mercoledì 30 maggio 2018

Rassegna stampa 30 Maggio 2018


Cagliari, Pd in piazza per Mattarella E in Municipio esplode la polemica L'assessore Arru: «Moderare i toni». In Consiglio attacchi a Zedda: «Manifestazione inopportuna»

In piazza Palazzo a manifestare solidarietà a Sergio Mattarella ci saranno duecento persone, o poco più. Bandiere tricolori, quella dell'Unione Europea, e quella del Partito Democratico che ha organizzato tutto all'ultimo momento. C'è la gente comune, i militanti, gli esponenti di partito e le istituzioni. Pochi giovani. «Mi spiace tanto, oggi in questa piazza non vedo un ventenne – fa notare Gianluigi Piras, ex dirigente del Pd - sono preoccupato per come le istituzioni vengono screditate».

«SERVE CALMA» La prima a prendere la parola al microfono è Romina Mura, deputata: «Le istituzioni non si discutono né quando si vince né quando si perde. Ma chi ha vinto ha l'obbligo di non calpestare la Costituzione. Noi abbiamo cercato di cambiarla, ma il popolo ci ha detto no. Il Quirinale è garanzia del popolo italiano. Sono giorni delicati e le regole democratiche non devono morire. Viva la Repubblica».

Il senso della giornata per Luigi Arru (soriano del Pd, assessore alla Sanità) «è quello di riportare tutto alla calma e alla serenità, per invitare a moderare i toni contro il presidente della Repubblica». Francesco Pigliaru abbandona la discussione in Consiglio regionale, per essere davanti alla Prefettura: «Io sto con Mattarella perché ritengo che abbia difeso il proprio ruolo - dice al microfono - e poi perché Paolo Savona, nostro conterraneo e ministro sul quale il Capo dello Stato ha detto no, non ha mai smentito il “Piano b”, quello che prevede l'uscita dall'euro ma che mai nessuno ha portato alle elezioni».

TENSIONI IN MUNICIPIO L'ultimo ad arrivare è il sindaco di Cagliari, Massimo Zedda: «Non si possono mettere sullo stesso livello chi accende la miccia e getta la benzina da una parte e chi porta l'acqua dall'altra», esordisce, ripetendo quello che ha detto poco prima nell'Aula di Palazzo Bacaredda, dove la partecipazione alla manifestazione del Pd è stata criticata dal pentastellato Pino Calledda e da Piergiorgio Massidda. In particolare, secondo l'ex senatore di Forza Italia, «bisogna abbassare i toni, ma la manifestazione in piazza Palazzo è provocatoria quanto quelle contro il presidente Mattarella organizzata in piazza Costituzione».

Aver equiparato le due iniziative non piace a Zedda, che fa notare quanto sia sbagliato minimizzare gli attacchi anche violenti subiti dal capo dello Stato sui social: «Non parliamo di due persone qualsiasi ma del padre di uno dei massimi esponenti del M5S che si dichiara fascista e ha scritto cose che hanno fatto scattare un'indagine della Procura, al limite del vilipendio del Capo dello Stato. Non mi pare che il figlio o altri abbiano censurato il comportamento del padre». E infine: «Ma chi ci crede che uno che è lì per fare il presidente del Consiglio manda tutto all'aria perché viene rifiutato un ministro? Sono dinamiche normali».


Unione Sarda

Il Pd pensa al fronte repubblicano
Renzi: in caso di voto alleanza larga ma non con FI

Mentre riprende corpo il governo gialloverde, il Pd prepara lo
scenario del voto anticipato e ragiona su un listone Democratico che
vada da Mdp a Casini con Gentiloni candidato premier. Matteo Renzi e
Carlo Calenda propongono un “grande fronte repubblicano” europeista e
l'ex leader promette «un ruolo da mediano». Bersani però frena: «Non
mi si presenti da contrapporre alla destra sovranista l'union sacrée,

il fronte della sopravvivenza. Si deve fare un'operazione larga ma che
abbia dentro un senso». Martina ribadisce: «Va costruito un campo
largo con chi ci sta», ma Lorenzo Guerini non vuole «una sommatoria di
sigle». Anche per Laura Boldrini «tutte le forze progressiste» si
dovrebbero alleare.

E Renzi garantisce: «Mai con Forza Italia». Per le
candidature i Dem pensano a delle consultazioni ma non alle primarie.
Come premier, a Renzi andrebbero bene Gentiloni o Calenda, Minniti o
Delrio: «C'è un sacco di bella gente nel Pd. Chiunque sarà,
l'importante è che non gli facciano quello che hanno fatto a me e
tutti sostengano chi sarà scelto».


