domenica 9 settembre 2018

La necessità delle ricostruzione. Un soggetto di sinistra autentico, basato sui bisogni e sullo stato sociale, non sul livore e l’abbattimento. Di Simone Oggioni.



L'estate che ci lasciamo alle spalle ha un sapore amarissimo. Per i fatti in sé che l'hanno connotata: la tragedia di Genova, le immagini disperate dei migranti della Diciotti utilizzati come carne da macello per la propaganda elettorale, le tante crisi industriali di cui i telegiornali si sono occupati tra un servizio da Ibiza e uno sulle previsioni del tempo. La percezione che traspare è quella di un governo capace di interpretare il senso comune di un Paese sempre più stanco, sempre più incattivito, sempre più preda delle superstizioni e dell'ignoranza: dalla discussione sui vaccini a quella sulle famiglie gay.

Ma è stata un'estate amara anche per la reazione a tutto questo da parte della sinistra politica. Anzi, per l'assenza di una vera reazione da parte dei gruppi dirigenti della sinistra politica. Le poche voci che si sono levate sul nodo della concessione alla società Autostrade, per esempio, sono state nella migliore delle ipotesi nel solco della difesa dei processi di privatizzazione voluti dal centrosinistra negli anni Novanta. Così come le critiche al pacchetto dignità, molto simili alle posizioni di Confindustria. 

Per non dire del dibattito sull'immigrazione, impostato nelle nostre file tutto sulla difensiva, con mille contraddizioni, con mille incongruenze tra ciò che si dice ora e ciò che si è fatto in passato.

Lo diciamo da tempo e il distacco sempre più clamoroso emerso quest'estate tra la sinistra e la sua gente, tra la sinistra e i sentimenti del Paese lo conferma: occorre voltare pagina, con coraggio. Lo dico con il massimo del rispetto: non basta un maquillage del Pd, un neo-veltronismo fuori tempo massimo, con o senza Veltroni.

E men che meno basta un processo di fusione tra i pezzi sparsi della sinistra radicale, al più disinteressati - di fronte al disastro morale e politico che produce ogni giorno il governo Salvini-Di Maio - al consenso, alla costruzione di alleanze, al tema del governo. Occorre il coraggio di fare oggi tutti un passo indietro per farne fare domani, alla sinistra italiana e quindi al Paese, uno in avanti.

 Ha ragione Massimo Cacciari su Repubblica. Occorre mettere in campo un nuovo processo politico che fermi il nazional-populismo in Italia e in Europa. Che sia un argine al sovranismo nazionalista che avvicina l'Italia a Visegrad e a Trump. 

Un nuovo progetto europeista e riformatore ma privo di quella insopportabile retorica da "ceto medio riflessivo" (più liberismo, meno Stato sociale, più partito liquido e più società civile, meno partito e meno politica, più compatibilità, meno giustizia) che ha funestato la sinistra dal crollo del Muro di Berlino in avanti. Occorre un progetto popolare, di massa, frequentato da giovani, pensionati, intellettuali, lavoratori. Vicino al territorio, federale (anche in questo dice bene Cacciari), senza snobismi.

Una proposta democratica e progressista che si sperimenti nelle prossime elezioni europee e che superi i simboli del Pd, di LeU, di tutte le organizzazioni che oggi sopravvivono con fatica nell'arcipelago della sinistra italiana.

Con un programma, certo, proposte concrete per dare corpo a un grande sogno di eguaglianza e libertà per il nostro Continente, a partire da un piano europeo straordinario per l'occupazione, da un salario minimo europeo, da nuovi e vasti investimenti comunitari in ricerca, innovazione e sviluppo, da una tassazione armonizzata per i giganti del web e per le grandi transazioni finanziarie, da una gestione ordinata e condivisa del fenomeno migratorio che faccia perno intorno ai corridoi umanitari, all'accoglienza diffusa e allo stop ai traffici di armi verso i paesi dell'Africa e dell'Asia.

Che parli di Europa e che pensi all'Italia, proiettando questa nuova sinistra, unita e rinnovata, già oggi nella sfida per il governo a Salvini e Di Maio.

 La reazione popolare di solidarietà a Catania; la manifestazione di Milano, combattiva e colma di speranza: sono segnali a cui la sinistra può rispondere in due modi. Facendo spallucce e andando avanti a gestire la sua catastrofe; oppure assumendo fino in fondo la domanda di unità, radicalità, discontinuità che emerge e agendo di conseguenza.

Non rivolgo consigli al Pd, li rivolgo a noi: penso che LeU si debba ripensare profondamente, scegliendo dopo un anno di attese e politicismi tra la strada comoda ma senza uscita dalla testimonianza e quella più complicata ma necessaria della rifondazione di una nuova sinistra di governo. Da soli non ha senso, da soli non ce la facciamo: occorre sollecitare un processo più grande, immediatamente utile nella sfida politica e sociale al nazional-populismo.

E dico fino in fondo quello che penso: una nuova generazione e nuove forze, sin qui esterne o marginali, devono iniziare a prendere in mano le redini di quel che c'è per costruire questo nuovo soggetto politico. Chi ha diretto, chi sta dirigendo, in larga misura non è esente da colpe inespiabili. Con meno di questo, i nazional-populisti rimarranno al loro posto per molto, molto tempo. E noi non possiamo permettercelo e, soprattutto, permetterlo.

 Di Simone Oggioni




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