giovedì 13 settembre 2018

La manomissione delle parole. “Balentia”: un caso esemplare. di Francesco Casula




Sabato scorso a Orosei, in occasione della presentazione del mio libro “Carlo Felice e i tiranni sabaudi”, Carminu Pintore, giovane studioso e ricercatore, in uno straordinario intervento e proprio partendo dal libro, ha affrontato il problema dell’autocoscienza storica e identitaria e dell’autodescrizione.

“L’immagine che abbiamo di noi stessi – ha sostenuto Pintore - è frutto di una prospettiva esterna. Se lasciamo che siano altri a raccontarci, guarderemo a noi stessi con gli occhi dell’altro. Noi ci autovalutiamo con una visione deformata, ci descriviamo come disuniti, gelosi, litigiosi, individualisti, invidiosi, diffidenti, quando non addirittura rozzi, analfabeti e incivili. Troppo spesso scegliamo le nostre qualità caratterizzanti tra quelle che sono aberrazioni della nostra cultura; caratteristiche che non sono la normalità ma piuttosto una deviazione dalla norma.

Leggendo il libro di Casula, ci accorgiamo che questa descrizione assomiglia molto spesso a quella che danno di noi sardi Carlo Felice e i tiranni sabaudi; che ci disprezzavano fino a considerarci esseri inferiori per natura. Per fare un esempio di come le nostre percezioni vengano distorte e controllate basti pensare al fatto che le rivolte popolari e rivoluzionarie vengono definite dalla storiografia congiure. Come chi si ribellava alle ingiustizie e alla prepotenza dei Savoia veniva definito bandito..

E ha proseguito: “pensate a ciò che è successo al termine «balentia». nel suo passaggio dal sistema linguistico del sardo a quello dell’italiano. Qualche anno fa un giornale titolava: «Omertà e 'balentia' mali di Sardegna». L'articolo continuava: «Omertà e 'balentia' mali di Sardegna ruotano attorno al vecchio codice barbaricino, i due fatti di sangue che per un anno sono rimasti avvolti nel mistero nel centro Sardegna»

Se andiamo a cercare nel dizionario di Mario Puddu il termine “balentia” troviamo: balentía , nf: sa b. est unu valore de su sardu: est su fàere de su balente, su coràgiu de parare a su tempus, a is dificurtades e traschias de sa vida, a sa malesa de chie cumandhat fintzes contras a su torracontu de sa gente, a is cambiamentos de su connotu chi at fatu chie a sa sociedade nosta dh'ingiúliat e dh'istrochet faendhodha andhare a passu de is istràngios, b. est a fàere bene ue e candho dhue at dificultades.

Il termine balentia è stato risemantizzato, selezionando come denotazione il suo significato antifrastico. In parole povere una parola è arrivata a significare il suo contrario, per cui la parola che usavamo per definire una delle virtù più importanti può essere definita in questo articolo un male. Si tratta di colonizzazione culturale oltre che linguistica. Una colonizzazione che va avanti da secoli. Da secoli la storia sarda e la lingua sarda ci vengono negate”.

Francesco Casula

Francesco Casula.
Autore del libro "Carlo Felice ed i Tiranni Sabaudi"

Il libro di Casula risponde a una domanda semplice: dopo che i Savoia ricevettero, controvoglia, la Sardegna nel 1720, e divennero re, come si comportarono verso quella importante parte del loro regno? La risposta al quesito è semplice, lineare, durissima: la Sardegna venne trattata come un territorio altro rispetto al Piemonte, abitato da uomini che avevano meno diritti rispetto agli altri, culturalmente e socialmente inferiori, i quali dovevano essere trattati in modo tale da mantenere questa inferiorità. Questo pensavano i tiranni sabaudi, e le loro modalità di governo, o meglio di spoliazione, sono la diretta conseguenza della visione ideologica appena tratteggiata.

Girolamo Sotgiu, probabilmente il più grande storico del periodo sabaudo in Sardegna, pur essendo un oppositore della “diversità” dei sardi rispetto agli italiani, non poté non constatare il carattere coloniale dei rapporti tra Piemonte e Sardegna. Di quei rapporti non sono colpevoli coloro che allora abitavano il Piemonte (per carità) bensì i governanti, cioè i Savoia e, successivamente, gran parte della classe dirigente post-1861.

Nel 2011, durante le celebrazioni del 150esimo anniversario dell’Unità d’Italia, si è persa l’occasione di riflettere criticamente sul Paese e sul processo di “unificazione”. Però si può sempre (ri)cominciare, anche in assenza di una ricorrenza. Se un turista, un italiano o uno straniero, viene in Sardegna, scoprirà che la strada più importante, la SS131, è la “Carlo Felice”. Carlo Felice, detto anche “Carlo feroce” è stato uno dei peggiori, più sanguinari e pigri vice-re di Sardegna.

Un amico studioso ama ripetere che è come se gli israeliani, nel 2200 dedicassero la loro strada più importante a un nazista, magari a Hitler in persona. Certo, questo sarebbe potuto succedere se i nazisti avessero vinto. Dato però che non è giusto che la storia la facciano i vincitori, le persone dotate di senno o almeno di amor proprio che abitano in Sardegna, perché non mettono mai in discussione la memoria che si reifica nei nomi delle strade e delle vie di Sardegna?

A Cagliari, nella piazza più frequentata, svetta la statua di Carlo Felice. Più di sei anni fa proposi, per molti provocatoriamente, di sostituirlo con Giovanni Maria Angioy, il quale “fu il capo […] del movimento anti-feudale sardo. Angioy fece proprie le rivendicazioni delle popolazioni della campagna vessate dai feudatari, e propugnò l’eliminazione delle arcaiche strutture di potere”. Da tempo, un movimento di opinione, che ha presentato anche una petizione, chiede che la statua venga spostata.

In questa fase storica, di disfacimento di un progetto politico (l’Italia), ragionare sulla sua storia secolare e i suoi governanti, ragionare sul suo carattere plurinazionale (l’Italia è insieme alla Francia uno dei paesi europei a non aver ratificato la Carta Europea delle Lingua Minoritarie), fa sicuramente bene ai popoli in cerca di una libertà che Roma non ha fornito, ma anche a Roma stessa.

Il libro di Francesco Casula, che rifiuta ogni razzismo anti-italiano, è un valido contributo per riscrivere veramente la storia, andando contro i tanti tradimenti dei presunti chierici.

Autore dell’aricolo Enrico Lobina, da “Il fatto quotidiano”
Tratto dal sito https://www.ilfattoquotidiano.it/2017/04/05/carlo-felice-e-i-tiranni-sabaudi-la-sardegna-degli-uomini-con-meno-diritti-degli-altri/3495706/


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