Cottarelli prende tempo, rispunta l'asse M5S-Lega
L'improvvisa schiarita col Quirinale: Di Maio ritira l'impeachment

L'intesa tra 5 Stelle e Lega si è rianimata. A Napoli, davanti alla
folla che grida «Al voto, al voto», il leader dei 5 Stelle Luigi di
Maio annuncia: «Siamo pronti a collaborare con Mattarella». Parole che
lasciano intendere un'intesa rinnovata, nonostante i reciproci
rimbrotti delle ultime ore, tra i grillini e Lega che sarebbero al
lavoro per riproporre lo schema del «governo del cambiamento». Mentre
ieri prendeva corpo l'ipotesi di andare al voto addirittura a luglio,
Di Maio ha manifestato un cambio di strategia dopo gli attacchi al
Colle. «L'impeachment? Non c'è la maggioranza».

RINNOVATA INTESA La giornata era cominciata con Carlo Cottarelli,
premier incaricato, che è salito al Colle. Poche parole in mezzora di
colloquio col capo dello Stato e ha lasciato il Quirinale senza aver
chiuso la lista dei ministri. «Serve un approfondimento - ha
dichiarato -, sto completando la lista». L'appuntamento al Colle è
stato rimandato a quest'oggi, ma l'impasse nella nascita
dell'esecutivo tecnico è stata solo l'inizio di un'altra giornata
convulsa. Sullo sfondo restano da vedere gli sviluppi delle trattative
tra Lega e 5 Stelle.

Le indiscrezioni parlano di contatti costanti tra
le due forze politiche. Ieri ci sarebbe stato un incontro tra Di Maio
e Salvini, quest'ultimo accompagnato dal vice Giancarlo Giorgetti. Si
starebbe lavorando alla riproposizione dello schema (già sottoposto al
Quirinale) che vede il professor Giuseppe Conte nelle vesti di premier
di un governo politico sostenuto da M5S e Lega. Al momento si
tratterebbe di una speranza coltivata in casa 5 Stelle ed è evidente
che tutto è nelle mani del presidente Mattarella, al quale Di Maio
ieri ha lanciato un messaggio di distensione.

LA SVOLTA «Spero che si vada alle elezioni il prima possibile», ha
detto Luigi Di Maio, ma siamo consapevoli «che la situazione è
difficile» e «siamo disponibili a collaborare con il presidente della
Repubblica mantenendo una posizione coerente ma collaborativa per
riuscire a risolvere la crisi». Si riapre così, nelle parole del
leader grillino, l'ipotesi di un governo Lega-5 Stelle. «Volevamo fare
un governo del cambiamento anche per rassicurare i mercati. Non ci è
stato permesso e ciò ha creato grossi problemi, perché lo spread sta
salendo e le Borse non stanno andando bene. Una crisi che non abbiamo
generato noi. Una maggioranza c'è in Parlamento - ha sottolineato Di
Maio -, fatelo partire quel governo, ma di mezzucci basta. Perchè di
governi tecnici, istituzionali, non ne vogliamo».

STOP GOVERNO TECNICO Altre parole distensive dopo l'attacco dei giorni
scorsi al presidente Mattarella. «Il problema non è neanche il
Quirinale - ha puntualizzato - sbaglia obiettivo chi lo dice. Dobbiamo
decidere invece se i governi italiani li devono decidere i cittadini
che votano o le agenzie di rating e la Germania». E riguardo un
eventuale governo Cottarelli avverte: «Non c'è stato un solo gruppo
parlamentare che ha detto che lo sostiene, perché tutti sanno che se
fanno partire un altro governo tecnico non prendono zero, ma meno
venti». Quindi l'appello.

«La maggioranza c'è, se si vuole risolvere
questa crisi e rassicurare i mercati si faccia partire un governo che
ha già un programma chiaro». Per tornare al voto, ha sottolineato,
«non serve la bandiera del movimento, ma la bandiera italiana. Perché
in quei colori c'è il popolo italiano e la sovranità appartiene al
popolo italiano non a quello tedesco». Ridiamo la parola agli
italiani, ha esortato, mentre la gente in piazza gridava «Voto, voto,
voto».

