mercoledì 23 maggio 2018

Rassegna stampa 23 Maggio 2018



Unione Sarda

Zedda: «Il M5S non sa che cosa sia l'insularità». Deidda: «Occasione persa» Le strategie e gli strappi romani agitano il centrodestra sardo

Difficilmente il governo Lega-Movimento 5 Stelle potrà contare sui festeggiamenti di tutto il centrodestra. L'accordo tra Salvini e Di Maio lascia qualche rammarico e il sapore dell'occasione persa. Per tutti, però, si tratta di un evento sporadico perché lo schema della coalizione rimane invariato e la Lega (in Sardegna insieme al Psd'Az) ha già una casa dove stare.

I DUBBI Una delle voci più polemiche è quella del deputato di Fratelli d'Italia, Salvatore Deidda, che parla di «occasione sprecata». Per l'esponente di Fdi, le lacune di questo governo riguardano innanzitutto il premier, Giuseppe Conte, «un tecnico con il cuore a sinistra». Altre ferita aperta è il fatto che «invece di essere inclusivi e aperti alle forze sovraniste, pensavano di comprare i nostri voti con dei ministeri, ma non siamo burattini che entrano in un governo con idee e programmi imposti».

Sul futuro, Deidda sottolinea che «non siamo noi a mettere in discussione le elezioni a livello locale». Una buona dose di scetticismo c'è anche nelle parole di Alessandra Zedda, capogruppo di Forza Italia in Consiglio regionale: «È un governo camaleonte. Prima se ne sono detti di tutti i colori e ora ci fanno credere che, nel nome dell'interesse del Paese, si uniscono». Ma questo è l'epilogo e tanto vale prenderne atto: «Va bene così - sottolinea - sono assolutamente scettica sull'applicazione della Flat tax e sul reddito di cittadinanza». Zedda si dimostra più ottimista su un'eventuale «modifica dignitosa della legge Fornero».

L'attacco è soprattutto nei confronti del Movimento 5 Stelle: «Non hanno alcuna idea su cosa voglia dire insularità, leva fiscale e zona franca. Sarebbe positivo, invece, avere da Salvini un supporto su queste tre battaglie». Il centrodestra del futuro non si cambia, al massimo «dobbiamo aprire ad altre forze civiche e autonomiste».

IL PREMIER Paolo Truzzu, consigliere regionale 45 enne, da ieri è il nuovo portavoce di Fratelli d'Italia nell'Isola: «Sono onorato per la scelta di Giorgia Meloni - dice - l'obiettivo è ricambiare la fiducia lavorando nell'interesse della Sardegna e del movimento». Il neo portavoce si concentra sulla scelta di Giuseppe Conte, finito in un vortice di ironia e dubbi tanto che potrebbe non essere lui la prossima guida del governo.

Per Truzzu, rappresenta «l'unico dubbio, perché sino a oggi i professori universitari non hanno mai portato grande fortuna, al livello nazionale come in Sardegna». Truzzu avrebbe preferito un altro finale, ossia «un governo di centrodestra che ci avrebbe permesso di portare a termine il programma per cui siamo stati votati».

LA BILANCIA Il deputato di Forza Italia, Pietro Pittalis, non teme nessuna nuova alleanza, e vede di buon occhio il governo «dopo il via libera da parte del presidente Berlusconi». L'unica perplessità riguarda i contenuti del contratto, siglato da Salvini e Di Maio: «Mi auguro di essere smentito dai fatti, ma vedo con preoccupazione il prevalere di tesi grilline in questo accordo che ha un'attenzione scarsa per le Isole e per il sud».

La coalizione «rimarrà quella che dal 1994 governa insieme in tante Regioni», dice Pittalis che si sofferma sul premier: «Non lo conosco di persona. Ho studiato su altri testi di Diritto privato e benché lo abbia fatto a Firenze, da dove lui proviene, ho avuto altri docenti di chiara fama. Non ho mai avuto l'occasione di leggere una sua pubblicazione, ovviamente si tratta di un mio limite».

«NESSUN PROBLEMA» Gli esponenti della Lega si preparano a vivere questa nuova esperienza, frutto di «una contingenza particolare», dice il deputato, Guido De Martini. Poi, aggiunge: «Ci siamo ritrovati a dover fare questo accordo a causa del sistema proporzionale che non è stato in grado di garantire una maggioranza al Paese». Un'esperienza che non sarà l'inizio di nessuna nuova alleanza visto che «in tutte le regioni siamo con il centrodestra», dice De Martini, preoccupato piuttosto «dall'attacco delle istituzioni europee».

