mercoledì 19 settembre 2018

Rassegna stampa 19 settembre 2018


Di Maio a Tria: «Trovi i soldi» E poi: «Via 345 parlamentari»
Pressing sul ministro dell'Economia: si deve attuare il programma di governo

ROMA Il taglio del numero di parlamentari è nel contratto di governo e per anni è stato uno dei cavalli di battaglia dei pentastellati. Ora sta per diventare realtà. «Abbiamo fatto una riunione con la Lega e la settimana prossima presentiamo una proposta di legge costituzionale per tagliare 345 parlamentari», ha annunciato il vicepremier Luigi Di Maio a Di Martedì, su La7. Resta alta la tensione nel governo gialloverde sulla manovra.

Il vertice a palazzo Chigi, e il lavoro di mediazione del premier Giuseppe Conte, non sarebbero serviti a riportare la pace fra il ministro dell'Economia Giovanni Tria (che vuole scrivere la manovra non sforando i paletti Ue) e gli azionisti dell'esecutivo M5S-Lega, che scalpitano per inserire nella legge di bilancio i propri cavalli di battaglia, ovvero reddito di cittadinanza e flat tax.

L'AFFONDO In particolare c'è il pressing del vicepremier Luigi Di Maio che ieri ha dichiarato: «Nessuno ha chiesto le dimissioni del ministro Tria, ma pretendo che il ministro dell'Economia di un governo del cambiamento trovi i soldi per gli italiani che momentaneamente sono in grande difficoltà. Gli italiani in difficoltà non possono più aspettare: un ministro serio i soldi li deve trovare».

L'ANNUNCIO Parlando al forum di Bloomberg il ministro dell'Economia ha detto che l'obiettivo «è di una crescita forte e sostenibile attraverso riforme strutturali». Ha poi aggiunto: «Il governo è impegnato in una legislatura di 5 anni» e che si punta a «eliminare il gap di crescita dell'1 per cento che ci separa dai Paesi.

dell'eurozona». Il governo, ha sottolineato il responsabile dell'Economia, «pur mantenendo il proprio impegno europeo, traccerà un percorso bilanciato che tenga conto dei diversi bisogni sociali e dei requisiti economici per creare una base solida per una crescita a lungo termine».

Bisogna andare, ha aggiunto, «oltre la flat tax riducendo il carico fiscale sulla classe media. Siamo a uno studio molto avanzato - ha spiegato - che ridurrà il carico fiscale sulla classe media mantenendo il budget gestibile». Il ministro Tria ha voluto rassicurare ancora i mercati dicendo che «le misure di cui ho parlato non cambieranno l'impegno del governo sulla riduzione del debito».

PENSIONI D'ORO Intanto la maggioranza di governo ha trovato l'accordo sul taglio delle pensioni d'oro. «È stata raggiunta un'intesa dopo che è stata accolta la nostra richiesta di specificare nel testo il limite di 4500 euro netti», ha detto il capogruppo della Lega alla Camera Riccardo Molinari. Ha aggiunto Davide Tripiedi, vicepresidente della Commissione lavoro alla Camera: «Andremo a tagliare le pensioni superiori ai 4.500 euro non giustificate dai contributi versati a chiunque, a oggi, abbia preso anche solo un centesimo in più di quanto effettivamente dovuto».



Unione Sarda

Pds, parata  di sindaci all'assemblea di domenica

Sono oltre 25 i sindaci che, alla prima giornata di iscrizione, hanno
chiesto di intervenire, domenica alle 10 al centro congressi di
nuraghe Losa, all'assemblea popolare promossa dal Partito dei sardi.
Amministratori ma non solo perché sono pronti a rispondere “presente”
al progetto di convergenza nazionale anche esponenti politici e
rappresentanti dei lavoratori.

Tra questi l'ex assessore regionale, Nardino Degortes, l'ex deputato
del Partito democratico, Gianpiero Scanu, l'ex assessore agli Enti
locali della Giunta Soru, Gianvalerio Sanna, il professore Mario Puddu
e Monica Manca, rappresentante di 51 lavoratori Air Italy di Olbia.
All'assemblea interverranno i sindaci di Lula, Lodé, Torpé, Siniscola,
Ottana, Villamassargia, Scano Montiferro, Siligo, Perfugas, Siamanna,
Macomer, Santulussurgiu, Tortolì , Sedilo, Ussassai, Lanusei, Cardedu,
Girasole, Villanova Monteleone, Mara, Romana, Talana, Abbasanta, Suni,
Tresnuraghes e Villacidro. Per le iscrizioni c'è tempo sino a venerdì.
(m. s.)

Sanità, Arru si salva  grazie al centrodestra
No alla censura proposta dagli alleati del Pds
L'opposizione lascia l'aula. Busia (Cd): ora via Balzarini dalla Giunta

Luigi Arru non dà soddisfazione, lo attaccano e non fa una piega. Gli
dicono di tutto, avversari e soprattutto alleati, e intanto
l'assessore alla Sanità consulta il tablet, mastica una gomma, scrive
su Whatsapp. Il linguaggio del corpo tradisce meno emozioni di un
nuraghe. Eppure non è una splendida giornata in Consiglio regionale,
per lui e per la Giunta. La censura politica del suo operato, proposta
dal Partito dei sardi, viene bocciata con soli 25 voti (5 favorevoli,
4 astenuti). La soglia di maggioranza in aula è 31: quindi a salvare
Arru è - numericamente - una minoranza. E risulta decisiva la scelta
del centrodestra di non partecipare alla votazione.

