martedì 15 maggio 2018

Rassegna stampa 15 maggio 1018


Unione Sarda

CAGLIARI - VIA ROMA. Velenoso attacco dell'ex assessore Chessa contro il sindaco e i suoi ex colleghi
«Zedda inaffidabile e consiglieri del Psd'Az mercenari»

«Il sindaco è inaffidabile e i tre consiglieri sono mercenari che hanno venduto il Psd'Az, senza il quale non sarebbero stati eletti». Gianni Chessa torna all'attacco dei colleghi di partito che gli hanno voltato le spalle e sono rimasti col primo cittadino quando questi lo ha cacciato dalla Giunta. Del gruppo sardista che c'era originariamente in Comune, è passata nelle file dell'opposizione Gabriella Deidda mentre Monia Matta, Aurelio Lai e Francesco Stara hanno dato vita al gruppo “Autonomisti con Lussu” senza lasciare la maggioranza.

«Hanno tradito il partito e gli elettori: senza il Partito sardo d'Azione non sarebbero mai stati eletti e ora rivendicano assessorati e poltrone senza neanche averne diritto», attacca l'ex rappresentante della Giunta, «gli assessorati e il Ctm rientravano in accordi che il sindaco aveva preso col partito, non con i consiglieri. Zedda è inaffidabile perché ha spaccato il partito e non sta rispettando gli impegni preso col Psd'Az: parli con il segretario nazionale e vediamo come ne esce».

Il segretario cittadino dei sardisti replica alle parole di Monia Matta, che si è detta dispiaciuta per quello strappo: «Lo dimostri non accettando incarichi. Hanno sempre chiesto la testa di Nando Secchi ma ora non vogliono quell'assessorato e neanche il mio, anche perché i Lavori pubblici non li avrebbero mai, e ne stanno chiedendo un altro per sviare», lo sfogo, «è sta accadendo la stessa cosa al Ctm: Roberto Porrà è stato candidato col Psd'Az, è stato a un passo dall'entrare in Giunta ed è vicino alla presidenza del Consorzio trasporti in base ad accordi che aveva fatto il partito». Ora però, aggiunge Chessa, ci sono stati sviluppi non trascurabili: «Siamo andati all'opposizione».

L'ex assessore ai Lavori pubblici è un fiume in piena perché, sottolinea, non sopporta la strategia che stanno seguendo i suoi ex colleghi del gruppo sardista: li accusa di aver venduto il partito e la sua testa senza alcuna remora. Dopo l'accordo che ha portato a Massimo Zedda voti decisivi per la vittoria al primo turno nelle elezioni amministrative del 2016, secondo mandato di fila dopo la vittoria del 2011, la rottura col Psd'Az è arrivata in seguito all'accordo tra il segretario nazionale Cristian Solinas e Matteo Salvini, suo omologo nella Lega, che aveva fatto saltare Chessa dalla Giunta. «Nessuno dei tre mercenari ha speso una parola nei miei confronti, non mi hanno detto nulla», conclude l'ex assessore, «dovremmo fare come negli Stati Uniti: lì chi dice bugie viene cacciato».

Marcello Zasso

Di Maio e Salvini al Colle. Militanti M5S e Lega al voto sul contratto
«Ci serve altro tempo» Ma decideranno gli iscritti

ROMA Serviranno i tempi supplementari per chiudere la trattativa sul
governo, con un'ulteriore verifica che passerà per il voto online
della base 5Stelle e per i gazebo della Lega. È ancora una fumata nera
quella arrivata ieri dal Quirinale, dopo che al Colle sono saliti sia
Luigi Di Maio che Matteo Salvini. I due avevano chiesto domenica sera
a Sergio Mattarella di essere ascoltati, dopo il weekend serrato al
Pirellone. Ma restano ancora punti da limare, come hanno ammesso i due
leader: «Abbiamo chiesto al presidente del tempo, qualche giorno, per
ultimare il contratto di governo nel migliore dei modi», ha subito
detto Di Maio dopo le consultazioni con il capo dello Stato.