PARLAMENTO AL LAVORO Anche il leader del Carroccio cambia passo, e
secondo quanto si apprende, sarebbe pronto a rinunciare a Paolo Savona
anche se ieri, a di Martedì, il salotto di Giovanni Floris su La7, ha
ribadito la bontà della scelta fatta nell'indicarlo come ministro
dell'Economia. Le pressioni sarebbero arrivate anche durante la
riunione dei gruppi, con una fetta di parlamentari che non hanno
condiviso l'impuntatura del leader sull'economista cagliaritano. Le
elezioni, comunque, sembrano allontanate dalla richiesta di Salvini di
far partire il lavoro delle Commissioni. L'obiettivo è «smontare un
pezzo di legge Fornero, approvare la legittima difesa e tagliare i
vitalizi e alcune tasse».


La Nuova

Frena anche Cottarelli Ritorno 5S-Lega o voto

di Marcello Campo
ROMA
Carlo Cottarelli vive un giorno in stand by aprendo due scenari
opposti: scioglimento immediato delle camere e elezioni a fine luglio
o un accordo con le forze politiche per una fiducia «tecnica» al fine
di varare una legge di bilancio light e consentire il voto subito
dopo, a ottobre. Ma da Napoli Luigi Di Maio ritorna in campo per
sparigliare ancora le carte rilanciando a sorpresa sul governo con la
Lega.«Siamo pronti a rivede la nostra posizione.

Se abbiamo sbagliato
qualcosa lo diciamo, ma ora si rispetti la volontà del popolo: una
maggioranza c'è in parlamento, fatelo partire quel governo». Al
momento,però, al vaglio di Sergio Mattarella restano le prime due
opzioni, con la ferma convinzione da parte del Quirinale che comunque
il parlamento si dovrà assumere la responsabilità di chiudere la
legislatura o di consentire al governo tecnico un passaggio
fondamentale con la presentazione della manovra, per evitare
l'eccessiva fibrillazione dei mercati.

L'impasse politica continua
infatti a provocare fortissima tensione, con lo spread che s'impenna
col passare dalle ore, dai 250 punti della mattina, alla chiusura a
quota 300. Tuttavia, dopo lo scontro frontale di lunedì tra Colle e
fronte sovranista, ieri i toni erano decisamente più morbidi. Di Maio
torna sui suoi passi nella richiesta di impeachment, consapevole che
su quella strada era rimasto praticamente isolato. Lo stesso Salvini,
in diretta Fb, ribadisce che «Mattarella ha sbagliato ma basta
insulti». Una riapertura di dialogo tra M5s e Quirinale che, secondo
qualche osservatore, potrebbe riaprire una strada, seppur
strettissima, verso un governo politico.

Ma al momento è una ipotesi
solo di scuola. Per ora, in pista c'è solo Cottarelli, che Mattarella
vuole comunque inviare al Parlamento. Malgrado le difficoltà,
l'economista inizia di prima mattina il suo sforzo di mettere insieme
una lista dei ministri: alle 9 è già al lavoro a Montecitorio dove,
nel massimo della riservatezza, riceve alcune persone. Alla Camera è
un susseguirsi febbrile di riunioni: Salvini prima convoca i suoi
parlamentari, poi riunisce la segreteria federale.

Ai suoi annuncia la
raccolta delle firme ai gazebo il prossimo fine settimana a favore
dell'elezione diretta del Presidente della Repubblica. Quindi fa il
punto sulla questione delle alleanze: diverse simulazioni dicono che
un'ipotetica alleanza elettorale M5s-Lega vincerebbe con numeri
eclatanti. Ma Salvini sceglie di prendere tempo, conferma che al
momento resta nel centrodestra ma rinvia le scelte definitive dopo le
amministrative del prossimo mese.

Si riunisce anche il Pd che annuncia
la volontà di astenersi sul governo Cottarelli. A ora di pranzo il
Colle annuncia di aver convocato il premier incaricato per le 16,30.
Sembra essere il momento dell'accettazione del mandato e la
presentazione della lista dei ministri, ma qualcosa deve essere andato
storto, tanto che a sorpresa, Cottarelli lascia il Colle senza
presentarsi alla stampa.

E subito scoppia una ridda di ipotesi tra cui
quelle se intenda rimettere il mandato o se in realtà abbia bisogno di
più tempo per stilare la lista dei ministri. Il Colle subito fa
trapelare che non esiste l'ipotesi della rinuncia. E Cottarelli,
rientrando a Montecitorio, assicura che sta approfondendo «alcuni
aspetti della lista».

Nelle stesse ore le diverse anime del Pd
propongono l'idea di andare a votare il 29 luglio, probabilmente - si
ragiona in ambienti parlamentari - assecondando il pressing del Colle.
Una data decisamente inedita, mai in Italia s'è votato a luglio, ma
che oggettivamente raccoglie positivamente la preoccupazione di
Mattarella, qualora dovesse saltare tutto, di avere un governo in
carica in autunno, subito in grado di presentare la legge di bilancio.