TENSIONI Infatti lo scampato pericolo non porta il sereno, anzi:
subito dopo il voto Anna Maria Busia (Centro democratico) chiede a
Francesco Pigliaru di cacciare l'assessore ai Lavori pubblici Edoardo
Balzarini, in quota Pds. Nessuna reazione dal governatore, ma certo
avrebbe fatto a meno di questa polemica.

Lo scompiglio nasce appunto dal partito di Paolo Maninchedda, in
maggioranza ma sempre più critico con l'esecutivo. Il capogruppo
Gianfranco Congiu, illustrando l'ordine del giorno sulla censura, non
si sente un traditore: «L'abbiamo presentato perché la rete
ospedaliera, approvata il 25 ottobre 2017, è ancora inattuata». A cose
fatte, lo stesso Congiu denuncerà la «pericolosa trasversalità in
Consiglio», con i due poli che «evitano lo smacco» ad Arru. Quanto a
Balzarini, «siamo alle minacce, ma fa nulla: sulla sanità continueremo
a dire la verità».

Oltre al Pds, vota sì all'ordine del giorno Pierfranco Zanchetta
(Upc), anche lui in maggioranza: «Alla riforma non ha fatto seguito la
volontà di applicarla», spiega. Le astensioni - a parte il presidente
Gianfranco Ganau, secondo prassi - arrivano da Busia e Francesco Agus
(Campo progressista), che avevano votato contro la rete ospedaliera,
nonché da Emilio Usula (Rossomori). «Noi non siamo più rappresentati
in Giunta», rimarca Agus, «Pigliaru verifichi che gli atti a lui
graditi siano votati da chi ne fa parte».

L'ASSESSORE Nella sua replica Arru si sofferma sul parere del
ministero della Salute che boccia parte della rete ospedaliera sarda:
«Difenderemo fino in fondo la nostra proposta, che rispetta la legge».
Quanto all'accusa di non aver attuato la riforma, «abbiamo fatto i
dovuti atti di programmazione».

Anche al microfono l'assessore resta imperturbabile, così come quando
il Pds Roberto Desini gli urla che «nei corridoi i suoi alleati la
fanno a coriandoli , qui in aula invece fanno gli ipocriti». Gli
strappa un sorriso solo l'originale difesa di Roberto Deriu (Pd):
«Dire che tutti i problemi della sanità sono colpa sua significherebbe
sopravvalutarla».

IL DIBATTITO I Dem sono i più convinti nel sostegno all'assessore:
«Noi abbiamo fatto la riforma, altri in precedenza non ci sono
riusciti», punge il capogruppo Pietro Cocco. Rossella Pinna individua
l'avversario del Consiglio nel governo: «Trasformiamo l'ordine del
giorno in una censura alla ministra Giulia Grillo». Non si dissocia
neppure la sinistra: per Luca Pizzuto (Sdp) «non si possono imputare
all'assessore 40 anni di clientele». «Arru si dimetta pure», provoca
Fabrizio Anedda (gruppo misto), «ma dicendo con chi ha condiviso le
nomine nella sanità: verrà fuori quella parte politica che appare in
tutte le maggioranze», chiara frecciata al Pds.

IL PRESIDENTE Ma è di Pigliaru la difesa più netta: «Arru non merita
alcuna censura, avrà difetti come tutti noi ma sta lavorando
tantissimo alla riforma. E ha fatto bene a sottoporla al governo: se
poi il governo entra nel merito della nostra riorganizzazione, è
illegittimo. Il ministero si è allargato, e noi daremo battaglia».
L'OPPOSIZIONE Per il centrodestra è la sola Alessandra Zedda,
capogruppo di Forza Italia, a motivare la scelta di uscire dall'aula
durante il voto: «Vogliamo che si discuta la nostra mozione di
sfiducia all'assessore, non solo una censura».

Probabilmente però
c'entra il fatto di non voler servire un assist al Pds di Maninchedda.
Sta di fatto che l'Aventino dell'opposizione sterilizza il pericolo
per Arru, ma è inutile cercargli sul volto la traccia di un sospiro di
sollievo: mentre proclamano i risultati ha già impugnato la borsa e
sta infilando l'uscita dall'aula, lo stesso sguardo di due ore prima.
Ai nemici non si dà mai soddisfazione. Giuseppe Meloni

La Nuova

Arru, la censura non passa ma la maggioranza traballa
L'ordine del giorno del Pds bocciato dal centrosinistra e snobbato dalla destra
Busia, Cd: Pigliaru ritiri la delega a Balzarini. Congiu, Pds: siamo
alle minacce

di Umberto Aime
CAGLIARI
Sulla sanità il Partito dei sardi è rimasto solo. Però la sberla
politica che ha ricevuto dal resto del mondo, in Consiglio regionale,
arrivata alla fine del processo imbastito contro l'assessore Luigi
Arru, presto potrebbe trasformarsi persino in una nuova bandiera
elettorale per chi professa l'indipendentismo. E forse il Pds quello
stendardo finirà per sventolarlo lontano dai blocchi tradizionali, in
una campagna elettorale solitaria.

