venerdì 21 settembre 2018

Rassegna stampa 21 settembre 2018


Unione Sarda

Centrodestra insieme al voto - Berlusconi, Salvini e Meloni confermano l'alleanza nell'Isola. Intanto in Consiglio arriva la sfiducia sulla sanità: ma Cappellacci attacca il gruppo FI

La conferma arriva da palazzo Grazioli, dopo il vertice Berlusconi-Salvini-Meloni: la coalizione si presenterà unita e con l'individuazione di un candidato condiviso alle prossime regionali di Piemonte, Abruzzo, Basilicata e Sardegna. Nell'Isola le prove di intesa erano già a buon punto dopo l'incontro di tre giorni fa tra i coordinatori regionali di Forza Italia, Lega, Fratelli d'Italia, Riformatori e Udc. E ieri il centrodestra unito è ritornato alla carica sulla sanità, rilanciando con una mozione di sfiducia contro l'assessore Luigi Arru, uscito indenne dall'ordine del giorno di censura presentato martedì dal Partito dei sardi.

LA RICHIESTA «Un atto debole, tanto che siamo usciti fuori dall'Aula al momento del voto», ha detto ieri la capogruppo di Forza Italia, Alessandra Zedda, «quindi ai consiglieri del Pds diciamo: se volete che Arru non ricopra più il ruolo che occupa allora votate la sfiducia con noi».

A stretto giro è arrivata la risposta del capogruppo Pds, Gianfranco Congiu: «Il rimedio che cercano di mettere in campo con questa mozione - ha spiegato - evidenza che se solo 24 ore fa si fosse ragionato sul senso dell'ordine del giorno senza far prevalere la voglia di oscurare una battaglia che era ed è di tutti, avremmo dato tutti impulso e slancio decisivi all'avvio di quella rete ospedaliera da noi votata un anno fa e ancora al palo».

FORZA ITALIA Ma in realtà il voto contrario alla censura ha creato non poche turbolenze in Forza Italia. Lo si capisce dalle parole del coordinatore regionale azzurro Ugo Cappellacci: «La scelta non è stata mia bensì del gruppo in Consiglio. Personalmente la considero totalmente errata e frutto di ragionamenti che di politico hanno ben poco», spiega su Facebook il deputato. «Se io fossi stato consultato, come sarebbe stato naturale usando il buon senso, avrei suggerito di votare senza alcun indugio la censura».

LA BOCCIATURA Nel mirino della mozione, la bocciatura della rete ospedaliera da parte del ministero. «Il punto», ha chiarito Paolo Truzzu (FdI), «è che questo è uno dei peggiori assessori alla Sanità di sempre. E di questo hanno responsabilità il presidente Pigliaru e tutta la Giunta, ma anche la maggioranza che la sostiene, compreso il PdS che ha prima votato la Asl Unica, poi la legge di riordino, e ora vuole rifarsi una verginità».

Il capogruppo dell'Udc, Gian Luigi Rubiu, ha fatto notare che «il titolare della Sanità ha battuto ogni record per manifestazioni contro questo assessorato e contro la Giunta Pigliaru», mentre Attilio Dedoni (Riformatori) ha puntato il dito contro il manager dell'Ats, Fulvio Moirano: «Questa maggioranza non può dare il potere a un ayatollah che sta a Sassari».

Mario Floris (Uds) ha ricordato che la Sardegna «sostiene i costi della sanità: è arrivato il momento che ritorni a carico dello Stato, come anche la continuità territoriale e i trasporti interni». La sanità «è al tracollo», ha tagliato corto il leader dell'Udc Giorgio Oppi, «questa maggioranza ha danneggiato gli utenti che hanno deciso di non farsi curare». Oppi ha parlato anche del Mater Olbia, la struttura di proprietà della Qatar Foundation e per la quale la Regione ha previsto prestazioni convenzionate.

«Ho richiesto un accesso agli atti al dg dell'assessorato per capire se hanno fatto o no l'accreditamento dell'ospedale: il rappresentante della Qatar in Italia, Lucio Rispo, ha affermato che il Mater ha l'accreditamento, ma ricordo che per ottenerlo è necessario avere prima le attrezzature e personale assunto, e non è questo il caso».

