mercoledì 16 maggio 2018

Rassegna stampa 16 Maggio 2018


La Nuova

Salvini-Di Maio lite con l'Europa
Allarme delle Regioni sul Def: «I Lea sono indegni, salute a rischio» di Francesca Chiri

Il vento freddo dell'Europa inizia a spirare sui tentativi di Lega e M5s di formare un governo, mentre anche i fondamentali dell'Italia cominciano a scricchiolare di nuovo. I dati di Bankitalia sull'ennesimo record raggiunto dal debito pubblico a marzo mettono in allarme le istituzioni europee che lanciano un duro monito sulla necessità da parte dell'Italia di ridurre ulteriormente la propria montagna di debito e rispettare il percorso di rientro dall'eccessivo deficit concordato con Bruxelles «indipendentemente dal governo che ci sarà».

«È chiaro che l'approccio alla formazione del nuovo governo e, di pari passo, verso la stabilità finanziaria, deve essere quello di rimanere nel corso attuale», avverte il vicepresidente della Commissione Ue Valdis Dombrovskis. È un monito che irrita profondamente i Cinque Stelle e il Carroccio che, peraltro, proprio sui delicatissimi temi di Europa e euro si stanno confrontando da settimane sotto l'occhio vigile del Quirinale. Che è in allarme anche per gli accordi che sarebbero stati scritti nero su bianco su una delle bozze del programma.

«Ci sono alcuni temi su cui siamo lontani ed è chiaro che non possiamo andare a Bruxelles con un governo che rappresenti due idee lontane», è l'avvertimento che lancia il segretario della Lega, secondo il quale «sono le prossime ore quelle in cui decideremo». Ma non basta. E non è solo il rispetto dei vincoli europei che l'Europa reclama: il commissario all'immigrazione, il greco Dimitris Avramopoulos si augura che non ci siano cambiamenti nella gestione dei flussi da parte del governo che verrà. Per Matteo Salvini è quasi una dichiarazione di guerra: «Dall'Europa arriva l'ennesima inaccettabile interferenza di non eletti» tuona.

Luigi Di Maio, da parte sua, cerca la quadra e commenta: «I vincoli europei vanno rivisti, dialogando con gli altri Paesi ma vanno rivisti, perché è nell'Unione europea che si gioca la partita importante per finanziare tutte le misure economiche che diano diritti sociali agli italiani» afferma. Ma anche lui gioca la carta della critica alla burocrazia di Bruxelles: «Abbiamo attacchi continui, anche oggi da qualche eurocrate non eletto da nessuno». Non sono stati però solo i warning della Commissione europea a surriscaldare il clima.

Il Ft ieri ha parlato infatti anche di «nuovi barbari» riferendosi ai due partiti che si stanno alleando. «Ma come vi permettete?», ha risposto indignato il capo politico del MoVimento, convinto che questo accerchiamento attorno al nascente governo giallo-verde non farà che accrescere i consensi sui tentativi di dar vita a un «governo del cambiamento». «Io più vedo questi attacchi, più sono motivato, perché vedo tanta paura di un certo establishment del cambiamento. Ma chi ha paura del cambiamento oggi è nostro nemico, chi lo vuole invece lotti con noi», ha spiegato.

Nonostante le nubi che si addensano sull'accordo tra le due forze politiche, in un video su Facebook Di Maio ha provato anche ad ostentare ottimismo: «Chi ha coraggio ci dia una mano e se riusciamo allora è la grande occasione per il cambiamento. I presupposti ci sono? Dipende, ma se ci riusciamo sarà una bomba. C'è un momento per la paura e uno per il coraggio. Questo è il momento del coraggio di andare fino in fondo».


Unione Sarda

Parla Dolores Lai, candidata alla segreteria regionale: «Pressioni per
ritirarmi» «Sogno un Pd senza correnti Si cambi o non ci sarà futuro»

Nessun timore di diventare la segretaria del Pd, anche in un momento
in cui il partito «non gode di grande simpatia». Però, Dolores Lai, 41
anni, sassarese e dirigente del partito difende la sua candidatura,
nonostante i tentativi «a volte poco ortodossi di farmi cambiare
idea». Prima mossa: mettere fine all'era delle correnti, puntare su
tutti coloro che «vogliono assumersi la responsabilità di guidare il
partito e avere la libertà di parlare liberamente senza temere i
capi».