Perché all'improvviso
centrosinistra e centrodestra sembrano aver deciso di tagliare i ponti
col partito guidato da Paolo Maninchedda.Il fatto. Presentata un mese
fa proprio dal Pds contro Arru, accusato in un ordine del giorno di
«non aver applicato la riorganizzazione della rete ospedaliera votata
undici mesi fa dal Consiglio», la censura è stata bocciata a valanga
dalle due coalizioni seppure con due diverse strategie. Prima, in
aula, dal resto del centrosinistra, a parte Pierfranco Zanchetta
dell'Upc, che ha affossata la censura con un «no» palese.

Poi dal
centrodestra che invece l'ha snobbata non partecipando neanche al
voto. Quindi, con «una pericolosa trasversalità», dirà il capogruppo
del Pds Gianfranco Congiu, quell'attacco frontale è stato reso
inoffensivo da chi da sempre sta dalla parte di Arru, anche se
l'assessore alla sanità sembra essere amato sempre meno dalla sua
maggioranza. E poi delegittimato da quanti dell'opposizione avrebbero
votato volentieri la censura, ma non potevano certo farlo per non dare
un vantaggio ai dei possibili avversari alle Regionali. Così, almeno
sembra, il Pds è stato lasciato da tutti col cerino acceso in mano, ma
conoscendo l'altrui furore quello stesso stecco invece potrebbe essere
mutuato in una clava dagli indipendentisti se dovessero correre da
soli nel 2019. Si vedrà.

Il voto. Scontato da giorni, il no secco alla
censura s'è materializzato nella chiamata nominale: 25 i contrari, con
l'ordine del giorno che così di fatto è stato brutalmente rispedito al
mittente, il Pds, da oltre tre quarti abbondanti della maggioranza al
governo. Maggioranza di cui, va ricordato, il Partito dei sardi fa
parte dal 2014, anche se quest'alleanza sembra essere arrivata ai
titoli di coda. Ma di fatto è stata bocciata, la censura, anche dai 25
assenti, l'opposizione in blocco, che hanno disertato il voto. Poi ci
sono stati quattro astenuti - Anna Maria Busia del Cd, Francesco Agus,
Campo progressista, Emilio Usula, Rossomori, più quella
"istituzionale" del presidente del Consiglio regionale Gianfranco
Ganau. Solo cinque i voti a favore: Gianfranco Congiu, Augusto Cherchi
Roberto Desini e Piermario Manca del Pds.

Più appunto Zanchetta,
l'unica sorpresa della giornata, che l'ha motivata: «L'assessore Arru
ha azzerato la sanità nelle periferie e questo non posso
perdonarglielo».L'effetto. C'è stato eccome e potrebbe essere
dirompente nei futuri equilibri del centrosinistra da qui alla fine
della legislatura anche se da snocciolare sono rimasti cinque mesi.
Subito dopo la conta stravinta dal blocco anti-Pds, con tempestività
Anna Maria Busia ha detto: «Presidente Pigliaru, visto l'esito della
votazione, le chiedo di ritirare la delega all'assessore ai lavori
pubblici». In parole spicce: il licenziamento senza preavviso dovrebbe
essere «immediatamente consegnato» nelle mani di Edoardo Balzarini. A
chi oltre un anno fa e proprio dal Pds è stato indicato per sostituire
il dimissionario Paolo Maninchedda, allora presidente di quel partito
e ora segretario.

Pigliaru difficilmente raccoglierà l'invito, un
rimpasto a ridosso della elezioni sarebbe devastante e autolesionista
per il centrosinistra. Qualcosa però di sicuro è cambiato nelle appena
avviate trattative per formare il gruppone del Pd più chissà quanti
altri destinato a scendere in campo nel 2019. Tanto che sempre il
capogruppo del Pds arriverà a commentare così la richiesta di sbattere
fuori l'assessore Balzarini: «Dopo aver delegittimato se stesso, con
il patto trasversale per bocciare la censura, dal Consiglio regionale
sono arrivate addirittura le minacce da parte di uno dei tanti
difensori d'ufficio dell'assessore Arru.

Sì, siamo alle minacce, ma
sulla sanità continueremo comunque a dire la verità e niente ci
fermerà». Neanche davanti al rischio di rimanere isolati? Sembra di
no, perché e va ricordato lo schiaffo ricevuto dal Pds in Consiglio, è
arrivato neanche ventiquattr'ore dopo un altro abbastanza simile.

Cioè il veto, partito dalla sponda opposta, a un possibile ingresso dello
stesso partito nella futura coalizione elettorale del centrodestra.
Per questo oggi, non è certo difficile ipotizzare che il Partito dei
sardi sembra essere destinato a correre da solo, molto lontano dai due
Poli, nel 2019.

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Federico Marini
skype: federico1970ca


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