SALVINI «Non voglio prendere in giro nessuno. Il governo parte, e
sarebbe una bellissima avventura, se può fare le cose», ha detto poco
dopo Salvini, salito al Colle per secondo. «Nessuno si scandalizzi se
per sincerità abbiamo chiesto qualche altra ora», per vedere se si
riesce a trovare una soluzione su alcuni temi. Per esempio la
giustizia: «Un tema assolutamente centrale su cui partiamo da
posizioni differenti», ha ammesso il segretario leghista.

La dilazione di tempo è stata chiesta proprio perché manca l'accordo
su alcuni dei punti caldi del contratto. Mattarella ha detto sì, ma
non per assecondare la melina: semmai con lo scopo di togliere ogni
alibi ai partiti che rivendicano di aver vinto le elezioni.

DI MAIO Con la Lega «non ci sono contrasti» per quanto riguarda la
stesura del programma di governo, spiegano dai Cinque Stelle: «Su
alcune cose c'è disaccordo, noi stiamo lottando per portare a casa i
nostri punti». I Cinque Stelle avrebbero comunque consegnato a
Mattarella una copia della bozza del contratto di governo con la Lega.
E in serata Danilo Toninelli ha assicurato che «ci vorranno 48-72 ore
e avremo la chiusura del contratto di governo».

Anche Di Maio, dopo il colloquio con Mattarella, si è detto
«ottimista» sulla formazione del governo. Ma senza sbilanciarsi sui
tempi che serviranno per trovare la quadra: «Quelli li decide il capo
dello Stato». Del resto «stiamo concludendo un contratto di governo,
non di locazione».

IL PREMIER Ancora molta incertezza su chi potrebbe guidare il governo:
domenica sera il favorito sembrava il docente torinese Giulio Sapelli,
ma poi Lega e M5S hanno smentito l'intenzione di portare il suo nome a
Mattarella (dopo che il diretto interessato si era sbilanciato
garantendo disponibilità).

Al Quirinale per ora non è stato proposto alcun nome; è circolato
anche il nome di Giulio Tremonti, ma il senatore forzista Maurizio
Gasparri ha detto di aver ricevuto una smentita telefonica
direttamente dall'ex ministro. Nella serata di ieri il tam tam
insisteva ancora su Giuseppe Conte, docente di Diritto privato
dell'Università di Firenze e indicato da Di Maio, prima del voto, come
ministro per la Pubblica amministrazione.

I REFERENDUM Le delegazioni trattanti assicurano che il premier sarà
scelto solo dopo la firma del contratto di governo, che però dipenderà
anche dal parere della base dei due partiti. Sia il M5S che la Lega
pensano di indire, entro questa settimana, una votazione tra i propri
militanti sulla bozza di accordo: per i pentastellati questo avverrà
ovviamente online, sulla piattaforma Rousseau.

I leghisti invece apriranno i loro gazebo sabato e domenica per
esprimersi su «abolizione della legge Fornero, nuove regole per
l'immigrazione, legittima difesa, flat tax e riformulazione dei
trattati europei», spiega una nota di via Bellerio.

FORZA ITALIA Alcuni esponenti di Forza Italia chiedono che il voto sia
aperto a tutto il centrodestra, tradendo così il malumore per la
possibile intesa giallo-verde. Confermato dalle indiscrezioni sulle
telefonate che sarebbero intercorse tra Silvio Berlusconi e Salvini,
in cui il leader di FI avrebbe suggerito all'alleato massima prudenza:
i Cinquestelle sono inaffidabili e irresponsabili, avrebbe detto in
sostanza l'ex premier.

Restano le distanze su tasse, immigrazione e rapporti con l'Ue

I tecnici di Movimento 5 Stelle e Lega sono ormai in riunione
permanente da una settimana, ma ancora manca la quadra su diversi
punti del contratto di governo alla tedesca, venticinque temi sulla
maggior parte dei quali dev'essere trovata l'intesa.