Matteo Sau


Dopo il rinvio - L'assemblea Pd convocata per sabato

L'assemblea regionale del Partito democratico è stata convocata per
sabato prossimo alle 10 e si svolgerà, salvo cambiamenti dell'ultima
ora, nel centro congressi di Nuraghe Losa. È stata la presidente
dell'assemblea Lalla Pulga a diramare la convocazione dopo il rinvio
dell'incontro previsto avant'ieri a causa dell'indisposizione del
segretario Giuseppe Luigi Cucca.

Una decisione che ha permesso agli ambasciatori delle tre correnti di
continuare le trattative per non arrivare alla riunione con il
coltello tra i denti. Il rischio è che si crei un collo di bottiglia
dal quale si uscirà soltanto a colpi di maggioranza per decidere quale
sarà il futuro dei dem in Sardegna. Per ora le posizioni non sono
proprio conciliabili e serviranno tutte le buone pratiche di
diplomazia per un riavvicinamento.

La riunione di sabato comunque vadano le cose, sarà uno spartiacque
per i prossimi mesi, sempre che sia garantito il numero legale,
necessario per votare i documenti e decidere come chiudere questo
lungo periodo post-elettorale.
M. S.


Si fa più in salita la corsa dell'euroscettico Savona ma la Lega vuole blindarlo

ROMA Dalle «perplessità del Quirinale» allo scontro politico aperto:
in 24 ore la strada dell'economista cagliaritano Paolo Savona verso il
ministero dell'Economia si è fatta più in salita. All'origine dei
problemi c'è lo stesso elemento che lo rende gradito a Lega e Cinque
Stelle: lo scetticismo sull'euro e sulle regole dell'Ue.

«CHE CI VOTATE A FARE?» «Pare che nella lista dei ministri - scandiva
ieri Matteo Salvini in diretta Facebook - ci sia qualcuno che non è
gradito all'establishment, per esempio Paolo Savona. È un sardo, un
economista, un esperto riconosciuto in Italia e in tutto il mondo, con
una solida base di studi e di lavoro alle spalle. Ma per qualcuno in
Francia e in Germania ha osato dire che l'euro è una gabbia usata dai
tedeschi.

Se c'è qualcuno che osa mettere in discussione la sacralità
di questa Unione e la moneta unica, via agli attacchi, dai commissari
europei ai giornali americani. Che cosa ci fate votare a fare se
quando i popoli votano per un cambiamento serio e responsabile,
partono gli spread e le agenzie di rating?».

«TANTI INCARICHI» Ma se la Lega difende l'economista, il Pd lo attacca
a testa bassa: «Ecco perché nell'accordo Lega-M5S - dice su Facebook
il renziano Michele Anzaldi - al conflitto di interessi sono dedicate
solo poche righe molto blande: non ci sono solo gli interessi di
Casaleggio da tutelare, ma forse anche quelli dei prossimi membri di
governo?».

E poi: «Paolo Savona ha ricoperto incarichi di primo piano
in società come Banca di Roma, Adr, Generale Immobiliare, Salini,
Consorzio Venezia Nuova del Mose, ed è stato presidente di Impregilo
nel periodo in cui l'azienda vinse l'appalto per il Ponte sullo
Stretto. Su di lui il Fatto quotidiano pubblica alcune intercettazioni
giudiziarie nelle quali riceve rassicurazioni per conto di Marcello
Dell'Utri sul fatto che la gara sarebbe stata vinta dalla sua azienda.
Era il periodo del Governo Berlusconi. Nel 1992 Francesco Cossiga lo
nominò in una commissione che si occupava della ristrutturazione dei
Servizi segreti».

«ARGENTERIA» Un appoggio a sorpresa l'economista lo incassa dal
forzista Gianfranco Rotondi («Faceva pare dell'argenteria
democristiana, quella che si cacciava nelle occasioni terribili: al
governo con Ciampi lo mise la Dc e nei convegni della destra
democristiana era ospite fisso, al governo sarebbe per tutti noi un
elemento di rassicurazione») ma certo non basta a blindare un nome che
tanti ieri davano in calo.

