.

In sala ci sono anche i due
candidati: Ciccolini e Deiana. Sull’assemblea dominava l’incognita se
votare o no. Alla fine si decide di aprire il seggio ed eleggere il
presidente. Ciccolini non ci sta. Va via, lo seguono un’ottantina di
sindaci. A votare restano in 118. Tutti acclamano Deiana. Il
tribunale. Tutti penserebbero a un lieto fine. Ma non è così. Al
contrario domina l’incertezza. Perché questa in realtà è la seconda
votazione. Un presidente era già stato eletto il 23 settembre. Eletto
e congelato. Giuseppe Ciccolini aveva ottenuto 152 voti dei 304
sindaci presenti. Ma la sua elezione era stata sospesa. Secondo la
presidenza per alcuni aspetti formali insuperabili. Il sindaco di
Bitti ha sempre contestato questa decisioni, certo che la volontà
dell’assemblea era netta.

Per questo in accordo con Deiana si è
affidato a un collegio di arbitri. Ma neanche loro sono riusciti a
prendere una decisione. Alla fine Ciccolini ha presentato ricorso in
tribunale. Il pronunciamento è fissato per 8 febbraio. Una settimana.
Il paradosso. Il rischio è che l’Anci si trovi con due presidenti. Se
il tribunale dovesse dare ragione a Ciccolini. Ma se non bastasse il
sindaco di Bitti ha annunciato che impugnerà davanti al giudice anche
questa votazione. «Sono sereno – dice – ma mi chiedo con quale
criterio si possa essere andati al voto con una partecipazione così
scarsa. E ci si dimentica della volontà già espressa da oltre 150
sindaci a settembre. In una elezione valida. Questa è un’elezione
farsa. Una minoranza cerca di invertire le decisioni di una
maggioranza. Assumerò tutte le decisioni necessarie per tutelare me,
chi mi ha sostenuto, e l’Anci stessa nei confronto di chi con
arroganza vuole a tutti i costi impadronirsi della associazione dei
comuni». E ribadisce. «Se il tribunale l’8 febbraio mi dà ragione lui
decade». La mano tesa.

Deiana non si chiude nel fortino. Al contrario.
«Credo fosse necessario dare una svolta dopo quattro mesi – dice –.
Ora attenderemo cosa dice il giudice e poi valuteremo con tutti i
sindaci sardi cosa fare. Spero tanto che Ciccolini e tanti altri
partecipino da protagonisti nella vita dell’Anci. Io prendo con
responsabilità il peso di questa carica». Sindaci vs Regione. Deiana
parla già da presidente e punta dritto sulla contrapposizione tra
sindaci e Regione che in questi giorni è diventata centrale. «Alcune
scelte della Regione non le condivido – spiega –, ma io vedo margini
per correggere il tiro.

Queste decisioni danneggiano le comunità.
Credo ci si debba sedere intorno a un tavolo. Da oggi mi attiverò per
aprire i canali del dialogo. Ma io non penso che ci siano le
condizioni per parlare di un partito dei sindaci». Partiti e
frammenti. Controluce si riesce a vedere dietro questo pasticcio
dell’elezione infinita, durata oltre quattro mesi le battaglie interne
al Pd. La lotta tra correnti Dem ha condizionato in modo evidente il
voto. Le simpatie di una buona fetta del Partito democratico erano per
Ciccolini, che dalla sua era riuscito ad avere anche l’appoggio di una
parte dei primi cittadini di centrodestra. Ma sarebbe una lettura
errata vedere l’elezione di Deiana come la vittoria della ribellione
alla lotta di correnti. Il sindaco di Bortigiadas, per dna lontano
agli alambicchi delle correnti, non ha chiesto un appoggio a una delle
anime del Pd. Ma nel voto di oggi ha avuto un peso la lotta infinita
tra le diverse anime in litigio perpetuo del Pd.


Il segretario regionale Ignazio Ganga lancia l’allarme: addetti al
minimo storico. Il rilancio già in questa Finanziaria
Cisl: la Regione non dimentichi l’industria

CAGLIARI Otto azioni positive da intraprendere subito e, assieme,
riportare nel dibattito regionale la questione industriale «non
pienamente centrale, nonostante alcuni sforzi compiuti, nelle
strategie di sviluppo della Sardegna». La prima occasione per
promuovere la discussione è alla porte: il confronto sulla legge
finanziaria 2017.

Usa toni decisi Ignazio Ganga, segretario regionale
della Cisl, che chiede un nuovo progetto industriale per l’isola dove
«il numero di addetti è sceso al minimo storico del 10,2 per cento del
mercato del lavoro regionale, parte dei quali coinvolti in Cig o
mobilità». «Una solida base industriale in Sardegna è condizione
indispensabile per uno sviluppo di lungo periodo e per la crescita
economica - dice Ganga -. Una nuova strategia manufatturiera, da
tenere presente anche nel confronto sulla legge finanziaria, è l’unica
alternativa al pesante rischio di deindustrializzazione». Ganga dice
che la strada da percorrere comincia innanzitutto con «la ripresa del
dialogo con il governo centrale e una forte azione settoriale della
Regione, senza perdere tempo.

Serve una nuova determinazione per non
dover assistere impotential declino dell’apparato industriale sardo
che registra la scomparsa di interi settori (vedi il tessile della
Sardegna centrale) mentre lascia in attesa di risposte alcuni
importanti realtà produttive dei poli industriali di Porto Torres,
Portovesme, Assemini, Ottana e Arbatax». Scendendo nella concretezza
dei problemi, Ganga mette al primo posto l’attuazione di un documento
fondamentale, il Patto per la Sardegna, sottoscritto a Sassari il 29
luglio 2016 tra Regione e Governo, «utile a portare a soluzione la
questione energetica, infrastrutturale el’annoso problema
dell’insularità e della contnuità territoriale per le merci tese a
pareggiare le condizioni competitive rispetto alle altre regioni».

Poi: Eni e Fincantieri «devono essere richiamati alle loro
responsabilità» ma Ganga chiede anche che si promuova «una nuova fase
di scouting sul panorama industriale privato nazionale ed estero per
irrobustire il tessuto produttivo regionale». Il progetto di Industria
4.0 «è importante» e qui devono convergere i progetti di innovazione.
Ganga continua la lista con le vertenze storiche in drammatica attesa
di una risposta (da Alcoa a Vesuvius a Ottana Polimeri) e punta
l’attenzione sulla chimica verde: settore con un gran futuro
realizzato però soltanto al 30 per cento con soli 200 milioni di euro
investiti su 700 programmati.

Su questo, occorre «un supplemento di
analisi e valutazione da parte di Regione e Governo». Porto Torres va
guardata con attenzione perché è neo area di crisi con la centrale di
Fiumesanto non più destinataria dell’investimento per il quinto
gruppo. La carrellata continua tra Ogliastra, Ottana e il Sulcis, dove
Enel si disimpegna condizionando gli investimenti alla ripartenza
delle industrie energivore. Il dibattito, insomma, è urgente

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Federico Marini
skype: federico1970ca


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