martedì 17 gennaio 2017

Rassegna stampa 17 Gennaio 2017

Unione sarda

La Sardegna aspetta Pigliaru Dal 2 gennaio il presidente in cura all'ospedale Brotzu, l'esecutivo è coordinato da Paci Si rincorrono voci di dimissioni, ma arrivano solo smentite.

La politica sarda è in fibrillazione più del solito. Non bastassero le questioni, diciamo così, di ordinaria amministrazione (tra le quali le dimissioni di due assessori all'indomani del referendum costituzionale e un rimpasto rimasto a metà) adesso si è diffuso l'incubo sulle possibili dimissioni del presidente della Regione. Le voci si rincorrono, hanno iniziato a circolare qualche settimana fa, poi si sono spente, infine riacutizzate: il governatore lascia?

In Consiglio, e pure in ambienti paralleli, sono in molti a darlo per sicuro, addirittura qualcuno si spinge a sostenere (certo, anonimamente) che la lettera d'addio sarebbe già stata firmata e l'annuncio arriverà entro la settimana. Ma da Villa Devoto la smentita è categorica: solo chiacchiere in libertà. Il governatore sta molto meglio - dicono dal suo entourage - e presto tornerà in ufficio. Altro che dimissioni - aggiungono - sta insistendo per riprendere a lavorare sul campo, con tutte le cose che ci sono da fare fino al termine della legislatura. Nel frattempo l'esecutivo è retto dal vicepresidente, l'assessore al bilancio Raffaele Paci.

IL RICOVERO Francesco Pigliaru, 62 anni, è ricoverato dal 2 gennaio. Le ultime notizie ufficiali risalgono a una settimana fa, un bollettino medico del direttore sanitario aziendale, Vinicio Atzeni, spiega che «il presidente è in cura presso l'ospedale San Michele dell'azienda ospedaliera Brotzu, attualmente in regime di ricovero, per una patologia immunologica. Il quadro clinico, iniziato con un interessamento delle vie respiratorie, è attualmente in fase di remissione ma richiede ancora un periodo di riposo e cure».

BOTTA E RISPOSTA La vicenda è cominciata il 7 dicembre scorso, quando il leader di Forza Italia Ugo Cappellacci ha divulgato la notizia sulla sua pagina Facebook. «Ho appena saputo che il presidente Pigliaru è ricoverato al Brotzu, mi dispiace molto. Presidente, voglio combatterla politicamente e far capire a tutti quanto sia dannosa e deleteria per la Sardegna la sua presidenza in stile anti autonomista, ma lo voglio fare contro un presidente nel pieno delle forze ed in ottima salute. È per questo che sul piano personale mi spiace sinceramente sapere che non sta bene e che è molto provato. Le faccio gli auguri più sinceri di pronta guarigione».

Dal suo staff subito la replica - «il presidente non è affatto ricoverato, si trovava in ospedale per fare alcune analisi» - e dal diretto interessato un'ironica smentita: «Ho chiamato Ugo Cappellacci, l'ho ringraziato per la sua solerte preoccupazione e rassicurato sulle mie condizioni di salute. Facendo gli opportuni scongiuri, conservo i suoi auguri per quando e se ce ne sarà bisogno. E ora continuo a lavorare come tutti i giorni».

IL BOLLETTINO. Subito dopo le feste, il comunicato stampa: «Il presidente è ricoverato dalla sera del 2 gennaio in un ospedale di Cagliari, a causa del riacutizzarsi della patologia di cui ha sofferto nei giorni immediatamente precedenti il Natale e che rende necessario portare avanti la terapia sotto lo stretto controllo medico». Allora si era parlato di una bronchite a lungo trascurata. «Il presidente dovrà trattenersi in ospedale alcuni giorni. Comunque, continua ad occuparsi delle attività istituzionali in raccordo con il vicepresidente Raffaele Paci e il direttore generale Alessandro De Martini». Il 10 gennaio, un'altra nota fa sapere che le sue condizioni «migliorano» e il bollettino medico spiega appunto che è necessario ancora un periodo di riposo e di cure. Poi più niente. Ed è così che radio Palazzo ha iniziato a diramare avvisi, considerazioni, appelli e timori. Mentre è atteso per oggi un aggiornamento da parte dell'ufficio stampa.

