giovedì 24 maggio 2018

Rassegna stampa 24 Maggio 2018


La Nuova Sardegna

L'euforia di Lega e M5S: «Ora niente ostacoli» Gelida la stampa estera

Il reggente Pd Martina gli manda a dire che l'Italia non si governa come se si fosse in tribunale, Renzi promette che i Dem «si costituiranno parte civile», mentre Giorgio Mulè avverte che Forza Italia «non concederà le attenuanti». Le reazioni dell'opposizione al premier incaricato Giuseppe Conte fanno un po' tutte il controcanto al suo «sarò l'avvocato degli italiani». Nessuna traccia delle polemiche sul curriculum imbellettato né sulla difesa del diritto a curarsi con la terapia-truffa di Stamina, temi che pure 24 ore prima arroventavano il dibattito.

LA STAMPA ESTERA Forse l'opposizione vuole lasciare alla stampa straniera il compito di amareggiare l'esordio a Conte: il britannico Guardian lo definisce «un esordiente politico» alla guida di un «governo populista», il New York Times parla di «nuova minaccia all'Ue» e il Financial Times sottolinea l'inesperienza del prossimo primo ministro e la cosmesi al curriculum, mentre l'agenzia di stampa cinese Xinhua lo fotografa come «un professore relativamente sconosciuto con zero esperienza in politica e nella pubblica amministrazione».

«FACCIAMO GIUSTIZIA» Chiaro che lo spazio e i microfoni quindi siano al novanta per cento per Lega e M5S, che con l'incarico al professore vedono a un passo il timone del Paese e non si preoccupano più tanto di rassicurare mercati, Colle e Bruxelles. Mentre Conte si dichiara «consapevole» dell'importanza dei rapporti con l'Europa, Luigi Di Maio su Facebook proclama che «forse ora si comincia a fare un po' di giustizia in questo Paese».

Quanto ai rapporti internazionali, «ci confronteremo con le altre Nazioni ma saremo i difensori degli italiani». Poi una frenata sul presidente della Repubblica, attaccato da Alessandro Di Battista che minacciava di mobilitare le piazze se non avesse incaricato Conte: «Mattarella - riconosce ora Di Maio – è stato pienamente rispettoso della nostra Costituzione, lo ringraziamo per quello che ha fatto».

GRILLO BENEDICE E dopo un lungo silenzio si fa sentire anche Beppe Grillo: «Saluto con grande piacere il professor Giuseppe Conte, lo abbiamo visto attraversare una foresta di dubbi e preoccupazioni maldestre, faziose e manierate, che ha saputo superare grazie a dei requisiti fondamentali per la carica che è destinato a ricoprire: la tenuta psicologica e l'eleganza nei modi».

«NIENTE VETI» E rispetto al premier in pectore, certamente Matteo Salvini è meno raffinato delle maniere: il leader leghista liquida con insofferenza le perplessità degli industriali sul programma di governo gialloverde («Ho sentito qualcuno che guarda al passato, oggi a Confindustria. Sembra che l'Italia non abbia votato e che si parli ancora ai governi Letta, Renzi, Gentiloni») e poi lancia un paio di avvertimenti («ll mondo va avanti, gli italiani hanno voglia, fame sarà un governo dell'orgoglio. Spero nessuno metta veti» e poi un'imbronciata «speranza che nessuno metta altri ostacoli alla nascita di un governo che gli italiani stanno aspettando»).

Ma alla fine il prossimo ministro dell'Interno una dichiarazione quasi conciliante la concede: «Non andiamo a sfasciare niente, andiamo a ricostruire una posizione dell'Italia in Europa, con orgoglio e dignità, senza essere subalterni».

