domenica 30 settembre 2018

06 Ottobre. Prossima presentazione del libro "Carlo Felice ed i tiranni sabaudi." Due domande al professore che evidenzia la diversità dei concetti di Stato e Nazione



Monastir

06 Ottobre 2018, ore 18:00
Sala Ass. Popoli del mare
Via progresso 72
Presentazione del libro
“Carlo Felice ed i Tiranni sabaudi”
Di Francesco Casula



Il libro di Casula risponde a una domanda semplice: dopo che i Savoia ricevettero, controvoglia, la Sardegna nel 1720, e divennero re, come si comportarono verso quella importante parte del loro regno? La risposta al quesito è semplice, lineare, durissima: la Sardegna venne trattata come un territorio altro rispetto al Piemonte, abitato da uomini che avevano meno diritti rispetto agli altri, culturalmente e socialmente inferiori, i quali dovevano essere trattati in modo tale da mantenere questa inferiorità. Questo pensavano i tiranni sabaudi, e le loro modalità di governo, o meglio di spoliazione, sono la diretta conseguenza della visione ideologica appena tratteggiata.

Girolamo Sotgiu, probabilmente il più grande storico del periodo sabaudo in Sardegna, pur essendo un oppositore della “diversità” dei sardi rispetto agli italiani, non poté non constatare il carattere coloniale dei rapporti tra Piemonte e Sardegna. Di quei rapporti non sono colpevoli coloro che allora abitavano il Piemonte (per carità) bensì i governanti, cioè i Savoia e, successivamente, gran parte della classe dirigente post-1861. Nel 2011, durante le celebrazioni del 150esimo anniversario dell’Unità d’Italia, si è persa l’occasione di riflettere criticamente sul Paese e sul processo di “unificazione”. 

Però si può sempre (ri)cominciare, anche in assenza di una ricorrenza. Se un turista, un italiano o uno straniero, viene in Sardegna, scoprirà che la strada più importante, la SS131, è la “Carlo Felice”. Carlo Felice, detto anche “Carlo feroce” è stato uno dei peggiori, più sanguinari e pigri vice-re di Sardegna.

Un amico studioso ama ripetere che è come se gli israeliani, nel 2200 dedicassero la loro strada più importante a un nazista, magari a Hitler in persona. Certo, questo sarebbe potuto succedere se i nazisti avessero vinto. Dato però che non è giusto che la storia la facciano i vincitori, le persone dotate di senno o almeno di amor proprio che abitano in Sardegna, perché non mettono mai in discussione la memoria che si reifica nei nomi delle strade e delle vie di Sardegna?

A Cagliari, nella piazza più frequentata, svetta la statua di Carlo Felice. Più di sei anni fa proposi, per molti provocatoriamente, di sostituirlo con Giovanni Maria Angioy, il quale “fu il capo […] del movimento anti-feudale sardo. Angioy fece proprie le rivendicazioni delle popolazioni della campagna vessate dai feudatari, e propugnò l’eliminazione delle arcaiche strutture di potere”. Da tempo, un movimento di opinione, che ha presentato anche una petizione, chiede che la statua venga spostata.

In questa fase storica, di disfacimento di un progetto politico (l’Italia), ragionare sulla sua storia secolare e i suoi governanti, ragionare sul suo carattere plurinazionale (l’Italia è insieme alla Francia uno dei paesi europei a non aver ratificato la Carta Europea delle Lingua Minoritarie), fa sicuramente bene ai popoli in cerca di una libertà che Roma non ha fornito, ma anche a Roma stessa.

Il libro di Francesco Casula, che rifiuta ogni razzismo anti-italiano, è un valido contributo per riscrivere veramente la storia, andando contro i tanti tradimenti dei presunti chierici.

 Enrico Lobina 


Due domande al professor Francesco Casula, per fare un po’ chiarezza.

1. I Sardi hanno sputato sangue per fare l’Unità d’Italia?
Sono stati costretti a partecipare alle cosiddette Guerre di Indipendenza, per farsi massacrare in Guerre da loro non volute. Di cui non conoscevano le ragioni e tanto meno gli obiettivi. Fin dalla Prima guerra di Indipendenza, essendo stato istituito il servizio militare obbligatorio dopo la “Perfetta Fusione”. Senza l’obbligo non avrebbe partecipato quasi nessuno.

2. Ma si è realizzata l’Unità d’Italia?
No: si son create due Italie: una colonizzatrice e l’altra colonizzata. Infatti l’Unità d’Italia si risolverà sostanzialmente nella “piemontesizzazione” della Penisola e fu realizzata (grazie alle sterline della massoneria inglese, a Napoleone III e alla Prussia) dal Regno del Piemonte, dalla Casa Savoia, dai suoi Ministri (da Cavour in primis) dal suo esercito in combutta con gli interessi degli industriali del Nord e degli agrari del Sud (il blocco storico gramsciano)  contro gli interessi del Meridione e delle Isole e a favore del Nord; contro gli interessi del popolo, segnatamente del popolo-contadino del Sud; contro i paesi e a vantaggio delle città, contro l’agricoltura e a favore dell’industria.

Qual è la nostra nazionalità?
Noi Sardi siamo di nazionalità sarda con la cittadinanza italiana, ovvero incorporati coattivamente (speriamo ancora per poco) in uno Stato che non abbiamo mai né scelto, né voluto. Continuare a confondere Nazione con Stato è non solo segno di crassa ignoranza ma foriero di disastri e disfatte. La Nazione attiene alla storia, cultura, lingua, tradizioni. Lo Stato appartiene a una dimensione politico-giuridica. La mia patria è la Sardegna. La mia bandiera sono i 4 Mori. Ogni volta che vedo il tricolore e sento l’orrendo, militaresco e bellicista “Fratelli D’Italia”, mi viene l’orticaria.
Libero ciascuno di pensarla diversamente. Ma ciascuno parli per sé. E possibilmente si studi la storia: quella vera non quella falsificata e mistificata dei libri scolastici. Tutta tesa a esaltare le magnifiche sorti e progressive del cosiddetto Risorgimento e dell’Unità d’Italia che tante sofferenze e tanti drammi ha procurato e procura alla Sardegna e al Meridione

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