Roberto Murgia

LA NUOVA

Il centrodestra attacca: «Arru va cacciato via»
Un'altra mozione di sfiducia e «vogliamo vedere se il Partito dei
sardi la voterà» Oppi dell'Udc chiede l'accesso agli atti sul Mater Olbia: «C'è
qualcuno che mente»

di Umberto Aime
CAGLIARI
Martedì il centrodestra non ha votato la censura del Pds contro
l'assessore alla sanità solo per strategia politica, «non certo perché
volevamo salvare chi da sempre accusiamo di aver distrutto tutto e
tutti». Chiarito che «non siamo stati e mai lo saremo la stampella di
chi comunque è stato già scaricato dalla sua stessa maggioranza»,
Alessandra Zedda, capogruppo di Forza Italia in Consiglio regionale, è
andata oltre in un battibaleno, «Quando ritorneremo al governo della
Regione e sarà all'inizio del 2019 - ha detto - nei primi sei mesi
della legislatura smantelleremo la riforma Pigliaru-Arru-Moirano.

In tre hanno sfasciato gli ospedali e provocato solo la rivolta dei
sardi, dai cittadini ai sindaci, dai pazienti ai medici, agli
infermieri». Per poi lanciare il guanto di sfida al Pds, che della
maggioranza di governo fa parte, «se vuole davvero mandar via
l'assessore, voti con noi l'ultima mozione di sfiducia che abbiamo
presentato contro Arru». Perché prima di quanto potrebbe accadere a
febbraio, nei seggi elettorali, il centrodestra ha ancora diverse
cartucce contro il «solito bersaglio grosso».

E infatti a pochi mesi
da una prima mozione contro Arru, ovviamente bocciata dal
centrosinistra, ecco la seconda. In cui «invitiamo Pigliaru a ritirare
immediatamente la delega all'assessore per la figuraccia, l'ennesima,
in cui s'è cacciata la Regione dopo il parere negativo del ministero
della salute sulla riorganizzazione della rete ospedaliera così com'è
stata approvata un anno fa dal centrosinistra», ha annunciato Paolo
Truzzu, capogruppo di Fratelli d'Italia.

Per poi sottolineare: «Se
anche la censura del Pds fosse passata, sarebbe stata solo acqua
fresca. Arru invece dev'essere proprio cacciato per i danni che ha
fatto». O lasciato fare - ha detto Attilio Dedoni, capogruppo dei
Riformatori - «a un ayattolah rfiferito a Fulvio Moirano, il manager
dell'Asl unica) che fa e disfa qualunque cosa, infischiandosene
persino delle leggi approvate dal Consiglio». Però il centrodestra ha
dichiarato di avere anche un altro obiettivo.

È il Mater Olbia, che
secondo Giorgio Oppi, consigliere regionale dell'Udc «continua a
essere un pasticcio e non solo perché nessuno sa quando aprirà». Ha
annunciato di aver chiesto l'immediato accesso agli atti sui «recenti
rapporti» fra Regione, Qatar Foundation e Fondazione Gemelli. «L'ho
dovuto fare - le sue parole - dopo che il portavoce qatoriata, Lucio
Rispo, ha detto d'avere in mano la convenzione con la Regione per
laboratori e ambulatori. Com'è possibile - s'è chiesto Oppi - se non
ci sono ancora le apparecchiature e nessuno è stato assunto dal Mater?
L'istruttoria per ottenere l'accreditamento è complessa e può essere
concessa solo quando tutto è pronto.

Noi sappiamo invece, dopo un
sopralluogo, che lì non c'è ancora nulla. Quindi, qualcuno mente».
Dello scontro politico in atto hanno parlato Edoardo Tocco di Fi, il
sardista Paolo Dessì e ancora Dedoni. Il primo ha detto: «I partiti
del centrosinistra che contestano Arru abbiano il coraggio di uscire
allo scoperto e non nascondersi dietro inutili astensioni. Chiedano
con noi l'azzeramento delle decisioni folli dell'Ats e delle ex Asl».
Dessì ha aggiunto: «Stanno scaricando la bocciatura della Rete
sull'attuale governo, ma le colpe sono dei loro vecchi falsi amici
romani».

Dedoni ha sparato ancora contro il Pds: «È stato complice, ma
ora vuole rifarsi una verginità elettorale». L'accusa di pessima
qualità è stata ribadita da Antonello Peru Fi, «il disastro è
dovunque», e da Gianni Lampis, Fdi, «hanno distrutto anche il 118».
Stefano Tunis, Fi, ha lanciato un altro allarme: «Il centrosinistra
sta occupando a tappeto il potere prima di essere cacciato via». Mario
Floris, Uds, ha chiuso così: «Anni fa lo Stato ha scaricato sui sardi
i costi della sanità e quella beffa s'è trasformata in una
maledizione».