IL CASO CROSETTO Ma c'è qualcosa che Salvini pare intenzionato a sfasciare, ed è il centrodestra. A cominciare dall'anello più piccolo, Fratelli d'Italia: ieri, mentre Giorgia Meloni si dichiarava «delusa» dal leghista e smentiva di avergli dato il via libera per la trattativa col M5S, il suo compagno di partito Guido Crosetto si dimetteva da parlamentare. Scelta dettata da «motivi esclusivamente personali», ma se fosse vero che per lui è in arrivo il ministero della Difesa, porterebbe in dote ai gialloverdi una pattuglia molto ridotta ma comunque preziosa.


La  Nuova Sardegna

Pd, sabato l'assemblea Staffetta Cucca-Morittu
Accordo renziani-Cabras-ex Diesse: l'attuale vice in pole per la segreteria
Ancora in minoranza l'area soriana che sostiene Dolores Lai e chiede
il congresso

CAGLIARIL'assemblea regionale del Pd è stata riconvocata sabato
mattina, alle 10, nel centro congressi del Nuraghe Losa, ad Abbasanta,
e potrebbe essere la riunione decisiva, quella della svolta dopo la
legnata elettorale del 4 marzo. Perché in questi giorni, dietro le
quinte, buona parte del partito avrebbe costruito una possibile
soluzione per superare la lunga contrapposizione, dura da due mesi,
sulle dimissioni o meno del segretario Giuseppe Luigi Cucca.

È quasi deciso: sabato ci sarà una staffetta, con la promozione sul campo -
dovrà essere eletto comunque dall'assemblea - dell'attuale
vicesegretario Pietro Morittu. Ha 40 anni, è consigliere comunale a
Carbonia, capo di gabinetto dell'assessore ai trasporti Carlo Careddu,
primo dei non eletti nel collegio del Sulcis nelle Regionali del 2014,
su Facebook ha scritto: «La politica è bella se la guardi negli
occhi». C'è una seconda novità: la carica di vice, con funzioni
operative, potrebbe essere affidata al consigliere regionale Franco
Sabatini, anche se lui ha fatto sapere: «Non mi è stato proposto
ancora nulla».

Cos'è accaduto. Questo: i popolari-riformisti dell'area
Cabras-Fadda (è la corrente di Morittu) e il gruppo formato dai
renziani più gli ex Diesse (Sabatini) avrebbero stretto un nuovo patto
di maggioranza. Dopo essere stati alleati l'anno scorso, insieme hanno
eletto il renziano Cucca, lo sarebbero ancora, ma questa volta a parti
inverse negli incarichi di vertice. Nel patto dovrebbe rientrare anche
il lancio ufficiale del referendum fra gli iscritti sulla possibilità
- prospettata dall'ex senatore Silvio Lai, anche lui
popolare-riformista - che il Pd sardo si stacchi dal partito
nazionale.Soru in minoranza.

Di fronte a questo possibile scacchiere
dell'ultim'ora, a restare fuori sarebbe come in passato la corrente
capeggiata dall'eurodeputato: era e resterà in minoranza. Ma
soprattutto uscirebbe sconfitta la proposta dei soriani di celebrare
il congresso subito, mentre a questo punto non sarà prima di
settembre. Perché se Cucca sabato dovesse dimettersi, l'assemblea
potrà eleggere seduta stante il successore senza ripassare dalle
primarie. Però c'è chi sostiene anche questo: una parte della corrente
di Soru starebbe lavorando per non finire all'angolo, con l'obiettivo
quindi di arrivare a una gestione unitaria del partito. Se il
tentativo del «tutti dentro» dovesse andare a buon fine, ci potrebbe
essere un secondo vicesegretario indicato dai soriani.