LO SCENARIO Francesco Pigliaru è stato eletto governatore dell'Isola in seguito alle elezioni del febbraio 2014, dunque, la scadenza naturale della legislatura è nel 2019. Se si dovesse dimettere prima, automaticamente e immediatamente si scioglierebbe il Consiglio regionale, insomma, andrebbero tutti a casa, come si usa dire, e nel giro di un brevissimo lasso di tempo tecnico, i sardi dovrebbero tornare alle urne. E allo stato attuale, la nuova legge elettorale è in fase di stallo (manca la parità di genere) e né il centrosinistra né il centrodestra hanno candidati forti e spendibili.

Cristina Cossu

La classifica del Sole24Ore: il governatore è penultimo
Tra i sindaci Massimo Zedda (Cagliari) e Andrea Soddu (Nuoro) sono
quindicesimi in Italia

Il gradimento per Francesco Pigliaru a metà legislatura è in forte
calo, tanto da non andare oltre il penultimo posto nella classifica
“Governance Poll 2017” stilata dall'Istituto Ipr Marketing per il
Sole24Ore.

Secondo il sondaggio il governatore sardo si piazza al 17esimo posto
(Trentino Alto Adige e Valle d'Aosta non rientrano nell'indagine
perché lì non c'è l'elezione diretta del presidente), davanti solo al
collega siciliano Rosario Crocetta: rispetto al 42,5% delle preferenze
ottenute il giorno della sua elezione, nel Governance Poll 2017
ottiene solo il 30%, con una differenza in negativo del 12,5%.
Dall'indagine, che mette ai primi posti due habitué del gradimento
popolare (entrambi al secondo mandato) il veneto Luca Zaia e il
toscano Enrico Rossi, emerge che agli ultimi posti della lista ci sono
i governatori di tre Regioni a Statuto speciale (prima di Pigliaru la
presidente del Friuli Venezia Giulia, Deborah Serracchiani).

I SINDACI In Sardegna fanno meglio i sindaci, a partire da quello di
Cagliari, Massimo Zedda, che ottiene il quindicesimo posto nazionale
(su 104) con un gradimento in aumento rispetto al giorno della sua
elezione (al secondo mandato), di oltre il sette per cento (58%
rispetto al 50,9% del risultato elettorale). Una crescita tra le più
significative nella lista dei primi cittadini, basti pensare che
Chiara Appendino, sindaca pentastellata di Torino, si trova al primo
posto della classifica con un balzo in avanti del 7,4%. «È un
risultato che fa piacere: significa che i cittadini apprezzano il
lavoro che si sta facendo in continuità con la scorsa consiliatura.
Nonostante le difficoltà che i Comuni affrontano ogni giorno, è uno
stimolo a fare meglio», ha commentato Zedda.

A pari merito con il
sindaco del capoluogo c'è un altro primo cittadino sardo, Andrea
Soddu, alla guida di Nuoro, ma in calo di 10,4 punti percentuali
rispetto alle amministrative di giugno (58% anziché 68,4%). Seguono il
sindaco di Sassari, Nicola Sanna, al 56esimo posto (- 11,8%) e Guido
Tendas di Oristano, 71esimo gradino, anche lui in calo (-7,1%). «È un
grande onore», ha sottolineato Soddu, «la strada intrapresa è quella
giusta, ma c'è ancora tanto da fare». (m. p.)

SELARGIUS. L'annuncio su Fb
Gruppo grillino in campo per le Comunali

Le stelle si sono riaccese. Dopo lo strappo interno - con tanto di
scioglimento del gruppo e il sito oscurato - ecco che a Selargius
ricompaiono i grillini. L'annuncio parte da Facebook, esattamente dove
si era scatenata la guerra tra gli attivisti del meetup a dicembre del 2015.

“Abbiamo costituito da un po' di tempo un bel Gruppo 5 Stelle nel
nostro Comune di appartenenza. Siamo in crescita e vorremmo esserlo
ancora di più nei prossimi mesi”, si legge nella pagina di Selargius.
Segue la campagna di reclutamento: “Stiamo cercando candidati, e
potrebbe essere una buona occasione prender parte a un Movimento di
partecipazione con chiari intenti di programma e di crescita della
comunità selargina”. Tempismo perfetto, considerando che mancano pochi
mesi alle Comunali.