E suona significativo che a Porta a Porta
la deputata M5S Laura Castelli, a precisa domanda sul destino
ministeriale di Savona, se la sia cavata con un diplomatico «Sarà il
professore Conte a portare al Colle, dopo aver sentito Salvini e Di
Maio, la squadra di governo».

Il leader di Forza Italia attende ad Arcore. Il Pd attacca: «Faranno
male alla gente». Berlusconi ai suoi: «Niente affondi contro Matteo»

ROMA Silvio Berlusconi sta alla finestra e ad Arcore attende gli
ultimi sviluppi della trattativa tra 5 Stelle e Lega per la formazione
del governo gialloverde definita dagli azzurri una «vera e propria
telenovela». Prima di convocare il Comitato di presidenza di Forza
Italia e indicare la linea del partito, che ora resta di ferma
opposizione con un voto contrario alla fiducia, Berlusconi vuole prima
capire chi avrà l'incarico di presidente del Consiglio e quale sarà la
lista dei ministri. Per questo guarda con attenzione i segnali che
arrivano dal Quirinale.

L'input arrivato da Villa San Martino ai
parlamentari azzurri è stato chiarissimo: niente affondi contro
Salvini, dunque, attaccate solo M5S. Un concetto ribadito durante il
direttivo di Forza Italia riunitosi ieri a Montecitorio.

L'ex premier, raccontano, ha sentito al telefono Giorgia Meloni. La
presidente di Fdi ha annunciato il suo netto «no» a Conte premier e se
l'è presa con Salvini: «È caduto nella trappola dei 5 Stelle, farsi
isolare e indebolire: è l'unico generale che conosco che, appena vinta
la guerra, si consegna al nemico».

PARTITO DEMOCRATICO Il segretario del Pd Maurizio Martina promette
battaglia: «Facile scrivere il contratto a tavolino provando a
promettere tutto a tutti, molto più complicato poi governare la
realtà. Noi - ha annunciato - li sfideremo, perché l'alternativa si
costruisce concretamente stanno nei luoghi del bisogno, del paese
reale, provando a costruire dal basso all'alternativa a queste
politiche che peraltro rischiano di essere di grande iniquità».

Il capogruppo del Pd alla Camera Graziano Delrio fa un appello ai leader
europei: «Non attacchino Salvini e Di Maio che usano questo come
alibi. Vogliono apparire vittime, vanno invece messi davanti alle loro
responsabilità. Quello grillo-leghista - sottolinea Delrio - è un
patto di potere, in cui i cittadini non centrano nulla. Faranno male
alla gente. Noi lavoreremo per fare cambiare idea agli italiani».

La Nuova

Il Pds : l'Ats è un impero che non funziona. Uras, Cp: i sardi esclusi
dai fondi nazionali per le esenzioni
Maninchedda su Moirano: altro che fuoriclasse

CAGLIARIIl Partito dei sardi non molla la presa sulla sanità. A
lanciare l'ennesimo attacco è il segretario Paolo Maninchedda, che
nell'editoriale del blog «Sardegna e libertà», titola e scrive: «Fatto
l'imperatore, è nato un impero che non funziona». Non serve grande
fantasia per intuire quali siano i bersagli del Pds: Fulvio Moirano,
il super manager dell'Asl unica, mentre l'impero che non funziona è di
sicuro l'Ats.

Per poi aggiungere poco dopo: «I servizi stanno
peggiorando. Si sente, si vede e questo danneggia la fiducia dei sardi
nelle proprie capacità di autogoverno. L'inefficienza distrugge la
coscienza nazionale dei sardi, li porta a teorizzare e praticare il
rifugio in improbabili salvatori esterni anche quando, come nella
sanità, il fallimento non è della capacità dei sardi, ma di un modello
di governo sbagliato e affidato per di più a un fuoriclasse che poi si
è accomodato su una lobby di potere». Scritto questo giudizio, per
Maninchedda c'è soprattutto un problema politico: «La rete ospedaliera
votata dal Consiglio regionale è vigente ma non attuata. Perché?