Possibilità di
successo. Sulla carta l'accordo dell'ultim'ora può contare su una
maggioranza netta, popolari-riformisti e renziani hanno da loro oltre
100 delegati su 160, e quindi se la staffetta Cucca-Morittu dovesse
essere ufficializzata, il via libera sarebbe assicurato. Se poi nel
nuovo patto dovessero entrare anche i soriani, la successione
passerebbe all'unanimità. Ma nel Pd nulla va dato per scontato.
Soprattutto perché non va dimenticato che una parte del partito, in
particolare i soriani, si sono schierati da tempo a favore dell'unica
candidatura ufficiale, quella dell'indipendente Dolores Lai e quindi
c'è ancora molto da chiarire in questi giorni che mancano
all'assemblea di sabato. (ua)

Unione Sarda

Pd sardo, asse tra renziani e riformisti: spunta Morittu
Prove d'intesa in vista dell'assemblea di sabato: si va verso la
reggenza del vicesegretario

Per uscire dal pantano il Pd sardo rispolvera l'alleanza tra renziani
e Popolari-riformisti. La stessa che portò alla segreteria Giuseppe
Luigi Cucca che potrebbe lasciare per cedere il testimone a Pietro
Morittu, attualmente vice segretario in quota Popolari-riformisti.
Questa sarebbe la via d'uscita da presentare sabato all'assemblea,
lasciando di fatto fuori dai giochi i soriani più orientati verso la
convocazione immediata del congresso.

IL NOME Pietro Morittu sarebbe così la persona individuata per
traghettare il Partito democratico in un percorso lungo che porti sì a
un congresso ma in tempi molto più dilatati. Nei giorni scorsi gli
ambasciatori delle due correnti si sono incontrati, raggiungendo un
accordo di massima, anche se sul nome di Morittu i renziani predicano
prudenza. La soluzione sarebbe comunque gradita a entrambe le correnti
che piuttosto che un congresso in tempi rapidi, gradiscono
maggiormente un'uscita più indolore di Cucca a favore di un gruppo
dirigente che governi il partito.

IL PERCORSO Nomi a parte il percorso che le due correnti proporranno
all'assemblea è delineato. L'obiettivo è avviare una conferenza
programmatica sul territorio, coinvolgendo i circoli per poi
organizzare una giornata in cui in ogni Comune si terrà un'assemblea
civica. Il risultato di questi incontri sarà discusso dalle assemblee
provinciali per arrivare all'assise regionale con un mandato
territoriale forte e un congresso da celebrare. Questo è il percorso
di cui si dovrebbe occupare Morittu che potrebbe però avere due punti
di vista diversi da parte dei suoi sostenitori.

Infatti, da un lato si
ragiona se limitare il mandato a una sorta di commissario reggente,
così come succede a livello nazionale con Maurizio Martina al posto di
Matteo Renzi. Dall'altro, si discute se investire Morittu come futuro
segretario e fargli affrontare la guida del Pd con questa prospettiva.
I CONTRARI Difficilmente i soriani e qualche altro esponente come la
candidata alla segreteria, Dolores Lai, accetteranno questa soluzione.
I numeri non giocano a favore della corrente che da settimane chiede
con insistenza le dimissioni di Cucca e l'avvio del congresso per
cambiare la segreteria del partito. Sabato all'assemblea sarà la conta
dei voti a stabilire i prossimi passaggi, a oltre 70 giorni dalle
elezioni e con una sconfitta ancora da analizzare.
Matteo Sau

Conte premier: «Sto con i cittadini»

ROMA Il colloquio col presidente della Repubblica è durato due ore:
quasi un record nella storia delle consultazioni al Quirinale.
Mattarella ha affidato l'incarico per la formazione del governo a
Giuseppe Conte, professore di diritto privato, che accetta con
riserva. «Sarò l'avvocato difensore del popolo italiano», ha detto
appena uscito dall'incontro col capo dello Stato. Punto cruciale del
discorso del premier incaricato i rapporti con l'Unione europea.

«Abbiamo parlato della fase impegnativa e delicata che stiamo vivendo
e delle sfide che ci attendono e di cui sono consapevole. Così come
sono consapevole - ha puntualizzato - della necessità di confermare la
collocazione europea e internazionale dell'Italia». La svolta di una
lunga giornata è arrivata alle 19. «Se riuscirò a portare a compimento
l'incarico - ha detto Conte -, esporrò alle Camere un programma basato
sulle intese intercorse tra le forze politiche di maggioranza».
IL NODO ECONOMIA Il premier incaricato non è stato preciso
nell'indicazione dei tempi sui ministri: «Nei prossimi giorni
presenterò la lista al Quirinale».