La pace sembra fatta, ma il passato resta. Tra accuse e contro-accuse,
scatenate dall'intervista rilasciata tempo fa da Ignazio Marteddu, ex
coordinatore del meetup selargino, che definiva attivisti e portavoce
«assettati di potere» ed etichettava il movimento come «una
pagliacciata». Presa di posizione forte, che aveva portato l'ex
consigliere comunale Francesco Mameli a parlare di diffamazione e a
richiedere l'intervento dei portavoce regionali. Da allora non si
erano avute più notizie di loro. Ma il richiamo delle elezioni sembra
aver riportato la pace all'interno del gruppo. Resta l'incognita su
chi schiereranno per la corsa alla poltrona da sindaco.
Sara Marci

ORISTANO - COMUNALI. Il Partito dei sardi scarica il Pd e punta a una
coalizione con le liste civiche
«Riuniamo il centrodestra» - Oscar Cherchi (Forza Italia): divisi
perdiamo un'altra volta

Per un tavolo politico che si cerca di unire un altro si frantuma. È
il bello della campagna elettorale che a quattro mesi dal voto regala
ancora tante sorprese. Nel centrodestra, Forza Italia chiama gli
alleati e lancia un appello all'unità per cercare di riprendere le
redini della città. Dall'altra parte invece uno scossone scuote il
centrosinistra: il Partito dei sardi lascia il tavolo politico. E
intanto prende sempre più piede un grande schieramento trasversale con
liste civiche centriste e autonomiste.

L'appello arriva dal consigliere regionale di Forza Italia Oscar
Cherchi : «Noi siamo pronti, una coalizione compatta potrà ridare
vigore alla città - ha detto - solo con un centrodestra unito potremo
tornare al governo. Il passato ci insegna che le divisioni non portano
da nessuna parte». E ci sono già stati numerosi incontri con i
Riformatori, Fratelli d'Italia, un gruppo che fa capo all'ex
presidente della Provincia Pasquale Onida e una lista civica (con i
consiglieri comunali Mauro Solinas e Massimiliano Sanna ).
Ma si guarda anche all'asse Salvatore Ledda (capogruppo in Consiglio
comunale di Idee rinnovabili) e Giuliano Uras , segretario cittadino
dell'Udc. «Le condizioni per andare insieme ci sono - ha osservato
Ledda - Ci incontreremo e ne discuteremo, noi non ci vogliamo fermare
sulle barriere classiche del centrodestra o del centrosinistra.
Puntiamo a uno schieramento trasversale che metta insieme tutte le
forze possibili per risollevare la città».

E infatti gli incontri
vanno avanti anche con l'ex assessore regionale Gian Valerio Sanna .
«L'obiettivo è mettere in secondo piano i vecchi partiti - precisa
Marco Piras , consigliere comunale vicino a Sanna - e creare una
coalizione che unisca liste civiche e autonomiste, senza preclusioni di sorta».
E a questo nuovo raggruppamento potrebbe unirsi presto il Partito dei
Sardi che una settimana fa aveva partecipato al tavolo del
centrosinistra. Ieri dal partito dell'assessore regionale Paolo
Maninchedda hanno comunicato l'addio a Pd e alleati per una diversa
visione politica. «Abbiamo avviato un dialogo con forze civiche di
area socialdemocratica e liberaldemocratica decise a creare una
coalizione che riparta dall'identità storica della città» spiega
Augusto Cherchi , consigliere regionale del Partito dei sardi. Punta
su una coalizione diversa e progressista e addirittura, per creare
«questa innovazione civica, è pronto a presentarsi alle elezioni
oristanesi spogliandosi del suo simbolo di partito».