Il post su Facebook dopo il no alla censura presentata dal Pds e le
nuove accuse del centrodestra
L'assessore: «Non faccio macelleria sociale»

CAGLIARISe in aula, durante il dibattito sull'ordine del giorno contro
di lui, presentato dal Pds e poi bocciato, l'assessore è rimasto
impassibile, su Facebook s'è lasciato andare. Da anni messo sotto
accusa dall'opposizione di centrodestra e da diversi mesi dal Partito
dei sardi, quindi da chi fa parte della maggioranza, Luigi Arru ha
replicato a quel fuoco incrociato. «Fino adesso ho tenuto un profilo
istituzionale - è uno dei passaggi del post - ma non posso più tacere
di fronte alla memoria, molto corta, di tanti, troppi.

Non sono egocentrico e capisco che l'attacco è contro la Giunta di
centrosinistra. Non voglio fare complottismo, dietrologia, ma quando
si raccontano le cose in maniera martellante, senza distinguere i
fatti dalle opinioni, legittime, contrarie, c'è qualcosa che non va
bene». Il riferimento è all'incontro avuto mercoledì con i sindaci del
Sulcis, che sono scesi in piazza per protestare contro il mancato
avvio della riorganizzazione degli ospedali. In quell'occasione,
secondo la ricostruzione dell'assessore, ai territori è stato spiegato
quanto «abbiamo fatto finora per ridurre l'inefficienza e quanto
dobbiamo ancora fare per migliorare la qualità del sistema sanitario
anche nel Sulcis».

Ma al di là del caso concreto lo sfogo consegnato a
Facebook dall'assessore Arru è prima di tutto politico con una replica
indirizzata un po' a tutti. «Per tanti, secondo alcuni, la sanità è
stata la Caporetto del centrosinistra, ma volevo ricordare a queste
persone che se si ha convinzione in un progetto e si ha voglia di
reagire, immediatamente dopo la disfatta c'è stato il Piave». Per
proseguire: «Mai ho fatto macelleria sociale, calcoli ragionieristici.

Prima di essere nominato assessore, sono stato un medico che ha
lavorato a tempo pieno in un reparto che curava leucemie e linfomi,
senza avere incarichi di primariati o altro e senza mai bussare alle
porte dei potenti di turno. Scrivo queste cose personali per
rispondere a una mia paziente curata all'ospedale di Nuoro e guarita
da una leucemia acuta, che mi ha chiesto: "Dottor Arru mi dicono che
sta tagliando servizi, togliendo farmaci... ma è impazzito?".

Ed ecco quale è stata la mia risposta: "No signora, non sto facendo questo,
sto cercando di ripetere, con le dovute proporzioni, quel che ho fatto
con lei, cioè replicare un caso di buona sanità pubblica, senza
chiedere se fosse ricca o povera. Per arrivare a raggiungere
quest'obiettivo: una nuova sanità responsabile senza quegli sprechi e
doppioni che tutti sono pronti a denunciare ma nessuno finora aveva
avuto il coraggio di affrontare».

«No agli aumenti dell'Iva» Ma Tria non cede sui conti

I timori di Bruxelles sull'ipotesi del deficit al 2%, più difficile l'ok
di Chiara ScalisewROMAIl ministro dell'Economia Giovanni Tria prova a
rassicurare tutti: stoppa l'aumento dell'Iva, così come invocato da
Matteo Salvini e Luigi di Maio, e al contempo ribadisce che nella
manovra ci sarà spazio per gli interventi messi nero su bianco nel
contratto di governo, anche se saranno introdotti inevitabilmente con
gradualità per salvaguardare il necessario equilibrio dei conti.

E l'impegno a mantenere la barra dritta sarebbe stato confermato anche
dal premier Giuseppe Conte, proprio in questi giorni, al presidente
della Repubblica Sergio Mattarella, nel corso di alcuni colloqui
telefonici. Il titolare di via XX Settembre sceglie il Parlamento per
spendere parole di mediazione sui vari fronti aperti in vista della
presentazione della legge di bilancio: è infatti rispondendo ad alcuni
senatori che si affretta a spiegare di avere tutte le intenzioni di
rispettare il contratto di governo, dalla sterilizzazione degli
aumenti dell'imposta sul valore aggiunto all'introduzione del reddito
e della pensione di cittadinanza senza dimenticare la pace fiscale
che, precisa, «non significa varare un nuovo condono», ma piuttosto
vuol dire disegnare un «fisco amico».