Luigi Di Maio (Lavoro) e Matteo
Salvini (Interno) saranno nell'esecutivo, la Giustizia dovrebbe andare
ai 5 Stelle, così come la Salute (Giulia Grillo) e l'Agricoltura alla
Lega. Il vero nodo riguarda l'Economia, con il nome di Paolo Savona,
economista cagliaritano euroscettico fortemente sostenuto dalla Lega,
il cui nome fino al pomeriggio sembrava in pole position, superato
poi, secondo quanto battuto dalle agenzie, da Giancarlo Giorgetti,
braccio destro del leader del Carroccio e capogruppo alla Camera.

In serata la sua candidatura ha ripreso quota con Salvini che ha
dichiarato: «La figura di spessore, coerenza, onestà e pulizia di
Savona sarebbe una garanzia per 60 milioni di italiani che finalmente
avrebbero a Bruxelles uno che tratta, non impone, con il fatto che
l'interesse nazionale viene prima». Un sostegno arrivato anche da
Luigi di Maio: «Savona è una persona valida che ci può dare una mano a
livello nazionale e internazionale per realizzare le nostre riforme.
Per me e per Salvini Savona è una persona all'altezza della situazione
ma capiamo», ha aggiunto, «che c'è un'interlocuzione istituzionale da
fare». È tornato in sella quindi il nome di Savona. C'è un altro
indizio che gioca a favore della sua nomina: in mattinata ha lasciato
la presidenza del fondo di investimento privato anglo-lussemburghese
Euklid.

«IO, AVVOCATO» Nel suo discorso, Giuseppe Conte ha rivendicato il
contributo dato alla stesura del contratto prospettando il valore del
cambiamento per il Paese. «Il contratto su cui si fonda l'esecutivo, a
cui ho dato un contributo, rappresenta in pieno le aspettative di
cambiamento dei cittadini, lo porrò a fondamento dell'azione di
governo. Il mio intento è di dar vita ad un esecutivo dalla parte dei
cittadini, che tuteli i loro interessi - ha sottolineato -.

Sono professore e avvocato, nel corso della mia vita ho perorato le cause
di tante persone. Mi accingo ora a difendere gli interessi di tutti
gli italiani, in tutte le sedi, europee ed internazionali, dialogando
con le istituzioni europee e con i rappresentanti di altri Paesi». In
vista del Consiglio europeo di fine giugno e rispetto ai «negoziati in
corso sul bilancio europeo, sulla riforma del diritto di asilo e sul
completamento dell'unione bancaria», ha aggiunto il premier
incaricato, «è mio intendimento impegnare a fondo l'esecutivo su
questo terreno, costruendo le alleanze opportune e operando affinché
la direzione di marcia rifletta gli interessi nazionali». Nei prossimi
giorni, ha concluso, «tornerò dal presidente della Repubblica per
sciogliere la riserva, in caso di esito positivo per sottoporgli le
proposte relative alla nomina dei ministri. Non vedo l'ora di iniziare
a lavorare sul serio».

INCONTRI DI RITO Giuseppe Conte è arrivato al Quirinale in taxi. Dopo
il colloquio con Mattarella e l'incontro coi giornalisti ha lasciato
il Colle sempre a bordo di un taxi ma stavolta, da premier incaricato,
era seguito dalle auto della scorta. Prima tappa a Montecitorio dove
ha incontrato il presidente Roberto Fico che più tardi ha scritto su
Facebook: «Ho ricevuto questa sera a Montecitorio il presidente del
Consiglio incaricato, Giuseppe Conte, a cui ho augurato buon lavoro».
Poco dopo le 21 ha lasciato il palazzo, sempre in taxi, per
raggiungere il Senato dove ha parlato con la presidente Elisabetta
Casellati.