Valeria Pinna

La Nuova

Il presidente della giunta perde in un anno il 12,5% dei consensi, ora
è penultimo
Pesa la litigiosità dei partiti della maggioranza e il peso delle riforme
Classifica dei governatori
Pigliaru scivola in coda

di Luca Rojch wSASSARI Precipita piombato dall’autocannibalismo della
sua maggioranza. Francesco Pigliaru è in fondo alla classifica di
gradimento dei governatori. Più in basso c’è solo Rosario Crocetta, il
vulcanico e contestatissimo presidente della Sicilia. Ma a preoccupare
è anche un altro dato. Pigliaru è il governatore che ha perso più
punti percentuali di gradimento in un anno, 12,5. Il governatore al
momento della sua elezione aveva il 42,5 per cento dei consensi. Ora
si ferma appena al 30 per cento. Secondo la scienza lunedì 16 gennaio
è il blue monday, il giorno più triste dell’anno.

E la classifica non
avrà contribuito a sollevare l’umore del governatore, ancora
convalescente. Ma non si può ricondurre il crollo dei consensi
all’assenza forzata e agli acciacchi di salute di Pigliaru. Il
sondaggio è stato fatto tra novembre e dicembre 2016, quando il
presidente era iperattivo all’interno della sua giunta. La classifica
sembra più essere lo specchio di una giunta e di una maggioranza che
vedono appannarsi il sostegno popolare. In questi anni Pigliaru ha
dovuto risolvere emergenze ereditate dalla giunta Cappellacci. La
Saremar tecnicamente fallita sotto una montagna di debiti, e il
naufragio della Flotta sarda. L’aeroporto di Alghero che rischiava di
essere travolto dalla sentenza dell’Ue e dai 20 milioni di euro di
aiuti dati dalla Regione alle compagnie low cost. Il costo monstre
della sanità arrivato a oltre 3 miliardi di euro.

Il caos della
abolizione pasticciata delle Province. La giunta dei professori ha
risolto emergenze, ma non ha saputo vendere sogni. Almeno questo
indica il crollo del gradimento. Pigliaru ha portato avanti una serie
di riforme coraggiose. Dagli enti locali, alla sanità, al sistema
della rete ospedaliera. Gli effetti con molta probabilità si
coglieranno solo sul medio periodo. Ma nell’immediato resta il lento
lavoro di demolizione che la maggioranza ha fatto di sé stessa. Per
mesi si è parlato di un cambio di passo. Ma l’accelerazione non si è
vista. Ora si percepisce più uno stallo. La responsabilità è anche dei
partiti. Difficile che l’elettorato possa cogliere le sfumature di
posizione tra le correnti del Pd. E per paradosso ad appannare
l’immagine della giunta è stato proprio il dibattito che si è aperto
nella maggioranza. Quando si è iniziato a parlare di rimpasto. Il
crollo di consensi è legato anche alla crisi del Pd. Il principale
partito della maggioranza che è rimasto da un anno senza segretario. E
la lunga battaglia di trincea iniziata tra le correnti non ha portato
ancora alla scelta di una nuova guida.

La lotta tra le anime viene
percepita come una lotta per le poltrone. Come se non bastasse gli
altri partiti della maggioranza hanno iniziato a cannoneggiare contro
la giunta. Il fuoco amico non contribuisce a portare stabilità nella
compagine di governo. In mezzo c’è la crisi feroce e infinita che da
nove anni ha fatto precipitare il pil dell’isola e ha fatto crescere i
disoccupati a livelli record.

Soddu è 15esimo, ma ha perso il 10% dei consensi. Male Sanna, solo 56esimo
Tra i sindaci cresce solo Zedda

SASSARI Il potere non logora il sindaco di Cagliari Massimo Zedda. È
sempre lui il più amato dai sardi. Nella classifica nazionale si
piazza al 15esimo posto, con un 58 per cento di gradimento. Zedda a
sorpresa guadagna 7 punti percentuali rispetto all’elezione. Segno che
nel secondo mandato continua a convincere i cagliaritani. La città
metropolitana viene promossa. Con lei anche il nuovo corso del golden
boy del centrosinistra sardo, sempre più candiato a un ruolo da
leader. Stessa posizione per il sindaco di Nuoro Andrea Soddu. Anche
lui è 15esimo con il 58 per cento. Ma in questo caso il dato non avrà
entusiasmato in modo eccessivo il primo cittadino.