Ma nei fatti ogni giorno gli
alleati di maggioranza si trovano a incrociare le armi ora fra di
loro, ora con il responsabile dell'Economia come dimostra anche
l'ultimo scontro sull'incremento dell'Iva che per essere neutralizzato
richiede un importante investimento (10-12 miliardi). Che l'ipotesi di
non neutralizzarla, magari parzialmente, sia stata per qualche giorno
sul tavolo dei tecnici viene confermato anche dal viceministro del
Tesoro e leghista Massimo Garavaglia che però poi smentisce.

Fatto sta che la strada, che non è mai dispiaciuta allo stesso Tria e su cui
forse anche il premier Conte sarebbe stato disponibile a ragionare pur
di trovare qualche fonte di copertura, viene sbarrata all'unisono
dalla coppia di vicepremier Salvini-Di Maio e nel giro di qualche ora
viene ufficialmente bloccata.Per un fronte che sembra chiudersi, uno
si apre e proprio di questo dovranno discutere oggi gli alleati in un
nuovo vertice di maggioranza.

La nuova riunione dovrà cercare di
rispondere a una lunga serie di domande: la Lega infatti delinea ogni
giorno che passa sempre di più il profilo delle misure su cui vuole
mettere la propria firma (riforma Fornero, pace contributiva e
fiscale, flat tax per aziende e partite Iva) ma allo stesso tempo
fissa anche i paletti per quanto riguarda quelle che dovrebbero essere
targate M5S.

Un esempio su tutti, il reddito di cittadinanza che -
sottolinea Salvini - dovrà riguardare «solo gli italiani». A parole si
mostrano tutti d'accordo ma in realtà - secondo quanto viene spiegato
da fonti parlamentari - i confini della platea sono tutt'altro che
scontati e molto probabilmente non sarà possibile escludere almeno i
cittadini europei. L'atteggiamento leghista provoca irritazione agli
alleati pentastellati, che per voce di Di Maio ci tengono a tornare su
un concetto che suona come una minaccia: «un governo serio trova le
risorse - scandisce il vicepremier - perché sennò è meglio tornare a
casa».

Ed ecco riaffiorare quindi il ragionamento sulla flessibilità
di bilancio: portare il rapporto deficit/pil al 2% non è un tabù, dice
sempre Di Maio.Ma i 5 stelle sanno bene che quella soglia è difficile
da raggiungere, per quanto anche il premier Conte si stia spendendo
proprio in Europa per cercare un pò di ossigeno e facilitare anche il
lavoro di Tria, con il quale l'asse si rafforza sempre di più: «Adesso
non impicchiamoci ai decimali», chiosa da Salisburgo.

Salvini si smarca, allarme nel M5s
Vertice con Berlusconi, la Lega scrive le sue misure. Tensione nella maggioranza

L'eco dell'infuocato dibattito su quanto aumentare il deficit italiano
arriva fino a Bruxelles e il clima si scalda. Finora le rassicurazioni
del ministro Tria hanno tenuto il dialogo aperto su un negoziato
pragmatico che potesse soddisfare entrambe le parti: la richiesta di
correzione dei conti della Ue, già rivista al minimo, e l'esigenza del
governo di una manovra espansiva che trovi risorse per tutti i
provvedimenti del «contratto» M5s-Lega.Un negoziato che parte da un
dato, riassunto nella «linea Tria»: portare il deficit nominale non
oltre l'1,6%, e puntare a non far peggiorare il saldo strutturale.

Ma ora che aumenta la pressione sul ministro e si moltiplicano le
richieste di arrivare al 2% e oltre, la Commissione Ue, in attesa di
vedere inumeri messi nero su bianco, si prepara all'idea di un
confronto difficile e dall'esito imprevedibile. I tecnici avrebbero
preferito un'evoluzione sul terreno che avevano preparato mesi fa,
proprio in vista del nuovo governo gialloverde.

Già a maggio, infatti,
la Commissione aveva promosso i conti 2017 e rinviato il giudizio
definitivo su quelli 2018 alla primavera 2019. Un modo per non
«commissariare» il governo entrante, ma ricordandogli che la manovra
2019 doveva rispettare alcuni paletti. In particolare lariduzione del
debito pubblico, che passa per la riduzione del deficit strutturale.
Tria aveva raccolto il messaggio fin dal suo insediamento, e tirato
però una linea rossa: l'Italia non farà aggiustamenti rigidi che
comprometterebbero lacrescita.