La Nuova Sardegna

E i due Di Battista attaccano il Quirinale verso il governo»la svolta
di Michele Esposito

Fatto il premier resta un discreto caos sulla squadra che dovrà
affiancarlo. Luigi Di Maio e Matteo Salvini arrivano alla fine del
giorno X del «governo del cambiamento» con un sospiro di sollievo. Il
sì del Quirinale alla premiership di Giuseppe Conte dà a M5S e Lega
una base di partenza e la certezza di non finire nel baratro. Ma la
partita è tutt'altro che chiusa, a cominciare dall'Economia, dove Di
Maio e Salvini, nonostante il non gradimento del Colle, insistono
sullo stesso nome di 72 ore fa: Paolo Savona. La trincea sull'ex
ministro del governo Ciampi - che ieri ha lasciato il fondo Euklid per
«impegni pubblici» - è dettata da una duplice motivazione. Su Savona,
nonostante l'Economia sia in quota Lega, c'è una perfetta condivisione
tra Carroccio e Movimento.

E, in secondo luogo, cadendo il nome di
Savona si rischierebbe di sconvolgere l'intero puzzle governativo. La
possibilità che Giancarlo Giorgetti sia dirottato al Tesoro, oltre a
non entusiasmare il diretto interessato (che, messo alle strette,
difficilmente potrebbe non accettare) vedrebbe infatti M5S e Lega
cominciare un nuovo, rischioso, braccio di ferro. «In questo modo
diamo tutto alla Lega come se fosse Di Maio premier», è il refrain che
filtra da chi, nel M5S, segue la trattativa. Da qui la decisione di
andare fino in fondo su Savona.

Una decisione che, in qualche modo,
Conte ha perorato nel faccia a faccia con il presidente Sergio
Mattarella. Le speranze che il Colle alla fine ceda, sono tuttavia
flebili. E, visto che la carta Giorgetti risulta a dir poco
problematica, a M5S e Lega servirà trovare, alla svelta, un piano B
che lasci più o meno intatto il puzzle ministeriale. Ma i nodi non
finiscono qui. Agli Esteri, ad esempio, sono in rapido ribasso le
quotazioni di Giampiero Massolo. In pole, come alternativa, c'è l'ex
montiano Enzo Moavero Milanesi ma non si esclude che, soprattutto con
Giorgetti al Mef, possa essere proprio Di Maio a guidare la Farnesina
prendendosi anche la delega agli Affari Ue.

Di Maio, per ora, punta al
superministero Mise-Lavoro, trovando anche in questo caso lo
scetticismo del Colle ma puntando, proprio come su Savona, anche in
questo caso ad andare fino in fondo. Al M5S andranno Difesa (Emanuela
Trenta il nome in pole, outsider l'ambasciatore Pasquale Salzano),
Giustizia (Alfonso Bonafede resta favorito) e Ambiente (con il
generale Sergio Costa ma non si esclude che vada ad un parlamentare) e
la P.A., dove è diretta Laura Castelli. Il dicastero diretto da Delrio
potrebbe andare alla Lega (Giuseppe Bonomi o ancora Giorgetti) ma, se
andasse al M5S il prescelto potrebbe essere Mauro Coltorti.
All'Istruzione, potrebbe andare il braccio destro di Di Maio Vincenzo
Spadafora. Che, con Giorgetti al Mef, potrebbe invece essere proposto
come sottosegretario alla Presidenza del Consiglio. Carica, per la
quale andrebbe a Giorgetti stesso, con le chance dell'outsider Lorenzo
Fontana in salita. di Serenella MatterawROMA«Sarò l'avvocato difensore
degli italiani».