Soddu ha perso nel
primo anno e mezzo di amministrazione oltre il 10 per cento dei
consensi. Era stato eletto con il 68,4 per cento dei voti. Ma si trova
ad amministrare una città in affanno, che sente più di altre il peso
di una crisi infinita che rischia di desertificare il tessuto
imprenditoriale del capoluogo barbaricino. Ma i due viaggiano nelle
zone nobili della classifica. Per trovare il sindaco di Sassari si
deve scendere fino al 56esimo posto. Nicola Sanna era stato eletto nel
2014 con il 65,3 per cento dei consensi. È sceso al 53,5. Ha perso
oltre l’11 per cento dei consensi. L’iperattivismo del primo cittadino
sembra non trovare riscontro nel gradimento dei sassaresi. Sanna dovrà
giocarsi la grande carta della Rete metropolitana, che lo metterebbe
alla guida di un territorio più vasto di quello che ora amministra. E
neanche la giunta amica in Regione sembra averlo favorito, almeno nel
gradimento della gente. Un tonfo anche per il primo cittadino di
Oristano Guido Tendas, che nella graduatoria è 71esimo. Lontano il
58,1 per cento dell’elezione. Ora il primo cittadino di Oristano si
ferma a un modesto 51 per cento, con un meno 7,1 per cento. Inutile
cercare gli altri sindaci, come quello di Olbia. La classifica
elaborata dal Sole 24Ore comprende solo i capoluoghi storici, non
quelli delle ex Province regionali. (l.roj)

Il tribunale si pronuncerà il 25 sul ricorso presentato da Ciccolini
Anci, assemblea rinviata al 27

SASSARI I maligni sostengono che più di un sindaco abbia fatto la
danza della neve per evitare che si consumasse un nuovo strappo
nell’Anci. La riunione per scegliere il nuovo presidente convocata per
oggi non si terrà. Troppa neve che impedisce alla maggior parte dei
sindaci di andare all’assemblea a Tramatza. Tutto rinviato al 27
gennaio. Ma questo slittamento cambia del tutto lo scenario. Il motivo
è semplice. Il 25 gennaio il tribunale si pronuncerà sul ricorso
presentato da uno dei candidati, Giuseppe Ciccolini. Il sindaco di
Bitti era stato il più votato nell’assemblea del 23 settembre 2016.
Poi annullata. Aveva battuto il primo cittadino di Bortigiadas
Emiliano Deiana. Ma una serie di ricorsi sullo svolgimento del voto
avevano convinto il presidente uscente, Piersandro Scano, e il
segretario dell’assemblea, Mario Bruno a chiedere una nuova votazione.
Ciccolini non ha mai condiviso la lettura degli eventi data da Bruno e
Scano. Prima ha cercato la conciliaizione. Alla fine si è rivolto al
tribunale.

La scelta di convocare l’assemblea qualche giorno prima del
pronunciamento del tribunale è stato intrepretato da alcuni come una
contromossa nella infinita battaglia di scacchi che si combatte per
trovare il nuovo sindaco dei sindaci. Ma neanche il rinvio potrebbe
servire per mettere chiarezza. Se il tribunale dovesse dare ragione a
Ciccolini nell’assemblea del 27 ci potrebbe essere un definitivo
chiarimento. Anche se la via giudiziaria non sembra essere troppo
gradita ai sindaci. Ma ci potrebbe essere anche la scelta di andare
comunque al voto. In questo caso si rischierebbe il caos, con due
presidenti dell’Anci regionale. Le diplomazie sono già al lavoro e si
preparano a tutte le opzioni. Da capire anche chi saranno i candidati
nel caso in cui il giudice dovesse dare torto a Giuseppe Ciccolini e
considerare nulla l’elezione di settembre.