Inspiegabile, ma terribile. A che serve un Consiglio regionale se i
suoi atti sono platealmente disattesi?». Da chi? «Da una serie
infinita - conclude il Pds - di decisioni contrarie (prese proprio dal
manager dell'Ats) a quanto votato dal Parlamento dei sardi». Perché -
secondo Maninchedda - sono stati dati pieni poteri a un «imperatore,
ma l'impero è allo sfascio».Sempre sulla sanità c'è un'altra denuncia.
A fare la voce grossa è, in questo, caso, l'ex senatore di Campo
progressista Luciano Uras. In un comunicato scrive che «la Sardegna è
stata tagliata fuori dai finanziamenti nazionali (60 milioni di euro)
diretti ad estendere le esenzioni previste anche a favore alle
cosiddette categorie vulnerabili.

Cioè quelle che lo sono per il basso
reddito, oppure a causa di particolari patologie o perché ancora
minorenni». Quella che Uras chiama una grande beffa - doppia per lui
visto che, a suo tempo, in Parlamento era stato lui a ottenere
l'esenzione - è contenuta in un decreto del ministero della salute. «È
una discriminazione inaccettabile per i sardi - scrive - che ancora
una volta sono costretti a subirla per il vecchio accordo con lo Stato
sule entrate. Accordo che ha scaricato sulla Regione l'intero costo
della sanità».

Ma, nel caso concreto, «il ministero ha commesso un
grave errore» e spiega perché: «Il beneficio previsto da
quell'emendamento alla Legge di stabilità nazionale è diretto alle
persone e non alle Regioni». Quindi, è la conclusione di Uras, «il
differente trattamento tra cittadini non ha motivazioni valide e certo
non lo può essere l luogo di residenza». È solo un'ingiustizia da
cancellare subito.

La Lega divide la Base: rischio rottura
Il gruppo di Nuoro critica l'intesa col Psd'Az: no alle forze estremiste

SASSARI
Si rischia lo strappo nella Base. Una parte del movimento sembra
vicina a un accordo con il Psd'Az, e di conseguenza con la Lega. Ma
c'è un'anima della Base, che ha Nuoro come fulcro, che non condivide
questa scelta. E lo fa con un comunicato lontano dalla polemica, ma
che mette al centro l'esigenza di un dibattito nel movimento. «La
Base, dalla sua nascita nel 2010, ha portato nel dibattito temi
importanti. Nel suo percorso ha incontrato tante persone libere che
non hanno accettato posti in cambio di fedeltà, che chiedevano diritti
e non favori, legalità e non connivenze, sicurezza e non protezione.

In tanti, aderendo a quel disegno, ci siamo proposti di offrire la
sintesi condivisa di un progetto che sgorgasse dal cuore civico delle
realtà locali e della Sardegna tutta, una visione che puntasse a
connettere strettamente il presente con gli orizzonti del domani, con
la spinta imponente delle nuove generazioni, delle start up e delle
professioni. Senza dimenticare gli esclusi, gli ultimi».È proprio
questa visione che ha spinto la Base a stringere nel 2017 un'alleanza
civico-sardista col Psd'Az.

«L'accordo - sottolinea la nota - aveva
l'obiettivo di includere e unificare le varie esperienze civiche con
il mondo diffuso del sardismo storicamente rappresentato dal Partito
sardo. Il successivo accordo del Psd'az con la Lega avrebbe richiesto
una rivisitazione di quella scelta politica, perché in parte
contraddiceva lo spirito del progetto. Il movimento non è più
percepito come punto di riferimento di un progetto chiaro, anche nei
contenuti valoriali di riferimento». Ma la critica della Base di Nuoro
alla gestione di Efisio Arbau non si limita all'alleanza con i
sardisti.

«Da tempo la nostra proposta a livello regionale è diventata
monotematica, come se fossimo una qualsiasi associazione di categoria.
Questo ha comportato confusione e disorientamento».Il gruppo di Nuoro
della Base non vuole andare alla rottura col resto del movimento.
Anzi. Ma ribadisce i suoi paletti. «Apparteniamo a quella cultura
politica che rifugge estremismi, demagogia, paura dell'altro,
giustizialismo; la differenza tra chi vuole integrare altre culture e
chi ci vuole sparare sopra è chiara. E, per intenderci, con questi
ultimi non vogliamo averci a che fare.