Il professore Giuseppe Conte riceve dal presidente
della Repubblica Sergio Mattarella l'incarico di formare il governo.
E, dopo aver accettato con riserva, si presenta per la prima volta
agli italiani con un breve discorso in cui conferma la collocazione
europea e internazionale del Paese, mette al centro «gli interessi
dell'Italia» e annuncia che si muoverà nel solco del «contratto»
M5s-Lega per «il governo del cambiamento».

Dopo le preoccupazioni
dell'Europa per la nascita di un esecutivo a trazione euroscettica e
dopo le polemiche sul curriculum in alcune parti «gonfiato» da Conte,
l'esecutivo giallo-verde è davvero a un passo. Manca solo il difficile
rebus dei ministeri, con il nodo di Paolo Savona, il professore anti
euro che la Lega vuole all'Economia. Le consultazioni che Conte avvia
oggi con tutti i partiti serviranno a trovare la quadra. All'inizio
della prossima settimana il governo potrebbe andare alle Camere per la
fiducia. Il capo dello Stato rompe gli indugi dopo un attento vaglio
del profilo dell'avvocato: sceglie di accelerare anche alla luce della
turbolenza dei mercati e la costante salita dello spread. A Luigi Di
Maio e Matteo Salvini, azionisti della nuova maggioranza, chiede
conferma che sia Conte il candidato premier.

Poi, mentre Alessandro Di
Battista lo attacca e Beppe Grillo «blinda» il nascente governo dalle
«calunnie», Mattarella convoca il professore di diritto privato al
Colle alle 17.30. Conte, che negli ultimi giorni si era reso
irreperibile, arriva in taxi, una cartellina sotto braccio. E si ferma
a colloquio con il presidente per due ore. Poi, abito blu e solo
un'incertezza della voce a tradire l'emozione, legge un intervento di
quattro minuti. «Sono consapevole» della «fase impegnativa e delicata
e delle sfide che ci attendono, nonché della necessità di confermare
la collocazione internazionale ed europea dell'Italia», sottolinea. In
Ue, con le «alleanze opportune», il governo punterà su intese
«nell'interesse nazionale».

Al Paese che «attende delle risposte»,
Conte indica «il contratto» M5s-Lega, cui dice di aver dato il
contributo: «Rappresenta in pieno le aspettative di cambiamento e lo
porrò a fondamento dell'azione di governo nel pieno rispetto» della
Costituzione anche per «le prerogative» del presidente del Consiglio.
Un passaggio, questo, che punta a fugare i timori di chi lo immagina
mero esecutore di quanto decideranno M5s e Lega. «Il mio intento - è
il "manifesto" dell'avvocato e professore - è dar vita a un governo
dalla parte dei cittadini. Mi propongo di essere l'avvocato difensore
del popolo italiano.

Lo farò senza risparmiarmi con massimo impegno e
responsabilità». A ottanta giorni dalle elezioni, ha così un volto il
nuovo esecutivo. E mentre Confindustria esprime tutti i suoi timori
nella tradizionale assemblea annuale, all'opposizione si colloca il
Pd: «Ci costituiamo parte civile - annuncia battagliero Matteo Renzi -
per verificare se realizzeranno le promesse». Ma all'opposizione ci
saranno anche Forza Italia e Fratelli d'Italia, alleati di un
centrodestra sempre più traballante.

«Siamo preoccupati. FI voterà
contro la fiducia e farà un'opposizione severa e senza sconti»,
annuncia Maria Stella Gelmini. Ma Salvini assicura di essere nel
governo «perché gli alleati mi hanno detto "vai". Li continuo a
ritenere alleati». «È nata la terza Repubblica, si realizza un sogno»,
esulta Di Maio. Ma i nodi sono ancora da sciogliere, come il ministero
dello Sviluppo Economico, con dentro il Lavoro, rivendicato dal M5s, e
la «blindatura» di Paolo Savona all'Economia. E Salvini tiene la
guardia alta: «Speriamo che non ci siano altri tentativi, dall'Italia
o dall'estero, di fermare il cambiamento».

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Federico Marini
skype: federico1970ca

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