La Commissione europea chiede una manovra aggiuntiva per 3,4 miliardi
Il Fondo monetario taglia la stima della crescita. Padoan: «Sono stupito»
I conti non tornano L’Italia è sotto esame
di Maria Berlinguer

ROMA La lettera non è ancora arrivata ma è già noto l’ammontare del
«buco», 3,4 miliardi di euro. Bruxelles chiede chiarimenti all’Italia
sui conti e sull’andamento del debito pubblico. E pretende una
correzione entro il primo febbario se vuole evitare l’apertura di una
procedura di infrazione e le eventuali sanzioni. La notizia, in realtà
attesa, arriva nel giorno in cui a Roma arriva anche un’altra mazzata.
L’Italia è l’unica tra le principali economie dell’Eurozona a subire
una sforbiciata al ribasso sulla crescita secondo le stime del Fondo
monetario internazionale che ieri ha tagliato le stime sul Pil al +
0,7 nel 2017 e al + 0,8 nel 2018, a fronte dello 0,9 e del 1,1
previsti solo nell’ottobre scorso. Colpa della situazione delle
banche, della deflazione e del rallentamento sulle riforme del governo
di Matteo Renzi che «devono andare avanti», spiega l’Fmi.

Ma la richiesta di rientro partita da Bruxelles e le stime del Fmi sono
contestate subito dal ministro del Tesoro. «Vedremo se sarà il caso di
prendere misure ulteriori per rispettare gli obiettivi, ma la via
maestra è la crescita che resta la priorità del governo», dice al Tg3
il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan. Quanto al Fmi aggiunge:
«sono un po’ stupito dagli annunci del Fmi», rivendicando la perfetta
continuità del governo Gentiloni con quello Renzi e rivendicando
ancora il lavoro per ridurre al minimo i rischi sulle banche italiane.
Ma è sulla possibile procedura di infrazione che il governo deve
correre ai ripari per evitare che una nuova tensione Roma Bruxelles
porti l’Italia a dover prendere misure drastiche per saldare quello
che Il M5S già denuncia come «il conto Renzi» ovvero la manovra
elettorale che l’ex premier avrebbe messo in campo per vincere il
referendum. Passato il referendum con la successiva incertezza
politica, e dato tempo al nuovo governo Gentiloni di prendere in mano
tutti i dossier, la Commissione europea torna alla carica con la
richiesta di aggiustamento dei conti che aveva già messo nero su
bianco nell’opinione di novembre sulla legge di stabilità. Bruxelles
vorrebbe una correzione dello 0,2% del Pil, pari a circa 3,2 miliardi.

La richiesta della Ue, contenuta in una lettera dei commissari
Moscovici e Dombrovskis, è di presentare impegni precisi di riduzione
del deficit entro il primo febbraio, giorno delle nuove previsioni
economiche. Se non ci fosse alcuna garanzia da parte italiana, il
peggioramento del deficit strutturale, parametro a cui è legato
l’andamento del debito, non lascerebbe altra scelta che l’apertura di
una procedura. A stretto giro, sarebbe quindi pubblicato l’atteso
rapporto ad hoc sul debito che evidenzierebbe la violazione palese
delle regole del Patto. Matteo Renzi era stato già avvertito a
novembre, quando la Commissione scriveva nel suo giudizio sulla
manovra che nel 2017 il deficit strutturale peggiora di 0,5%, a fronte
di un miglioramento richiesto (per essere «pienamente» in linea con il
Patto) di 0,6%. Il “gap” nei conti era quindi salito a 1,1%.

Rispondendo alle pressanti richieste del premier italiano, Bruxelles
si era detta disponibile a sottrarre uno 0,33 per le spese eccezionali
legate a migranti e sisma. La deviazione dall’obiettivo era quindi
scesa a 0,8. Per l’Italia non è necessario essere «pienamente» in
linea con le regole, basterebbe esserlo «sostanzialmente»: ovvero fare
un aggiustamento di almeno 0,5. Il gap finale diventava quindi 0,3,
che nelle richieste di oggi scende ancora a 0,2. Il ministro degli
Esteri, Angelino Alfano, sottolinea come dal governo «non c’è
disponibilità a fare una manovra che comprima o deprima la crescita»,
e i contatti di queste ore tra il Tesoro e la Commissione cercano di
scongiurare sia questa ipotesi che quella della procedura. Il
viceministro dell’Economia, Enrico Morando, parla di disponibilità a
«misure di aggiustamento», «ma senza penalizzare la crescita e senza
ostacolare il contrasto alla povertà e all’eccesso di diseguaglianze».
Considerazione che anche Bruxelles sta facendo. Misure troppo
impopolari potrebbero favorire il fronte euroscettico.
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Federico Marini
skype: federico1970ca


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