E non è un caso che per tutta la giornata si siano inseguiti rumors di
contatti tra Cottarelli ed alcuni esponenti delle forze politiche,
come il leghista Giancarlo Giorgetti e il dem Graziano Delrio, proprio
per sminare la strada del governo tecnico finalizzata al varo della
manovra. Il ritorno alle urne a luglio, se viene accolto con favore
dalla Lega, trova invece i Cinque Stelle molto freddi. «Spero che - ha
spiegato Di Maio - si possa andare al voto il prima possibile però
riconosco pure che questa è una situazione veramente difficile per il
Paese».

pd-leu I Dem guardano a sinistra Tensione sul listone unico
di Matteo Guidelli
ROMA

Un fronte unico. Con una lista europeista trainata dal Pd e una di
sinistra con dentro LeU. O un unico «listone» largo, di
centrosinistra. Sono gli schemi su cui ragiona il Pd, in vista del
voto anticipato. E anche dentro LeU, che nei prossimi giorni prenderà
un'iniziativa in tal senso, cresce l'ala di chi ritiene non ci sia
altra scelta che riunirsi tutti.

Anche se Pier Luigi Bersani frena:
«Non sia un fronte della sopravvivenza. Si deve fare un'operazione
larga ma con novità di contenuti e di persone». Carlo Calenda auspica
già la creazione di comitati civici a sostegno del «fronte
Repubblicano». Un fronte «anti-sfascisti», lo definisce Matteo Renzi,
che si ritaglia il ruolo di «mediano». All'ex premier non
dispiacerebbe Calenda come «frontman» della campagna elettorale:
«Gentiloni, Calenda, Minniti, Delrio, andrebbero tutti bene... Purché
poi tutti poi sostengano chi sarà scelto», dice Renzi.

Ma se si voterà
a luglio, dicono i renziani, è «naturale» che il candidato premier sia
Paolo Gentiloni: a sinistra non avrebbero da ridire. I Dem si
ricompattano per un giorno sullo schema «di gioco»: astensione sulla
fiducia al governo Cottarelli (formalmente deciderà la direzione), se
il Pd fosse l'unico partito a sostenerlo, e voto a luglio. Perché
accelerare? Per sfruttare l'argomento dell'incapacità di M5s e Lega di
formare il governo, lo spettro dell'uscita dall'Euro e non dare a
Salvini e Di Maio tempo di costruire l'alleanza.

E bloccare
l'iniziativa M5s-Lega di far partire le commissioni. Inoltre,
accelerare è l'unico modo per mettere da parte le profonde divisioni
che hanno portato il Pd, nelle ultime settimane, a un passo da una
nuova scissione: il fronte, che lo si chiami Repubblicano o in altro
modo, è il modo per raccogliere ogni energia e provare a evitare di
andare ancora più giù del 18%. «Viva l'Italia», è lo slogan della
manifestazione convocata per venerdì «per la democrazia, la
Costituzione e il futuro»: bandiere tricolore ed europee, con al
centro la parola «Italia».

Ci si ritroverà in piazza Santi Apostoli,
che fu dell'Ulivo. Martina ha invitato Roberto Speranza, perché in
difesa del Colle scenda in piazza anche LeU.Unire le forze: imperativo
categorico. «Dobbiamo andare a prendere i voti in uscita dagli altri
partiti, da Fi ma anche da M5s», dice Renzi. Il candidato premier
sarebbe Gentiloni, magari affiancato da Calenda e Marco Minniti. Se si
votasse subito non ci sarebbe tempo né per le primarie, né per le
parlamentarie che i renziani evocano per la composizione delle liste,
vero tema che fa già litigare.

Renzi fa un passo di lato: «Se gioco
mediano stavolta va bene lo stesso. Ho giocato centravanti alle
europee e alle politiche, con risultati diversi. Adesso non mi
interessa aprire una discussione su me». L'alleanza con LeU, così come
con +Europa di Bonino, sarebbe comunque tutta da costruire. I renziani
hanno dubbi su una coalizione «da Cento a Calenda»: «Discutere di LeU
mentre sale lo spread è assurdo», glissa Renzi. Ed è assai difficile
che ci stia SI. Ma Laura Boldrini è la prima ad aprire: «Tutte le
forze progressiste si alleino».


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Federico Marini
skype: federico1970ca

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