Si sente pronta a fare la segretaria del Pd?
«Assolutamente sì».

Ha deciso di proporsi in un momento non proprio brillante.
«Mi sono messa in gioco perché o riusciamo a dare una svolta oppure
per il partito non ci sarà futuro».

Se dovesse spiegare a chi non sa nulla di politica che cosa è il Pd
sardo, cosa direbbe?
«Spiegherei che era un progetto politico ambizioso, un contenitore di
idee positive in grado di rappresentare valori di centrosinistra e
rispondere ai bisogni della nostra società. Invece abbiamo accettato
in maniera supina le politiche di austerità».

E il finale della storia quale sarebbe?
«Dopo 10 anni non siamo riusciti a realizzare il progetto, abbiamo
abbandonato quella strada. Ci siamo concentrati sulle dinamiche
interne e sprecato energia a costruire spazi di potere piuttosto che
valori».

E il futuro quale sarà?
«Nei momenti di crisi ci sono due strade: la prima è rimanere chiusi
in sé stessi, senza un minimo di autocritica come alcuni vogliono
fare. Così il partito è destinato ad avere due o tre anni di vita.
L'altra via è mettersi in discussione e fare una rivoluzione culturale
e cambiare rotta».

Le persone attualmente alla guida del Pd sono in grado di fare questa
rivoluzione?
«Se dovessi valutare le reazioni all'indomani della sconfitta
elettorale direi proprio di no».

Cosa è successo dopo il 4 marzo?
«Sono stati commessi gli stessi errori con l'idea di fare un accordo a
tavolino per trovare un segretario traghettatore e galleggiare fino
alle regionali».

Si immagina un Pd senza correnti?
«No se fossero di pensiero. Ma la realtà è diversa».

Sono la causa di questo stallo post-elezioni?
«Di sicuro. Infatti, la mia candidatura nasce in maniera irrituale nel
tentativo estremo di superare questo blocco».

Ha avuto segnali di incoraggiamento?
«Sì, in maniera molto trasversale e questo mi gratifica molto».
Qualcuno, invece, le ha detto di lasciar perdere?
«Tanti. Alcuni in buona fede, perché il compito è arduo, altri hanno
tentato di convincermi con metodi non proprio ortodossi».

Eppure sta chiedendo di fare subito il congresso.
«Adesso ci sono due posizioni differenti. Chi vuole andare avanti con
un segretario eletto in assemblea mentre io, e chi la pensa come me,
voglio avviare il congresso per restituire vigore al partito».

È il tentativo di dare lo slancio per le regionali?
«Non dobbiamo pietire alleanze, ma gestirle. Oggi nessuno si vuole
alleare con noi, mentre dobbiamo essere di nuovo il traino della
coalizione e dialogare con chi esprime i valori della sinistra e
dell'autonomia. Il candidato presidente deve essere un esponente del
Pd che possa partecipare alle primarie».

Farebbe la segretaria di un partito della sinistra federato col Pd nazionale?
«Non ci sono i tempi per un progetto serio di questo tipo. E' un'idea
alla quale abbiamo creduto tutti, ma oggi apparirebbe come una
riverniciata a una facciata di una casa crollata dopo il terremoto.
Prima dobbiamo ricostruire la credibilità del Pd e non può accadere
solo cambiando il nome. Possiamo avere la nostra autonomia con una
segreteria e un'assemblea autorevoli. Fino a oggi tutti hanno cercato
sempre protezione a Roma».

Che effetto le fa vedere il Pd che perde nei quartieri popolari?
«Mi fa pensare che abbiamo buttato il nostro Dna e che siamo nati in
un modo ma cresciuti diversamente e non siamo riusciti a difenderci
dalle spinte liberiste».

Qual è stato l'errore più grande?
«Smettere di rappresentare gli esclusi, i più deboli e tutte quelle
categorie che sono state colpite dalla crisi. Non abbiamo aiutato i
poveri a migliorare la loro condizione e nemmeno arginato la discesa
verso il basso le classi medie».