I TEMI La distanza è ampia su immigrazione, infrastrutture, rapporto
con l'Europa e copertura della flat tax (o di quello che sarà il piano
di riduzione della pressione fiscale). Tre argomenti su quattro che
rappresentato il core business dell'ultima campagna elettorale del
centrodestra e su cui, dunque, il leader della Lega non può
assolutamente transigere o mediare al ribasso. La Lega vuole che le
imprese paghino meno tasse, ma ha più volte ribadito che «i vincoli
esterni non ce lo permettono». Vincoli imposti dalle istituzioni
europee, ovviamente, altro tema caldissimo su cui pretende
rassicurazioni in merito all'atteggiamento che il prossimo esecutivo
dovrà assumere.

I TRATTATI Non è un mistero che la Lega pretenda di andare a Bruxelles
con la ferma intenzione di ridiscutere quasi tutti i trattati
comunitari, partendo da quelli che interessano la gestione dei flussi
migratori, ulteriore punto che la allontana dai Cinquestelle. Anche se
entrambi parlano di «business dell'immigrazione». Il Carroccio
vorrebbe una linea più dura, con salvataggi dei migranti in mare ma
riaccompagnamento immediato dalle coste di provenienza, mentre il
Movimento 5 Stelle è favorevole al rimpatrio di chi non ha strumenti
verificabili e verificati per l'identificazione.

In poche parole, i
gialli farebbero arrivare i barconi in Italia e solo dopo
respingerebbero chi non ha diritto all'asilo nel nostro Paese, mentre
per i verdi quei barconi non dovrebbero mai completare la traversata
del Mediterraneo, a meno che non si tratti di rifugiati che scappano
da guerre o reali pericoli per la loro incolumità.

CONFLITTO DI INTERESSI La trattativa, insomma, si prevede ancora dura.
C'è sostanziale intesa sull'Ilva di Taranto e sul taglio delle tasse,
sul rilancio delle infrastrutture e il contrasto alla disoccupazione,
su riduzione della burocrazia, tutela dell'ambiente e legittima
difesa. C'è una visione comune sui capitoli scuola e sanità; si
discute su giustizia e lotta alla corruzione.

Il conflitto di
interessi potrebbe risultare ostico dopo che Salvini ha ribadito di
essere «leader del centrodestra» e ora che l'alleato Silvio Berlusconi
ha riacquistato l'agibilità politica dopo la riabilitazione del
Tribunale di sorveglianza di Milano. In tema di lavoro e pensioni,
salvo sorprese, dovrebbe essere confermato l'obiettivo di superamento
della legge Fornero con l'introduzione di quota 100 (somma di età e
anzianità) e la possibilità di andare a riposo dopo 41 anni di lavoro.

STIPENDI D'ORO Il Movimento 5 Stelle preme per inserire nel contratto
di governo il capitolo relativo al taglio degli stipendi dei
parlamentari. È quanto trapela da fonti vicine agli esponenti M5S che
stanno partecipando alla stesura del programma assieme alla
delegazione della Lega. I pentastellati, stando a quanto viene
riferito, vorrebbero specificare in maniera più approfondita nel
contratto le modalità per arrivare a un taglio organico degli stipendi
dei parlamentari. «Noi già lo facciamo, deve diventare una cosa per
tutti», rimarca un esponente di spicco del M5S che sta seguendo la
trattativa.

La Nuova

«Serve altro tempo» Lega e M5s frenano
Incontri separati con Mattarella, chiesto qualche giorno per il programma
Restano distanze sul premier. Il leghista: «Si parte se si possono fare le cose»

di Michele Esposito
ROMA
Dopo il sesto giorno di trattative, il governo gialloverde è ancora
una chimera. M5S e Lega nel lunedì che avrebbe dovuto essere decisivo
per dare il là perlomeno al contratto di governo, si rivelano distanti
sul programma e sulla casella della premiership, vero e proprio nodo
gordiano per Luigi Di Maio e Matteo Salvini.

