mercoledì 8 agosto 2018

Cultura: quel parapetto che ci protegge dagli abissi della mente e dello spirito. Di Vincenzo Maria D’Ascanio.



Questa è la macchina da scrivere di mia madre. Sono entrato in possesso della Olivetti L32 nel 1998, l'ho portata con me da Jerzu. Ricordo, aveva anche una sacca verdolina, stile anni ottanta, per proteggerla dalla polvere. Dunque arrivai nella mia stanza, a Cagliari, la sistemai su un mobile, e vi ho infilato l'intera poesia "Urlo" di Allen Ginsberg, il manifesto della Beat Generation. Una poesia su cui è stato girato anche un film bellissimo, che parla anche delle vicende giudiziarie che lo stesso libro ha dovuto attraversare nella bigotta America, un po' come accadeva nella bigotta Italia per i libri di Pier Paolo Pasolini. Comunque...

Si tratta di poesia intricata, complessa, astrusa, perché Ginsberg era intelligentissimo e, insomma, non disdegnava droghe ed allucinigeni, molti allucinogeni: per ogni frase ho dovuto rileggerlo con un intero libro che la spiegasse. Tuttavia a me piaceva, mi piaceva sopratutto il suo inizio:

"Ho visto le menti migliori della mia generazione
distrutte dalla pazzia, affamate nude isteriche,
trascinarsi per strade di negri all’alba
in cerca di droga rabbiosa,
hipsters dal capo d’angelo ardenti
per l’antico contatto celeste con la dinamo stellata
nel macchinario della notte,
che in miseria e stracci e occhi infossati
stavano su partiti a fumare
nel buio soprannaturale di soffitte
a acqua fredda fluttuando
sulle cime delle città contemplando jazz..."

Eccolo dunque l'inizio, leggevo la prima parte ogni giorno, perché mi confortavano. Soltanto l'anno scorso mi sono sbarazzato di quei fogli di carta ingialliti, in cui non si leggeva più nulla, le lettere erano bagnate, quelle cinquanta pagine erano una palude, non restava quasi più nulla. Perché mi davano conforto? Perché quando leggevo "le menti migliori della mia generazione" io pensavo di far parte di un'insieme straordinario di persone, "le migliori menti della mia generazione"... e nella mia mente di diciannovenne immaginavo che le menti di questi ragazzi, pur distrutte dal vivere quotidiano, erano pur sempre collegate tutte insieme, grazie ad un "antico contatto celeste", "con la dinamo stellata nel macchinario della notte."

Insomma, pensavo di essere divino, insieme alle menti migliori della mia generazione che da ragazzino attendevo di conoscere , e che ora posso dire di aver conosciuto. Non tutte certo, altre mi aspettano, ma ovviamente mi son reso conto che non siamo delle divinità. Ogni tanto riusciamo a rientrare in contatto con la volta celeste, ma il più delle volte ci perdiamo, dimentichiamo di essere le menti migliori della nostra generazione.

Oggi, che ho quasi 39 anni (e vent'anni son trascorsi), attendo ancora le menti migliori, ma attendo sopratutto la mia generazione. Aspetto d'invecchiarci insieme, anche con coloro che non conosco, e quando penso a queste persone non immagino più un insieme ristretto d’individui che il mio super ego di ragazzino suggeriva: oggi immagino tutte le persone che vivono, od hanno vissuto, insieme a me, in questi giorni così profondamente foschi, così profondamente bugiardi, ma soprattutto ricchi di molteplici spunti di riflessione per la nostre menti avide di sapere.

Immagino allora mia madre, mio figlio e mio padre, tutta la mia famiglia, gli scrittori con cui ho lavorato e con cui lavorerò, immagino il ragazzo che lavora al distributore del margine rosso, alla mia ragazza che lavora anche la domenica, all'anziano delle bombole sotto casa, al ragazzo all'angolo, che chiede le monete dinanzi al supermercato, all'impiegato di un comune nel New Messico che mai ho visto e mai vedrò, al giovane industriale non corrotto dalle ricchezze di famiglia, al poeta squattrinato ma sopratutto a te, che leggi queste righe, e mai saprai della straordinaria potenza di cui fai parte, facciamo parte, perché il potenziale risiede in tutti, anche nelle persone che ci appaiono più ottuse, più violentate della potenza esasperante e acritica dei mass media che non informa la massa ma produce massa. E’ come un seme nascosto nel cuore di ognuno, un seme che ha necessità di essere curato per crescere, e soprattutto che va alimentato per non morire.

Io so con assoluta certezza, che ogni singolo individuo ha la sua mente collegata alla volta celeste, ed allora scoprirà le sue qualità migliori, e noi ci complimenteremo con lui, per il suo cambiamento. Tutto questo tuttavia non accadrà, se non continueremo a produrre cultura con tutti i mezzi che abbiamo. Perché la cultura è la chiave che chiuderà le porte dell'abisso mentale, in cui tutti possiamo precipitare.
Di Vincenzo Maria D’Ascanio


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