martedì 10 settembre 2019

Sviluppo della Sardegna ed insularità? Di Maurizio Onnis.



Non volevo tornarci sopra, ma mi sembra necessario. Anzi, serve un approfondimento. Ieri, “L’Unione” metteva tra virgolette questo ponderato parere di Maria Antonietta Mongiu, presidente del comitato scientifico per l’inserimento dell’insularità in Costituzione: «L’insularità è una condizione che produce ritardi di sviluppo sociale ed economico e fa dei sardi cittadini con diritti ridotti e affievoliti rispetto ai cittadini della terraferma. Dal riconoscimento del principio di insularità dipende lo sviluppo della Sardegna e delle future generazioni».

Colpisce che ad esprimere una posizione tanto perentoria sia un personaggio di tale caratura intellettuale e politica. Il teorema secondo cui vivere su un’isola causi automaticamente un «ritardo di sviluppo sociale ed economico» può essere facilmente confutato dallo studio della geografia e della storia. E l’affermazione, altrettanto apodittica, secondo cui «lo sviluppo della Sardegna e delle future generazioni» dipende dal «riconoscimento del principio di insularità» è talmente indimostrabile da sconfinare nella divinazione.

Qui, in realtà, siamo davanti alla certificazione autorevolissima (sebbene inconsapevole) del fallimento del ceto dirigente sardo che, in settant’anni di autonomia, non è riuscito a trarre l’isola fuori dalla sua asserita minorità geografica. Siamo al contempo davanti ad un'autoassoluzione, perché la “colpa” del fallimento viene imputata alla geografia, ed ad uno scarico di responsabilità su Roma: già le si addebita, nel caso le richieste del comitato fossero respinte, il mancato sviluppo futuro della Sardegna.

Sono certo che, fuori dalla brevità di una dichiarazione giornalistica, la professoressa Mongiu articolerebbe molto meglio la sua opinione. Per un sindaco, tuttavia, è davvero difficile convincere i propri compaesani a darsi da fare quando si sentono dire che sono «cittadini con diritti ridotti» per lo stigma d’essere nati sardi.

Duecentoventi anni fa esatti Angioy scrisse che la Sardegna «ben amministrata sarebbe uno degli stati più ricchi d’Europa». A quanto pare niente è cambiato. Siamo ancora tra le aree più povere del continente. E di sicuro la “colpa” non è di questa roccia piantata nel cuore del Mediterraneo.

Maurizio Onnis

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