I due leader salgono al
Colle separatamente e, all'apparenza, due soli dati sembrano legarli:
la richiesta di altro tempo inoltrata al presidente Sergio Mattarella
e la decisione di mettere il programma al vaglio di una base sempre
più scalpitante.Mattarella per ora pazienta e concede un lasso di
tempo imprecisato ai due partiti, ma all'indomani della vorticosa due
giorni di riunioni al Pirellone la quadra tra M5S e Lega ancora non
c'è. Di Maio e Salvini tornano a vedersi alla Camera, a margine della
nuova riunione tecnica convocata dalle due delegazioni.

Quindi vanno
al Colle, il primo alle 16.30, il secondo alle 18. E, di fronte ai
cronisti ammettono, ognuno con il suo tono, che l'accordo di governo è
ancora lontano. «Siamo consapevoli delle scadenze internazionali ma
chiediamo qualche altro giorno perché si sta scrivendo un programma di
governo per 5 anni», afferma Di Maio che mostra, comunque, un certo
ottimismo nonostante la fumata nera: «In fondo è solo la prima
consultazione che facciamo dopo l'intesa». Più dure le parole di
Salvini. Il leader della Lega parla di «visioni diverse o distanti» su
giustizia e infrastrutture, rilancia la necessità di ridiscutere i
trattati europei e pretende «mano libera sui migranti».

«Se non siamo
in grado di fare quello che ci chiedono gli italiani non cominciamo
neanche e ci salutiamo», è il messaggio di Salvini, che torna a
evocare le urne: «Se dessi retta ai sondaggi sarei il primo a dire
andiamo al voto». Entrambi, invece, lasciano da parte la questione
della squadra. «Nomi pubblicamente non li facciamo», spiega Di Maio.
«Non questioniamo sui nomi», gli fa eco Salvini. Ma il nodo c'è,
eccome. La ricerca del premier terzo, finora, non dà frutti, le chance
dell'economista Giulio Sapelli - proposto dalla Lega - affondano nel
giro di una mattinata né sembra prendere quota l'avvocato Giuseppe
Conte, candidato ministro del M5S, unico nome rimasto ancora appeso -
a quanto pare - nei colloqui tra M5s-Lega e Quirinale.

I due nomi, tra
l'altro, sarebbero stati fatti nella giornata di domenica. Al fulcro
dell'impasse, al di là della scelta tra una figura tecnica o politica,
c'è tuttavia lo scontro su chi, tra M5S e Lega, avrà lo scettro di
comando del governo Jamaica. Un nodo sul quale pesa, soprattutto dopo
la riabilitazione di Silvio Berlusconi, il legame di Salvini con la
coalizione di centrodestra. E non è un caso, forse, che il leader
della Lega dica «no» ad una premiership di Di Maio nel giorno in cui
Giorgia Meloni ribadisce la sua opposizione ad un esecutivo a guida
M5S. E anche sul programma, l'ombra dell'ex Cavaliere non
svanisce.

«Siamo per i processi brevi ma partiamo da questioni
differenti anche perché io sono in questa veste non solo da leader
della Lega ma della coalizione di centrodestra», avverte l'esponente
del Carroccio che il weekend prossimo allestirà dei gazebo ad hoc per
consultare i suoi elettori sul programma. E «presto» anche il MS5
chiederà il parere dei suoi iscritti sulla piattaforma Rousseau per
«decidere se il governo dovrà o meno partire». Di fatto con queste
scadenze M55 e Lega si danno un'altra settimana di tempo. L'ultima,
anche perché, lunedì prossimi saranno passati quasi 80 giorni dalle
elezioni.


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Federico Marini
skype: federico1970ca

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