Dopo questo quadro è ancora decisa a fare il segretario?
«Ancora di più. Però saro la segretaria».
Matteo Sau

PD. Dopo le anticipazioni
Martina attacca:  «Quel contratto è inquietante»

ROMA La bozza di contratto di governo pubblicata dall'Huffington Post
scatena la reazione del segretario reggente Maurizio Martina, che su
Twitter definisce «inquietante» l'intesa che starebbero costruendo il
Movimento 5Stelle e la Lega: «Tra ipotesi di uscite dall'euro e
pericolosi comitati paralleli Lega e M5S stanno giocando con la
credibilità del Paese. Si fermino. L'Italia non merita tutto questo».
Altri esponenti del Pd avevano già tuonato contro l'ipotesi di
abbandono della moneta unica, prima però che Luigi Di Maio assicurasse
che questa svolta non farà parte dell'accordo di programma con il
Carroccio.

Nel frattempo i Dem cercano di tenere unito il partito in vista
dell'assemblea nazionale di sabato, e soprattutto dopo. È l'ex
segretario Walter Veltroni a lanciare un appello a tutte le aree
interne, perché si evitino i rischi di scissione: «Ciò che abbiamo
faticosamente unito non è giunto al suo compimento. Credo fortemente,
decisamente e pervicacemente il contrario», dice a Montecitorio
durante un convegno dedicato a Roberto Ruffilli.

Veltroni richiama
tutti ai valori fondanti del Pd e sottolinea che serve una «sintesi
nuova e originale»: le diverse tradizioni e forze da cui il partito è
composto devono creare un'unità che non sia mera «giustapposizione».
Ma, aggiunge, al bisogno del Paese di una «grande forza riformista» in
grado di intercettare il disagio sociale e consentire una «democrazia
governante», sembra non corrispondere da parte del Pd «l'intelligenza,
la saggezza, lo spirito unitario, la coscienza della grandezza della
missione».

CONSIGLIO COMUNALE.
Chessa parla e Massidda rilancia:  seduta ad alta tensione in Aula
Stara si lancia sull'ex senatore ma viene bloccato da Bistrussu

Alta tensione in Consiglio comunale dopo gli attacchi di Gianni Chessa
ai suoi ex compagni di partito. Il consigliere Piergiorgio Massidda ha
rilanciato le parole rilasciate all'Unione Sarda dall'assessore
defenestrato che si è scagliato contro i tre ex colleghi che hanno
dato vita al gruppo Autonomisti per Lussu.

Le parole di Massidda hanno scatenato la dura reazione di Francesco
Stara (che compone il gruppo con Monia Matta e Aurelio Lai) e sono
dovuti intervenire alcuni consiglieri per fermarlo mentre si
avvicinava all'ex senatore. «Forse ha dimenticato che sono cintura
marrone di karate», smorza i toni Massidda. «Ho perso le staffe, ma
sono contro qualsiasi forma di violenza: volevo andare a parlargli
faccia a faccia, non avrei mai fatto niente di più», assicura Stara a
sangue freddo.

Però il clima in Aula era molto teso perché le parole di Massidda non
sono piaciute a Stara che ha cominciato a lamentarsi e, mentre il
presidente del Consiglio Guido Portoghese sospendeva la seduta, ha
provato ad avvicinarsi all'interlocutore. È intervenuto Lino Bistrussu
che ha preso di peso Stara.

Gianni Chessa ha rivelato che gli accordi tra il sindaco e il Psd'Az
comprendevano due assessorati e la guida del Ctm. In Aula Massidda ha
rilanciato la sue parole: in base a quelle spartizioni il Psd'Az aveva
avuto un ruolo determinante nella vittoria di Zedda. «Il Ctm non ha
cda da agosto, tutto è fermo solo per questioni politiche: nel
frattempo c'è Roberto Murru, bravissima persona, che è presidente e
direttore generale: controllato e controllore».