Ripartiamo da qui. Sulla base
di queste coordinate possiamo favorire davvero un processo di
aggregazione tra tutte le realtà civiche della Sardegna, che peraltro
guidano circa l'80 per cento delle amministrazioni comunali. La Base
deve concorrere a far sì che questo impegno civico assuma una
soggettività politica definita e strutturata per creare una costante
connessione tra la vita reale dei cittadini e quella ovattata dei
palazzi della politica. Questa era ed è la sua missione»

Savona il rigorista anti-Euro dalla Prima alla Terza Repubblica
di Serenella Mattera

ROMA
La bufera sul curriculum di Giuseppe Conte, il riaffacciarsi
dell'ipotesi Luigi Di Maio premier, lo stop di Matteo Salvini, che
torna a ventilare il ritorno al voto. Doveva essere una giornata di
riflessione, prima della stretta finale sul governo. E invece diventa
giornata di tensione, che fa vacillare il nome del professore di
diritto, su cui i leader di M5s e Lega avevano trovato una difficile
quadra. In mattinata, mentre Sergio Mattarella riceve i presidenti di
Camera e Senato, Roberto Fico ed Elisabetta Casellati, sulla stampa
rimbalzano due polemiche che investono il nome di Conte.

C'è da un
lato il legame con la vicenda Stamina, da legale di una famiglia
coinvolta, dall'altro la New York University, che smentisce che Conte
abbia «perfezionato» i suoi studi lì, come da suo curriculum. Durante
la giornata Davide Vannoni, il padre del metodo Stamina, smentisce
contatti con Conte. E M5s dichiara che il professore nell'ateneo
americano ha compiuto ricerche e perfezionato l'inglese giuridico, pur
non essendone stato studente.

«Sono tutte stupidaggini, sarà un buon
premier», assicura l'ex moglie del professore, che continua a tacere.
Ma la vicenda del curriculum ha eco internazionale, spuntano dubbi
anche sulle frequentazioni delle università di Vienna e Cambridge.
Mattarella, che compie un attento vaglio del profilo del candidato
premier, sceglie di prendere tutto il tempo necessario: il prescelto
non dovrebbe essere convocato al Quirinale per il conferimento
dell'incarico prima di giovedì. Intanto, però, la bufera su Conte, che
si somma ai dubbi su Paolo Savona, il prof anti-euro indicato dalla
Lega per il ministero dell'Economia, fa traballare l'intesa
giallo-verde.

Di Maio e Salvini si incontrano a pranzo in una mensa
nel centro di Roma. Ed è mistero su un colloquio dei due con Conte, in
un primo momento confermato da fonti del Movimento. «Non sanno che
inventarsi», sbotta Di Maio quando al termine dell'incontro gli
chiedono delle polemiche su Conte. Mentre Salvini difende a spada
tratta Savona: «Mi piacerebbe molto, sarebbe una garanzia per gli
italiani». Ad agitare le acque però c'è un'idea che torna a farsi
largo tra i Cinque stelle: se Conte non regge allo «stress test»,
meglio tornare al nome di Di Maio per Palazzo Chigi.

Alla Lega, magari
con un dirigente come Giancarlo Giorgetti, potrebbe andare l'Economia
e altri ministeri di peso. Salvini, però, «ripete» il suo no fermo
alla premiership «stellata». E avverte: «Noi abbiamo fatto tutto il
lavoro e gli sforzi possibili, siamo pronti. Non c'è tempo da perdere:
o si cambia l'Italia, o si vota». Come a dire: se non c'è l'intesa
nessuna paura ad andare a elezioni anticipate.

Intanto anche i Cinque
stelle, con Giulia Grillo e Laura Castelli, assicurano che si va
avanti sul nome di Conte: «Ci mancherebbe!». E anche sull'82enne
Savona, il cui profilo sembra destare più di una perplessità al Colle,
i pentastellati rassicurano i futuri alleati di governo. Ma la Lega
non si fida. E con Lorenzo Fontana avverte: «Se salta Conte
bisognerebbe tornare a ridiscutere tutto. Un veto su Savona sarebbe un
bel problema».

L'esito delle trattative non è scontato. E neanche la
squadra dei ministri, su cui M5s e Lega continuano a trattare, anche
se ora, in ossequio alle prerogative del Quirinale, precisano: «I nomi
al Colle li farà il premier incaricato». Intanto la Cei, con il
presidente Gualtiero Bassetti, avverte che il passaggio è delicato:
«Ricordiamo a tutti come non basti nemmeno avere un governo per poter
guidare il Paese. Occorre questo Paese conoscerlo davvero. Grazie a
Mattarella per la sua guida paziente».

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Federico Marini
skype: federico1970ca


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