A Vienna, i commissari Dombrovskis e
Moscovici avevano già ceduto sulle regole che chiedono una correzione
di 0,3% per il 2018 e 0,6% per il 2019, proponendo a Tria uno sforzo
minimo di 0,1%. Il ministro lo giudicava compatibile conun deficit che
sale all'1,6%-1,7%. Portando invece il deficit al 2%, quello sforzo
minimo di 0,1% non sarebbe più sufficiente a tenere il debito su
unpercorso in discesa soddisfacente. A quel punto, Bruxelles si
troverebbe a novembre a giudicare una manovra in palese violazione
delle regole. In un simile caso, il Patto di stabilità prevede che sia
rispedita al mittente per le dovute correzioni.

Una mossa
politicamente molto rischiosa, passibile di attacchi soprattutto da
parte degli euroscettici.di Serenella MatterawROMA«In un futuro non
lontano il centrodestra tornerà al governo». Silvio Berlusconi lo dice
fuori da Palazzo Grazioli, dopo il vertice con Matteo Salvini e
Giorgia Meloni in cui si è sancita l'intesa di centrodestra per le
elezioni regionali. E fa impennare la tensione nel governo. È
immediata la richiesta di chiarimento dei Cinque Stelle: c'è l'accordo
di Salvini con Fi per tornare al voto a breve? La Lega si affretta a
smentire: «Andremo avanti 5 anni», assicura Giancarlo Giorgetti. Ma
l'immagine del leader del Carroccio che fa la spola tra Palazzo
Grazioli e la sua vicina casa romana per scrivere le proposte della
Lega sulla manovra, a partire dalla flat tax cara al centrodestra, dà
corpo a un «doppio forno» leghista che poco piace al M5s. «Se non
realizziamo le promesse, meglio andare a casa», ripete in questi
giorni Luigi Di Maio.

Il vertice del centrodestra si svolge in ore
cariche di tensione nella maggioranza, per la scarsità di risorse per
la manovra. E viene accolto con un silenzio irritato e piccato dei
vertici pentastellati: noi voliamo molto più alto - dicono fonti dei
5Stelle - sappiamo che Salvini fa leva sull'alleanza di centrodestra e
si mostra più tranquillo perché le misure della Lega hanno costi
inferiori delle nostre e perciò possono permettersi un pressing a più
bassa intensità su Tria e Conte. Questa la loro versione. Che è molto
diversa da quella che filtra dal vertice di centrodestra.

Su richiesta
di Berlusconi, raccontano fonti azzurre, Salvini ha promesso di
informare sempre gli alleati sulle misure del governo e ha detto che
farà di tutto per portare a casa punti del programma come la flat tax
unica con aliquota bassa. Una misura del genere, promettono Fi e Fdi,
sarà sostenuta da tutto il centrodestra. Il Cavaliere si spinge oltre
e più volte, nelle quattro ore di incontro a Palazzo Grazioli, invita
l'alleato a mollare i Cinque stelle per tornare al voto col
centrodestra. Ma sul punto Salvini si mostra fermo: lo so che al loro
interno hanno problemi e non sono sempre affidabili - è il
ragionamento fatto dal vicepremier - ma con Di Maio il rapporto è
ottimo.

Ed è una nota della Lega in serata a precisare che sì, il
centrodestra correrà «come sempre» unito alle Regionali d'autunno, ma
«a livello nazionale resta l'accordo con il M5s, a partire dalla
manovra». La ritrovata unità del centrodestra, dopo la spaccatura
sulla Rai che rischiava di far saltare l'intesa per le Regionali,
viene messa nero su bianco in una nota al termine del vertice. «Il
centrodestra esiste e resiste», esulta il Cavaliere. Che aggiunge una
personalissima postilla: «Gli italiani - pronostica al termine del
primo vertice di centrodestra dalle elezioni - usciranno abbastanza
presto dall'ubriacatura nei confronti del M5s». A suggellare l'accordo
ci sarà la prossima settimana il voto per eleggere Marcello Foa alla
presidenza della Rai ma anche - fanno sapere fonti azzurre - nomi
condivisi, di area centrodestra, alla guida delle testate della tv
pubblica.

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Federico Marini
skype: federico1970ca


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