Le parole e il tono
usati dall'ex senatore hanno irritato Stara: «Ci ha mancato di
rispetto e quando ha preso di mira la nostra capogruppo sono scattato.
Basta con questa vecchia politica: sono stanco delle speculazioni
politiche, non ne posso più di sentire questi discorsi». Chessa ha
definito «mercenari» i tre dissidenti che hanno preso le distanze dal
Psd'Az e Massidda ha precisato: «Altro che compravendita, qua cercano
le poltrone e nel peggiore dei casi si può parlare di comodato d'uso
gratuito». Netta la replica di Stara: «Nessuno di noi sta pensando a
poltrone e poltroncine, queste sono cose da vecchia politica».

Lo scambio d'accuse continua a distanza. Secondo Massidda sullo sfondo
dello strappo tra il sindaco e il Psd'Az c'è la campagna elettorale
per le Politiche. «Avrebbero dovuto votare per Christian Solinas ma il
sindaco ha chiesto ai tre sardisti di votare per Luciano Uras e così
hanno fatto, ma si è vista come è andata a finire».

Tra gli spunti di
Chessa rilanciati dall'ex candidato a sindaco c'è il mancato sostegno
di Stara al segretario cittadino sardista dopo la cacciata dalla
Giunta. «Lui che è entrato in Consiglio solo grazie alle dimissioni di
Gianni Chessa, avrebbe dovuto dire qualcosa - commenta Massidda». Non
accetta neanche questo l'ex sardista. «Dopo l'annuncio di Zedda avevo
detto che l'assessore non aveva responsabilità e in Aula avevo chiesto
a Zedda di prendersi 24 ore per pensarci ed evitare ripercussioni
politiche - conclude Stara - ma dal partito non ho ricevuto neanche
una telefonata».
Marcello Zasso

ASSEMINI. M5s e Lega, tesserati Pd in lista Candidature controverse:
procedura di espulsione per 11 dem
Il Movimento assolve Pintus: «Non ha mai avuto ruoli interni in quel partito»

Sono 11 i tesserati del Pd candidati consiglieri nelle liste di altri
schieramenti in vista delle elezioni comunali di Assemini. Tra i
protagonisti della diaspora ci sono Davide Pintus, candidato con il
Movimento 5 stelle di Sabrina Licheri, e Monia Piano, inserita nella
lista Lega-Psd'Az che appoggia Antonio Scano, candidato a sindaco con
la coalizione di centrodesta “Andare oltre”.

Piano è una dei 21 dirigenti dissidenti Pd che si erano dimessi in
segno di sfiducia nei confronti del segretario cittadino, Antonio
Caddeo, accusato di voler formare una coalizione col centrodestra.
Parte della corrente è confluita nella civica “Democratici
progressisti per Assemini”, che con il candidato a sindaco, Francesco
Consalvo, schiera Anna Maria Cadeddu, Salvatore Marras, Gianluca
Mereu, Cristian Pinna, Marco Sarigu, Ignazia Spina, Rita Onnis e
Tamara Tocco.

IL CASO PINTUS Lo statuto dem prevede l'espulsione per chi scende in
campo contro il partito, e Caddeo inoltrerà i nomi alla direzione
provinciale. Per Pintus non è un problema ma per il M5s si pone la
questione morale: sul sito, sezione “iscriviti”, campeggia la regola
dello statuto pentastellato, secondo cui “possono aderire al Movimento
i cittadini che non risultino aderenti ad altri partiti politici o
associazioni”.

Sostiene il M5s asseminese: «Il candidato non ha mai
avuto ruoli interni al Pd. Aveva fatto un favore a un amico di
famiglia che gli aveva chiesto di tesserarsi ma non ha mai rinnovato
l'iscrizione (se così è stato, è avvenuto a sua insaputa) e si è
dimesso prima dell'adesione al M5s». Gli uffici tesseramenti dem
confermano però la presenza di Pintus nell'elenco, precisando che il
rinnovo non è automatico e non esistono dimissioni (mai arrivate) per
i semplici iscritti, visto che non ricoprono nessun ruolo
dirigenziale.

PIANO E CONSALVO Monia Piano spiega il passaggio dal circolo Rosa
Parks (attivista nera americana simbolo del movimento per i diritti
civili) alla Lega-Psd'Az: «Non mi rivedevo più nel Pd e l'espulsione
non sarebbe un problema. Prima di candidarmi ho sentito gli amici dem
e con loro spero di poter trovare punti in comune per il bene di
Assemini».

Per Consalvo, «Caddeo non si è posto il problema politico dei motivi,
da individuare nelle sue scelte, che hanno portato 11 iscritti, tra
cui dirigenti di lungo corso, a candidarsi altrove».
IL SEGRETARIO DEL PD Secondo Caddeo, invece, «la vicenda conferma i
progetti architettati già da tempo da qualcuno per la fuoriuscita dal
partito e la sicurezza di venire eletto. Chi non si riconosce più nel
Pd se ne vada. Abbiamo tentato di mediare ma ora pensiamo uniti al
bene della città».
Lorenzo Ena


SASSARI Resa dei conti in casa Pd su rimpasto e primarie
Domani il secondo round della direzione cittadina iniziata lunedì sera
Il sindaco Sanna sembra pronto a forzare sull'assessorato alla Cultura

di Vincenzo Garofalo
SASSARI
Il futuro del Pd e del Comune di Sassari si deciderà domani sera in
via Mazzini. Lunedì, al termine di una riunione della direzione e
dell'assemblea cittadine durata cinque ore, i dem hanno segnato il
primo round nella resa dei conti fra il gruppo consiliare, il sindaco
e il partito. La riunione, convocata per risolvere l'ennesima crisi
interna scoppiata a fine aprile a Palazzo Ducale, e culminata con le
dimissioni da capogruppo di Carla Fundoni e con l'addio al gruppo Pd
della consigliera Lisa Benvenuto, ha messo subito il sindaco, Nicola
Sanna, contro l'ala renziana e popolare-riformista del partito: da una
parte il primo cittadino ha proposto al Pd di fare un passo indietro
sull'assessorato alla Cultura, vacante da un anno, e di lasciarlo
nella disponibilità degli alleati, e di proseguire uniti fino alla
chiusura naturale della legislatura.

Dall'altra parte il segretario
cittadino, Gianni Carbini, ha chiarito che il partito intende arrivare
fino alla fine del mandato a Palazzo Ducale, ha chiesto a Carla
Fundoni di ritirare le dimissioni da capogruppo, a Lisa Benvenuto di
rientrare nel gruppo consiliare, e ha disegnato un futuro immediato
diverso da quello ipotizzato da Nicola Sanna: un rimpasto in giunta,
subito, un aggiornamento del patto di fine consiliatura fissando dei
punti strategici da raggiungere, e poi, statuto alla mano, primarie di
partito e di coalizione entro novembre per scegliere il candidato
sindaco del 2019.

 Una sfida aperta a Sanna che, da reggente uscente,
si aspetta una ricandidatura d'ufficio, come in passato è stata
garantita a Gianfranco Ganau. La discussione iniziata alle 17.30 è
andata avanti in un clima tutt'altro che amichevole fino alle 22 e 30,
quando è stato deciso di aggiornare a domani la riunione, per
proseguire con il confronto e portare al voto la direzione cittadina
sulla proposta di primarie avanzata da Carbini. Nel frattempo il
segretario provinciale, Gianpiero Cordedda, ha chiesto espressamente
al sindaco di soprassedere sulla nomina del nuovo assessore alla
Cultura, perché non è affatto scontato che il Pd sia disposto a cedere
quel tassello della giunta comunale agli alleati.

Ieri sera in
Consiglio comunale Nicola Sanna non ha annunciato nessun nuovo
ingresso nell'esecutivo, anche se a Palazzo Ducale danno per certo che
il sindaco abbia già in tasca l'assegnazione della delega alla
Cultura. Dopo avere tenuta libera la poltrona per un anno aspettando
che il Pd indicasse il nome del prescelto, Sanna scalpita per la
nomina: il posto dovrebbe essere occupato da un'assessora in quota
Upc, si fa il nome di una sindacalista Cisl, ma a mettersi di
traverso, oltre al Partito democratico, potrebbero esserci anche le
altre forze della coalizione di centrosinistra, sempre che ancora ne
esista una.

-----------------
Federico Marini
skype: federico1970ca


Nessun commento:

Posta un commento